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Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.

DanzAttori


Lo Ials di Roma, guidato da Mimmo Del Prete è da tempo qualcosa di più d’un Istituto per l’Addestramento Lavoratori dello Spettacolo (questa la decifrazione di quella criptica sigla), è, infatti, diventato un Centro che, attraverso vari strumenti comunicativi, prospetta nuovi orizzonti per le professioni sceniche interpretandole alla luce delle teorie estetiche intermediali, delle nuove tecnologie.
Tante le cose che presenta che è difficile segnalarle tutte, oggi accenno ad una di queste.
Si tratta di uno stage che sarà tenuto dal 5 al 17 dicembre dai coreografi Patrizia Cavola e Iván Truol che agiscono dal 1997 con la Compagnia Atacama da loro fondata. Per conoscere le loro biografie, i titoli degli spettacoli, e una dichiarazione di poetica, cliccate QUI.
Il seminario si propone di analizzare e approfondire la qualità della presenza fisica e mentale del danzattore, di una propria verità del sentire, dell'agire, da ritrovare sia nella studiata proiezione delle dinamiche corporee, sia nell’improvvisazione.
E’ un lavoro che Patrizia Cavola e Iván Truol portano avanti da anni, proponendo una linea scenica nella quale gesto e voce non convivono uno affianco all’altra, ma vivono nella stessa unità di tempo, una ricerca espressiva che trae origine da discipline orientali.

Seminario di danza e teatro: dal 5 al 17 dicembre
Costi: a lezione € 8,00; a settimana € 40,00; per le due settimane € 70,00
Info: Ials, 06 – 32 36 396 // 06 – 361 19 26; fax: 06 3236436
e.mail:ials@tuttopmi.it
Ufficio Stampa e Comunicazione Compagnia Atacama
Laura Neri: 347 - 471 65 98
e.mail: laura.neri@gmail.com


Un prezioso Dizionario


La Zanichelli "... svolge da molti decenni un programma culturale che ha un suo caposaldo nella lessicografia, sia monolingue italiana sia bilingue, di elevatissima qualità. Questo programma, che va ben al di là dell'opera meramente compilatoria e approda a risultati di spiccato rilievo scientifico, è sostenuto da gruppi redazionali di elevata qualificazione, che rappresentano per l'Editore un impegno imprenditoriale, oltre che culturale, di forte spessore”.
Ho estratto queste righe dalla dizione di un Premio per la Traduzione che il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha conferito all’Editrice nel 2003.
A testimonianza di quanto le linee editoriali di quell’Editrice siano sempre rigogliose, esce in questi giorni un imponente Dizionario: l’Inglese Tecnico e Scientifico.
Zanichelli ha affidato la realizzazione dell’opera al Gruppo Edigeo, attivo dal 1983 sul mercato editoriale italiano.
Alcune cifre che profilano l’impegno profuso: 2.336 pagine, oltre 332.000 voci, circa 420.000 traducenti applicati in 76 settori specialistici; in appendice le sigle delle organizzazioni tecniche e scientifiche, le tabelle delle unità di misura con i fattori di conversione tra Sistema Internazionale e FPS britannico.
Il volume è accompagnato da un Cd-rom che consente la lettura video di tutte le voci del Dizionario e la ricerca a tutto testo di parole e combinazioni di parole.
A Marco Gatti d’Edigeo, ho chiesto quali sono a suo avviso i motivi del primato della lingua inglese oggi, specie in campo scientifico, e le finalità del suo gruppo di lavoro nella stesura di questo Dizionario.
La lingua inglese si è affermata come la lingua della comunicazione scientifica. Questo è avvenuto sia per l'indubbia l'egemonia culturale e industriale dei paesi anglosassoni e sia per le sue caratteristiche intrinseche che l'hanno reso una sorta di koiné – una lingua comune sovranazionale. Tutta la documentazione sviluppata dalla ricerca scientifica a tecnologica è pubblicata in lingua inglese ma le più recenti statistiche dei motori di ricerca sul Web ci dicono che l'associazione "lingua inglese = Gran Bretagna e Stati Uniti d'America" è superata. La maggioranza ormai delle pagine pubblicate in lingua inglese viene dai paesi dell'Unione Europea, dal Giappone, dalla Cina, dall'India, dal Sud est asiatico, dal Medio oriente. Ciò significa che il baricentro della ricerca e dell'innovazione tecnologica si sta diffondendo a macchia d'olio verso un mondo policentrico dove i luoghi d'eccellenza emergono e producono informazione.
La scelta di una lingua comune corrisponde a una necessità nel mondo della tecnica e nella comunità scientifica, poiché la ricerca e l'innovazione si basano proprio sulla circolazione delle idee e sullo scambio delle esperienze.
Il progetto del dizionario Tecnico e Scientifico Zanichelli è nato per rispondere alle necessità di mettere a disposizione di professionisti, tecnici, ricercatori, traduttori e studenti universitari un affidabile testo di riferimento I moltissimi settori specialistici in cui il dizionario si articola spaziano nei più diversi campi della scienza e della tecnica – dalla fisica delle particelle alla cartografia, dall'analisi matematica alle macchine da cantiere, dall'oreficeria alla gestione dei rifiuti – offrendo uno strumento di lavoro ricco ed esaustivo, il più completo del suo genere nell'attuale panorama editoriale italiano e anglosassone.
Frutto di un grande impegno collettivo, l'opera si distingue per la ricchezza e l'elevato standard di qualità nella scelta dei traducenti e per il metodo di compilazione.
La diffusione dell'accesso a Internet e la conseguente facile disponibilità di un'enorme quantità di informazioni rilancia la funzione di un'opera come questa, nella quale ogni termine è stato proposto da specialisti di settore e vagliato da redattori competenti con un lungo e puntiglioso lavoro di revisione
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Ecco un’opera di grande peso culturale (e anche fisico, per curiosa cronaca, pesa 2 chili e 470 grammi, maneggiare con attenzione, se casca su di un piede ve l'acciacca) che può essere un’utile strenna natalizia per i nostri ragazzi (ma quanto sarebbe utile che volumi come questi figurassero nelle biblioteche scolastiche), oltre ad essere uno strumento indispensabile per quanti lavorano nei giornali, nelle radiotelevisioni, negli uffici stampa, nei webmagazine.

Dizionario dell’Inglese Tecnico e Scientifico
2336 pagine, con Cd-Rom per Windows: 98 euro
Prezzo di lancio fino al 31.12.’05: 88 euro


Da 400 anni in coppia


“A distanza di quattro secoli, il Don Chisciotte” – scrive Milan Kundera – “è più che mai un inizio: il punto di partenza di una nuova arte, l’arte del romanzo”.
E Mario Vargas Llosa: “Quattro secoli dopo essere venuta al mondo quella coppia immortale continua a cavalcare senza tregua né sconforto; Don Chisciotte e Sancho Panza vedono e capiscono cose diverse e opposte in tutto ciò che incontrano […] uniti in quella strana alleanza del sonno e della veglia, del reale e dell’ideale, dello spirito e della carne, della finzione e della vita”.
Invidio il coraggio di chi dopo Cervantes (e Rabelais, Swift, Carroll, Joyce, Celine…) s’accinge a scrivere nuovi romanzi come purtroppo avviene.
Coraggio o incoscienza?… boh, fate voi.
In occasione delle celebrazioni che il governo spagnolo ha organizzato in Europa per il quarto centenario della prima pubblicazione del celebre romanzo di Cervantes, debutta a Roma domani, al Teatro Argentina, Don Chisciotte - frammenti di un discorso teatrale, tratto dal “Don Quijote” di Miguel de Cervantes (1547–1616), nell’adattamento teatrale di Rafael Azcona, Tullio Kezich e Maurizio Scaparro, che ne firma la regia.
Presentato dalla Compagnia Italiana e dalla Compagnia ‘Gli Ipocriti’, il Don Chisciotte di Scaparro, dopo lo straordinario successo ottenuto venti anni fa sui maggiori palcoscenici italiani, europei e negli Stati Uniti, viene ora riproposto arricchito di tutte le esperienze teatrali e metateatrali che il regista romano ha realizzato nel corso di questi anni.
Così dice Maurizio Scaparro a proposito di questa nuova edizione: Il mio Don Chisciotte è la festa, la malinconia, la solitudine, insomma il teatro. Parente stretto di Amleto, questo personaggio cavalleresco e carnevalesco vive nell’età del ferro ma sogna l’età dell’oro. Inoltre mi dà l’occasione di ricordare a tutti noi come oggi più di ieri, nel periodo che viviamo, la sua figura rappresenti la solitudine crescente del diverso, del “pazzo”, del sognatore, dello scienziato, del poeta, di chiunque tenti di sfuggire all’omologazione del pensiero e dei sentimenti.
Lo spazio che ho immaginato per questo Don Chisciotte è molto semplicemente un ‘teatro’, anzi un vecchio, cadente, rotto ‘ex teatro’, dove al posto della platea resta solo una pista di terra battuta, dove forse un giorno crescerà l’erba, e dove, miracolosamente, sopravvive un vecchio ‘ex palcoscenico’, nudo, con qualche ricordo residuo di macchinerie teatrali, povere e semplici ‘macchine’ della illusione e della fantasia, che muovono il sipario, modificano le luci, creano il vento, la pioggia, i tuoni: gli antichi eterni ‘trucchi’, le illusioni, del teatro di tutti i tempi
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Interpretato da Pino Micol, nei panni del mitico eroe, e Augusto Fornari, in quelli del suo fido (e, talvolta, infido) scudiero Sancho Panza, lo spettacolo si avvale delle scene di Roberto Francia, dei costumi di Lele Luzzati e delle musiche di Eugenio Bennato.
In scena, accanto agli altri attori, “recitano” anche i Pupi dei Figli d’Arte Cuticchio, animati da Filippo Verna Cuticchio.

Cervantes: “Don Chisciotte”
Roma, Teatro Argentina
Fino al 18 dicembre, poi in tournée
Ufficio stampa Teatro di Roma:
Beatrice Fabbretti, Catia Fauci 06.68.40.00.308 / 397, ufficiostampa@teatrodiroma.net
Ufficio stampa Compagnia Italiana:
Simona Carlucci tel. 0765 – 423 364; cell. 335-59 52 789, carlucci.si@tiscali.it
Assistente: Giulia Carcani 349 -13 24 392, giuliacarcani@hotmail.com


Asiaticafilmediale


Giorni fa segnalai in queste pagine web lo svolgimento del Festival AsiaticaFilmmediale, sesta edizione della più ampia e prestigiosa manifestazione italiana dedicata al cinema di tutti i paesi dell’Oriente.
A dirigerla il regista Italo Spinelli.
In un’epoca in cui la parola multimediale è troppo spesso usata, ecco, invece, come ebbi già a dire, una figura, quella di Spinelli, che tale appellativo se lo merita tutto. Le sue realizzazioni, infatti, spaziano dal teatro al cinema, dal video all’editoria, dalle arti visive alla saggistica.
Per saperne di più cliccate sulla sua biofilmografia.
Il Festival, oltre che da Italo Spinelli è stato realizzato da Giuliana La Volpe, Laura Andina, Riccardo Ciancarelli, Giovanni Pompili, Sebastian Schadhauser, Isabella Spinelli, Giulia Trojano.
E’ stata un’occasione unica per conoscere le voci più interessanti e originali della cinematografia asiatica; un foltissimo pubblico ha mostrato interesse non solo per le proiezioni (oltre 40 tra lungometraggi e documentari), ma anche per gli incontri e i convegni che hanno fatto da funzionale contorno alla rassegna.
I film, tutti in prima visione, alcuni erano reduci da successi già ottenuti in rassegne internazionali, altri vere e proprie scoperte ottenute grazie ad una sapiente ricerca.
A conclusione del Festival, dice Italo Spinelli: Il filo conduttore della rassegna è stato l’attenzione alle possibili modalità d’intreccio e commistione tra fatti e finzione, riferite al mondo asiatico in grande e drammatica trasformazione, ovvero alla rappresentazione del reale nel cinema, in cui si ridisegnano e confondono i labili e incerti confini tra fiction e realtà. Continuiamo ad attraversare tali confini convinti che “senza quest’attraversamento saremmo tutti molto più poveri”, come ha detto la scrittrice Mahasweta Devi, ospite d’eccezione del Festival.
La conoscenza di questi film mi auguro permetta presso di noi anche la formazione di un bagaglio critico che ispessisca le ragioni per le quali alla produzione cinematografica asiatica va dato l’attenzione e lo spazio che meritano nei nostri circuiti di sala
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A Brescia, a Brescia


Domani inaugurazione a Brescia di un nuovo spazio espositivo in Piazza Tebaldo Brusato 2, nel centro storico della città, a pochi passi dal Museo di Santa Giulia.
L’attività in programma si ricollega allo storico lavoro svolto dalla Galleria e dalla Casa Editrice Nuovi Strumenti a partire dal 1973, riproponendo, trent’anni dopo, gli autori degli inizi, che ora hanno alle spalle una storia importante. Sarà anche riferita all’imponente materiale dell’Archivio Cavellini e al Progetto Utopia.
Nei programmi, è previsto un largo spazio esplorativo riguardo le ultime generazioni di artisti che praticano la ricerca e la sperimentazione di nuovi linguaggi.
L’esposizione iniziale si articola in quattro sezioni.
Fotografia. Stampe vintage in b/n del 1971 di Gianfranco Gorgoni che ritrae artisti al lavoro durante il suo soggiorno americano: da Robert Morris a Bruce Nauman, da Keit Sonnier fino a Mario Merz e Joseph Beuys.
Progetto. Un lavoro di Guglielmo Achille Cavellini del ’73: “Le 25 lettere di Van Gogh”.
Editoria. Presentazione del libro d’Enzo Cucchi, “Libro Schiavo”, Edizioni L'Obliquo.
Underground. Nello spazio sotterraneo verrà proiettato il video “La Giornata di un Genio”, Dvd prodotto dall’Archivio Cavellini.
Al timone: Piero Cavellini che, colgo l’occasione per annunciarlo, fra pochi giorni sarà ospite della mia enoteca spaziale.

Show Room
Piazza Tebaldo Brusato 2, Brescia
Tel e fax: 030 – 37 57 401
Fino al 31 gennaio 2006
Dal martedì al sabato, 15:30 – 19:30
Chiusura festiva dal 24 dicembre al 9 gennaio


Guanda Story


E’ in corso presso la Galleria Civica d'Arte Contemporanea di Viadana, in provincia di Mantova, la mostra "Guanda. Storia di una casa editrice".
In esposizione lettere, documenti, esemplari rari, pubblicazioni di ieri e di oggi, immagini e tutte le edizioni più importanti. Fra le curiosità, una foto del poeta Carlos Franqui con Che Guevara, uno dei primi contratti scritti stabiliti tra Ugo Guanda e Salvatore Quasimodo, la prima edizione de “La barca” di Mario Luzi, lettere di Raphael Alberti e molti altri documenti e fotografie di personaggi di spicco della letteratura internazionale.
All’interno della mostra ci sarà una esposizione delle copertine di Guido Scarabottolo, grafico e illustratore dell’editrice. Proprio ispirandosi alle originali illustrazioni di Scarabottolo, alcuni autori di Guanda hanno scritto brevi testi che comporranno un librino dal titolo “Dov’è andato lo scrittore?”.
Una serie di appuntamenti proprio con autori di Guanda stanno accompagnando, a tappe monotematiche, lo svolgersi della mostra.
La mostra, promossa dall’Assessorato alle Attività Culturali del Comune di Viadana, a cura di Afro Somenzari, è il primo evento di una serie rivolta al mondo delle case editrici; ogni anno, infatti, l’Amministrazione Comunale si impegnerà a realizzare alla Galleria Civica uno spazio dedicato di volta in volta a editori diversi.

Fino al 31 dicembre nei seguenti orari:
Lunedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 15:00 alle 19:00
Info: galleria.muvi@pro-crea.it
Apertura per le scolaresche su prenotazione allo 0375 – 82 09 01


Musica a stampa


“La vita dell’uomo dovrebbe alternarsi fra musica e scrittura, come tra sonno e veglia”, così scrisse Novalis e potrebbe essere un efficace slogan per il triplice appuntamento chiamato Musica a Stampa ideato e condotto dai critici musicali Marco Ghiotto e Giovanni Sassaro, proposto dalla libreria vicentina Spaziopiù.
Tre incontri dedicati al mondo del rock, e anche se Novalis mai ha conosciuto quella musica – lasciò il mondo a 79 anni nel 1801 – lo slogan passatemelo lo stesso, mi torna comodo per l'occasione.
Il primo appuntamento è stato con Massimiliano Bucchi, docente di Sociologia della Scienza presso l’Università di Trento che ha parlato proprio su come scienza e tecnologia hanno influenzato la musica pop nel suo ventennio più visionario e colorato: Aldous Huxley nella copertina di Sgt. Pepper dei Beatles, l’uomo-macchina dei Kraftwerk, il prima e il dopo della scienza secondo Brian Eno, l’ecologismo ante litteram dei Devo, l’ossessione eskimese dei The Residents, il ritorno al mondo nuovo di Franco Battiato.
Il 24, cioè giovedì prossimo, sarà la volta della traduttrice Anna Mioni che, in occasione dell’uscita in Italia di uno dei libri rock più famosi di tutti i tempi “Guida ragionevole al frastuono più atroce”, di Lester Bangs (Minimum Fax), da lei tradotto, parlerà della lingua e della scrittura di Bangs critico musicale culto degli anni Settanta, figura cardine della controcultura americana recentemente immortalata nel film “Almost famous”. L’antologia contiene i suoi scritti migliori: reportage, ricordi, recensioni e deliri su Clash, Lou Reed, Van Morrison, Kraftwerk, Jethro Tull, i movimenti giovanili, la cultura delle droghe e l’America di quegli anni.
A proposito di Anna Mioni, annuncio vobis magno cum gaudio che tra pochi giorni sarà ospite della mia taverna spaziale dove incontro, tra un bicchiere e l’altro, personaggi dello scenario culturale italiano.
Il terzo appuntamento è per giovedì 1 dicembre – tutti gli incontri si svolgono alle 21.00 – e vedrà alla ribalta John Vignola e Marco Drago che si pongono un’inquietante interrogativo: “Scrivere di musica è come danzare di architettura?”.
Conversazione tra due colleghi di lavoro su territori condivisi: la musica, la scrittura, la critica, il rock, la radio. John Vignola, è critico musicale, conduttore radiofonico, scrive per “Il Mucchio Selvaggio” e varie riviste nazionali. Marco Drago, è autore di tre libri ("L'amico del pazzo", "Cronache da chissà dove", "Domenica sera"), ha condotto varie trasmissioni su RadioRai, e dirige la rivista "Maltese Narrazioni".

Musica a Stampa
Libreria Spaziopiù
Stradella S. Barbara 1/b, Vicenza
Per informazioni:
0444 – 32 49 15; info@spaziopiu.it


W i sampietrini


Sono tante le isole che il webnauta si trova oggi ad accostare navigando in Rete, e, accanto alle tante inospitali terre dove talvolta sbarca, le buone sorprese, però, non mancano.
Una di queste è Sampietrino.
Come il titolo già dice, si occupa di quel modo antico di lastricare le strade di Roma.
E se è vero, ed è proprio vero, che di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno, siate ottimisti e stavolta la fiducia nel prossimo vi premierà. Perché quel sito è mosso dalla passione verso la storia di una città. Dal dolore di vedere rimosso qualcosa (i sampietrini) che non appartiene solo all’architettura ma alla memoria, al sentimento della vita.
“Chi cambierà il lampione agganciato all’angolo del numero 12” – scrive il mio amato Céline in 'Morte a Credito' – “mi darà un grosso dispiacere. Siam provvisori, questo è vero, ma io ho provvisorieggiato già abbastanza per la mia dignità”.
A volere quel sito è stata Valentina Cinelli, nata e vissuta a Roma, ma cittadina del mondo, ama da sempre la comunicazione in tutte le sue forme: immagini, parole, tratti grafici e calligrafici. Partita da esperienze di scrittura, è poi passata con successo alla grafica e alla fotografia. Oggi, cavalcando l'onda delle nuove tecnologie, si ritrova professionalmente ad inventare e promuovere progetti, ad organizzare eventi culturali.
A lei ho chiesto: Perché un sito sui sampietrini? Così ha risposto
Semplicemente perché amo la mia città, e come me la amano tanti miei amici.
Perché siamo tutti attenti alla sua storia, alla sua lenta e costante evoluzione da città d'arte a metropoli cosmopolita.
Perchè qualsiasi romano ha avuto un genitore che l'ha portato per mano attraverso la magia dei vicoli di Trastevere, lungo la verde linea retta dell'Appia Antica, attraverso le ferite ancora aperte di San Lorenzo, o davanti all'immensità del Colosseo. Tutte quelle emozioni, i racconti tramandati, quella storia quotidiana e antica non deve andare persa e il "sampietrino" è parte integrante di
essa. Il solo pensiero di veder trasformata Roma in una liscia distesa di asfalto mi fa piangere il cuore. Posso capire i problemi dei "centauri" sulla difficoltà e la pericolosità del transitare sopra questi quadrotti di basalto. Ma la stessa insidia che dà il sampietrino bagnato e disconnesso è ricorrente anche in un tombino al di sotto del livello della strada, in un rattoppo di asfalto fatto male, o in un marciapiede pieno di persone (scorciatoia preferita dai motociclisti).
Evitiamo ulteriori polemiche: le lascio ai giornali e a chi non ha altro da fare.
Io preferisco impiegare il mio tempo a rendere omaggio con ogni mezzo disponibile a questo piccolo blocchetto di basalto: foto, racconti, aneddoti, poesie e notizie. Tutto questo per non dimenticare chi ha sostenuto il peso di Roma e dei romani in questi anni
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Sampietrino
Sito in Rete


Schermi d'Oriente


La finanziaria 2006 ha tagliato pesantemente i fondi che servono a garantire la vita di oltre 350 musei statali, biblioteche, archivi, nonché il finanziamento dello spettacolo.
Il taglio ai soldi destinati alla cultura incide percentualmente in maniera irrilevante (in misura inferiore all'1%) sul bilancio generale dello Stato mentre incide gravemente sulle attività culturali che vedono i fondi ad esse destinati ridotti complessivamente del 40%.
Più che imporre sacrifici questa finanziaria va dunque nella direzione della dismissione di un intero settore, mettendo a rischio di chiusura circa 5 mila aziende con conseguente perdita del lavoro per oltre 60.000 addetti dei 200.000 che il settore occupa.
Alla luce, o meglio nelle tenebre, di questa disastrosa situazione voluta da Berlusconi & Compari, maggiore risalto assume il nuovo appuntamento con la VI edizione di Asiaticafilmmediale il solo Festival che in Italia è tutto dedicato al cinema dell’Oriente, e che si svolgerà a Roma dal 19 al 27 novembre, nelle sedi dell’Auditorium e della Casa del Cinema.
A guidare la rassegna è il suo ideatore che da anni la dirige: Italo Spinelli.
Il festival presenterà 13 film e 11 documentari in concorso, inoltre 19 tra film e documentari fuori concorso, tutti in anteprima italiana, realizzati in Afghanistan, Birmania, Cina, Cambogia, Corea, Filippine, Giappone, India, Indonesia, Iran, Iraq, Kirghizistan, Mongolia, Sri Lanka, Tagikistan, Thailandia, Uzbekistan.
Tra le novità che segnano questa edizione di Asiaticafilmmediale, l’avvio di una nuova sezione del festival: “Gli incontri”, quest’anno dedicata all’autrice bengalese Mahasweta Devi (Premio Nonino 2005).
Tra gli altri eventi, in collaborazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, un convegno su “Fatti e finzione. La realtà vista da occhi diversi: dalla cronaca al racconto cinematografico”. Qui, alcuni dei più importanti ospiti asiatici si confronteranno con giornalisti italiani, quali Tiziana Ferrario (TG1), Emanuele Giordana (Lettera 22), Guido Rampoldi (La Repubblica), mentre Laura Boldrini (portavoce UNHCR) interverrà come moderatrice.
Un appuntamento da non mancare, è la lezione di Cinema che Mohsen Makhmalbaf darà sabato 26 alle ore 12 alla Casa del Cinema, subito dopo la proiezione del suo film più recente: ‘Sex and Philosophy’.
Grande chiusura del festival con il film ‘Three Times’ di Hou Hsiao-Hsien, maestro del nuovo cinema taiwanese.
Tutti i film sono sottotitolati in italiano.
Per altre informazioni, cliccate sul Programma.

Festival Asiaticafilmediale
Roma, 19 – 27 novembre
06 - 678 07 89
asiaticafilmmediale@hotmail.com


Senza Titolo


A Milano, presso la Galleria Studiosei, è in corso una personale, senza titolo, di Antonello Matarazzo dei cui lavori mi occupo sempre con piacere perché lo considero fra i videopittori e videomakers più interessanti dello scenario italiano.
Non a caso, lo trovate presente in questo webmagazine con la sua bio e alcune sue opere presentate nella Sez. Nadir
Oltre ai lavori pittorici, appartenenti a diversi momenti espressivi di Antonello, in questa mostra milanese è proiettato il suo video Miserere: Primo Premio Nuovi Linguaggi all’Art Doc Fest di Palazzo Venezia a Roma, e presente alla 62° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Le opere in mostra da StudioSei – scrive Gabriele Perretta - percorrono un decennio di vita di Matarazzo […] le sue figure dei freaks, degli emarginati, dei diseredati, dei folli, sono dei casi estremi in cui la sofferenza si fa sfida contro l’alienazione. Come in pochi altri autori rigidamente attenti alle cose di una vita offesa, tutto il suo lavoro ha una grande attenzione per la storia e la specie umana, questa varietà naturale minacciata dall’estinzione.
La mostra è accompagnata da una monografia, edita dalla Galleria, che illustra il lavoro di Matarazzo dal 1995 al 2005, con testi di Alfonso Amendola, Enrico Ghezzi, Gabriele Perretta, Marisa Vescovo.

Antonello Matarazzo
StudioSei Arte Contemporanea
Viale Regina Giovanna 6, Milano
02 – 89 05 84 27
info@studioseiarte.com
Fino al 21 gennaio ‘06


Fuori vena


Approda sugli schermi italiani – a partire da domani al cinema Mexico di Milano – un film, girato in digitale, presentato con successo al 58° Festival internazionale del film di Locarno nella sezione ‘Cineasti del Presente’.
L’autrice è Tekla Taidelli, il titolo è Fuori vena.
Tekla Taidelli, nata nel 1977, si è formata alla Civica Scuola del Cinema di Milano nel cui àmbito, a partire dal 1999, ha scritto, diretto e montato i suoi primi cortometraggi video. Un vivo interesse per i temi sociali la porta a dedicare un lungometraggio documentario, Sbokki di vita (2000), ai rave illegali, alla vita underground e ribelle dei punk dell’area milanese. Il film ha ricevuto il primo premio della sezione internazionale al RomaDocFest nel 2003. Segue un altro documentario Noise p-rat in act, che mette in scena l’ambiente underground dei punk e dei traveller, fra Milano e Bologna.
Fuori vena è il suo primo lungometraggio narrativo, ed è stato realizzato con il lavoro e il sostegno d’artisti e filmmaker della scena milanese e bolognese. L’autenticità del racconto, gli attori presi dalla strada, la capacità di entrare nei luoghi più disperati e rimossi della città e di raccontare in ‘presa diretta’ temi scottanti, in un passaggio continuo fra vita vera ed elaborazione filmica, toccando registri lirici, drammatici e comici, conferiscono al film un’intensa forza espressiva, confermando il talento della giovane regista, e la grande vitalità della cinematografia indipendente di Milano, che da alcuni anni propone con continuità progetti e modalità produttive ‘di frontiera’.
Dice Tekla Taidelli a proposito del suo film:
Ho voluto questo film per ricordare un ragazzo che non c’è più, e raccontare di lui, di me e dei miei amici, delle mie domande e delle risposte che ancora fatico a trovare. Possono chiamarci traveller, punkabbestia, raver, scoppiati… si tratta di noi, del nostro rapporto con la vita… e con le droghe, certo.
La verità di Fuori Vena trova corpo e voce negli attori, presi dalla strada o tra i miei amici più cari. Tre di loro ci hanno già lasciati: la loro vita è una verità che mi ha segnata, e che merita di essere immortalata senza filtri, cliché e pregiudizi. Alla fine, racconto il mondo che ho conosciuto: un mondo crudo, elementare, inesorabile, forse disperato, ma più vitale e autentico di tanta insopportabile ‘società civile’
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“FUORI VENA”
di Tekla Taidelli
produzione: Mir Cinema & Tranky Film
durata: 100 minuti


Videogiocando


L’Editrice Costa & Nolan ha pubblicato Gli strumenti del videogiocare a cura di Matteo Bittanti, studioso di new media e giochi digitali; dal 2003 coordina il corso di Specializzazione in Progettazione di Videogame presso l’Istituto Europeo di Design (IED) di Milano, svolge attività di ricerca e insegnamento allo IULM di Milano, attualmente è a S. Francisco dove tiene corsi presso l’Università di Stanford. E’ autore di diversi libri sui videogames, coordinatore di rassegne, è curatore della nuova collana Videoludica Game Culture di Costa & Nolan.
Per sapere come la penso su di lui, leggete le mie cronache di un viaggio spaziale che facemmo insieme.
Tornando al libro di cui dicevo in apertura, da puro e semplice passatempo, negli ultimi anni i videogiochi sono diventati oggetto di approfondimento scientifico e metodologico sempre crescente al punto che è nata una nuova disciplina accademica, l’analisi dei game studies .
“Gli strumenti del videogiocare”, raccolta di 12 saggi di grande interesse, si propone di dimostrare, grazie agli interventi di autori italiani e internazionali (inglesi, americani, finlandesi, svedesi), che una dimensione tradizionalmente relegata al comparto del divertimento e del disimpegno riveste invece un’importanza e una centralità assoluta all’interno della cultura contemporanea. Il videogioco è qui investigato da diversi punti di vista, sia come intrattenimento sia come oggetto culturale dotato di codici linguistici, iconografici e tematici. Gli autori analizzano le funzioni metaforiche dei più recenti videogames, il connubio tra simulazione e industria bellica, la crescente contaminazione mediale, le logiche sottese alla costruzione di interfacce, il rapporto tra mercato e produzione indipendente.
Per meglio intenderci sull’estensione di quest’analisi, ecco i titoli dei saggi che compongono il volume:
* V-ideologia o La Macchina della Guerra”, di Matteo Bittanti

* Elementi di simulazione nei videogiochi. Sistema, rappresentazione e interfaccia in "Grand Theft Auto: Vice City", di Aki Järvinen.

* Da casa delle bambole a "Metaverso": il trasloco sofferto di "The Sims Online", di Mia Consalvo.

* Mondi virtuali, strutture sociali. La techno-etica cyberpunk di "Deus Ex", di Alberto Falchi.

* La sindrome di Stendhal. Evoluzione dell'esperienza videoludica nel passaggio da rappresentazione bidimensionale a rappresentazione tridimensionale
di Ivan Fulco.

* Mondi di immagini. Per un'estetica del realismo tra cinema e videogioco, di Dario Villa.

* Danzando con il grottesco moderno. Guerra, lavoro, gioco e rituale negli FPS run-and-gun, di Rune Klevyer.

* Gioie e dolori della critica videoludica. Ripetizione, iterazione ed estetiche dei videogiochi,
di Barry Atkins.

* Fall Out, di Carlo Molina.

* Giocare con la geopolitica. L'ideologia ludica di "Command and Conquer: Generals" e "Delta Force: Black Hawk Down" di Geoff King.

* Ripetizione, ricreazione e variazione. Un tentativo di giustificare "Delta Force: Black Hawk Down”, di Robert J. Bain jr.

* Cacciatori e prede. Il caso "Manhunt". I videogiochi nell'era dell'isteria mediatica,
di Alessandro Piana Bianco, Davide Massara, Roberto Magistretti, Andrea Villa, Andrea Bellerofonte.

* Dal situazionismo internazionale al simulazionismo interattivo. "Sim City": la simulazione Debord-ante, di Matteo Bittanti.

E proprio a Matteo Bittanti ho chiesto le motivazioni del suo interesse estetico e sociologico per i videogames. Così mi ha risposto.
Il mio interesse per ogni artefatto culturale, videogame compresi, e’ triplice. Sostanzialmente, esamino tre aspetti fondamentali: testo, contesto, pretesto.
Il testo, in questo caso, e’ il videogame, inteso sia come ‘game’ (insieme di regole piu’ o meno rigide con il quale un giocatore si confronta), sia come ‘play’ (esperienza ludica piu’ libera e aperta).
Il
contesto riguarda le dinamiche socio-culturali innescate dal videogame – ovvero le ragioni per cui un certo gioco viene creato in uno specifico contesto culturale in una determinata congiuntura storica (e non in un’altra); il rapporto tra produzione, distribuzione, consumo sotto un profilo economico, culturale, estetico e ideologico; le conseguenze sociali dell’introduzione di un gioco (ad esempio, il rapporto tra simulazione e modello) e così via.
Ultimo, ma non meno importante, il
pre-testo, ovvero ciò che precede il testo, le motivazioni prime e ultime che mi spingono a passare ore di fronte a uno schermo a eseguire azioni del tutto immateriali, ad abbattere orde di zombie marziani, a costruire città invisibili, a combattere in trincea, a liberare principesse, a dominare mondi di pixel.
Le strategie analitiche sono eterogenee, ma l’obiettivo e’ uno solo: individuare testo, pretesto, contesto. Chiarire i rapporti reciproci. Metterli in gioco
.

“Gli strumenti del videogiocare”
A cura di Matteo Bittanti
330 pagine, euro 23:40
Costa & Nolan


Il nuovo Morandini


“Il più bel film che mai sarà fatto, è stato già fatto!”, così dice Ryan O’ Neal a Burt Reynolds, in ‘Vecchia America’, un film di Peter Bogdanovich del 1976.
Forse è vero, forse no. Se però vogliamo sapere tutto dei film finora girati, il migliore strumento che abbiamo in Italia è il Morandini, celebre pubblicazione dovuto al certosino impegno di Morando Morandini, della moglie Luisa e della figlia Laura.
Tempo fa incontrai Morandini ed ebbi con lui una conversazione sul suo lavoro di critico e sul lavoro redazionale del Dizionario, per leggerla cliccate QUI.
Oggi, grazie alla Zanichelli che dal 1999 pubblica questo prezioso Dizionario dei Film, è in libreria l’edizione 2006 dell’opera.
E’ uno strumento imperdibile non solo per chi lavora nel cinema, per i redattori della stampa quotidiana e periodica, le radiotelevisioni, i webmagazine, ma anche per quanti amano il cinema, la sua storia, le vie percorse e quelle che sta percorrendo.
L’Imponente volume – e non solo per mole, ma soprattutto per la qualità storica e la puntualità redazionale che possiede – si presenta ai lettori con oltre 21mila schede di film che ripercorrono tutta la storia del cinema dal 1902 all’estate 2005, tra i quali un migliaio passati direttamente per il circuito televisivo o in videocassetta, i film in concorso alla Mostra di Venezia 2005, monografie, i Premi Oscar.
Nel CD-ROM accluso: 6500 immagini di scena e locandine di film, i siti Internet dedicati al cinema e “i migliori” anno per anno.
Tanti i nuovi inserimenti: 550 i titoli inseriti nella nuova edizione, tra “classici” e uscite recenti. Quasi 200 titoli tra i “classici”: opere importanti della storia del cinema tra cui una decina del muto, con film di Ford e Lubitsch; poi capolavori di cineasti come Gregory La Cava, William A. Wellman, Bonnard, Conway, Curtiz, Dwan, Fleischer, Pal, Karlson, Santell, Sayles; inoltre i grandi registi asiatici: i giapponesi Gosho, Kurosawa, Mizoguchi e l'indiano Satyajit Ray.
Dal cinema francese sono stati recuperati film di Berri, Chenal, Claire Denis, Dréville, Garrel, Lacombe, Pagliero, Varda, Vecchiali, mentre dal cinema dell’Est socialista, lavori del polacco Skolimowski e del serbo Makavejev.
Per ogni scheda di film, il titolo in italiano e in originale, il paese di produzione, l’anno d’uscita, il cast, la sintesi della trama e un’analisi critica con un grado di giudizio da 1 a cinque stelle. Inoltre, ed è l’unico Dizionario cinematografico a farlo, contiene l’indicazione del livello di successo di pubblico, da 1 a 5 pallini.
Né mancano schede su registi, attori, e circa personaggi della letteratura e film ad essi dedicati: da Arsenio Lupin a Zorro, da Dracula a Robin Hood.

Il Morandini 2006
Dizionario dei Film
di Laura, Luisa e Morando Morandini
edizione con CD-ROM 32:50 euro
solo volume, 1888 pagine, 26:00 euro
Zanichelli


Ubu Settete!


Esiste a Roma un’Associazione culturale che ha un’intensa attività e, quel che più conta, d’elevato livello qualitativo, si tratta di Rialtoccupato.
La sua programmazione spazia dalle arti visive al teatro, dalla musica alla danza, senza trascurare incontri e dibattiti che investono temi dei diritti, della politica del territorio.
Viene agita, ed è quello che più m’interessa, una programmazione che nelle arti predilige l’interlinguaggio puntando, quindi, sulle occasioni espressive multicodice.
Per conoscere la sua storia, le idee e i programmi dell’Associazione, cliccate QUI.
E proprio bui binari della sperimentazione si muove la rassegna teatrale che Rialtoccupato ora propone. Titolo: Ubu Settete!.
“Ubu Settete!” è un circuito informale fondato da alcuni collettivi teatrali romani (OlivieriRavelli_Teatro, Amnesia Vivace, Circo Bordeaux, LABit); circuito che si propone di valorizzare quel teatro romano nascosto che meriterebbe più attenzione.
Sotto il marchio Ubu Settete viene anche edito dal 2003 un omonimo periodico di critica e cultura teatrale – distribuito gratuitamente nei teatri romani e nelle università – che vede tra i suoi motori l’attore e regista Daniele Timpano, uno degli ideatori del Festival di cui vi sto parlando. Alla rivista si accompagna annualmente l’organizzazione proprio di Ubu Settete! Fiera di Alterità Teatrali Romane che giunge quest’anno alla sua quarta edizione.
E, merito non da poco, vi giunge mentre la Finanziaria pirluscona taglia pesantemente i fondi destinati alle attività culturali.
Per sapere delle Compagnie presenti e del calendario, cliccate QUI.
Solo applausi? No, una cosa da ridire ce l’ho.
E non riguarda soltanto questa rassegna, ma tante: i programmi di sala.
Sono indecifrabili più della tavoletta di Huruk.
So bene che la cosa non riguarda la direzione artistica dei Festival, ma essendo responsabile dell’immagine complessiva di ciò che propone (dal basso dei miei oltre trent’anni di Enpals e varie rassegne allestite), mi permetto di consigliare vigilanza sui testi. Testi che straripano di “ironico” (fra poco lo si dirà pure di Previti quando parla), di “onirico” (capisco che se uno apre gli occhi e vede Bondi, li richiuda subito per tornare a sognare, ma qui s’esagera), dei molteplici “frammentato”, “astratto”, “rivisitato”, “sezionato”, roba che pare si tratti sempre dello stesso spettacolo cui viene solo cambiato il titolo per rubricarlo in Siae.
E che dire poi dello spreco di “anti”? Un vero scialo.
Dello stesso lavoro in cartellone in questa rassegna, si legge in una scheda che è un “antispettacolo” in cui “l’approccio è antidrammaturgico” che “l’opera diviene antiregistica ed antinterpretativa”, insomma un’ “assoluta antimacchina” che vive in un’ “antiscenografia”.
Mi scuso se non ci andrò. Sono un antispettatore.

Ubu Settete!
Rialto Sant'Ambrogio, Via di S. Ambrogio 4, Roma
Dal 15 al 20 novembre
Orario: 20.15 (la domenica alle ore 17.00)
Ingresso 8:00 euro


Biblioteca Oplepiana (1)


“Basta che un libro sia un ‘romanzo’ per assumere un connotato losco”.
Così scriveva Giorgio Manganelli. Condivido. E pure per questo amo l’Oulipo.
D’accordo, i suoi autori hanno anche scritto romanzi, ma assai particolari. Si pensi a “La Disparition” di Perec, dove manca la lettera e in tutte le sue lipogrammatiche pagine. Romanzi, cioè, lontani da quelli in cui una famosa marchesa usciva alle 5.
Quella marchesa, purtroppo, è immortale, continua ad uscire alle 5, e, infatti, i banchi delle librerie sono insozzate dalle orme delle sue passeggiate nell’inchiostro. E così abbiamo pagine e pagine fra melassa e melissa, scritte da gente che trama e non trema.
La letteratura oulipiana, con toste origini matematiche, individua in feroci regole, nella famosa contrainte, la forma più alta di fantasia, altro da ispirazione o presunta creazione, bensì ricreazione, in tutti i sensi. Agisce sulle strutture primigenie del linguaggio, e le neuroscienze con le loro scoperte ogni giorno di più danno ragione a quell’ipotesi.
Interessante, ad esempio, al proposito “La visione dall’interno” del neurobiologo Semir Zeki che vi ho segnalato tempo fa, libro in cui si prospetta la nascita di una neurologia dell’estetica, che lui chiama ‘neurestetica’.
Siamo nastri preincisi? Boh! So solo che una delle tecnologie che amo è quella del karaoke; la gente pensa di cantare e viene cantata. Noi (taluni senz’accorgersene), facciamo karaoke e, chissà, lo abbiamo fatto anche in opere che sembrano insospettabilmente originali.
Procedendo con le tecniche ludolinguistiche dell’Oulipo s’ottengono disvelamenti ed epifanie che su testi e contesti la dicono più lunga (e in modo più breve) di tanti pensosi critici che spendono fiumi di parole. Per non cadere nel loro stesso errore, mi fermo qui essendo questa nota la premessa a quella che seguirà.


Biblioteca Oplepiana (2)


Dal 1985 agisce in Italia un centro letterario gemello dell’Oulipo, si chiama Oplepo.
La sua nascita e la sua fosforescente vita si deve all’ingegno e all’impegno di Lello Aragona scrittore oulipiano, e infaticabile organizzatore di convegni, incontri, seminari sulla letteratura potenziale.
Ora saluto con gioia l’uscita de La Biblioteca Oplepiana libro, alla tenacia di Lello dovuto, destinato a diventare una rarità perché raccoglie rarità. Cioè una serie di plaquettes che, attraverso anni, l’Oplepo ha pubblicato; materiali finora dispersi (e introvabili) che vedono la luce grazie alla Zanichelli, Casa Editrice che si concede il lusso di coltivare un giardino segreto dedicato alla ludolinguistica.
Volume prezioso e divertente che, con un’introduzione di Edoardo Sanguineti, vede stampati testi di Addòmine, Albani, Aragona, Berardi, Bizzarri, Busetto Vicàri, Campagnoli, Cavazzoni, Chiti, D’Oria, Eruli, Falchetta, Kierkia, Odifreddi, Radicchio, Sebregondi, Serra, Spinelli, Varaldo.
Ho chiesto a Lello Aragona quali rischi si corrono di fronte a una pubblicazione come questa, di che sostanza è fatta e quali traguardi si propone.
Il rischio maggiore che si può correre di fronte a un libro come “La Biblioteca Oplepiana” è quello di prenderlo per uno scherzo; lo scherzo potrà anche piacere ma, se ci si fermasse a questo, se ne perderebbe la vera portata.
Credo che se oggi vi sono più premi letterari di poesia che lettori, ciò può anche dipendere dal fatto che il pubblico non ha più consapevolezza dei meccanismi della poesia.
Il lavoro sulle regole della creatività è un lavoro che cerca di fare violenza, in modo paradossale, ai luoghi comuni e alle banalità correnti sul filo di una creatività completamente libera.
Il gioco consiste nel portare alle estreme conseguenze acrobatiche questo lavoro, in modo evidentemente provocatorio; ma, per produrre un mutamento, la provocazione è a volte indispensabile.
Di opere come questa penso che ce ne sia proprio bisogno, specie in Italia. Quella italiana è una letteratura di tipo psicologico che, quando non sconfina nei grandi problemi metafisici, si occupa di piccole vicende borghesi: è molto noioso questo continuo rimuginio sull'eterno triangolo e sui giochi della memoria.
Perciò c'è bisogno veramente di libri che invitino gli autori a scrivere dei libri più sperimentali e i lettori a non leggere soltanto di questo.
Pubblicazioni come questa devono apparire un incoraggiamento verso un vasto sperimentalismo che non porta a opere “maggiori” (forse non è neppure la strada giusta per arrivarci), ma porta certamente a un grande florilegio di opere minori
.
Dal canto mio m’auguro che questo volume sia per tanti che viaggiano goffamente ispirati sulla via delle lettere un bel proiettile di carta che colpisca e affondi loro e le marchese che escono alle 5. Tale speranza balistica la ripongo anche oulipianamente anagrammando il nome dell’ottima Laura Lisci che guida benissimo l’Ufficio Stampa della Zanichelli. L’anagramma? E’ Cala Siluri.


Oplepo
La Biblioteca Oplepiana
668 pagine con illustrazioni, 48:00 euro
Zanichelli


Tavole italiane


Per motivi di lavoro ho fatto un lungo giro in Puglia e, come di solito faccio in questo webmagazine, mi piace riferire le esperienze enogastronomiche vissute lungo il percorso. Percorso, fatto in parecchi giorni, che mi ha portato a Bari, Lecce, Otranto, Taranto, Brindisi; lo preciso non perché la cosa sia emozionante per voi, ma per dire che di locali ne ho visitati tanti e lo sconforto è stato totale pressoché dovunque.
Curiosa cosa, perché dovunque ci sono materie prime eccellenti che finiscono d’essere tali allorché attraversano la soglia delle cucine. Per non dire del servizio che, pur sostanzialmente gentile, non va oltre tale qualità, sfiorando spesso la comicità involontaria.
Il tutto, è aggravato da una forte presunzione che accomuna molti cuochi e conduttori i quali parlano di se stessi e dei loro locali come gemme, e risiamo alla gag.
Si vantano d’avere prezzi bassi. E’ vero. Ma bassa è anche la qualità. E allora?
Non è forse, invece, alto il prezzo di 20 - 30 euro per pessimi piatti?
Alla luce di quanto ho visto (e, purtroppo, assaggiato) a me quei prezzi sembrano altissimi!
E qui va fatto un discorsetto agli amici redattori delle Guide.
Perché nella località x o y citare tanti ristoranti che non meritano segnalazione alcuna?
Non è meglio citarne di meno?
E ancora. Perché non ricorrere in modo più ampio al giudizio “senza voto”?
Assegnare, per esempio il voto 12.5 (per indicare un parametro usato da L’Espresso – ma con differente forma la cosa riguarda anche le altre Guide – cioè il voto minimo), al locale Alfa danneggia il locale Zeta che vedendosi attribuire un 14 (o un 15, oppure perfino un 16) non è poi distanziato quanto merita da chi ha beccato 12.5.
E più la Guida è autorevole, più ai miei occhi è colpevole a non fare nette distinzioni.
E pensare che c’è stato un anno in cui un buontempone ha avuto il coraggio d’attribuire un “senza voto” a Gualtiero Marchesi… ditemi voi! Non sarà un simpaticone, è vero, ma quanto a fornelli forse il “senza voto” non vi pare un po’ troppo poco?


Tavole italiane: il Menhir, a Brindisi


Nella nota precedente, nel parlare delle mie disgrazie enogastronomiche in Puglia, ho riferito dello sconforto provato pressoché dovunque. Ho scritto pressoché in quanto due ben intonati acuti in quella terra li ho ascoltati.
In ordine alfabetico: a Brindisi e Carovigno. A Brindisi, al Menhir.
Menhir è un termine dialettale bretone che significa "luogo delle pietre"; e il Menhir è un monumento preistorico che si trova anche in Puglia. Il patron e chef Ernesto Palma è sì monumentale ma non preistorico, si muove nel suo locale d’elegante architettura post-moderna (in centro, alle spalle del Nuovo Teatro Verdi) accudendo la clientela con grazia e straordinaria competenza, assistito in sala da un’impeccabile polonaise: Ketty.
E musica, non necessariamente chopiniana, proviene dai consigli iniziali che dà Ernesto e dai suoi piatti poi.
Al banco wine-bar è possibile assaggiare aperitivi che possono essere orientati anche su di una gamma d’autoctoni pugliesi di cui Palma, manco a dirlo, è un esperto.
A proposito di vini, al Menhir non entra un “novello” nemmeno se paga, non figura in carta. Evviva, già questo ai miei occhi rende il patron degno di grande elogio.
Cucina d'assoluta eccellenza. Mai parlo dei piatti assaggiati perché credo che delle pietanze sia difficile parlarne senza cadere in qualche goffaggine di gergo dal quale mi tengo lontano. Però che felice mano nel condurre vegetali e pesci! E quanta attenzione all’estetica del piatto! Insomma, una delizia.
Conto (con una buona bottiglia) che può oscillare fra 40 e 50 euro, tutti ben spesi.
Pregiata anche la selezione di distillati. Andateci e mi ringrazierete.

Menhir
Via Marco Pacuvio 16, Brindisi
Tel. 0831 – 52 47 03
Chiuso il lunedì


Tavole italiane: Sotto l’Arco, a Carovigno


Due acuti in Puglia, dicevo nella precedente nota. Il secondo, dopo Brindisi, in ordine alfabetico, l’ho sentito a Carovigno, località a trenta chilometri circa proprio da Brindisi, e a questa città ben collegata in senso automobilistico ma anche con corriere, meno agevolmente in treno.
Nel titolo avete letto “Sotto l’Arco”, in realtà il nome esatto del locale è Già Sotto l’Arco riferendosi ad una trascorsa ubicazione.
E’ questo un ristorante condotto da Teodosio Buongiorno e sua moglie Teresa, il primo gioiosamente in sala, la seconda festosamente in cucina.
Gioie e feste che si traducono in cordialissima accoglienza e sontuosità di gusto.
Tavoli ben separati, carta dei vini spaziosa e, merito non da poco, con ricarichi amichevoli.
Tutto concorre a farvi trascorrere un’eccellente sosta lontanissima dalle mestizie che affliggono tanti ristoranti pugliesi.
Dalle mani prodigiose di Teresa escono, infatti, piatti che nella loro sostanziale mediterraneità non rinunciano a proporre innovazioni ragionate, accostamenti inediti. Cucina insomma che senza clamore, con silenziosa finezza, trionfa in emozioni sensoriali.
Impresa non facile averla al tavolo a fine pranzo per un applauso, non già per sua superbia ma per dolce ritrosìa. Ma poi parlare con lei e Teodosio è piacevolissimo perché entrambi sfoggiano competenza, sia enogastronomica sia imprenditoriale, mantenendosi sempre su linee elegantemente sommesse.
Insomma, incondizionate lodi. E lode anche alla premurosa Daniela che lavora in sala.
Se vi trattate benissimo a nulla rinunciando, con una buona bottiglia di 15 euro, il conto non supera i 65 dobloni.

Già Sotto l’Arco
Corso Vittorio Emanuele 71, Carovigno
Tel: 0831 – 99 62 86
Fax: 0831 – 99 47 69
Mail: sottolarco@libero.it
Chiuso il lunedì


Piano Marshall per il Codex


Da oltre vent’anni il Codex Seraphinianus di Luigi Serafini viaggia per le vie del mondo, da quando cioè F. M. Ricci pubblicò nel 1983 le 400 pagine di un vertiginoso dizionario enciclopedico: lettere, animali, piante, segni grafici.
L'autore - architetto, pittore, scenografo, ceramista, illustratore, costumista – è una singolare presenza dello scenario artistico contemporaneo; trascorre, come prima dicevo, attraverso più campi espressivi fino all’arredo urbano con uno straordinario intervento, ad esempio, alla nuova metropolitana di Napoli intitolato il “Paradiso pedestre”. Sia che si tratti di mostre, di spettacoli, di oggetti, tutto è attraversato da una compattezza stilistica riconoscibilissima per lo sguardo sornione, burlesco, colto, colororatissimo con cui guarda il mondo e i suoi crudeli abitanti dei quali rileva cruente magagne e insidiose furberie (come in “Pulcinelleide “).
La sua figura è stata studiata da molti accendendo discussioni anche sul web e pure furori vandalici giorni fa su di una sua opera esposta in Piazza Signoria a Firenze.
Il “Codex” è un complesso di segni che mi fa pensare all’ambigramma studiato dal matematico Douglas Hofstadter.
E non è certo un caso, quindi, che Hostadter si sia interessato al “Codex” di Serafini, come potete apprendere cliccando QUI.
E’ anche accaduto di recente che un certo signore americano, Jim Marshall, abbia scoperto (e brevettata la sua scoperta) una specie di gioiello nascosto, non visibile, nel ‘Codex’. Egli dice: “Ho decifrato un’altra pietra di Rosetta nell’opera di Serafini, quella che era contenuta dentro un’immagine chiamata Matrix. Il risultato è un nuovo alfabeto che chiamo la Matrixa in onore di Don Luigi”.
Per sapere come codificando e decodificando è arrivato a tale ingegnoso approdo cliccate su La Matrixa.


Sguardi gesti atti


Medium bizzarro, nuova forma di allucinazione: falsa a livello della percezione, vera a livello del tempo, cosi scriveva sulla fotografia Roland Barthes nel suo celebre saggio “La camera chiara”.
E' in corso a Milano: la mostra Comunicazione - sguardi gesti atti.
E’ organizzata da un grande portale - l’Admin è Angelo Cucchetto - dedicato alla fotografia, alle nuove tecnologie digitali dell’immagine, alle aziende e agli operatori che lavorano professionalmente nel settore.
Bellissime le foto esposte, scattate da artisti italiani dell’obiettivo; per i loro nomi rimando al link precedente.
La mostra è accompagnata da un libro-catalogo che s’avvale della copertina di Luigi Starace, di una prefazione scritta dall’esperto in comunicazione Luca Oliverio e di un’introduzione di Paolo Ranzani.
Si può visionare la copia del libro e scaricare il pdf cliccando QUI.

“Comunicazione - sguardi gesti atti”
Dlight: Via Boncompagni 57, Milano
Orari: tutti i giorni, 10 – 13 / 15 – 18
Fino al 30 novembre


Psychofarmers


In un normale dizionario degli psicofarmaci, dopo la voce ‘Valium’ si trova ‘Vesperax’, ma un’eccezione c’è. La trovate leggendo Psychofarmers, manuale atipico mandato in libreria da ISBN, dove a ‘Valium’ segue la voce “La valle delle bambole” libro e film di culto. Perché mai? Perché si tratta di un originale e godibilissimo volume che non è una guida medica, ma la composizione per lemmi di una mitografia tracciata in un percorso che accosta le ragioni chimiche del successo di tanti prodotti farmaceutici alla mitologia dei loro effetti. Da qui una serie di citazioni di romanzi, film, personaggi noti della politica e dello spettacolo che con gli psicofarmaci hanno avuto a che fare. Le voci riguardanti i vari farmaci sono quanto mai esatte nella descrizione dei principii attivi e dei loro effetti.
Il tutto è accompagnato da una strepitosa raccolta di manifesti pubblicitari, d’ogni epoca e paese, tesi a veicolare (è il loro mestiere) miracolistici messaggi, a diffondere l’idea di una pillola della felicità. E non solo ai nostri giorni prozacchiani, ma anche ieri e l’altro ieri.
Gli autori del libro sono Pietro Adamo e Stefano Benzoni.
Il primo, è docente di Storia moderna (l’anno scorso ha dato alle stampe un saggio che ho letto e mi è molto piaciuto: “Il porno di massa”); il secondo è neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta, da qui l’esattezza scientifica delle voci riguardanti i vari farmaci.
A Benzoni ho chiesto: “Semir Zeki – docente di Neurobiologia all’Università di Londra – prospetta, nel suo libro ‘La visione dall’interno’, la nascita di una neurologia dell’estetica, che chiama ‘neurestetica’, e scrive: ‘…esprimo l’impressione che le teorie estetiche diventeranno comprensibili e profonde solo quando saranno fondate sul funzionamento del cervello, e che nessuna teoria estetica che non abbia una forte base biologica può essere completa e profonda’. Sei d’accordo con quest’affermazione?”.
L’idea di Zeki, per quel che ne so, muove dall’esplicita convinzione che esista un dispositivo neurale modulare che determina lo statuto estetico di un determinato contenuto percettivo e che sembra, in modo assai discutibile, stabilire un ordine di dipendenza diretto tra i meccanismi della visione ed una “teoria estetica” . Se non vi è dubbio che i meccanismi della visione sono biologicamente determinati ad un livello di complessità tale da influire sulle nostre capacità di distinguere “forme buone” da “forme meno buone” fin dalle prime settimane di sviluppo extrauterino, appare altresì evidente che l’esperienza estetica non può essere ridotta ai suoi elementari meccanismi ma necessariamente implica la compartecipazione di elementi metacognitivi di alto livello (legati alla storia degli individui, alla loro condizione socioculturale, ecc.) che risultano del tutto determinanti nella possibilità di definire le coordinate ermeneutiche alla base di una teoria estetica.
Fin qui Stefano Benzoni.
Tornando a Psychofarmers, concludo consigliando la lettura di questo libro interessante, documentato, divertente.

Pietro Adamo - Stefano Benzoni, “Psychofarmers”
299 pagine, 16:50 euro
Isbn Edizioni


Antipersonnel


Alla Fattoria Le Pupille è in corso una singolare mostra fotografica che raccoglie 34 immagini in grande formato.
Gli oggetti fotografati sono allarmanti: mine antiuomo. Lucenti, con attraenti colori, forme di elegante design, in altre parole: bellissime. Può una mina antiuomo essere bellissima?
E qui s’innesta un tema semiologico di complessa articolazione che non riguarda solo il rapporto etica-estetica , ma investe navigazioni e derive del linguaggio.
Gli intenti morali, pacifisti, dell’esposizione sono fin troppo evidenti e tutti elogiabili, ma è proprio quell’ambiguità del “troppo bello” applicato al “troppo brutto”, che affascina lo sguardo e fa riflettere su quei temi linguistici trattati da tanti e, nelle epoche a noi più vicine, da Immanuel Kant fino a uno studioso dei nostri giorni qual è Vittorio Hösle
Autore delle foto è Raphaël Dallaporta, giovane fotografo francese, nato nel 1980, che vive e lavora a Parigi. L’idea - frutto di circa cinque anni di lavoro - gli nasce da un viaggio in Bosnia fatto a 18 anni. Con la meticolosità dell’archivista, Dallaporta si è documentato sull’argomento, ha fotografato e catalogato numerosi dei 350 diversi tipi di mine anti-uomo realizzati in mezzo secolo di guerre.
La Mostra, voluta da Stefano Rizzi e Elisabetta Geppetti, noti produttori di vino di successo, e appassionati promotori del territorio Maremmano, é realizzata a cura di Marco Delogu.
Due parole sui vini della Fattoria Le Pupille principalmente nota per il Morellino di Scansano, considerato il vino di riferimento di quel territorio, che troviamo nella stessa denominazione ma in versione cru, sotto la etichetta Poggio Valente. Al vertice della produzione è il Saffredi, acclamata e pluripremiata cuvée di Cabernet Sauvignon, Merlot e Alicante dal carattere inconfondibile.
Catalogo su Dalla porta: edizioni Punctum Press
Ufficio Stampa della mostra: Studio Grassi; info: 02 – 58 43 51 12

Raphaël Dallaporta, “Antipersonnel”
Fattoria Le Pupille
Strada Piagge Del Maiano 92 A (Grosseto)
Visite per appuntamento: 0564 – 40 95 17
Fino al 13 Novembre


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