Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.
venerdì, 31 marzo 2006
I linguaggi cannibali
Conoscere Lamberto Pignotti e la sua opera è una fortuna che vi consiglio di procurarvi. Protagonista del Gruppo 70, fondatore in Italia della poesia verbovisiva, esploratore delle interrelazioni fra parola e immagine; per saperne sul web, c’è, fra i tanti siti dedicatigli, ad esempio, questo sito. In molti hanno scritto su di lui, scelgo un paio di occasioni, date un’occhiata QUI e anche QUA. Ho lavorato con Lamberto alla radio allorché in uno spazio dedicato a programmi di sperimentazione (anni dopo naturalmente cancellato dal palinsesto da alcune teste di silicio che sono pagate apposta dalla Rai per soffocare ogni novità), realizzò alcune orginalissime performances acustiche. In epoca più recente, fui anche tanto sconsiderato da fare con lui un viaggio spaziale. E’ uno dei pochi – ma proprio pochi pochi – a praticare arte con allegria, divertendo e divertendosi, lontanissimo da quel mesto modo da tanti frequentato che propongono arte e cultura come noia. Roba insomma che se non sfasci le palle al prossimo sembra che si venga meno ad un dovere artistico… pfui! Tale perniciosa modalità è particolarmente presente nell’area delle cosiddette avanguardie dove spesso all’angoscioso performer in azione preferiresti perfino una seduta dal dentista. Lamberto Pignotti è l’opposto di costoro. Eppure dietro quelle sue proposte birichine si cela un discorso serissimo che lavora sull’effetto della dislocazione, la sinestesia, l’intercodice. N’è testimonianza un suo saggio di recente pubblicato dalla Casa Campanotto guidata dall’ottimo Carlo Marcello Conti (cui, però, mai mi stancherò di ricordargli di rinnovare la grafica del suo sito web) intitolato: Scritture Convergenti. Letteratura e mass media. Il volume parte dalla constatazione che bisogna sfatare quel luogo comune che immagina un netto confine fra il linguaggio estetico e creativo di una poesia o di un romanzo, e quello pratico e tecnico delle comunicazioni di massa. Lo studio s’inoltra indagando sulle analogie, le influenze, i prestiti, le convergenze, i calchi, le interazioni e i rapporti di vario genere che sono intercorsi nel secolo appena trascorso fra alcuni aspetti e modelli linguistici della letteratura italiana e quelli dei mass media. “I linguaggi” – scrive Lamberto – ”vivono di parassitismo e cannibalismo reciproco, almeno per buona parte. Certo che simile processo si fa preoccupante (e diremmo “amorale”) quando il rinnovamento avviene minacciando l’esistenza stessa di altri linguaggi. Una cosa è invitarsi vicendevolmente a pranzo, un’altra divorare l’ospite”. Libro imperdibile per coloro che lavorano nei mass media e che dovrebbero essere letto con attenzione dai pubblicitari. Ho chiesto a Pignotti di dire due parole su questo suo recente lavoro.
Sai Armando, questo libro sembra fatto apposta per quanti sono indotti a pensare che l’erba del vicino sia sempre più verde o per quelli che desiderano la donna d’altri, per coloro insomma che vogliano uscire dal proprio ristretto orticello o dalla propria convivenza usurata. E’ un libro che può spronare sia narratori e poeti in cerca di ispirazioni alternative, sia giornalisti e pubblicitari in cerca di in-spirazioni fuori dalla solita aria fritta. E’ ovvio che non do ricette precise in tal senso, ma mi limito ad analizzare, con precisi esempi, quanto della letteratura più avanzata del ‘900 – dai futuristi alle nuove avanguardie – debba ai linguaggi delle comunicazioni di massa, e d’altronde quanto della pubblicità e del giornalismo novecentesco debba allo stile e ai modelli letterari più avanzati, mette sulla strada di un diverso e trasversale limite di separazione appunto tra letteratura e mass media. Il loro rapportarsi e il reciproco mangiarsi la coda - sintetizzando la tesi del libro – è necessario alla loro esistenza e al loro rinnovamento. Lamberto Pignotti “Scritture Convergenti. Letteratura e mass media” Pagine 115, euro 15:00 Campanotto Editore
giovedì, 30 marzo 2006
Il moto apparente del sole
Scrisse il poeta greco Teognide: “Chi ha un male, chi un altro, e fra gli uomini – quanti il sole ne vede – nessuno è felice”. Sull‘infelicità riflette un recente libro di Flavio Ermini, raffinato poeta e saggista che dirige la rivista letteraria Anterem, fondata con Silvano Martini nel 1976, e, insieme con Stefano Baratta, guida la collana Convergenze per la casa Moretti&Vitali. E proprio quest’editrice ha mandato in libreria di recente Il moto apparente del sole: storia dell’infelicità , il più recente lavoro di Flavio Ermini. Il libro è il primo titolo di una nuova collana editoriale di Moretti&Vitali: Andar per storie. Flavio Ermini, in questo suo saggio che s’avvale della prefazione di Massimo Donà, ricostruisce sapientemente la lacerazione tra l'essere umano e il mondo. Lo fa indagando su scrittori (da Eraclito a Celan, da Dostoevskij a Nietzsche, da Hölderlin a Heidegger, da Leopardi a Zambrano, da Petrarca a Zanzotto), la cui parola in proposito appare decisiva. Il volume svela metaforicamente come il cammino delle grandi opere di quelle celebrate penne, nell'arco dei secoli, sia apparente almeno quanto lo è, sulla volta celeste, quello del sole; da qui l’indovinato titolo. In questa ‘storia dell'infelicità’, Flavio Ermini dimostra, con documentazioni storiche e intuizioni critiche, quanto la dimensione stessa dell'essere nel mondo è costituita dal dolore dell'esistere. Ne sappiamo qualcosa – aggiungo io – anche ai nostri giorni allorché vediamo in tv i volti e ascoltiamo parole di Bondi, Tremonti, Schifani e altri loro compari. Voglio augurarmi che in una prossima edizione l’autore dedichi un capitolo anche a questa contemporanea, anch’essa tragica, esperienza umana. Il libro, oltre che in libreria, può essere acquistato anche direttamente presso la casa editrice indirizzando la richiesta a ordini@morettievitali.it Ho cominciato questa nota con una citazione di Teognide sull'infelicità, la chiudo con un’altra di non minore spessore sapienziale, è di Leo Longanesi: “Vissero infelici perché costava meno”.
Flavio Ermini “Il moto apparente del sole” 304 pagine, 20:00 euro Casa editrice Moretti&Vitali
mercoledì, 29 marzo 2006
Motamot
Le urgenze di un frettoloso turismo portano pochi a visitare il quartiere della Garbatella a Roma, eppure meriterebbe d’essere visto perché possiede un fascino speciale. Ha meno di novant’anni di vita, già territorio collinare di pascoli, di arboreti, di ville rustiche e di casali, la Garbatella comincia a formarsi, infatti, nel 1920 su un disegno del 1904; numerosi i progettisti, tra loro alcuni famosi architetti romani: Aschieri, Cancellotti, Costantini, De Renzi, Giovannoni, Marchi, Marconi, Piacentini, Trotti, Sabbatici, Vietti, e altri ancora. Negli anni ‘30 si completa nel suo nucleo essenziale con un massiccio intervento dell’Istituto delle Case Popolari. Il quartiere prende il nome, secondo un'ipotesi leggendaria, dall'appellativo dato alla proprietaria (particolarmente "garbata e bella") di un'osteria, o ancora per l'amenità del luogo, oppure, infine, secondo un'ipotesi più attendibile, per il tipo di coltivazione della vite ("a barbata" o "a garbata", appoggiando le viti ad alberi di acero o olmo) in uso sui colli. Contiene, per dire di un monumento, il sacrario delle Fosse Ardeatine e durante la Resistenza fu valorosamente protagonista nella lotta al nazifascismo. Per la storia della Garbatella vi segnalo due siti in Rete, li troverete cliccando QUI e anche QUA. QUO non c’è perché oggi non ha voglia di lavorare e anche perché quei tre termini sono diventati di recente noti non solo per memorie disneyane, ma anche perché rimandano alla tenebrosa storia delle intercettazioni illegali avvenute a Roma durante le passate elezioni amministrative ordinate secondo alcuni… ma tu guarda che malpensanti!... da personaggi vicini all’allora Governatore di centrodestra del Lazio. Ma se memorie disneyane non c’entrano con la Garbatella, altro cinema di ieri e di oggi l’ha fotografata, lì, infatti, Alberto Sordi girò “Mamma mia, che impressione!” (1951) e Nanni Moretti la visitò in vespa in un episodio di “Caro Diario” (1993). Da alcuni anni, il quartiere, grazie alla politica del Comune di Roma, si è attrezzato con luoghi di cultura e spettacolo che ne hanno rilanciato immagine e vita, come, ad esempio, il teatro “Palladium”, recentemente ristrutturato, e la musealizzazione della ex Centrale Elettrica “Montemartini”. Sono sorti anche altri laboratori di arte, ma ve ne parlerò un’altra volta. Tra i luoghi di aggregazione culturale, oggi segnalo (su suggerimento della fotografa Valentina Cinelli) una libreria, si chiama Motamot, creata da sei donne i cui birichini profili li trovate sul loro sito web. Motamot è anche qualcosa di più di una libreria, infatti, è un centro particolarmente attento al confronto tra culture e propone spesso incontri con autori stranieri, e inoltre presentazione di pellicole, video, concerti, mostre, corsi, programmi tutti studiati sulle esigenze del territorio. Un’officina culturale, quindi, che nasce dall’entusiasmo delle fondatrici, e di molti artisti e docenti universitari, per sperimentare nuove strade di trasmissione del sapere. Spazio viene dato anche a degustazioni e aperitivi… Aperitivi? Però! mi sa che ci vado a Motamot, ‘sta cosa degli aperitivi mi piace proprio, e chi mi conosce non se ne meraviglierà.
Motamot Via Giulio Rocco 37/39, Roma tel. 06 – 573 000 82 E-mail: info@motamot.it
martedì, 28 marzo 2006
Luci rosse nei Musei
Tanti i musei dedicati all’arte erotica, solo in Europa, per citare soltanto i più grandi e famosi, se ne contano una decina. Per farvene un’idea – nel caso vorreste concedervi un tour – cliccate QUI. Ce n’è per tutti i gusti: dall’enciclopedica Galleria Tallulahs al Sex Machines di Praga. C’è anche chi ha affrontato il tema del porno in Internet con un vero e proprio museo itinerante, una conferenza-spettacolo che gira da anni con successo per tutta Europa e che non esito a definire impagabile; la si deve a Sergio Messina – musicista, netperformer, sound designer, autore radiotelevisivo – totalmaker che ha ideato “Real Core”, una vertiginosa operazione che spero, se SM vincerà la sua proverbiale accidia, di trovare un giorno pubblicata in volume. L’arte erotica, però, non la si trova soltanto in gallerie specializzate, perché occhi scandalosi e non scandalizzati hanno creato (pure per dare un dispiacere a Buttiglione) immagini anche in famosi musei. Se vi trovate a Parigi, ad esempio, non c’è soltanto, a due passi dal Moulin Rouge, il celebrato Musèe de l'Erotisme, ma anche altre occasioni. Ne dà conferma una recente pubblicazione dell’ottima casa editrice Elèuthera che ha mandato in libreria Guida erotica al Louvre e al Museo d’Orsay (proprio a Cosmotaxi ne annunciò l’uscita l’editore Carlo Milani allorché lo incontrai tempo fa), un libro colto e birichino di cui è autore Jean–Manuel Traimond, uno che se n’intende, perché fa da molti anni la guida nei musei parigini. Sarà lui, quindi a guidarvi nelle pagine di questo suo lavoro a luci rosa e rosse fra “quadri ambigui, sculture sensuali, bronzi espliciti, omosessualità, incesto, pedofilia, voluttà solitarie, amplessi coniugali ed extraconiugali, palpeggiamenti e palpitazioni”. A proposito di questa Guida erotica al Louvre e al Museo d’Orsay, ha scritto ‘Le Canard Enchainé’: A forza di incantare i visitatori del Louvre con i suoi tour scandalosi del museo, Traimond, guida anarchica e picomirandolesca, non poteva non prendere in mano la sua penna fremente. Ed ecco questo libretto squisito, indecente ma mai zotico.
Jean–Manuel Traimond “Guida erotica al Louvre e al Museo d’Orsay” Traduzione di Luisa Cortese Fotografie di Ernesto Timor Disegni di Aladdin 148 pagine, 16:00 euro Edizioni Elèuthera
lunedì, 27 marzo 2006
Ipotesi Figurative Italiane
Il titolo di questa nota non tragga in inganno. Non si tratta delle figuracce che il nostro governo ha rimediato in sedi internazionali, né dei conti pubblici che tenta di nascondere, né del pessimo livello morale cui ha ridotto il nostro paese. Quel titolo, si riferisce ad un’occasione espositiva di riflessione sulle arti visive italiane contemporanee. E’ In corso alla Galleria Studiosei di Milano una mostra che è, infatti, uno sguardo sulla pittura in Italia negli ultimi quindici anni attraverso nove nomi che esprimono plurali direzioni di lavoro accomunate, com’è detto nella presentazione, dall’indagare su “la nostra memoria storica, tessuto cellulare che produce la giusta attualità visiva con le sue contaminazioni metastoriche”. Gianluca Marziani, curatore della mostra, così continua: Sintetizzare due decenni di (giovane) figurazione italiana è questione complessa, in bilico tra evidenze e meandri. La mostra, in tal senso, non dichiara promossi e bocciati ma esalta la qualità figurativa, la coerenza temporale, la forza tematica, la rigorosa gestione delle scelte espositive. Farlo al meglio significa usare modi curatoriali in cui si bilanciano i gusti personali, alcune oggettive realtà, il percorso della galleria coinvolta e le fattibilità progettuali. Ne risulta un risultato significativo, prima di tutto per onestà e calibratura intellettuale, poi per veggenza mercantile e attitudine aperta. Nella sana limitatezza di un progetto galleristico, ci bastavano alcuni archetipi che sintetizzassero la pittura cresciuta di recente in Italia. Ecco i nomi degli artisti presenti in Galleria con, per ognuno di loro, una telegrafica nota che ho tratto dal catalogo. Marco Cingolani: narra storie visive all’insegna del colore assoluto; Santolo De Luca: costruisce concettualismi pittorici attraverso accumuli feticistici; Alberto Di Fabio: è artista d’apparenze astratte e riflessioni sul Pianeta; Daniele Galliano: guarda la realtà con occhio anomalo e trasversale; Thorsten Kirchhoff: racconta le tensioni individuali in una società mediatica; Giovanni Manfredini: indaga la luce del corpo nel nero pittorico; Antonello Matarazzo: affonda nella bellezza del rimosso collettivo; Marco Neri: legge il mondo da una prospettiva di sintesi interiore; Rafael Pereira: inventa favole cattive tra cinema e letteratura.
Ipotesi Figurative Italiane Studiosei Arte Contemporanea Viale Regina Giovanna, 6 Milano Apertura: martedì – sabato, 10:00 – 19:00 Contatti: 02 – 890 58 427; info@studioseiarte.com Fino al 3 Maggio
sabato, 25 marzo 2006
Nybramedia
Come in tutti i webmagazine letti nei peggiori bar di Caracas e del Tiburtino III, oggi leggerete qui una nota che parla del webmagazine stesso. Si tratta di una precisazione chiarificatrice. In alquanti mi hanno scritto (grazie!) chiedendomi il significato di Nybramedia. Se col mouse ci si sofferma, qui a destra, sullo spazio disegnato dal webdev Attilio Sommella (che con pazienza degna di beatificazione m’assiste in questa mia fatica) dove arde una fiamma, tutta rossa e per niente tricolore, ecco che zompa fuori il significato di Nybramedia. Ma per coloro che non avessero voglia di farlo, replico qui quanto là si legge. Nybra è il nome d’un buon diavolo. Così è indicato nel “Dizionario Infernale” di Collin de Plancy pubblicato a Parigi nel 1818: Demone di ordine inferiore, gran coreografo della corte infernale: E’ anche sovrintendente dei sogni e delle visioni. Non gli si usano molti riguardi, considerandolo fanfarone e ciarlatano. Verso di me, spesso, non si usano, giustamente, molti riguardi e mi è piaciuto dare titolo a questo webmagazine con il nome di quello là. Perché “media”?... Ah, ma siete pignoli! Perché mi occupo di strumenti di comunicazione, dei loro risultati, e, soprattutto, delle loro ibridazioni. Contenti mo’? Nybramedia è tutto qua, nel bene e nel meglio, ma soprattutto nel male e nel peggio.
Nybramedia, Sito in Rete
venerdì, 24 marzo 2006
Cin cin contro la mafia
Quest’anno lo scenario enologico italiano s’arricchirà di un nuovo vino. Un vino speciale. Molto. Perché nasce nei poderi sequestrati alla malavita siciliana. Si chiamerà Centopassi - ispirandosi al famoso film di Marco Tullio Giordana sulla vita di Peppino Impastato, assassinato dalla mafia - ed è un Nero d'Avola prodotto dalla Cooperativa Placido Rizzotto (nome del sindacalista di Corleone ucciso dai mafiosi), che coltiva i terreni confiscati a Cosa Nostra. Per la storia di questa Cooperativa, cliccate QUI Il nostro governo non si è troppo distinto in questi anni nella lotta alla criminalità organizzata, specie in Sicilia dove i partiti di centrodestra nelle passate elezioni raccolsero un pesante quanto ambiguo successo. Motivo di più per cacciali via il 10 aprile. Perché non sono stati troppo combattivi contro i mafiosi? Al proposito, illuminante è la lettura di questo libro, del quale sono autori: Marco Travaglio e Elio Veltri. Circa Centopassi, è il primo vino prodotto interamente da beni confiscati ai clan: dai vigneti reimpiantati dopo anni di abbandono fino alla cantina. Per disegnare l'etichetta del Centopassi, che sarà distribuito dalla Coop Italia, non è stato chiamato un grafico famoso, ma gli studenti di una scuola superiore di Torino, l'Istituto Tecnico per arti grafiche e fotografiche Bodoni. Anche la creazione dell'etichetta è un progetto importante, che coinvolge non solo le abilità tecniche dei ragazzi ma anche la loro coscienza civile - spiega Gianluca Faraone, giovane presidente della Cooperativa Placido Rizzotto – Gli studenti hanno infatti incontrato e parlato nei mesi scorsi con il Procuratore di Torino Gian Carlo Caselli e con Giovanni Impastato, fratello di Peppino Impastato. A febbraio c'è stata anche una visita in Sicilia di una delegazione di studenti e insegnanti, con tappe alla casa della memoria di Peppino a Cinisi, al Memoriale di Portella della Ginestra, e alla Casa dei giovani di Castelvetrano, dove si produce olio su terreni confiscati alla criminalità organizzata. Per la nascita del vino Centopassi è stato fondamentale l'aiuto tecnico fornito dagli esperti di Slow Food, che hanno supervisionato l'intero processo produttivo, dal lavoro nei vigneti fino all'imbottigliamento finale. Il Centopassi sarà prodotto per la prima volta con le uve della vendemmia 2006. Nel 2004 ha debuttato sul mercato Placido, un bianco Igt a base di uve catarratto. Per i meno esperti, il catarratto è un antico vitigno fra le varietà più coltivate in Sicilia dove è conosciuto da moltissimo tempo e serve per aggiungere corpo e alcol a molti bianchi locali. Il nome significa "abbondanza" e la sua produzione nell'isola è tale da collocare quest'uva a bacca bianca tra le prime sei al mondo. I campi e i vigneti in cui nascono i vini, il grano, l'olio, le marmellate e le conserve prodotte dalla Cooperativa Placido Rizzotto appartenevano a Totò Riina. Cin Cin!
giovedì, 23 marzo 2006
Il verso nell'occhio
La poesia visiva si è sviluppata in Italia dalla metà degli anni ’60 sperimentando le relazioni estetiche esistenti fra il piano verbale e quello ottico. Legata al Gruppo ’70 cui ricordo tra i protagonisti Lamberto Pignotti - artista capostipite della poesia visiva, curatore della prima antologia di questo genere espressivo pubblicata in Italia, nel 1965, e oggi in piena e rigogliosa attività –, si evolse in più direzioni stilistiche e tecniche differenti: cut-up, fold-in, collage, fotomontaggio. E’ una forma d'espressione che, puntando sull’intercodice, ha anticipato alcune soluzioni cui oggi le tecnologie informatiche hanno permesso nuovi approdi di segno. Interessante, quindi, la mostra che la Galleria ColossiArte propone a Chieri, nello spazio di Villa Mazzotti, a cura di Ilaria Bignotti e Walter Guadagnini. Attraverso una selezione di circa centocinquanta opere provenienti dalla collezione Paolo Berardelli, appartenenti a dieci esponenti del Movimento, italiani ed europei, è offerta l’opportunità di avvicinare uno dei fenomeni più affascinanti e complessi della storia dell’arte italiana dell’ultimo cinquantennio. Il titolo dell’esposizione: Poeti XXL a Chiari. Maestri europei della Poesia Visiva. In mostra opere di: Julien Blaine, Jean François Bory, Ugo Carrega, Hans Clavin, Paul De Vree, Giovanni Fontana, Pierre Garnier, Fernando Millan, Ladislav Novak, Sarenco. Un vasto panorama, indicativo più che esaustivo, di alcuni fra i principali esponenti storici della poesia visiva. E per chi non potesse recarsi a Chiari? Don’t panic, please! Per uno sguardo sulle opere, cliccate QUI
Poesia Visiva Villa Mazzotti a Chiari (Brescia) Fino al 18 aprile
mercoledì, 22 marzo 2006
Libelli vecchi e nuovi
Al Conclave, c’era pure il cardinale Telesphore Toppo, presidente della Conferenza Episcopale Indiana, ma già dal cognome si capiva che non ce l’avrebbe fatta. Tutti gli altri, rispetto a lui, avevano maggiori possibilità. Fra questi, Ratzinger. Prima d’entrare nel Conclave che, infatti, lo eleggerà Papa, il cardinale Ratzinger legge un testo che è il suo programma di papabile. Il giorno dopo tutti i nuovi atei-devoti lo esalteranno. Ratzinger dice con chiarezza quali sono gli avversari della chiesa cattolica: il marxismo, il liberalismo, il libertinismo, il relativismo. Una buona risposta a quella arcigna sfida oscurantista viene da una nuova collana lanciata dalle Edizioni Dedalo: Libelli vecchi e nuovi. Volumi che danno voce proprio a testi di quel pensiero che da secoli è l’asse portante della modernità del mondo occidentale così avversata da tutti i fondamentalismi. Un pensiero messo all’Indice perché si contrappone all’assolutismo clericale e ai totalitarismi che non tollerano d’essere messi in discussione dal libero pensiero. A proposito dell’Indice, mi piace qui ricordare che in quel famigerato Index librorum prohibitorum (la cui ultima edizione è del 1948) nello sterminato elenco di opere e autori sconsigliati, manca il “Mein Kampf” di Hitler… che distratti! La nuova collana di Dedalo è divisa in tre serie. La prima, serie rossa, ridarà vita a un genere poco frequentato in Italia: il pamphlet, un testo di attualità breve, polemico, propositivo, antiaccademico. La seconda, serie verde, ripubblicherà antichi testi liberali, laici, libertini, democratici, dimenticati o occultati dal conformismo del nostro paese. La terza, serie verde, presenterà in venti volumi i principali protagonisti del liberalismo e della democrazia, costituirà una vera biblioteca che raccoglierà il meglio del pensiero politico degli ultimi secoli, dai libertini francesi a Bobbio. Il primo volume, Le voci del Padrone, è dedicato alla libertà d’informazione di fronte ai vecchi e nuovi monopoli. Un violento pamphlet, un documentato atto d’accusa dello stato di degrado e di servitù del giornalismo italiano. Di fronte al loro completo asservimento, una proposta per garantire la loro libertà attraverso un nuovo statuto sulla proprietà. E una riflessione sullo stato dei media nel presente condizionato da rivoluzionari mutamenti tecnologici. L’autore, Enzo Marzo, da oltre trent’anni è giornalista del Corriere della Sera. Chi ha asservito in Italia tanto giornalismo stampato e radiotelevisivo ben lo sappiamo e a quella figura che ogni giorno di più diventa la caricatura di se stesso è dedicato un altro libro delle Edizioni Dedalo: Ecce Gnomo del vignettista Nico Pillinini, prefazione di Marco Travaglio, postfazione di Dino Aloi. In questo divertente libro, c’è una corrosiva lettura della realtà dei nostri giorni che – come ha detto un altro umorista, Vincino – vede tanti italiani ‘con il televisore pieno e il frigorifero vuoto’. Di Nico Pillinini - pittore, scenografo, giornalista – Dedalo ha precedentemente pubblicato: “Burlesconi” (2003) e “Bandana Republic” (2004). Enzo Marzo “Le voci del Padrone” 224 pagine, euro 15:00
Nico Pillinini “Ecce Gnomo” 208 pagine, euro 15:00 Edizioni Dedalo
martedì, 21 marzo 2006
Labirinti di ieri e di oggi
Scriveva Ennio Flaiano: La via più breve tra due punti è il Labirinto. Se così stanno le cose, a differenza di tanti non-luoghi (aeroporti, autostrade, stazioni), il labirinto diventa luogo dei luoghi, catalogo claustrofobico di ogni località. Forse, proprio per questo, è uno degli archetipi umani più citati e consumati. Un magnifico libro parla – con un prezioso e ricchissimo corredo d’immagini – di tutto ciò: Labirinti. Da Cnosso ai videogames, pubblicato da Castelvecchi. Il libro, pur non recentissimo, è destinato ad essere un evergreen perché gioca le sue pagine su una metafora senza tempo e, inoltre, spazia dall’antichità fino a internet, da inquietanti dedali medievali a quelle “macchine senza lieto fine” (definizione di Elio Cadelo) che sono i videogames. N’è autore il giovane architetto Marco Sambo di cui ricordo un precedente libro – Contro chi, Editore Cooper – che racconta in prima persona i giorni dell'attentato delle Brigate Rosse contro suo zio Ezio Tarantelli, Questo volume sui Labirinti, pur non essendo di lettura facile facile, ha avuto uno strepitoso successo nelle librerie e questo a testimonianza che, talvolta, quando la qualità c’è il mercato risponde. Qual è stata la chiave del successo? L’ho chiesto a Marco Sambo. Perché un libro sui labirinti può avere successo? La risposta è semplice: ogni giorno della nostra esistenza viviamo in un grande dedalo nel quale, talvolta, è difficile muoversi. Il meandro che attraversiamo è la vita stessa con i suoi pericoli, gli inganni, la felicità, il dolore: quante volte perdiamo la rotta, il cammino. Sbagliamo strada, entriamo in un vicolo senza uscita, torniamo indietro e poi, magicamente, prendiamo la direzione giusta ed il vento sembra soffiare alle nostre spalle, portandoci in fretta verso la stanza del labirinto che stiamo cercando. Il mio libro svela i misteri, i segreti, la storia di questo archetipo nato agli albori della civiltà. Da Cnosso ai videogames, il labirinto è sempre presente: è un lungo viaggio attraverso rituali magici, iniziazioni, labirinti romani, medievali, giardini rinascimentali fino a giungere alla metropoli contemporanea con la sua architettura, l’arte, i fumetti, i film, i videogames. È un libro per tutti, per questo motivo lo comprano i giovani e gli adulti. Si può leggere dall’inizio alla fine. Si può leggere dalla fine all’inizio. Si può leggere dal centro andando a destra o a sinistra. Si può non leggere affatto, girando solamente le pagine per guardare le centinaia di immagini che entrano labirinticamente nel testo. Si può comprare. Si può semplicemente sfogliare in libreria. Fate vobis. Perché - dopo 432 pagine di labirinti - ho capito una cosa: il dedalo, in realtà, non ha regole.
Marco Sambo “Labirinti. Da Cnosso ai videogames” Pagine 431; Euro 22:00 Castelvecchi
lunedì, 20 marzo 2006
Una quasi eternità
Ho letto un libro straordinario. Fatto di poche pagine luminose. Le poche pagine che le indovinatissime collane ‘sassi’ e ‘gransasso’ delle edizioni nottetempo propongono ai lettori più esigenti, quelli, per capirci che si tengono lontani dalle Melisse e dalle Tamaro… a proposito della Tamaro, il suo film “Nel mio amore”, ha ricevuto dallo Stato italiano un finanziamento di due milioni di euro, e – bilancio recente – ha incassato di ritorno 168mila euro. Il titolo del piccolo capolavoro letterario cui prima mi riferivo: Una quasi eternità. L’autrice è Antonella Moscati, nata a Napoli, vive a Siena. Ha pubblicato in Francia Verbali. Filosofa, lavora per la casa editrice Cronopio alla quale tempo fa m’interessai durante una conversazione con Maurizio Zanardi. La Moscati riflette, con scrittura elegantemente rapida, su quell’età femminile influenzata dalle leggi della menopausa, momento che qui è narrato sia nella sua fisiologica crudezza e sia come allegoria di ogni camminamento, di ogni passaggio, che trasforma vite, esistenze e vissuti nel trascorrere del tempo. Pagine di grande sentimento senza che mai si affacci in loro sentimentalismo, libro esemplare nel tenere insieme ricordi infantili e previsioni di vecchiezza visti nella luce dello stesso crepuscolo. E proprio per queste qualità, il piccolo volume di Antonella Moscati può essere letto, con diverso sentire ma uguale apprensione filosofica, dalle donne e dagli uomini. Ancora una cosa. Quante e quanti con meno cose da dire, al contrario delle tante contenute in Una quasi eternità, ne avrebbero fatto (e, ahimé, spesso ne fanno) racconto o romanzo. Aver scritto, invece, una riflessione tanto lucida quanto appassionata fuori della facile (e perniciosa) via narrativa è un ulteriore merito di quest’autrice che vi consiglio assolutamente di leggere. Antonella Moscati “Una quasi eternità” Edizioni nottetempo Collana gransasso 83 pagine, 6:00 euro
sabato, 18 marzo 2006
Ci vediamo dopo il tiggì
Mai come in questo momento la Tv, ben aldilà di ogni dibattito popperiano, è protagonista dei titoli sui media per via delle imminenti elezioni e delle polemiche suscitate dall’occupazione manu militari dal potere berlusconiano sulle antenne pubbliche e private. Tempestiva e preziosa è, quindi, l’uscita di un libro che l’ottima Meltemi ha mandato in libreria in questi giorni: Televisione e politica negli anni novanta; n’è autore Giandomenico Crapis. Nato a Lamezia Terme nel 1955, medico, ha seguito per intero il corso di laurea in sociologia della comunicazione e, và a capire il perché – pigrizia? mancanza di tempo? – mai ha dato la tesi. Si occupa da molti anni di storia della tv e della cultura di massa. Ha pubblicato nel 1999 “La parola imprevista. Intellettuali, industria culturale e società all’avvento della tv in Italia” (con prefazione di Alberto Abruzzese), e nel 2002 “Il frigorifero del cervello. Il Pci e la tv da ‘Lascia e raddoppia’ alla battaglia contro gli spot”. Collabora alle pagine culturali e di spettacolo de l’Unità. Questo suo più recente libro, svolge una documentatissima analisi sugli anni ’90 che per la tv in Italia determinarono le origini dell’attuale, patologico, assetto legislativo, ma anche svolte di costume suggerendo modelli di comportamento che hanno poi visto aggravarsi i loro peggiori contenuti. Ho scambiato quattro chiacchiere con Giandomenico Crapis. Ai fini della comunicazione politica, la tv è veramente decisiva o, come sostengono alcuni, meno di quanto si pensi? Direi che hanno ragione entrambe le scuole di pensiero, gli apocalittici e gli integrati, chiamiamoli così. In molti casi la stretta opprimente di certa politica sulla tv, come nel ’92, o ancor prima nell’87, o nello stesso 1996, o in tutte le elezioni dopo il 2001, non ha evitato le sconfitte elettorali di chi invece sui media era prevalente. Non così con le elezioni 94, il referendum sulle tv del ’95 le elezioni europee del 1999 con l’affermazione, grazie agli spot, della lista Bonino. In generale comunque il contesto delle relazioni reali a volte conta di più a volte meno. Un modo per dire che nel vuoto della politica la tv ha modo di amplificare al massimo i suoi effetti, ma che se questo vuoto non c’è allora anche la tv funziona meno o produce un effetto paradosso. Il cosiddetto "sistema-paese" (espressione da me non troppo amata) in Italia ha avuto oppure non ha avuto occasioni per darsi un diverso assetto televisivo? Moltissime e tutte sprecate dal legislatore nel corso degli anni ‘90. A cominciare dalla legge Mammì, vero condono dell’etere, proseguendo con la commissione Barile nominata dal governo Ciampi (1993); con la commissione Napolitano che avrebbe dovuto affrontare una delle priorità su cui nasceva nel ’95 il governo Dini; con la elusione, alla scadenza delle concessioni tv in agosto ’96, della sentenza della Corte che prescriveva non più di due reti al privato; con il lodo Pisanu-Maccanico che a fine ’95 prorogava ancora il regime televisivo che il giudice aveva dichiarato incostituzionale; con la legge 249 del ’97 che fissava i tetti antitrust ma ne demandava pilatescamente l’applicazione alla Autorità vincolando il passaggio sul satellite della rete privata eccedente ad un equivoco ‘congruo sviluppo’ delle parabole; con il rinvio sine die della legge 1138 sulla riforma della tv in nome della Bicamerale; con la rinuncia di una riforma della stessa Rai.
Giandomenico Crapis “Televisione e politica negli anni novanta” Pagine 287, 21:50 euro Meltemi Editore
venerdì, 17 marzo 2006
Il figlio dell'uomo
Quando ti nasce un figlio, non sai mai chi ti metti in casa, diceva saggiamente Achille Campanile. Ma non è solo quest’incognita ad allarmare, perché il cosiddetto “lieto evento” (vallo a dire tale a quei genitori massacrati a martellate anni dopo dai pargoli!) comporta una serie di grattacapi e molestie (ma anche soddisfazioni, signora mia… certo, certo) che trasformano la vita del genitore. Su questo riflette Stefano Disegni nelle corrosive – ma, in fondo in fondo (molto in fondo, però) anche tenere – pagine del suo recente libro Non sai che t’aspetta, uomo! edito dalle Edizioni Piemme. Stefano Disegni, un nome un destino, è uno dei nostri migliori disegnatori umoristici e apprezzati autori televisivi che, lo ricordo ai più distratti, l’anno scorso ha pubblicato due libri che qualora vi mancassero rifornitevene perché straordinari nel riflettere divertendo: uno sulla televisione e un altro sui motociclisti. Con lui tempo fa, fui tanto sconsiderato da farci insieme un viaggio spaziale. Stavolta la sua penna mordace mòzzica uno dei miti dedicati ai buoni sentimenti: la paternità. Oltre la penna, non mancano, per restare nella sua cartoleria, le matite che graffiano, in un compendio illustrato di dodici pagine finali del volume, proprio quel mito paterno in una scorreria slapstick da controfavola. Nelle pagine del libro, tante le avventure e disavventure del maschio-padre, non ultima fra queste la mutazione della propria compagna divenuta madre: Il sintomo dell’avvenuta Mutazione è riconoscibilissimo e universale, a qualunque latitudine e in qualunque parte del pianeta […] un verso tipico, un suono particolare, a un esame più attento un accostamento polisillabico che suona più o meno così: “Devofaretuttodasolatantoatenontenefregauncazzo!. Mi sarebbe piaciuto che tale espressione fosse stata tradotta nelle principali lingue del pianeta perché può accadere oggi – viviamo o no in una società multietnica? – di sentircela ripetere in qualche idioma a noi non troppo noto. Sia come sia: estote parati!
Stefano Disegni “Non sai che t’aspetta, uomo!” Pagine 174, euro 12:90 Edizioni Piemme
giovedì, 16 marzo 2006
Viva il vino spumeggiante
Ho sempre pensato che se Turiddu nella “Cavalleria rusticana” non fosse stato fatto secco dal carrettiere Alfio, sarebbe morto per il cattivo vino che consumava nella taverna della madre Lucia. Un trinciabudelle, di sicuro. Certamente, però, quel vino costava poco (e vorrei pure vedere che costasse caro!), a differenza di tante bottiglie imposte a prezzi ladroneschi a noi bevitori in vineria. Per non dire dei ricarichi da brivido che vengono praticati nei ristoranti, molti dei quali sono inavvicinabili proprio per via di quei forsennati ricarichi. Mascagni a parte, da queste considerazioni è forse partito il progetto delle Fiere dei particolari Critical wine. E’ nato nel 2003, dall’incontro tra Luigi Veronelli – grande precursore della cultura eno-gastronomica in Italia – e quei movimenti sensibili ai problemi della terra, dell’ambiente e dell’agricoltura. Negli ultimi anni della sua vita Veronelli (scomparso nel dicembre del 2004) si è dedicato a promuovere l’incontro tra vignaioli (in genere piccoli produttori, ma di grande qualità), e movimenti dei consumatori. Il risultato di questi fortunati incontri è stato la realizzazione di un progetto che vede uniti produttori e consumatori contro un’agricoltura estensiva e industriale, per la valorizzazione dei vitigni autoctoni e della vinificazione artigianale, nonché la trasparenza sui prezzi e i ricarichi della filiera distributiva (che porta una bottiglia a quintuplicare – ma, talvolta, va peggio – di prezzo se consumata al tavolo di un ristorante). Da qui l’idea del prezzo sorgente stampato sull’etichetta che indichi con chiarezza il prezzo cui il produttore vende il suo vino in cantina, uno strumento che permette al consumatore di vedere chiaramente i ricarichi indotti dalla filiera e costringe gli intermediari a giustificare i propri sovrapprezzi. E da qui anche l’autocertificazione del produttore. I vignaioli che partecipano a tutte le Fiere dei particolari forniscono un’autocertificazione nella quale devono elencare: metodi di coltivazione e vinificazione, tipologia dei terreni, metodo di lavoro, qualità delle relazioni ambientali e sociali, rapporto tra superficie coltivata e numero di bottiglie prodotte. Dati che consentono al consumatore di capire molto di più della semplice etichetta ‘certificazione biologica’ e che riportano il produttore alle sue responsabilità ambientali e sociali, oltre a quelle sulla qualità e la salubrità del suo prodotto. La seconda edizione romana della Fiera dei particolari si svolgerà (come già la prima dell’ottobre del 2004) nei locali del Centro Sociale Forte Prenestino sul cui sito è pubblicato il programma della manifestazione che per tre giorni propone letture, visioni, dibattiti, assaggi, con 100 vignaioli e altri 50 coltivatori di diversi generi alimentari per costruire un altro consumo e ricordare l’amato maestro Luigi Veronelli. Per i redattori della carta stampata, delle radiotv, del web, l’Ufficio Stampa è a cura di Nicolas Martino: 0685831785; press@deriveapprodi.org
Fiera dei Particolari/Terra e Libertà/Critical Wine 17, 18 e 19 marzo 2006 Roma – Centro Sociale Forte Prenestino via Federico Delpino - (Centocelle)
mercoledì, 15 marzo 2006
Tà vuò fa fà 'na foto?
L'oceanica diffusione delle immagini ottiche sessuali, fisse e mobili, disponibili in una scala di perversità che va dallo spot televisivo alle cassette di Magic America, ha reclutato tutti nell'esercito mondiale dei perversi voyeur. La scopofilia, che era un tempo considerata a sua volta perversione, rientra adesso nella norma più normale della normalità. Così scrive il grande fotografo e saggista Ando Gilardi fondatore della Fototeca Storica Nazionale che porta il suo nome. Quando scriveva ciò che prima ho trascritto, Gilardi non sapeva che di lì a poco i media sarebbero stati inondati da immagini che ritraggono esponenti dell’attuale governo, sennò – ne sono certo – avrebbe dedicato loro un capitolo destinato alla pornografia involontaria, autentico oltraggio al comune senso del pudore. Un’esposizione di scatti a tema, invece, esplicitamente erotico, si apre a Roma al Centro Culturale Sant’Ambrogio dove a cura di Traits d'union - Associazione di promozione delle culture francofone - tre artisti dell’obiettivo propongono le loro opere. Si tratta di Diane Ducruet, Jean Janssis e Alan Tex. Per vedere immagini e leggere note sulla mostra, cliccate QUI
Erotismo Fotografico Centro Culturale Sant’Ambrogio Via Sant’Ambrogio 4, Roma Dal 16 al 25 Marzo Entrata Libera
martedì, 14 marzo 2006
Amori ellenici
Sta avendo molto successo il debutto in narrativa di Massimiliano Palmese con il suo romanzo L’amante proibita edito da Newton Compton. Massimiliano Palmese è nato a Napoli e da quindici anni vive a Roma dove si occupa di teatro dopo essersi misurato con la scena di danza. Ha pubblicato raccolte di poesia, ottenendo premi quali l’”Eugenio Montale” e il “Sandro Penna”; il suo nome è fra quelli inclusi nel ‘Settimo Quaderno Italiano’ di poesia contemporanea edito da Marcos y Marcos. Ha scritto, e rappresentato, molti testi teatrali e una traduzione del ‘Sogno di una notte di mezza estate’. Massimiliano, perché questo romanzo?
Dopo molti anni di poesia - la forma più aristocratica ma anche negletta di scrittura - provare il genere romanzo era per me, diciamolo pure, la scommessa di arrivare a un numero maggiore di lettori. Mi sono chiesto che cosa avrei voluto leggere io, come se il “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” diventasse “non scrivere quello che non vorresti leggere”. Ho costruito così “L’amante proibita” a scatole cinesi: contiene una storia familiare, che contiene molte storie d’amore, che sono legate insieme da una trama da libro giallo. Inizia come un thriller e finisce come un romanzo di formazione. In mezzo c’è il diario di un viaggio in Grecia. Proprio per una questione di gusto personale mi sono orientato verso una forma “classica” di romanzo, con dei temi che però lo aggiornano come la crisi della coppia, o quella forse più irreparabile della famiglia. Mi piace che i protagonisti sembrino usciti da un romanzo di Scott Fitzgerald, uno dei pochi autori che non mi stanco di leggere e rileggere. Anche i lettori sembrano apprezzare: dopo una settimana ne sono state vendute 10mila copie ed è stata fatta una seconda ristampa. Incredibile... Massimiliano Palmese “L'amante proibita” Pagine 153, euro 7:90 Ed. Newton Compton
lunedì, 13 marzo 2006
Profilo del dada
Non sono certo il solo a considerare Valerio Magrelli una delle voci più alte della poesia contemporanea italiana, non a caso a lui dedicai un viaggio spaziale che facemmo insieme tempo fa. Ai navigatori della Rete, segnalo anche alcuni lidi elettronici dove trovare notizie biografiche e versi, studi, nonché nature e venature del suo pensiero. Ora è in libreria una nuova edizione di un suo saggio (uscito nel 91’ e da molti anni introvabile): Profilo del Dada, mandato in libreria da Laterza. Dada: movimento iconoclasta che aborriva – per usare parole dei suoi manifesti – le “accademie cubiste e futuriste”, i “laboratori di idee formali”, l’”ammucchiar denari e accarezzare i gentili borghesi”, se ne rinvengono sue influenze successive, a distanza di circa un secolo dalla sua nascita, non solo nelle arti visive, ma anche nella mail art, nel nuovo teatro di ricerca, e perfino in recenti forme espressive, consapevoli o inconsapevoli di suoi precedenti dada, quali il flash mob e certi videogiochi (penso a quelli che scompongono famose opere, la Gioconda, ad esempio, che non a caso ricorda le trasgressioni di quell’ingegnere del tempo perduto che fu Duchamp). Dada, insomma, morto o vivo che sia, continua ad essere pianta delle vie depistanti e intrico briccone di strade. A Valerio Magrelli, ho chiesto: dada è stato mappa o labirinto? Così mi ha risposto. Il 4 gennaio 2006, a tredici anni dal suo primo “attentato”, Pierre Pinoncelli è tornato a colpire il bersaglio prediletto, ossia quell’orinatoio di Duchamp che sin dal 1925 Gide irrideva nei “Falsari”, alludendo a un testo intitolato “Vaso da notte”. Anche se esercitato, come il precedente, su una replica dell’originale (andato smarrito nel 1917), questo secondo intervento del settantasettenne artista ‘di strada’ (avvenuto nel corso della mostra allestita al Centre Pompidou di Parigi), suggerisce l’idea di un’interattività performativa potenzialmente illimitata, a riprova dell’energia che continua a irradiarsi dal concetto di ready-made. Provo allora a rispondere alla domanda: mappa o labirinto? A ben vedere credo che dada rappresenti la mappa persa di un labirinto perennemente ritrovato. Valerio Magrelli “Profilo del dada” Pagine 170, Euro 10:00 Editore Laterza
sabato, 11 marzo 2006
Droghe, musica, immagini
E’ assurdo il detto popolare che vuole un uomo trasformato dall’ebbrezza; al contrario, i più sono trasformati dalla sobrietà, così diceva lo scrittore inglese Thomas De Quincey, uno che se n’intendeva, nel suo famoso ‘Confessioni di un mangiatore d’oppio’. A quella riflessione pensavo leggendo le pagine di un acutissimo libro che esplora, con gli strumenti della sociosemiotica, le esperienze di varie droghe in relazione con la creazione e la fruizione di opere musicali e visive: Sensi alterati a cura di Gianfranco Marrone, edito da Meltemi. Il volume, pubblicato mesi fa, è uno di quelli che gli addetti ai lavori chiamano ‘di catalogo’ cioè non destinato ad un consumo veloce, strettamente legato all’attualità – pur essendo questo libro che vi sto segnalando di grande attualità, e quanta! – ma che resta nel tempo e potrà essere goduto dai lettori anche in futuro. Perché studia origini e approdi della tossicodipendenza come status psicologico e sociale, è rivolto a indagare i suoi rapporti con l’espressività estetica e con i segni dell’alterazione. Gianfranco Marrone insegna, semiotica nell’Università di Palermo. Tra i suoi lavori: “Il sistema di Barthes” (1994); “Estetica del telegiornale” (1998); “C’era una volta il telefonino” (1999); “Corpi sociali” (1991); “La cura di Ludovico” (2005). Oltre a un saggio dello stesso Marrone, il volume s’avvale degli scritti di Juan Alonso, Nicola Dusi, Federico Montanari, Paolo Peverini, Lucio Spaziante. A Gianfranco Marrone, ho chiesto: nel tuo saggio "Sostanze tossiche, forme stupefacenti", compreso nel volume, scrivi: “...la problematica, centrale in tutto il libro, della tossicodipendenza come forma autonoma di organizzazione dell'esperienza […] fa del consumatore abituale di droghe un epistemologo senza saperlo...”. Puoi spiegare questo concetto? Questa affermazione può suonare paradossale, perché generalmente si pensa al tossicodipendente come qualcuno che, a causa dell’assunzione degli stupefacenti, finisce per perdere cognizione di sé e del mondo, per disgregarsi, sino a diventare una specie di essere del tutto privo di valori e voleri, programmi di azione e scopi. In realtà, osservando lo stile di vita del tossico, o anche guardando ai testi letterari oppure cinematografici che lo rappresentano, ci si accorge facilmente che il consumatore di droghe è un soggetto a tutti gli effetti, qualcuno che mette sempre all’opera programmi di grande complessità. È un soggetto estremamente “occupato” dal punto di vista pragmatico, cognitivo e sensibile. Lungi dall’essere un soggetto passivo e assente, è un soggetto sempre “a caccia”, nonché particolarmente attento ai propri processi sensoriali e cognitivi. Insomma: egli si osserva e si ascolta come un vero e proprio epistemologo che mette in moto un programma d’analisi approfondita del proprio essere e delle proprie sensazioni. Questo “epistemologo” è un fine osservatore e conoscitore della percezione, che realizza una perfetta sintesi di sensibile e intelligibile. L’assunzione di droghe produce insomma specifiche “forme di vita”, che le scienze umane e sociali dovrebbero cercare di studiare e di capire, e non criticare a priori.
A cura di Gianfranco Marrone “Sensi alterati: droghe, musica, immagini” Pagine 143, Euro 14:50 Editore Meltemi
venerdì, 10 marzo 2006
Premio Imaie
A Roma, alla Casa del Cinema si terrà domani e dopodomani la Prima Edizione del Premio Imaie per audiovisivi e composizioni musicali. Ma che cos’è l’Imaie? Che cosa fa? Per saperlo, ho avvicinato il VicePresidente Mimmo Del Prete che già tempo fa fu mio ospite in un viaggio spaziale e gli ho chiesto del principale còmpito dell’Imaie e delle cose più recenti prodotte da questo Ente. Così mi ha risposto. L’Imaie tutela i diritti degli artisti interpreti esecutori di opere musicali, cinematografiche e audiovisive ogni qualvolta queste siano riutilizzate e/o trasmesse dalle radio, dalle televisioni e da qualsiasi altro ente utilizzatore. Costituito dalle Federazioni dello Spettacolo di Cgil, CislI e Uil, è nato nel 1977, come libera associazione tra gli artisti interpreti e musicisti per proteggere la loro prestazione professionale e far valere il diritto all'equo compenso connesso alla riutilizzazione o alla riproduzione delle opere interpretate o eseguite in base a quanto previsto dalla legge sul diritto d’autore. E’ diventato Ente Morale con Decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nel dicembre 1994. Ma quest’ente non provvede solo a vigilare su quanto finora ti ho detto, perché tra i suoi fini c’è anche il sostegno economico a professionisti, specie i più giovani, che s’avviano nella carriera artistica. E qui all’Imaie siamo orgogliosi di notare come quest’anno sia stato un anno record sul piano della gestione del sostegno. Siamo passati, infatti, da una media annuale di 300.000 euro a ben 24 milioni di euro del 2005. Erogazioni avvenute per sponsorizzare la realizzazione di Cd, videoclip, Dvd di spettacoli teatrali, complessi musicali esordienti e non, fino a numerosi “corti”. Ed è proprio queste produzioni da noi sostenute che si disputeranno l’11 e il 12 marzo il “Premio Imaie” cui tu facevi prima riferimento. Mi piace, però, dirti che a me affascina sempre più ancora il lavoro da fare. Ed ecco che, prossimamente, abbiamo un piano d’interventi, sul piano nazionale e internazionale, che va dalla lotta alla pirateria informatica all’armonizzazione delle tariffe sia sulla riutilizzazione sia sui prelievi sulla copia privata, al riordinamento dei sistemi di gestione dei diritti da parte delle società di artisti e produttori che hanno maturato compensi. Ultima cosa, ma non per importanza, ci occuperemo della direttiva per la musica on-line, che considero prima come tema culturale e poi come problema legislativo. Si tratta d’affrontare il rischio di monopolio da parte di grandi multinazionali che incidono sia sul fatto economico ma anche e sopratutto sulla diversità culturale. Tornando al Premio Imaie, saranno incoronate tre opere audiovisive e tre opere musicali, scelte tra i progetti realizzati con il sostegno accordato nel 2005 dall’Istituto: circa 80 CD per il settore musicale e 50 DVD per il settore audiovisivo. Ai vincitori andrà un premio di tremila euro. Per il programma, cliccate su audiovisivi e su opere musicali.
Opera Imaie, prima edizione Casa del Cinema, Roma Sabato 11 e Domenica 12 marzo dalle 16.00 alle 20.00 Per i redattori della carta stampata, delle radiotv, del web, cura l’Ufficio Stampa: Carla Nieri, tel. 06 – 420 02 682; carla.nieri@imaie.it
giovedì, 9 marzo 2006
Più colla compagni
Troppo spesso gli anni ’70 sono marchiati con la frettolosa formula giornalistica di “anni di piombo”. Mi chiedo, però, quale altra sostanza, poco parlamentare in verità, andrebbe usata per indicare i craxiani anni ’80 per non dire degli attuali. Nei ’70, ci fu del piombo, questo è ben evidente, ma anche dell’altro. Ed è proprio su tutto quanto di altro quegli anni espressero a cui, spesso, non si guarda e sul quale meno ancora si riflette. Quel tempo, ad esempio, vide in Italia un radicale rinnovamento nella musica, nel teatro, nelle arti visive, andò affermandosi un’ibridazione fra i generi espressivi che ancora oggi è uno statuto linguistico che a quell’epoca attinge. E sul piano politico non risuonarono soltanto spari, ma echeggiarono nuove formule d’aggregazione intorno a temi quali il femminismo, l’ecologia, il terzo mondo, la sessualità, temi tutti che la sinistra allora non colse ed è stata, poi, costretta a rincorrere. Gran merito va, quindi, a un libro, da poco in libreria, che sui ’70 s’interroga e ne narra aspetti lontani da quella sbrigativa visione che i media ci propinano da anni su quel tempo. Si chiama Più colla compagni ed è edito dalle Edizioni Memori. Ne sono autori: Maurizio Fabretti e Piero Galletti. Maurizio Fabretti è nato a Roma nel ’57; conosciuto nel movimento con il nome di “Vongola”, tifoso fazioso della Roma, attore nei primi cinque film di Moretti. Poi il teatro: a vent'anni con Garinei e Giovannini. Oggi fa il light designer. Piero Galletti l’ho conosciuto parecchi anni fa. In una vineria. Luogo nel quale sia lui sia io impegnamo alquante delle nostre ore libere. E solo parecchi bicchieri dopo appresi che lavoravamo per la stessa padrona: la Rai. Al principio (e la cosa avrà repliche), infatti, oltre a parlare di vini fummo troppo impegnati a litigare, com’è rigorosa abitudine di noi della sinistra pronti a dividerci su ogni cosa e a farci del male. Per la cronaca, da quei dibattiti con Piero io ne sono uscito sempre battuto, ma medito rivincite. Pur conoscendoci bene, ci siamo poi persi di vista e lui – uomo elegante – non mi ha cercato per dirmi del suo libro, a cercarlo sono stato io, apprendendo, per caso, della pubblicazione. Ecco qualche nota biografica di Piero Galletti. E’ nato a Genova nel 1956. Si è laureato alla Facoltà di Lettere della Sapienza di Roma. Nel 1977 è tra i protagonisti del lungometraggio di Nanni Moretti “Ecce Bombo”. Nel 1981 inizia a collaborare con la Rai, come autore, sceneggiatore e regista. Durante gli anni 80 cura l’annuario dell'Enciclopedia britannica. Nel 1985 lavora presso la Direzione Esteri della Rai e dall'88 al ‘93 nelle rubriche culturali del TG3. Dal 1996 è alla Rai il responsabile del Notturno Italiano. A Piero Galletti ho chiesto: quale la motivazione principale che vi ha spinto a pubblicare questo libro e che cosa hanno significato per te gli anni '70? Ciò che ci ha spinto a scrivere un libro sugli anni settanta va cercato dentro un arcipelago di emozioni. Anzitutto la necessità di liberare quel decennio dal clima di "nera" che lo ha da subito avvinghiato, trasformando un conflitto tra visioni del mondo in una guerra per bande. Abbiamo voluto poi raccontare come moltissime delle riflessioni avviate e accudite negli anni ‘70 contenessero intuizioni che andavano ben al di là delle storiche contingenze. Allora si occupavano le case e si praticava l'autoriduzione nei cinema, si lottava contro la mobilità nelle fabbriche e contro lo strapotere baronale nelle Università, si difendeva lo spirito antifascista della Costituzione e si rischiava la vita per i popoli del terzo mondo in armi contro l'imperialismo. E poi si leggeva, si andava nei cineclub, ai concerti, si partiva per il mondo incuriositi ed emozionati, si amava e si ascoltava, e poi, e poi... tutto fu sigillato dentro quella Renault rossa il 9 maggio del '78. Cosa resta di quell'incredibile decennio? Tanto, ma, sottotraccia, molto, soprattutto nei cuori di coloro che sarebbero diventati invisibili. Per noi quegli anni, anche per una questione anagrafica, rappresentano un percorso di crescita che ci ha accompagnato dall'adolescenza a una giovinezza confinante con la maturità. In quella lunga stagione abbiamo fatto conoscenza con le nostre passioni, con i nostri sogni, con le nostre inquietudini mai risolte. E abbiamo fatto delle scelte, che nel corso del tempo non sono cambiate perché il tempo non le ha erose, ma anzi le ha fertilizzate. Oggi sappiamo di aver fatto la cosa giusta, e questa serena convinzione ci ha consentito di affrontare il gelo di oggi e di ieri mattina.
Maurizio Fabretti - Piero Galletti “Più colla compagni” 160 pagine, 16:00 euro Edizioni Memori
mercoledì, 8 marzo 2006
8 Marzo
Non mi pare che la giornata di oggi proponga troppe manifestazioni per la Festa delle Donne, anche se, naturalmente, ce ne sono e (quasi) tutte rispettabili. Sarà che la cronaca è costretta ad occuparsi più delle quote nere proposte nelle liste della CdL che di quote rosa, sarà che i media preferiscono il sexygossip alla storia, sta di fatto che ne vedo in giro pochine. Eppure quest’anno nel nostro paese c’è un’occasione particolare per ricordare la data, infatti, ricorre il sessantesimo anniversario del voto alle donne, diritto sancito nel 1945 (Decreto luogotenenziale del 2 febbraio ’45) ed esercitato dall’anno successivo. Chi guida questo Cosmotaxi però una chicca l’ha trovata. Le Edizioni Spartaco festeggiano l’8 marzo facendo uscire oggi in libreria Amatevi e non moltiplicatevi: educazione, femminismo, libertà sessuale, antimilitarismo. N’è autrice la scrittrice femminista brasiliana Maria Lacerda de Moura (1887-1945), ancora poco nota nel nostro paese ma che sta incontrando un nuovo interesse a livello internazionale, come dimostra lo spazio a lei riservato al recente Forum mondiale dell’educazione, tenutosi in Brasile. Gli scritti sono stati raccolti e introdotti per questa edizione dalla maggiore studiosa di Maria Lacerda, la storica Miriam L. Moreira Leite, dell’università di San Paolo del Brasile. Discutendo temi quali il femminismo, la pedagogia libertaria, l’antimilitarismo e la libertà sessuale, l’autrice mostra il legame tra liberazione dell’individuo – in primo luogo della donna – ed emancipazione dell’umanità dalle fedi, dalle religioni e dagli eserciti. Maria Lacerda fu insegnante, studiosa di temi legati all’educazione, pubblicista. Oratrice di successo, tenne conferenze nelle associazioni del movimento operaio di San Paolo, perlopiù promosse da immigrati italiani. Anarchica individualista, riteneva che l’atteggiamento «antisociale», ovvero il rifiuto di un’organizzazione sociale autoritaria e contraria alla donna, fosse l’unica base possibile della convivenza e della mutua comprensione. Negli anni trenta si batté contro il riarmo e per denunciare la preparazione della guerra che tutti gli stati stavano allora predisponendo dietro l’ipocrisia dei discorsi inneggianti alla pace; avvertì con angoscia il pericolo che l’umanità stava correndo a causa delle armi chimiche e dell’aviazione che in quegli anni si stavano sperimentando; indicò nella diserzione e nella non collaborazione la strada per evitare il massacro. Completa il volume una nota di Mônica Raisa Schpun, studiosa brasiliana che insegna a Parigi, sulla San Paolo di Maria Lacerda: un quadro rapido, brillante ed evocativo che aiuta il lettore a comprendere il contesto e i fermenti dell’epoca in cui scrisse Maria Lacerda che fu autrice anche di “Servizio militare obbligatorio per le donne? Mi rifiuto!” (1933) e “Fascismo, figlio della Chiesa e del Capitale” (1934).
Maria Lacerda de Moura “Amatevi e non moltiplicatevi” A cura di Miriam L.Moreira Leite. Traduzione di Giulia Brunello Pagine 250, euro 12:00 Spartaco Edizioni
martedì, 7 marzo 2006
Il rigore del nero
No, non sto per parlarvi delle liste elettorali della CdL pieni di personaggi in orbace, né di qualche celeste loro protettore. Qui si tratta d’altro. Poco tempo fa, questo Cosmotaxi dedicò una sua corsa al collezionismo italiano e, fra un semaforo spaziale e l’altro, l’antropologa Paola De Sanctis Ricciardone - svolgendo una panoramica sui musei che di recente hanno aperto (o riaperto) i battenti - a proposito di Laura Minici Zotti, così mi disse: Deliziosa e stuporosa è la collezione di lanterne magiche del museo suo, da anni va in giro per il mondo a mostrare e a proiettare le sue magnifiche slides (alcune anche in movimento, antenate del cinema) vestita in costume fine ottocento. Ora Laura Minici Zotti propone proprio in questi giorni a Padova Il rigore del nero:Silhouettes e Teatri d'Ombre. La mostra, con oltre ottocento pezzi esposti, propone una visione storica e scientifica dell’arte delle silhouettes: immagini in nero dipinte o ritagliate su carta, libri, gioielli, porcellane, oggetti vari, cartoline postali e due teatri d´ombre. Viene tracciato un percorso cronologico a cominciare da un vaso corinzio, a figure nere, per passare attraverso i periodi di massimo splendore dell’arte della silhouette, ovvero il XVIII e XIX secolo, per arrivare alle applicazioni vintage degli USA negli anni ’50 del Novecento. Non manca la riproduzione della celebre sedia di Lavater dove si accomodavano coloro che desideravano immortalare il loro profilo; al tempo la fotografia non era stata ancora inventata e riprodurre il viso in silhouette, era il modo meno costoso per conservare l’effige di una persona cara. Personaggi, già ben noti all’epoca, come Kant, Mozart, Goethe, la Regina Vittoria e il presidente George Washington, solo per citarne alcuni, venivano effigiati in silhouette e lo scrittore H. C. Andersen si dilettava nel ritagliare figure di carta, mentre raccontava le sue favole.
Il rigore del nero Museo Civico del Santo, Padova Orari: 9/13 e 15/18, chiuso lunedì Info: info@minicizotti.it Telefono: 049 – 87 80 280 Fino a domenica 26 Marzo
lunedì, 6 marzo 2006
Cartoline d'artista
Si può combattere lo strapotere dell’arte ufficiale pontificale non solo fighting in the street ma anche per posta, per interposta missiva, per mezzo di una micropratica pervicacemente intrusiva. Così scrive Pablo Echaurren nel capitolo dedicato all’arte postale nel suo libro “Corpi estranei” (2001). Il fenomeno della mail art – consistente in messaggi postali ludici, dalla presenza antiutilitaristica, talvolta ingombrante, spesso irridente, sempre sbertucciante, roba da far ammattire gli addetti di una seriosa istituzione come lo è la Posta – esplose negli anni ’60, ma se ne ritrovano precedenti già in Mallarmé, Léger, Matisse, Bracque, Duchamp. Nei ’60 l’esperienza delle avanguardie storiche fu raccolta da Ray Johnson fondatore della “New York Correspondence School” e sostenitore della mail art come forma alternativa al sistema dell’arte e alle sue logiche di mercato. In questo scenario, un particolare posto lo occupano le cartoline d’artista delle quali ne traccia storia e intenti espressivi un recente libro - Postcarts - pubblicato da Coniglio Editore in collaborazione con AAA Edizioni. Ne è autore Vittore Baroni, uno dei capostipiti della mail art italiana, inventore di paesi inesistenti, critico musicale, studioso delle controculture. Collabora alle riviste ‘Pulp’ e ‘Rumore’, è autore di volumi su musica elettronica, cinema, rock, psichedelia. Ha scritto, inoltre, diffusamente sulla cultura di Rete allestendo esposizioni e realizzando progetti internazionali. Prendendo le mosse dai pionieri delle avanguardie storiche, Postcarts – con versione inglese a fronte e ricchissimo d’immagini – ricostruisce il percorso della cartolina d’artista, spaziando dalle spedizioni concettuali di Fluxus alle variopinte bizzarrie del circuito planetario della mail art, da singolari “pezzi unici” alle più stimolanti spedizioni alternative e new pop, fino ad arrivare al fenomeno delle free-card promozionali e alle e-card virtuali via internet. Scrive Vittore Baroni: “… Perfino un mezzo all’apparenza così povero ed effimero quale è la cartolina postale può vantare una tradizione di tutto rispetto in ambito artistico. Fin dalla sua preistoria, gli artisti dell’Art-Nouveau e dell’Espressionismo ne adottarono il formato, seppur per scopi eminentemente autopromozionali e commerciali. La cartolina è servita da palestra grafica per le sperimentazioni del Bauhaus ed ha tenuto a battesimo maestri del calibro di Emil Nolde e Paul Klee….
Vittore Baroni "Postcarts" Pagine 205, Euro 15:00 Coniglio Editore
sabato, 4 marzo 2006
Inchiostro Infinito
Oggi parlo di una giovane casa editrice: Infinito Edizioni. E’ nata nel novembre 2004 e ha sede in provincia di Roma. Tre i soci fondatori, li nomino in ordine alfabetico: Maria Cecilia Castagna, Stefania Divertito, Luca Leone . Le pubblicazioni, al momento, s’articolano in tre collane: una per bambini, “Il Menestrello”, un’altra saggistico-divulgativa “I Saggi” e la neonata “Orienti”, che riguarda tutto quanto è a est dell'Italia, Balcani in primis. Di recente ha lanciato un originale concorso che aveva per tema John Lennon: la sua poetica, la sua musica, la sua immagine. Concorso abbinato alla promozione del libro "Gli ultimi giorni di Lennon", (176 pagine, 12:00 euro) di Michelangelo Iossa. Il vincitore del concorso è stato Daniele Palchetti con "Libero come un uccello". Una menzione speciale è andata a Franco Fedele che ha partecipato con il testo "A brotherhood of men". La Casa Editrice vanta già al suo attivo un brillante successo ottenuto con Uranio. Il nemico invisibile (pagine 192, 14:00 euro) di Stefania Divertito, con prefazione di Marco Paolini e Andrea Purgatori. Il volume affronta in una panoramica documentaristica il drammatico argomento della morte di tanti nostri soldati di ritorno dai Balcani indagando fra documenti e reticenze. Per leggere una scheda sul libro e un’intervista all’autrice, cliccate QUI. Con questo volume, Stefania ha vinto il Premio Cronista 2004 “Piero Passetti” assegnatole dall’Unione Cronisti Italiani. A lei ho chiesto di dirmi quali le motivazioni che l’hanno spinta ad avvicinarsi a questo tema e quale la maggiore difficoltà trovata nello scriverne. Così ha risposto. Mi occupo di uranio impoverito da sei anni. Sono una donna del Sud, napoletana, e mi colpirono le storie di soldati che partivano per i Balcani e tornavano malati. Erano ragazzi in cerca di uno stipendio, soprattutto, ma che poi si affezionavano alla divisa. Il ministero della Difesa negava, ma poi nello stesso tempo emanava circolari con le precauzioni da adottare in caso di "contatto da uranio". Quasi sei anni, in cui ho conosciuto molti ragazzi ora deceduti, e il coraggio delle loro famiglie. La maggiore difficoltà? Dimostrare meno dei miei 30 anni e lavorare per un giornale poco "accreditato" (Metro). Ma poi ho trovato le giuste fonti, anche tra i militari, e con loro il rispetto è reciproco. Finalmente la commissione d'inchiesta ha ammesso che "esiste un caso uranio". Le famiglie vedono riconosciuto il loro lutto, e sperano che le cause di risarcimento vadano a buon fine.
Infinito Edizioni Via dei Garofani 3 00040 Due Santi di Marino Tel/Fax: 06 – 930 98 39 info@infinitoedizioni.it
venerdì, 3 marzo 2006
Avventure tutte gialle
Dopo il successo ottenuto dalle prime due uscite in Vhs e Dvd di “SpongeBob”, primo frutto dell’accordo distributivo tra Dnc e Shin Vision, i rapporti tra le due ditte si proiettano in una nuova collaborazione. Dnc distribuirà infatti nei negozi i primi due film della nuova sezione Live-Action varata da Shin Vision: gli attesi film d’azione coreani “Volcano High” e “Bichunmoo”, entrambi presentati in un’inedita Extended Version. Acclamato da Quentin Tarantino e cult movie in tutto il mondo, Volcano High è un adrenalinico incrocio tra action movie e commedia demenziale di ambientazione scolastica, in cui più fazioni di studenti e professori con superpoteri si contendono un manoscritto magico. L’edizione – 121 minuti – contiene la versione Director’s Cut: 40 minuti inediti in più rispetto alla versione televisiva, doppiati in italiano. Volcano High è già disponibile da alcuni giorni a noleggio, e sarà in vendita a partire da maggio. Bichunmoo, invece, sarà disponibile a noleggio in aprile ed in vendita a partire da giugno. Bichunmoo è stato il primo film della nouvelle vague coreana ad essersi imposto in tutto il mondo. Il film, diretto dal talentuoso esordiente Kim Young-jun, si inserisce nella tradizione di origine cinese del ‘wuxiapian’, letteralmente ‘racconto marziale di cavalieri erranti’, una sorta di corrispettivo del cappa e spada occidentale. Allo stesso genere appartengono classici contemporanei che molti di voi avranno visto, quali “La tigre e il dragone”, “Hero”, “La foresta dei pugnali volanti” e “Sword in the Moon”. Per informazioni: Shin Vision, Ufficio Stampa: Luca Della Casa e Carlo Tagliazucca: ufficiostampa@shinvision.com
giovedì, 2 marzo 2006
Le scienze in casa Dedalo
Nella scuola italiana, ieri avvilita dal modello gentiliano con le materie tecniche e scientifiche subordinate a quelle umanistiche, oggi dissestata dalla pirluscona sciura Moratti che ha tentato perfino di escludere Darwin dai programmi, le Scienze se la passano male assai. A questo s’aggiunga che alcune di esse (astrofisica e biologia fra le prime) sono addirittura attaccate da beghine e baciapile ed ecco, quindi, che su banchi, cattedre, trasmissioni radiotv fioccano soltanto “Zichicche” per ricordare il titolo di un libro imperdibile di Piergiorgio Odifreddi dedicato al curiale Antonino Zichichi, uomo che potrebbe autorevolmente far parte della storia del cabaret. Quel libro fu pubblicato dalla casa Dedalo che da anni si occupa di pubblicazioni scientifiche con l’invogliante slogan “la scienza è facile”. Nel catalogo dell'Editrice è possibile, infatti, pescare tanti titoli di volumi divertenti e istruttivi che permettono a molti di noi di trovare risposte a interrogativi che ci poniamo ogni giorno. Ora, Claudia Coga che è al timone della Dedalo, ha deciso di varare una nuova collana che è principalmente diretta ai ragazzi. Si chiama “Piccola Biblioteca di Scienza” che e ne ha affidato la direzione ad Elena Joli. Felice scelta, perché la Joli è una specialista con i fiocchi. Laureatasi in fisica teorica a Bologna, ha continuato poi i suoi studi a Parigi con il DEA in Fisica Teorica (Ecole Normale Superieure), e a Trieste alla Sissa (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati), dove ha conseguito il Master in Comunicazione della Scienza discutendo una tesi sul linguaggio della scienza: dalla formalizzazione dei linguaggi specialistici alla nascita e all’uso di metafore nella comunicazione dei contenuti scientifici. E’ autrice di manuali e testi di fisica. Dalla sua attività di ricerca nello scenario della teoria della comunicazione scientifica, è nato un libro di cui è coautrice insieme a Daniele Gouthier, appena pubblicato da Dedalo, con il titolo “Le parole di Einstein”. Insegna fisica e lavoro come editor e consulente scientifico in àmbito editoriale. A lei ho chiesto un profilo della nuova collana. Così mi ha risposto. I bambini fanno sempre tante domande: perché il cielo è blu, dove finisce l’aria, perché il sole brilla, cosa c’è dentro un computer. Le loro domande sono le stesse che si pone il bambino che sonnecchia in ognuno di noi: la notte, sotto il sole, per strada, al lavoro. La scienza ci offre risposte precise, ma non sempre comprensibili a chi scienziato non è. E’ quindi necessario cercare di conciliare precisione scientifica e semplicità di esposizione. La nuova collana "Piccola biblioteca di scienza" è stata concepita per dare a bambini e ragazzi informazioni scientifiche di qualità e tentare di rispondere a tutte le loro piccole e grandi curiosità sul mondo e sulla scienza. I contenuti scientifici sono ospitati nelle pieghe di storie raccontate con stile vivace e spigliato, e illustrate con garbo negli aspetti umoristici e immaginativi. Una conversazione a tavola dopo la scuola, una gita al mare, uno scambio di e-mail con un’amica lontana diventano il trampolino di lancio per parlare di atomi, luce, sole, cellule, evoluzione, computer, sempre facendo appello all’esperienza collettiva e quotidiana di bambini e ragazzi in quanto ad ambientazione e riferimenti. Non si dirà dunque che l’atomo è grande quanto la decimiliardesima parte di un metro, ma che ci imbattiamo in un atomo se pieghiamo un foglio di carta a metà per ottanta volte di fila.
Presto saranno in libreria i primi titoli, ed Elena Joli è invitata fin d’adesso a salire su questo Cosmotaxi per parlarci allora di quelle novità.
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