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Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.

Le stelle di Varallo


Sono in parecchi a confondere Star Trek con Star Wars, ma i due cicli si differenziano profondamente non solo perché il primo nasce (1966) per la Tv e il secondo (1971) per il il grande schermo, ma anche per molteplici segni che li distinguono. Ad esempio, per evidenza e importanza, è rilevante il fatto che mentre Star Wars si muove, fedele al titolo, fra imprese guerresche, Star Trek, invece, è la storia di un’impresa scientifica che attraversa lo Spazio “… lontanissimo West da cavalcare senza invadere, da esplorare senza distruggere” – come di recente ha scritto benissimo Pino Corrias – “perché per Star Trek è sempre proibito (per il bene comune, il bene planetario) interferire con altri mondi, le altre forme di vita, le altre civiltà. Altro che guerre preventive”.
Jupiter C’è anche chi sostiene che più propriamente fantascientifico è ST mentre SW apparterrebbe al genere “fantasy”; sia come sia entrambe le serie hanno sul pianeta Terra milioni di fans. E tanti studiosi che ne hanno prodotto analisi semiologiche e sociologiche.
Mentre ST vanta da tempo incontri e convegni di spettacolo e riflessioni, mancava, in Italia, a SW una consimile esperienza. A colmare la lacuna, ecco una meritoria manifestazione promossa dalla Proloco di Varallo che si svolgerà dal 2 al 17 settembre.
Per il programma, cliccate QUI.
All’interno di tale programma, spicca il concorso letterario "Space Prophecies" promosso dall'Associazione Yavin 4 che vedrà premiato – nella Sezione Star Wars – Giancarlo Manfredi con il suo racconto L'arte della guerra.
Giancarlo Manfredi - oggi direttore del portale di cultura Trek WebTrekItalia - nel lontano febbraio 2001 (secondo il calendario Terrestre) lo ebbi graditissimo ospite della mia astronave Enterprise; a proposito di WebTrekItalia, segnalo che questo mese propone ai visitatori un intrigante editoriale sull’attitudine al tradimento. E’ firmato Kalt Winter, ma si tratta dello pseudonimo (e non giuro sia il solo) sempre dello spaziale Manfredi.
Nel concorso letterario, segnalo anche, nella Sez. Fantascienza, il primo classificato che è Simone Conti, seguito da Biancamaria Massaro e Luca Forgiarini.

Guerre stellari
2 – 17 settembre
Varallo
Info: starwarsavarallo@hotmail.it


Un colpo d'elettricità


In questo agosto, la radiotelevisioni pubbliche e private e la stragrande maggioranza della stampa, ci hanno bene informati sulle vacanze dei vip, fornendoci talvolta perfino i menu da loro consumati per non dire degli ampi servizi dedicati a lave vulcaniche artificiali che qualche nanocafone ha esibito in villa. Ma qualcosa hanno trascurato.
Né i politici si sono occupati di una certa cosa, troppo indaffarati con l’indulto dal quale non sono stati esclusi i reati contro la pubblica amministrazione, le condanne ai poliziotti del G8, ai datori di lavoro responsabili di morti bianche… e io, pirla, che avevo pensato di aver votato per la sinistra alle ultime elezioni!...
Troppo impegnati i direttori e i redattori in quel giornalismo d’assalto, troppo impegnati i politici indulterati, è successo che hanno dimenticato tutti di ricordare una data: il 23 agosto 1927; un giorno vergognoso di settantanove anni fa.
Quel giorno Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti – insieme con un ragazzo il cui nome è spesso dimenticato, Celestino Madeiros – venivano uccisi “con un colpo di elettricità”, in altre parole meno ipocrite: bruciati sulla sedia elettrica.
Erano innocenti.
Per la loro storia, cliccate QUI
C’è stata, negli anni, una ricca produzione artistica che ha riproposto quel caso: da una lontana (1961), splendida, messa in scena degli Attori Associati d’un testo di Roli e Vincenzoni a uno sceneggiato per la Rai di Giacomo Colli, da un film di Giuliano Montaldo alla celebre canzone di Joan Baez.
Mi piace, quindi, qui segnalare un’ottima pubblicazione della casa editrice Spartaco che propone un testo d’eccellenza: Davanti alla sedia elettrica.Come Sacco e Vanzetti furono americanizzati.
Il libro è di una grande firma della letteratura americana: John Dos Passos (1896-1970).
Questo scrittore, infatti, fu tra i primi a cogliere l’importanza del caso e s’impegnò, purtroppo invano, nel tentativo di salvare la vita a quegli anarchici ingiustamente accusati.
Il curatore del volume è Piero Colacicchi che, insieme con Filippo Benfante, ha tradotto il testo.
Piero Colacicchi, dell’Associazione per la difesa dei diritti delle minoranze di Firenze, ha insegnato negli Stati Uniti e all’Accademia delle Belle Arti di Firenze; è anche autore di numerosi saggi sui diritti civili e collabora a varie riviste, tra cui Roma RightsQuarterly Journal.
Ecco 12 euro assolutamente ben spesi per un libro di qualità letteraria e politica.
Consiglio anche di dare un’occhiata alla rassegna stampa che ha finora meritato.

John Dos Passos
“Davanti alla sedia elettrica”
Pagine 244, Euro 12:00
Edizioni Spartaco


I giorni della vergogna


Pochi giorni fa è stata data la notizia che a Kamenica sono stati rinvenuti gli scheletri di 1.153 persone, 144 dei quali completi, gli altri incompleti. Lo ha dichiarato all'agenzia “France Press” Murat Hurtic, un responsabile della commissione della Federazione di Bosnia Herzegovina per il ritrovamento delle vittime del genocidio di Srebrenica.
Il villaggio di Kamenica si trova, infatti, nella regione in cui sorge Srebrenica. La fossa rinvenuta dovrebbe essere classificata come "secondaria" (per usare la macabra dizione dei tecnici della materia), vista la presenza di così tanti scheletri privati di parti.
È probabile, dunque, che i corpi di Kamenica si trovassero assieme ad altri in una fossa comune più grande, poi divisa in più fosse per meglio nascondere il crimine commesso.
A Srebrenica, tra l'11 e il 21 luglio 1995 sono stati massacrati tra 8.000 e 12.000 musulmani bosniaci dalla soldataglia e dai paramilitari serbo-bosniaci e serbi agli ordini del generale Ratko Mladic, ricercato per crimini di guerra contro l'umanità e genocidio.
I principali responsabili della strage di Srebrenica, a cominciare da Mladic, godono ancora di libertà e protezione nella Repubblica serbo-bosniaca e in Serbia.
Per chi volesse saperne di più su questa vicenda, segnalo un libro di Luca Leone, il titolo è: Srebrenica, i giorni della vergogna, pubblicato dalla casa romana Infinito Edizioni.
In quelle pagine, della vicenda si parla diffusamente, con un ottimo reportage dal posto,
Luca Leone, giornalista professionista, è nato ad Albano Laziale.
Ha lavorato per "Avvenimenti", "Internazionale", Modus Vivendi", "Medici Senza Frontiere", "Misna".
E’ autore dei saggi: "Infanzia negata", Prospettiva edizioni, Roma, 2003; "Il fantasma in Europa. La Bosnia del dopo Dayton tra decadenza e ipotesi di sviluppo", Il Segno dei Gabrielli, Verona, 2004 (con Stefania Divertito); "Anatomia di un fallimento. Centri di permanenza temporanea e assistenza" (a cura di), Sinnos editore, Roma, 2004;

Luca Leone
“Srebrenica. I giorni della vergogna“
Prefazione di Enisa Bukvic.
Introduzione di Antonello Biagini
Euro 12.00


Motori ruggenti


E’ arrivato sui nostri schermi Cars, il nuovo attesissimo lungometraggio
animato 3D realizzato dagli studi Pixar. Con questo film ritorna alla regia il premio Oscar John Lasseter fondatore degli studi Pixar e già regista di Toy Story (1995), Toy Story 2 (1999) e A Bug’s Life (1998).
Dopo aver raccontato storie di fantastici mondi abitati da giocattoli, insetti, mostri, pesci e supereroi, questa volta con Cars, ecco un universo popolato da automobili parlanti con una stupefacente nuova dimostrazione delle tecniche di animazione.
La storia è incentrata su ‘Saetta McQueen’, una giovane macchina da corsa alle prime armi ma con un futuro promettente, che, nella strada verso una importante gara, si ritrova smarrita nella sperduta cittadina di Radiator Springs sulla rinomata Route 66: qui incontrerà un gruppo di auto fra cui Sally (una raffinata Porsche del 2002), il Dottor Hudson (una Hudson Hornet del 1951) e Carl Attrezzi (un carro attrezzi per il soccorso stradale), che la aiuteranno a ritrovare la strada di casa e a comprendere che ci sono cose più importanti nella vita dei trofei, del successo e degli sponsor.
Cars: motori ruggenti
Per realizzare un film nel quale il corpo dei personaggi è metallico e lucente, la Pixar per la prima volta ha usato la tecnica delray tracing necessaria per creare l’ambiente del film. Per ricreare i riflessi prodotti dalle auto (come per esempio quelli prodotti dalle rilucenti carrozzerie, ma anche per ottenere altri effetti visivi come le ombre) il tempo impiegato per il rendering è stato decisamente alto: in media 17 ore per “renderizzare” ogni singolo frame del film; una rete di 300 computer ha lavorato ad una velocità 4 volte superiore rispetto al precedente film Pixar, “Gli Incredibili”.
Tra le altre tecniche, di cui il team Pixar è particolarmente orgoglioso, il ground-locking system che permette alle auto di stare ben piantate sulla strada.
La sfida per Lasseter e il team di Cars è stata duplice: da un lato ricreare fedelmente i materiali e la struttura delle auto e dall’altro umanizzare il carattere dei veicoli riguardo a smorfie e gestualità. Per rendere il mondo di Cars credibile, sono stati creati più di 100 personaggi ognuno con uno specifico character design, delle specifiche movenze in relazione all’età, al tipo di auto e alla personalità di ognuna di esse
Le celebrazioni per il 20° anniversario dalla nascita di Pixar hanno trovato una maiuscola occasione nella mostra “Pixar: 20 years of Animation” tenutasi presso lo Science Museum di Londra.
Nella versione originale l’attore Owen Wilson dà la voce a Saetta McQueen, Paul Newman al Dottor Hudson, Bonnie Hunt a Sally, Cheech Marin a Ramone e Tony Shalhoub a Luigi.
Nell’edizione italiana, i doppiatori sono Marco Messeri, Pino Insegno, Sabrina Ferilli e il pilota Alex Zanardi. Altri piloti ed ex-piloti quali Michael Schumacher, Giancarlo Fisichella, Jarno Trulli, Emanuele Pirro e Ivan Capelli doppiano brevi parti.

Per il trailer, cliccate QUI


Lo sguardo di Dioniso

P. Kagan & D. Smith

Cosmotaxi Special per il convegno:
"Lo sguardo di Dioniso"


Perinaldo, 23 – 26 agosto 2006


Lo sguardo di Dioniso


Le droghe ci annoiano col loro paradiso.
Ci diano, piuttosto, un po’ di conoscenza.
Noi non siamo un secolo da paradisi
.

Henri Michaux (Namur, Belgio, 1899 – Parigi, 1984)


Lo sguardo di Dioniso: danzando nei giardini della mente


E’ questo il sottotitolo del convegno Lo sguardo di Dioniso che si svolge al Centro Polifunzionale di Perinaldo e riflette su la visionarietà nelle scienze, nelle arti e nella società.
Queste giornate d’incontri sono organizzate dalla Società Italiana degli Studi sugli Stati di Coscienza

Da “Viaggi Acidi” di Pino Corrias (Stampa Alternativa, 1992): Zero virgola cinque milligrammi di acido lisergico in soluzione. Tre gocce, un sorso. Si siede e aspetta. Sono le due del pomeriggio di un giorno speciale, il 19 aprile 1943: il chimico Albert Hoffmann, 37 anni, da cinque impegnato in esperimenti sugli alcaloidi contenuti nella segale cornuta, ha appena ingerito la prima dose di Lsd della Storia. Aspetta, e ancora non sa di avere appena socchiusa quella che Aldous Huxley, un decennio più tardi, avrebbe chiamato la Porta della Percezione. Ancora non sa che quella sostanza incolore avrebbe conquistato ragazzi californiani, musicisti anglosassoni, scrittori europei, sognatori viaggianti. Avrebbe creato ostinati cercatori di sé e grandi parole come: Rivoluzione Psichedelica.
E, giova ricordare, per coloro i quali (non certo i partecipanti al Congresso) non lo sapessero, la parola psichedelico - ‘che svela la psiche’ – fu inventata dallo psichiatra inglese Humphrey Osmond (scomparso nel febbraio ’04) pioniere nell’uso terapeutico di Lsd e mescalina in una lettera a Aldous Huxley del 1956.
Ciò avvenne perché come scrive Massimo De Feo: “Entrambi all’epoca concordavano sul fatto che il termine allucinogeno, usato in psichiatria per definire sostanze come l’Lsd e la mescalina, non rendesse giustizia degli effetti di quelle sostanze che producono un’ampia gamma di differenti stati di coscienza; e inoltre allucinogeno connotava in senso negativo qualcosa che invece aveva gran bisogno di studi scientifici innovativi e senza pregiudizi”.

Proprio a questi obiettivi scientifici di ricerca punta il convegno cui dedico questo Special.


Lo sguardo di Dioniso: visitando visioni


Visionarietà nelle scienze, nelle arti, nella società… penso a Ernst Junger (1895 – 1998).
Nel 1969, scrive un lungo saggio intorno al tema dell'ebbrezza: "Avvicinamenti", sorta di fenomenologia degli stati alterati di coscienza in cui l'autore rievoca le imprese giovanili con la birra, l'etere, il cloroformio, l'hashish e la cocaina, per poi giungere alla fase più matura dell'indagine, segnata dall'avvento dell'Lsd e dalla conseguente sperimentazione di arrischiati "furti prometeici" in compagnia di Albert Hofmann, lo scopritore della dietilamide dell'acido lisergico.
E penso a un saggio su Junger scritto da una grande intelligenza italiana: Billi Bilancioni che così dice in “Ernst Junger. Ebbrezza e Contegno” (sta in Spirito fantastico e Architettura moderna): “Il bisogno di eccitarsi e di stordirsi, di danzare accanto a Dioniso viene catalogato e diversificato, la natura messa in rapporto alla sostanza; e la percezione che contempla diventa l’arcano edonismo dello scrivere di sé, di mostrarsi non più in una ebetudine meravigliata o in un soddisfatto stupore ma nelle atroci delizie del proprozionamento del Selbst, che si legittima – qualunque sia l’esperienza – mentre si proferisce. La circostanza dello sconvolgimento torna ad essere firmitas estetica se temperata nel racconto”.
Parole che illuminano su Junger, ma anche sulle derive magnetiche dell’immaginazione.
E ci riportano al tema di questo convegno il cui catalogo si apre con le seguenti parole.
Ciò sarebbe detto bene se il delirio fosse invariabilmente un male; ora invece i più grandi doni ci provengono proprio da quello stato di delirio datoci per dono divino. Perché appunto la profetessa di Delfi, le sacerdotesse di Dodona, proprio in quello stato di esaltazione, hanno ottenuto per la Grecia tanti benefici, sia agli individui che alle comunità; ma quando erano in sé fecero poco o nulla.
Non sono le parole di un cantante rock al ritorno da qualche “paradiso artificiale”, ma quelle di Platone (Fedro XXII, a,b), il filosofo che forse più di altri ha influenzato la civiltà occidentale.
A qualcuno potrà sembrare assurdo, o per lo meno un po’ forzato affermare che una sostanza chimica possa generare o anche solo influenzare una filosofia o un sistema di vita, eppure non c’è dubbio che l’uso delle cosiddette droghe psichedeliche, sia strettamente associato a determinati atteggiamenti e schemi esistenziali. Come non c’è dubbio che l’esperienza di “delirio” di cui parlava Platone sia stata la molla che non solo ha creato i miti e i sistemi filosofici di molti popoli, ma anche l’arte e addirittura la scienza contemporanea.
Il convegno Sissc affronterà questi temi.


Lo sguardo di Dioniso: la mano sulla coscienza


Prima d’ascoltare le voci dei relatori, sarà bene spendere qualche rigo sulla parola “Coscienza” intorno alla quale s’imperniano queste quattro giornate.
Com’è noto sono secoli che si dibatte intorno alla natura della Coscienza che è stata vista secondo vari filoni di pensiero: realismo, idealismo, empirismo, razionalismo, materialismo, spiritualismo.
Io qui ne propongo una definizione che estraggo dal sito del Cicap.
Preciso che questa è una mia scelta che non coinvolge gli organizzatori del Convegno i quali esplorano la materia proponendosi, come si vedrà appresso, una pluralità di angoli d’osservazioni sul tema.
Insomma, è la definizione che a me più piace.
Con il termine coscienza si intende uno stato soggettivo di consapevolezza sulle sensazioni psicologiche (pensieri, sentimenti, emozioni), e fisiche (tatto, udito, vista.) proprie di un essere umano e su tutto ciò che accade intorno ad esso. La soggettività della coscienza è data dal fatto che ogni persona ha una propria modalità di rapportarsi alle esperienze e tale modalità dipende in gran parte da un determinato stile culturale di appartenenza. Ma cosa determina questa consapevolezza? Quali sono i canali grazie ai quali un uomo è consapevole di se stesso e del mondo circostante?
In un individuo la consapevolezza di se stessi e dell'ambiente si struttura grazie ad un insieme di funzioni psico-fisiologiche come la percezione, la memoria, l'attenzione, l'immagazzinamento e l'elaborazione delle informazioni, tutte dipendenti l'una dall'altra e controllate dal cervello. Tutte le informazioni, sia esterne che interne, passano attraverso i nostri organi recettori (occhi, naso, recettori muscolari) e, dopo aver raggiunto il sistema nervoso, vengono da quest'ultimo elaborate.
La coscienza, quindi, è un processo che dipende esclusivamente dall'attività del nostro corpo.
In alcune culture non occidentali la coscienza è considerata come un'essenza metafisica, spirituale non ben definita distaccata dal corpo e dalle leggi della fisica e dotata di una propria autonomia. Essa è, in molti sistemi culturali, paragonata all'anima. Tuttavia l'accezione metafisica della coscienza è solo una astrazione filosofica che non ha alcun fondamento nella realtà e trae origine da diverse credenze religiose come un puro atto di fede
.
Questa scheda, estratta dal sito Cicap, è stata redatta da Armando De Vincentiis


Lo sguardo di Dioniso: cifre secondo coscienza


Mi piace dare i numeri… intendo quelli delle statistiche.
Ecco alcune cifre che, forse, possono risultare interessanti.
Il consumo delle sostanze stupefacenti in Italia è aumentato dal 2001 al 2005: in soli 5 anni sono raddoppiati i consumatori di cannabis e anche quelli di cocaina mentre sono triplicati quello che fanno uso di allucinogeni e sostanze sintetiche. A fotografare questa situazione è il rapporto annuale sullo stato delle tossicodipendenze presentato nel luglio scorso in Parlamento dal ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista.
Da l’Unità di giovedì 13 luglio ‘06.
I dati presentati nel rapporto non aiutano a capire quale siano i motivi che hanno incrementato il consumo di stupefacenti. E per la verità, non appare tanto chiaro neppure come e su quale campione è stata condotta la ricerca. La diminuzione dei prezzi delle droghe aiuta, ma certo non è l´unica spinta anche se le informazioni presenti nel rapporto incuriosiscono: nel corso dell´ultimo anno la cocaina è passata dai 99 euro al grammo del 2001 agli 87 euro del 2005, in diminuzione anche il prezzo dell'eroina che, dai quasi 69 euro al grammo del 2001 passa ai 54 euro nell'ultimo anno.
La crescita dei consumi interessa i cocainomani che passano da 350 mila del 2001 ai 700 mila del 2005, quelli che fanno uso di allucinogeni da 60 mila a 185 mila e di cannabis quasi raddoppiati: da 2.000.000 nel 2001 a 3.800.000 nel 2005. Di questi mezzo milione è costituito da ragazzi fra i 19 e i 21 anni.
Almeno una volta nella vita 10 milioni di persone hanno fumato uno spinello e sono oltre 9 milioni a non ritenerlo dannoso per la salute, mentre l'uso di cocaina ed eroina viene recepito come rischioso. Questo però non basta a limitare i consumi che crescono. Sono, infatti, 200.000 le persone che necessitano di un trattamento per abuso di eroina e 150.000 per quanto riguarda la cocaina, mentre preoccupa anche l'aumento delle detenzioni per reati legati alla droga.
Ha detto Ferrero: "Parallelamente all'aumento dell'utilizzo di droghe, c'è una riduzione della percezione del grado di pericolosità delle sostanze (...) Aumenta però anche la disapprovazione sociale nei confronti delle droghe... emerge una sorta di moralismo diffuso".
Moralismo solo quando si parla delle droghe con la D maiuscola visto che quando ad essere condannate sono sostanze legali come alcol e tabacco la maggior parte delle persone intervistate non le dichiara dannose. Ma il rapporto parla chiaro: “Si deve intervenire anche in questo campo" - spiega Ferrero - "è un problema sociale e non una questione di ordine pubblico. Non si tratta solo di leggi, ma di informare e sensibilizzare l´opinione pubblica sulla pericolosità delle droghe legali.
Va ridisegnata la normativa in materia, abrogando la distinzione basata su sostanza legale e illegale propria della legge Fini-Giovanardi"
.


Lo sguardo di Dioniso


E’ assurdo il detto popolare che vuole un uomo trasformato dall’ebbrezza; al contrario, i più sono trasformati dalla sobrietà.

Thomas De Quincey, da: ‘Confessioni di un mangiatore d’oppio’, 1821


Lo sguardo di Dioniso: Gilberto Camilla


Gilberto Camilla, nato a Torino, ricercatore ed etnopsicolologo, è Presidente della Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza. Direttore scientifico della Rivista Altrove, è autore di libri, numerosi articoli e contributi personali a molte pubblicazioni. Tra le altre, sono da ricordare: “La Canapa indiana, fra ebbrezza divina ed ebbrezza profana”, in L. Grinspoon, Marijuana, Milano 1996; “La generazione techno, fra estasi ed Ecstasy”, in V. Ampolo e G. Zappatore (a cura di) “Musica, Droga & Transe”, Sensibili alle Foglie, Dogliani (CN) 1999; “L’Ecstasy, fra psicoterapia, techno sballati e neuroscienze”, in R. Metzner e S. Adamson ‘Ecstasy’, Roma 2000; “Hofmann, scienziato alchimista. Tributo allo scopritore dell’Lsd”, Roma, 2001; “Psicofunghi. Guida ai funghi allucinogeni italiani”, Roma 2003; “Le piante sacre. Allucinogeni di origine vegetale”, Torino, 2003; “Sciamanismo e Stregoneria” (con M. Centini), Torino, 2006.
A Gilberto Camilla, ho rivolto alcune domande.
Quali sono i traguardi scientifici che si pone la Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza?

La Sissc è stata fondata nel dicembre 1990. Si propone come sede aggregativa e di diffusione delle informazioni che riguardano il vasto e multidisciplinare campo di ricerca sugli stati di coscienza, un campo in cui le tematiche spaziano dagli stati di possessione e di trance sciamanica alla neurofisiologia degli stati estatici, dai nuovi movimenti religiosi e filosofici alla storia del rapporto umano (tradizionale e scientifico) con i vegetali e i composti psicoattivi. Dal punto di vista statutario la Sissc «Incoraggia, promuove e facilita lo studio degli stati di coscienza, con particolare enfasi sui mezzi, chimici e non, in grado di modificare, a fine terapeutico, religioso o sperimentale, tali stati. Prende iniziative allo scopo di promuovere uno scambio culturale ed operativo fra le diverse comunità scientifiche impegnate in queste ricerche a livello internazionale, nazionale o regionale.
Nello specifico è impegnata in una serie di iniziative di largo respiro, tra cui la gestione della Redazione Scientifica della Rivista “Altrove”; la pubblicazione di un bollettino interno, il Bollettino d’Informazione Sissc, che costituisce un modesto ma efficace strumento di circolazione di idee, proposte, opinioni, informazioni in genere e soprattutto l’organizzazione o la partecipazione a stages, manifestazioni, seminari e analoghe iniziative
.

Qual è, in particolare, l’obiettivo di questo convegno a Perinaldo?

Rientra a pieno titolo negli scopi descritti prima. È un momento in cui si cerca di fare il punto di come gli stati modificati di coscienza, nonostante un atteggiamento demonizzante nei loro confronti, siano stati fondamentali nel cammino della specie umana, e di come abbiano influenzato non solo il costume (basti pensare alla generazione dei figli dei fiori), ma anche l’arte, la religione e la scienza. Sì, proprio la scienza.

La tua relazione s’intitola “Stati di coscienza: strutture o funzioni? Un approccio neurofisiologico”. Puoi, in sintesi, fornirci le principali linee di studio che lì hai svolto?

Il concetto di coscienza e di stati modificati di coscienza è l’argomento centrale di una Società come la SISSC. Il mio scopo è quello di chiarire alcuni possibili malintesi, in direzione di quella che potremmo definire una “scienza degli stati di coscienza”. Tenterò allora di proporre, o meglio di definire un modello scientifico solido nella parte neurofisiologica. Una precisazione doverosa, per non incorrere in un altro malinteso. Non voglio costruire un modello interpretativo della coscienza su una base rigidamente riduttivistica, una sorta di “darwinismo neuronale”, quanto ribadire ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, una solida base di partenza per qualsiasi ulteriore dibattito. E questa base solida è rappresentata, a mio parere, da due concetti scientificamente accertati dai quali non si può retrocedere: primo, che la mente e la psiche sono il prodotto dell’attività del cervello; secondo, che questo prodotto – cioè la mente e la psiche – sono a loro volta il risultato dell’interazione fra strutture neurofisiologiche, funzioni cerebrali ed esperienze interpersonali.

Kevin Warwick studia l'integrazione Uomo-Macchina innestando chips nel proprio corpo e pensa a nuove tappe del Cyborg Project dall'Università di Reading; secondo i futurologi in un tempo meno lontano di quanto s'immagini impareremo codici capaci di svelare nuovi segreti della natura, passeremo la barriera dell'infinitamente piccolo, si dilaterà la concezione di Spazio, saremo capaci di percepire nuovi stati e livelli di esistenza, la nostra coscienza-mente-identità sarà più vasta e ne saremo consapevoli…quale uomo uscirà da queste acquisizioni, quale sarà l'atteggiamento esistenziale che più lo differenzierà da noi?

Fin dagli Anni Sessanta, con Timothy Leary, si è cercato di giungere ad una sorta di “controllo volontario e programmatico”. In quegli anni si riteneva che l’uso ludico degli psichedelici fosse, a ragione, solo la modalità più povera, e che con essi fosse possibile rivoluzionare i cervello ed addirittura i rapporti sociali. Da allora, periodicamente, ci sono stati personaggi che hanno proposto una loro personale “tecnologia dell’estasi”. Non entro in merito alla teoria di Warwick, che tra l’altro conosco troppo poco per permettermelo, ma credo che al di là della tecnica, non ci sia nulla di nuovo sotto il sole…


Lo sguardo di Dioniso: Gianni De Martino


Gianni De Martino è nato ad Angri (Salerno) nel 1947.
E' stato tra i fondatori della mitica rivista "Mondo Beat" e direttore di "Mandala. Quaderni d'oriente e d'occidente". Dopo essere stato per alcuni anni in Marocco e in India, dove ha vissuto gli anni della rivoluzione dei fiori, ora vive e lavora a Milano come giornalista e saggista, specializzato in cultura araba. Collaboratore delle riviste "Pianeta fresco", "Alfabeta", "L'erba voglio", “Il piccolo Hans”, "Altrove", “Il Mattino” ed altri quotidiani e riviste, è autore di numerosi libri.
I più recenti sono: 'I Capelloni' (Castelvecchi, 1997), 'Odori' (Apogeo, 1998), 'Hotel Oasis' (Mondadori 1988; Zoe 2001), 'La nota gradevole' (in collaborazione con Luigi Cristiano, Studio Edizioni, 2001), 'Arabi e noi' (in collaborazione con Vincenzo Patanè) , DeriveApprodi, 2002.
Tra i suoi estimatori, va ricordato Giuseppe Pontiggia che s’espresse in modo maiuscolo sul suo lavoro.
A Gianni De Martino, ho rivolto la seguente domanda: la tua relazione è intitolata "La Transe e la Scrittura". A quali gesti scrittorî si riferisce?

Si riferisce all'atto dello scrivere come caso e causa di un certo sdoppiamento di sé, che ho identificato come "transe scrittoria" - e che i Greci antichi attribuivano alla possessione da parte di Apollo o delle Muse, i romantici chiamavano "ispirazione" , e i simbolisti, come per esempio Baudelaire, nominavano "doppio" o "coincidenza", utilizzando tale stato come risorsa poetica.
In genere la critica letteraria si concentra sul testo, e anche quando, arricchita di strumenti freudiani, compie ricognizioni nella biografia dello scrittore, resta essenzialmente analisi testuale, d'intonazione neo retorica. Ma, come notava Elvio Fachinelli nel ‘Bambino dalle uova d'oro’: "nella sforbiciata intervenuta tra opera scritta e scrittura, si taglia fuori un aspetto non indifferente dello scrivere, vale a dire la specifica consistenza dell'atto dello scrivere. Si tratta di un complesso di operazioni, anche tecnico-materiali, che produce, in un movimento continuo, sia il testo socializzato che i suoi scarti e le sue varianti".
Si tratta di un insieme di operazioni scrittorie che "tende ad essere accantonato, dimenticato dallo scrivente, una volta terminata l'operazione di scrittura, per risorgere intatto, autonomo e molto spesso tiranno nella successiva occasione scrittoria".
Basti pensare, in autori talvolta decisivi, alle autodescrizioni di sé in quanto scriventi, spesso ironiche (forse perché l'atto dello scrivere è... una "pratica solitaria"?) o tormentose. La mia comunicazione verte sulle condizioni mentali, simili a un sogno lucido, che presiedono all'atto dello scrivere.
Si tratta di un ambito di ricerca raramente investigato, che secondo me potrebbe rientrare nello studio dei cosiddetti A.S.C. (Stati Modificati di Coscienza).
La " transe e la scrittura" è peraltro la ripresa o seconda parte de "Lo scriba e il tiranno. Note su trance e scrittura", un testo per 'Il piccolo Hans' n.77/estate 1993, la rivista di "analisi materialistica" di Sergio Finzi
.


Lo sguardo di Dioniso: Maurizio Nocera


Maurizio Nocera, nato nel 1947 in provincia di Lecce, è insegnante di Filosofia e Psicologia presso il Liceo pedagogico di Lecce. Ha pubblicato: Lettere a "Pensionante de' Saraceni" (1990); Fabbricante d'armonia (1998); Compianto (2001); Totò Franz (2002); Il morso del ragno. Alle origini del tarantismo (2005).
Fa parte del Comitato scientifico di “Altrove”, rivista della Sissc.
Maurizio Nocera, svolge una relazione su di un singolare tema: “Marxismo e stati di Coscienza: un rapporto da chiarire”.
Gli ho chiesto: dalla tua relazione s'apprende che, a differenza di Marx, Engels s'interessò nei suoi studi anche a fenomeni extraeconomici, come ad esempio ad esperienze psichiche particolari.
Di che cosa si trattò? Quali esiti ebbero?"

A ripercorrere gli scritti di Marx sembra non esserci alcun riferimento diretto alla questione della componente astratta dell’uomo, quella parte che gli antichi filosofi, ad iniziare dai presocratici, pensavano fosse occupata dall’elemento “spirito”, altrimenti pensato come “anima”, termini che per noi oggi si configurano sotto il titolo di coscienza. Eppure Marx si interessò molto della coscienza, come pure della spontaneità umana, solo che indirizzò le sue speculazioni al rapporto della sfera astratta dell’individuo con il concreto vivente, vale a dire con la struttura economica dello sviluppo produttivo. Gli unici approfondimenti che egli fece furono quelli relativi all¹arte e alla religione. È nota la sua frase: «la religione è l’oppio del popolo» con la quale, affrontando il problema dell¹alienazione della coscienza della classe dal luogo e dal momento storico produttivo, indicò come insulso obnubilamento l’”evasione” dell’operaio da ciò che esegue. In modo più diretto si è interessato alle problematiche coscienziali il suo amico e compagno Engels che, in uno dei suoi più importanti libri, “Dialettica della Natura”, ha scritto sull’argomento un intero capitolo, ‘La ricerca scientifica nel mondo degli spirito’, col quale intende dimostrare quanto sia dannoso l’empirismo a-scientifico anche sui problemi che trattano della sfera astratta, quindi coscienziale del soggetto uomo. Ha scritto: «Il problema è solo di vedere se, nella questione data, si pensa in modo giusto o no: la sottovalutazione della teoria è ovviamente la via più sicura per pensare in modo naturalistico, e quindi falso». Con ciò Engels liquida come insulse tutte le pratiche dei falsi prestigiatori. Successivamente a Marx ed Engels, il marxismo e i marxismi (e con essi anche i modelli costituiti di società umana ad essi informati) hanno tenuto ben a distanza le problematiche relative alla sfera della coscienza, al suo stato e alle sue modificazioni, perché preoccupati che ciò potesse intaccata l’ossatura sulla quale camminava il processo di liberazione dell’uomo dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Questo atteggiamento non è stato dovuto soltanto a un a-priori intellettualistico, piuttosto invece si è trattato come di un problema di fase di sviluppo, proprio così com’è per lo sviluppo organico. Noi oggi siamo nella fase in cui anche le competenze scaturenti dalla teoria e dalla pratica del marxismo, visto anch’esso come risorsa, potranno dare un contributo scientifico alla spiegazione del multiforme ventaglio degli stati di coscienza.


Lo sguardo di Dioniso: Paolo Sollecito


Paolo Sollecito, da 11 anni è operatore sociale e ricercatore per il Gruppo Abele dove, tra l'altro, ha coordinato progetti di riduzione del danno nell'ambito delle tossicodipendenze e dei consumi nei rave.
Negli ultimi anni si occupa di formazione, supervisione e progetti nelle scuole medie inferiori e superiori. Vive e lavora a Torino
La sua relazione è intitolata: “Ecstasy, 20 anni dopo”.
A Paolo Sollecito ho chiesto d’illustrare il tema intorno al quale s’impernierà il suo intervento.

Innanzi tutto una precisazione. L'Ecstasy, l'Mdma, è tutt'altro che una "nuova droga", il brevetto di questa sostanza risale infatti agli inizi del novecento da parte della ditta farmaceutica tedesca Merk.
Quando si parla di vent’anni di Ecstasy, si intende l'uso di massa che si è fatto negli ultimi due decenni. Da questo punto di vista, la questione più rilevante, a mio parere è il bisogno di trance collettiva che evidentemente è emersa da questa vicenda. La cosa è antropologicamente rilevante e riguarda centinaia di migliaia di individui, ma è singolare come, a parte rarissimi casi, sia totalmente sottaciuta o, più semplicemente, non notata.
Il fenomeno dei rave ha toccato sostanzialmente solo il nord del mondo, quello ricco, ma anche quello che ha cancellato ogni forma di "tribalità" e di trance dalle sue culture. Questo bisogno però riemerge nelle forme più svariate e spesso si trasforma in ricerca irrazionale. Paradossalmente i rave e il movimento tekno, hanno rappresentato, almeno per un periodo, un tentativo di gestire queste pulsioni, questi bisogni, ma la moralità che sottende le nostre culture ha impedito di rendercene conto, trattando invece l'argomento come problema legato ai consumi e nei casi peggiori come puro ordine pubblico
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Lo sguardo di Dioniso: Antonello Colimberti


Antonello Colimberti è musicista e musicologo.
A Perinaldo interviene sull’ecologia della musica.
Per saperne di più su questo tema, cliccate QUI per un suo scritto.


Lo sguardo di Dioniso: Giuseppe Triggiani


Sintetizzo qui la bio di Giuseppe Triggiani.
Nato a Bari il 30 aprile 1960, ha frequentato l’Università degli studi di Pisa, presso la quale si è laureato, con lode, nel 1983.
Titolo della tesi: "Studio della vita media dei mesoni charmati in fotoproduzione su targhetta attiva di germanio".
Negli stessi anni era allievo della Scuola Normale Superiore, avendo vinto nell’ottobre 1978 il concorso nazionale di ammissione ed avendo mantenuto il posto fino al rilascio del diploma di licenza in Fisica della Scuola stessa. Nel dicembre 1983 otteneva un posto di perfezionamento triennale presso la Scuola Normale Superiore.
La sua attività di ricerca è ricca di successi dei quali non riferirò perché dovrei citare termini scientifici per me – e forse non solo per me – assai sdrucciolevoli.
Dal 1993 ad oggi è professore associato di Fisica Generale presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa, afferendo al Dipartimento di Fisica della stessa Università.
Tra i suoi hobbies si segnalano: Sex: Tantra 6th dan (… beato lui… n.d.r.).
Rock’n’Roll: a good collection of Lps of the 1962-1975 period, tons of Cds and summer in Ibiza almost every year, Lead guitar of the “Carpe Diem” band negli anni 1976-77.
Etnobotanica: studioso dell’uso cerimoniale delle piante magiche nei riti tribali, antichi e moderni.
A Giuseppe Triggiani ho chiesto notizie sulla sua relazione intitolata: “Le visioni della fisica moderna”.

Nel 1615, mentre Galileo Galilei con le sue osservazioni poneva le basi per la nascita del moderno metodo scientifico empirico, colui che all’epoca era un giovane soldato di fortuna, Rene Descartes, ebbe una visione mentre il suo esercito era accampato presso la cittadina di Uolm, nella Germania meridionale. Un angelo gli apparve nel sonno e gli rivelò che “La conquista della natura deve essere ottenuta attraverso misure e numeri”.
In queste parole sono racchiuse le basi della scienza moderna.
Altri scienziati di primissimo livello come Einstein (nato ad Uolm!) o Freud hanno sottolineato il reciproco legame di causa ed effetto tra particolari stati di coscienza cosmico-mistici e scoperte scientifiche di portata epocale. Lo stesso Newton ha scritto a proposito della sua fondamentale prolifica produzione “Se mi si chiede dove sia la città del cielo, io rispondo: non lo so. Ma questo posso dire: come i pesci nell’acqua ascendono e discendono, si muovono a loro piacimento e si fermano dove vogliono, così molti angeli e Cristo ed i fanciulli della resurrezione fluttuano nell’aria intorno a noi e nei cieli. Non è il posto, ma lo stato d’animo che produce il paradiso e la felicità”.
Più recentemente alcuni premi Nobel come Watson e Crick (Scoperta del Dna, 1953), Kary Mullis (Reazione a catena della polimerasi 1983), Richard Feynmann (Integrali e diagrammi di Feynmann, circa 1955) oltre ad altri, hanno pubblicamente connesso le loro principali scoperte a stati di coscienza fondamentalmente diversi dallo stereotipo dello scienziato lucidissimo, curvo sul suo tavolo di lavoro, con caffé e sigaretta pronti al suo fianco
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Lo suardo di Dioniso: schermo

Sabato 26, proiezioni a cura di Alan Piper, ricercatore enteogenico e studioso di religioni comparate.

- “Pegtymel” (2000), di Andrei Golovnev .
La vita estiva di un gruppo di allevatori di renne chukchi, in Siberia, con la descrizione da parte degli anziani dell’uso e delle esperienze con il fungo Amanita muscaria.
Nel Dvd sono inoltre mostrati i graffiti del fiume Pegtymel risalenti all’Età del Bronzo con effigi di uomini-fungo.

- “Song of Mukhomor” (1999), di Tom Stimson - Gary Lincoff - Manny Salzman.
Nel corso di una spedizione nella penisola Kamchatka, gli autori filmano due sciamane impegnate in canti e danze tradizionali. Vengono anche descritte le tecniche di essiccazione dell’Amanita muscaria da parte delle popolazioni native.


Lo sguardo di Dioniso


Allora io la invito nell’antro dei misteri eleusini, come promette l’elisir.

Ernst Junger, da “Heliopolis”, 1949


Lo sguardo di Dioniso

Wes Wilson

Cosmotaxi Special per il convegno:
“Lo sguardo di Dioniso”


Perinaldo, 23 – 26 agosto 2006


FINE


Magdalo Mussio


Diceva Marcello Marchesi: “Gli artisti più riservati muoiono d’estate, quando i giornalisti sono in vacanza”. Lui, naturalmente, morì d’estate. Nel luglio del ’78.
E riservato fu anche per tutta la sua vita Magdalo Mussio che se n’è andato il 12 di questo mese.
Magdalo MussioNon ho letto la notizia su nessun giornale o periodico, nessun televideo, non mi pare ne abbiano parlato le radio e le tv troppo impegnate a riferire le imprese estive dei vip.
Maggior merito, quindi, va riconosciuto a “il Manifesto” che, unico nel panorama dell’informazione, s’è ricordato di Magdalo Mussio affidandone un ritratto a Silvia Veroli.
Qualche cenno biografico di Mussio. Nato a Volterra nel 1925, fa la sua prima mostra, patrocinata da Ungaretti, nel 1955.
E’ stato, dal 1963, redattore e curatore editoriale della casa editrice Lerici di Milano, pubblicando in quegli anni la fondamentale rivista di cultura d’avanguardia “Marcatre”.
Si è anche occupato di cinema d’animazione, collaborando, in Canada, con il noto centro sperimentale (National Films Board, di Montreal) diretto da Norman Mac Laren; tra i suoi cortometraggi a disegni animati dei primi anni Settanta: “Reale assoluto”, “Il potere del drago” e “Umanomeno”.
Nel 1972 è responsabile editoriale della rivista “Harch”.
Trasferitosi nelle Marche insegna incisione all'Accademia di Belle Arti di Macerata e prende la direzione artistica della casa Editrice La Nuova Foglio curandone le edizioni fra cui la rivista “La città di Riga”. Espone a New York, Tokio, Parigi, Milano, Roma, Genova ed in altre numerose città.
Gli ultimi anni li ha vissuti a Pollenza, e poi a Civitanova Marche Alta (Macerata).
A Silvia Veroli, ho chiesto un flash su Magdalo Mussio.
E’ stato un artista inquieto e incuriosito: poeta visivo, editore e promotore di opere singolari e necessarie, grafico, autore di raffinati cortometraggi animati. Insegnante per l’Accademia delle Belle Arti di Macerata di incisione, materia fascinosa e non casuale trattandosi di Mussio che di fatto in tutti i suoi lavori ha sempre inciso un segno, seminato tracce profonde come indizi cifrati destinati all’attenzione e alla sensibilità di accorti solutori di enigmi o solo contemplatori della bellezza di cifre e lettere sovrapposte. Ne sono un esempio le invenzioni grafico-verbali a margine delle poesie visive, sedimenti di appunti, ghirlande di indicazioni e reminescenze, a creare una mappa autonoma di pensieri ed emozioni affioranti come vette di inconscio attorno al disegno o alla lirica, come accade ad esempio nel suo “Il corpo certo o il luogo di una perdita”


Con un altro obiettivo


Che cosa hanno in comune Costa Gavras, Jane Fonda, Rainer Fassbinder, Andrzej Wajda, Budd Schulberg, Jack Lemmon, Akira Kurosawa, Robert Redford, Peter Greenaway, Spike Lee, Susan Sarandon, Mike Leigh, Tomás Gutiérrez Álea, Abbas Kiarostami, Tim Robbins, Milos Forman, Oliver Stone, Ken Loach?
La passione civile. L’impegno politico. Credere nel cinema al servizio delle idee.
Insomma tutti quelli prima citati hanno girato i loro film Con un altro obiettivo, come recita l’indovinato titolo dell’Editrice Minimum Fax nel presentare un volume con interviste a quei cineasti.
Interviste realizzate da una sigla prestigiosa qual è Cineaste.
Cineaste – fondata nel 1967 da Gary Crowdus e Dan Georgakas – è la più importante rivista americana sull'arte e le politiche del cinema. Esce ogni quattro mesi analizzando anche i film più commerciali sotto un'angolazione ideologica e particolarmente attenta alla tematica razziale.
Alla rivista collaborano firme eccellenti di molte università statunitensi di varie discipline contribuendo così ad allargare la visuale sul cinema anche ad altri campi espressivi, pur restando primario l’impegno della rivista sulla sociologia dello schermo non solo americano, ma di tutto il mondo.
Chi sospettasse che tanto serio studio abbia prodotto pagine difficili da digerire, si rassicuri: niente di tutto ciò.
Con-un_altro_obiettivoQuesta raccolta d’interviste, infatti, ha il merito d’indagare sugli ideali di tanti autori anche attraverso una ricca serie d’aneddoti che riguardano la lavorazione dei loro film.
E questa vivacità di redazione rende il libro una vera ghiottoneria per gli appassionati di cinema, oltre ad essere un utilissimo strumento di lavoro per chi lavora nelle redazioni della carta stampata, delle radiotv, del web.
Il cinema-denuncia di Costa-Gavras, l'umanità di Jack Lemmon, i potenti affreschi di Akira Kurosawa, l’orgoglio identitario di Spike Lee, lo sguardo impietoso di Oliver Stone, l’ammirevole semplicità di Susan Sarandon, la rabbia di Ken Loach, i ricordi di Jane Fonda, attraverso queste voci Con un altro obiettivo propone una ragionata panoramica del cinema come arte sociale.
La scorrevole traduzione italiana è di Cristina Marasti e Luca Poggi

A cura di Gary Crowdus e Dan Georgakas
“Con un altro obiettivo”
Il cinema tra arte e politica. Le interviste di Cineaste
Pagine: 316, Euro 14:00
Minimum Fax


Le forbici di Manitù


Non è un riferimento a strumenti sartoriali o castratorî degli indiani d’America, ma al nome di un gruppo musicale che proprio così si chiama: Le forbici di Manitù… lo so, l’accento sulla “u” non va messo, ma loro hanno scritto così e rispetterò quella grafica quando li citerò.
Manitu… chi era costui?...
Nel mito della Creazione degli indiani Ojibwa del Nordamerica, Kitche Manitu (il Grande Spirito) creò il mondo avendolo prima visto in sogno.
Evidentemente soffriva d’incubi.
La leggenda vuole che tutte le cose sognate, al risveglio, le inverò, e infine creò l’Uomo, unica creatura vivente dotata di una grande capacità: sognare.
Le neuroscienze ci hanno insegnato che anche altri animali sognano, ma si sa, tutte le religioni sono specializzate nel dire cazzate. E quella degli Ojibwa non fa eccezione. Questa nota annuncia l’uscita del nuovo album de le Forbici di Manitù: L’isola, canzoni e musiche ispirate all’omonimo racconto gotico-orrorifico di Alda Teodorani, con illustrazioni di Emanuela Biancuzzi.
Esplorando il sito web di Enrico Marani potrete trovare una scelta di immagini inedite di Emanuela, tre testi di Vittore Baroni (spin off del racconto L'isola).
Nel sito trovate anche download di alcuni brani da album precedenti e la possibilità di acquistare tutti i dischi delle Forbici di Manitù, alcuni già rarità fuori catalogo.
Augh!


Cose di carta


Due rapide notizie che con la cellulosa hanno a che fare.
Andrea Muzzatti m’informa di Savoltans, termine bucolico friulano come meglio potrete apprendere visitando il sito web di quest’Associazione culturale e micro-casa editrice indipendente nata nel 2002 con prevalente attenzione ai giovani autori.
Savoltans è anche un’Ensemble che propone estratti dalle proprie pubblicazioni in reading musicati dal vivo, in spettacoli a metà tra teatro e concerto rock.

Marco Milani, scrittore e organizzatore culturale (tra le sue imprese un progetto letterario internazionale, ha pubblicato Il guerriero di luce.
Romanzo fanta-zen, come lo definisce l’autore, a metà strada – sono ancora parole sue – fra un esperimento letterario e un saggio introduttivo ai principi base della meditazione.
Il libro (220 pagine, 10 euro), edito da Larcher, è stampato su carta riciclata ecologicamente aderendo all'appello di Greenpeace.


Due mail per Ray


Tra le cose piacevolmente strane che accadono, ecco contemporaneamente 2 mostre 2 in Italia in cui appare il nome del fondatore della Mail Art: Ray Johnson: nome colpevolmente trascurato da tanti critici.
Di una delle due mostre – Good vibrations – mi sono già occupato tempo fa (nel link sono rintracciabili ampie note su Jhonson), e oggi ve ne segnalo la seconda per cronologia d’apertura.
Inaugurata il primo luglio a Montecarotto, si svolge presso i nuovi spazi espositivi del Museo della Mail Art.
Le opere, raccolte nel corso degli anni da questo Museo, attraverso il progetto critico ideato e realizzato da Carlo Emanuele Bugatti, direttore del Musinf di Senigallia, costituiscono oggi un originale patrimonio della cultura visiva italiana ed internazionale.
Grazie al lavoro di catalogazione, curato da Stefano Schiavoni, presidente della Mediateca delle Marche e che della Mail Art marchigiana è stato uno degli attori, si dispone ora di una rilevazione sistematica della vasta raccolta museale che ne consente una valutazione in prospettiva storica.
La mostra si avvale della ricca documentazione messa a disposizione da Anna Boschi.

Omaggio a Ray Johnson
Museo di Montecarotto (An)
Info: 0731 – 89 131
Fino al 9 settembre


La terra freme ancora


Un mese fa vi parlai di una mostra intitolata La terra freme aperta alla Colombaia – storica residenza estiva di Luchino Visconti – in occasione del centenario della nascita del regista. Questa mostra, come già dissi, si sarebbe spostata dal primo set ad altre locations dell’isola d’Ischia. Così è puntualmente avvenuto.
Gli artisti che hanno voluto ricordare Visconti con opere multimediali (si va da pannelli a video a installazioni sonore) si raccolgono in un acronimo: Abso che è composto dalle prime due lettere dei cognomi del tandem: Marco Abbamondi e Attilio Sommella.
Per conoscere quanto hanno fatto, il loro pensiero, dichiarazioni e programmi, cliccate QUI.
I due di Abso dispongono in Rete anche di un proprio sito web.
La mostra fa parte di un programma di manifestazioni, tutte dedicate a Visconti, ideato da
Ciro Prota e Ugo Vuoso; il primo Presidente dell’Associazione Culturale “Ischia Prospettiva Arte” ed il secondo Direttore della Fondazione “La Colombaia”.

Abso
“La terra freme”
Spazio Arte La Colombaia
Ischia ponte 101
Fino al 25 agosto


RadioPapesse


Il Palazzo delle Papesse diretto da Marco Pierini è diventato attraverso una serie d’indovinate mostre, corredate da eventi illustrativi e interpretativi delle stesse, uno dei migliori centri di arte contemporanea in Italia.
Ora, dopo una fase sperimentale durata un anno, ha dato vita ad una webradio, in streaming via internet 24 ore su 24, con un proprio sito in Rete.
Cliccando su www.radiopapesse.org un’originale veste grafica vi introdurrà all’interno dell’ampio archivio audio: sonorizzazioni, paesaggi sonori, suoni d’artista, audioguide, interviste con gli artisti passati dal Palazzo e non solo, playlist trasversali ai generi, ed un servizio di podcasting che permette di scaricare sul proprio lettore digitale materiali vari relativi alle mostre e tutte le ultime notizie della rete regionale per l’arte contemporanea Tra-Art.
Si tratta di una realizzazione di Carola Haupt, Ilaria Gadenz, Cristiano Magi che s’avvale del progetto grafico di Michela Bracciali e di quello musicale dovuto a Francesco Oliveto.
Impresa questa necessaria e lodevole quant’altre mai, anche perché la radio pubblica, quella che dovrebbe essere Radiorai, a differenza d’un tempo (basti pensare all’esperienza di Audiobox) trascura l’area delle arti visive impegnandosi nel riuscito tentativo d’assomigliare sempre più a un mix fra Radio Maria e Radio Caciotta.
RadioPapesse è, quindi, oggi l’unica radio italiana che si occupa esclusivamente d’arte contemporanea.
Mi sono collegato con la redazione.
I tre redattori di cui vi ho detto prima, li sentirete ora rispondere con una voce sola.
Prodigi della tecnologia di bordo di Cosmotaxi.
Com'è nata questa radio? Su quali stimoli, e su quali sostegni di partneriato?

Da diverso tempo il Palazzo delle Papesse, e in particolare il direttore Marco Pierini, stava pensando a qualcosa che unisse il Palazzo delle Papesse e la radio...ma come?
Tre anni fa se ne cominciò a parlare e a raccogliere un archivio sonoro delle attività del Centro, sino ad arrivare, nel 2005, alla creazione di un radio-blog sul sito delle Papesse e un anno dopo alla nascita vera e propria di Radio Papesse.
Il progetto è supportato da Tra-Art, la rete della Regione Toscana per l'arte contemporanea e, ovviamente dal Palazzo delle Papesse.
Per quel che riguarda noi tre Radio Papesse rispecchia le nostre passioni e la nostra formazione. Abbiamo studiato insieme all'università su percorsi differenti ma paralleli e che ritornano in questo progetto: l'arte contemporanea, i suoni, le nuove tecnologie, i media...ma soprattutto la curiosità e la voglia di confrontarsi con realtà per noi nuove e inaspettate
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Qual è il progetto culturale ed espressivo di Radio Papesse e come s’articolerà in pratica il palinsesto?

Radio Papesse è una radio freeform, cioè senza un vero e proprio palinsesto. Un flusso vario e non strutturato con, però, degli appuntamenti fissi e eventi particolari.
Gli appuntamenti fissi sono TraArt News e le Vernici, cioè il notiziario di arte e cultura contemporanea e un breve calendario delle mostre in corso. L'attenzione parte dalla Toscana per poi allargarsi agli avvenimenti più interessanti in Italia e all'estero.
L'obiettivo è quello di dare spazio al lato sonoro del contemporaneo. Dalla musica (tanta) sino alle voci degli artisti, paesaggi sonori, lezioni d'arte, documentari, suoni d'artista...

Nei vostri programmi c'è anche la produzione (o l'ospitalità) di performances acustiche di artisti? Se sì, di quale tipo, di quali durate?

Certamente. Vorremmo che Radio Papesse diventasse il luogo dove gli artisti possono dare libero spazio alle loro produzioni sonore. Concerti, performances e produzioni particolari che possono entrare a far parte dell'archivio, e quindi diventare accessibili a chiunque on-line, e\o inserirsi nel flusso dello streaming come "eventi".
Non abbiamo dei limiti di minutaggio prefissati, ogni volta cerchiamo di inserire al meglio le diverse produzioni nell'insieme complesso del flusso.
Anzi, cogliamo l'occasione per dire che siamo aperti a ogni tipo di produzione sonora e che molto presto diffonderemo un vero e proprio "call for soundworks".
In parallelo a questo stiamo cominciando una serie di collaborazioni in cui Radio Papesse diventerà vera e propria piattaforma per produzioni sonore d'artista, una tutte il progetto Fraternité_Hidden Voices a cura di Isabella Bordoni e che verrà presentato al Festival Radio Revolten in autunno
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Radio Papesse
tel. 0577 – 220726;
Via di Città 126, 53100 Siena
info@radiopapesse.org


Janus


Esistono pubblicazioni note agli addetti ai lavori che meriterebbero un pubblico più vasto perché bene informano su aree del sapere contemporaneo.
La rivista d’arti visive Janus è una di queste. E informa anche grazie ad un’intelligente impaginazione ricca d’immagini, rendendo quell’area espressiva più familiare a quanti se ne distanziano atterriti (e non do loro torto) dai tantissimi critici e dai tanti artisti con i loro criptici modi d’esprimersi.
I famosi addetti ai lavori! Troppo addetti, li vorrei un po’ più estranei, meno esoterici.
Valerio Miroglio, nei primi anni ’70, inventò il “Criticometro” un arnese che combinava fra loro frasi partorite dalle penne di più critici che, combinate casualmente insieme, formavano sempre concetti compiuti e scorrevoli fondati sul nulla; con lo stesso strumento (oggi ad Asti nel museo familiare della figlia Giulietta) Miroglio invitava a recensire anche il proprio gatto, la lavastoviglie, la fidanzata, eccetera.
Insomma, non pecca di ermetismo la rivista semestrale Janus edita dall’ottima Silvana Editoriale.
Dalla scorsa primavera, al timone c’è Nicola Setari. Nato a Bruxelles nel 1978, si è laureato in Estetica all'Università degli Studi di Milano con una tesi sulla mediologia di Régis Debray. Attualmente è dottorando in filosofia dell'arte alla Scuola di Studi Avanzati di Venezia, scrive per la rivista Medium di Debray, è redattore del progetto radio-internet Radio Arte Mobile di Zerynthia.
Per saperne di più su Janus gli ho rivolto qualche domanda, e, per prima cosa, gli ho chiesto di narrare in breve la storia della rivista.
Janus è nata nel 1999 per volontà dell'artista Jan Fabre, il quale fondò la rivista assieme al grafico e editore belga Dirk Imschoot. Lo spirito interdisciplinare e una costruttiva ironia dei saperi portarono presto Janus ad avere una distribuzione internazionale e collaboratori di fama mondiale. La rivista per i primi anni veniva pubblicata in inglese e fiammingo ed era trimestrale, poi fu seguita da una edizione anche inglese-francese, per poi, a partire dal 2004, diventare quadrimestrale e trilingue: inglese, francese e fiammingo.
Al termine del Festival D'Avignone diretto da Jan Fabre, l'artista decise di interromperne la pubblicazione perchè considerava concluso un ciclo della rivista.
A Novembre del 2005 propose a Charlotte Bonduel, già redattrice della rivista e a me, già consulente editoriale, di rilanciare il progetto.
A seguito dell'accordo con il settore giovani del comune di Milano, che s'impegnò ad acquistare 2000 copie del primo numero, dedicato alla scena creativa milanese, il progetto divenne realizzabile e la partnership con la casa editrice Silvana, fu in questa direzione molto importante.
Nel Giugno del 2006 è uscito il numero 20 della rivista interamente rinnovata.
I principali cambiamenti sono stati che da quadrimestrale è divenuta semestrale, non più trilingue, perché adesso pubblica gli autori nella loro lingua originale e tutti i testi in inglese, la grafica è stata rinnovata dal grafico belga Luc Derycke, alla tradizionale sezione tematica si è aggiunta una sezione dedicata alla scena creativa di una città europea ed una in cui cinque critici presentano cinque artisti con i quali hanno recentemente lavorato
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In che cosa crede Janus? E in che cosa non crede?

L'unità dei saperi è possibile solo se si riconosce il mistero dell'essere, unico ponte reale tra tutte le discipline e tra tutte le attività indisciplinate.
Una rivista contemporanea non può e non deve avere un pubblico identificabile, la sua offerta deve incontrare la curiosità di chiunque.
Il nuovo slogan di Janus è Anywhere, anytime, here, now e il nuovo logo è "In Janus we Trust"
Janus crede all'ubiquità e ai miracoli, non crede allo scientismo imperante e al culto della tecnologia
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Proverbi e diverbi


Nei proverbi si fronteggiano saggezza e stupidità. Esistono anche casi di trasmigrazioni, sentenze acute, tali in tempi lontani, e adesso superate da sconvolgimenti meteo, sociali, tecnologici. Sono casi che, in parte, spiegano la perdita d’autorità dei vecchi, giustamente irrisi dai nipoti, allorché dicono cose che oggi sono veri e propri sfondoni. Ad esempio, sembrava saggio fino all’ovvietà, dire “Mater semper certa est”, ora le tecniche riproduttive permettono due madri e la scienza ne profila anche una terza nel prossimo avvenire.
Sia come sia, i proverbi profilano l’identità sapienziale dichiarata di un popolo, forse come alla stessa maniera la pornografia ne descrive l’immaginario nascosto.
I Dizionari dei proverbi italiani non mancano. Mai, però, fino ad oggi s’era assistito alla pubblicazione di un’opera, come quella che sto per citare, che è una vera e propria mappa antropologico-letteraria della materia: Dizionario dei Proverbi Italiani, ne sono autrici Paola Guazzotti e Maria Federica Oddera.
Rapidi cenni biografici. Paola Guazzotti è nata a Torino ed è laureata in Filosofia all’Università di quella città, attualmente vive a Bologna e insegna al Liceo “Leonardo da Vinci” di Casalecchio di Reno; ha collaborato al Grande Dizionario Enciclopedico Utet con la stesura di voci di filosofia, all’Enciclopedia storica curata da M. L. Salvadori per la Zanichelli, e dal 2001 per la medesima Casa editrice lavora in ambito lessicografico alla revisione dello Zingarelli.
Maria Federica Oddera è nata a Milano, laureata in Letteratura italiana alla Cattolica, ha insegnato nei Corsi di Lingua e cultura italiana organizzati presso l’Istituto italiano di cultura a Nuova Delhi, di cui è stata anche la traduttrice ufficiale; attualmente vive e lavora in Messico, proseguendo l’attività di traduttrice di autori di lingua inglese, soprattutto legati alla cultura indiana, per alcune delle principali case editrici italiane.
Questo Dizionario è pubblicato dalla Zanichelli, Editrice da sempre attenta allo studio della lingua dai grandi dizionari fino alla ludolinguistica.
Il volume comprende 11000 proverbi, individuandone d’ognuno il progenitore (cronologico o archetipo per la sua efficacia), contestualizzazioni letterarie, matrici latine.
La consultazione è rapidissima perché le voci sono disposte per ordine alfabetico, ma se il lettore vuole consultare l’opera per temi, o per singola parola contenuta in un proverbio, può farlo grazie all’elenco organizzato per tematiche e indice delle parole.
Ho avvicinato Paola Guazzotti e le ho chiesto quanto segue.
La continuità, in passato, fra la cultura popolare e la tradizione letteraria più colta, smentisce, almeno in parte, l’opinione corrente che relega quasi sempre il proverbio a mera espressione dei più retrivi luoghi comuni. Com’è accaduto, poi, questo corto circuito?
In passato il proverbio si rivela in molti casi – come si può notare dalle numerose attestazioni presenti già nella letteratura medievale - un esempio del patrimonio comune di sapere che legava le classi colte a quelle popolari: le prime non esitavano quindi a ricorrervi per “colorire” e dare corposità e immediatezza al proprio discorso. Parzialmente diverso il discorso per il verismo o comunque per gli autori che a partire dall’Ottocento si richiamano al realismo: qui l’intellettuale ricorre sostanzialmente al proverbio – basti pensare a Verga o a Bacchelli - come espressione dei personaggi popolari, ma così facendo, in qualche modo, ne prende le distanze come intellettuale e rivela che, in fondo, il corto circuito a cui accennavi c’è già stato fra il patrimonio culturale delle classi alte e quelle popolari.

Perché – com’è detto nell’introduzione – dalla seconda metà del Novecento non nascono più proverbi?
Perché oggi prevale decisamente una mentalità che trova espressione nello spot, nello slogan - soprattutto pubblicitario - quasi sempre di durata piuttosto breve, finalizzato alla promozione di prodotti, di beni e di servizi: si vuole insomma promuovere atteggiamenti e comportamenti che abbiano innanzitutto un ritorno in termini economici, più raramente che siano accompagnati dalla consapevolezza delle scelte che il cittadino/consumatore compie. Il proverbio, ancorato al sapere (e all’inevitabile carico di pregiudizi) delle generazioni precedenti, spesso rivela la sua estraneità a una forma di comunicazione più “graffiante”, legata maggiormente all’immagine che all’eventuale metafora, assonanza o gioco linguistico. Non dobbiamo poi dimenticare il legame fra la struttura sociale e i fenomeni linguistici: già la società industriale non si esprime più tanto per proverbi, e soprattutto non ne conia più, affidando piuttosto le sue denunce e rivendicazioni allo slogan. Questo non toglie però il fatto che alcuni proverbi possano essere letti veramente come invito a un atteggiamento comprensivo e tollerante verso se stessi e gli altri, come singoli e come portatori di diverse culture.

Trova, estraendolo dal vostro Dizionario, un proverbio che, a tuo avviso, meglio fotografa l’Italia di oggi…
A me piace molto questo, che trovo fotografi molte situazioni a vari livelli, compreso quello politico: “Un pazzo getta una pietra nel pozzo, che poi ci vogliono cento savi a cavarla fuori”.
Mi sembra che potrebbe essere accompagnato da una vignetta satirica su una delle varie polemiche della politica italiana (il soggetto penso che non mancherebbe quasi giornalmente)
.

Quante volte càpita di chiederci come fare un regalo intelligente, utile, divertente e che non mandi in rovina il nostro bilancio del mese. Ecco, questo Dizionario è una risposta.
E amando questo libro, lo raccomando in modo minatorio a voi, secondo il noto proverbio:
Chi non compra sùbito il libro di Guazzotti ed Oddera, incontrerà Bondi e Schifani prima di stasera.

Paola Guazzotti – Maria Federica Oddera
“Dizionario dei Proverbi Italiani”
Pagine 991 + Cd-Rom, Euro 48:00
Zanichelli


No Borders a Gubbio


Giunto alla sua V edizione, torna tra le mura di Gubbio No Borders Italian Jazz Festival che si avvale della direzione artistica di Massimo Manzi e della presidenza del musicista e musicologo Guido Zaccagnini.
Dal 2002 ad oggi il Festival, con il sostegno di sponsor ed enti locali, è cresciuto nella sua struttura organizzativa e nei suoi programmi presentando quest’anno un cartellone che s’articola in dodici giornate.
Tale sviluppo vede tra i protagonisti anche l’efficienza di Luigi Filippini, organizzatore della rassegna, e il lavoro di promozione guidato dalla giornalista e scrittrice Giovanna Nigi.
Il fondatore del Festival, Massimo Manzi, a proposito dell’edizione di quest’anno, così dice: Gubbio 2006 sarà non meno ricca ed interessante delle precedenti edizioni, due giganti della tromba come Paolo Fresu e Kenny Wheeler saranno gli uomini di punta della sezione jazz, ma ci saranno anche grandi vocalist come Francesca Sortino ed Antonella Ruggiero e belle sorprese nelle sezioni Cinema e Teatro... Concludendo, posso affermare con orgoglio di aver riscontrato un vero e proprio crescendo di questa rassegna nel corso di questi anni, sia dal punto di vista qualitativo, sia sul piano delle presenze di pubblico ai concerti, ma anche e soprattutto per la sua positiva risonanza, che aggiunge lustro e respiro internazionale ad una città d'arte e di cultura qual è Gubbio.
Gubbio No Borders, oltre ai nomi prima citati, vedrà esibirsi anche Antonello Salis e Furio di Castri, Javier Girotto & Aries Tango, il Sound Ville blues, la Premiata Forneria Marconi.
Nella piazza San Giovanni – recentemente restaurata da Gae Alenti – ci sarà la voce di Pia Mora che rivisiterà in chiave jazzistica le canzoni di Lucio Battisti.
In una sezione dedicata alla satira in monologo, saranno in scena David Riondino e Dario Vergassola.
Di particolare interesse quanto avverrà martedì 8 agosto allorché nel cortile di Palazzo Ducale sarà proiettato “Ultimo Tango a Parigi”; la proiezione sarà preceduta da un colloquio fra Bernardo Bertolucci e Guido Zaccagnini su musica e film. Brani della colonna sonora di Gato Barbieri saranno eseguite dal vivo dall’Emanuele Cisi Quartet.

No Borders Italian Jazz Festival
Dal 5 al 17 agosto a Gubbio
Ufficio Stampa:
Giovanna Nigi 339 - 52 64 933; Alessio Trabacchini 339 – 31 23 389


Rock e video


D’estate i festival, specie quelli musicali, si moltiplicano e finiscono spesso, nel bene e nel meglio ma anche nel male e nel peggio, per rassomigliarsi.
Assai spesso manca un’identità, un taglio espressivo, che caratterizzi il programma. Sicché artisti diversissimi, uno all’insaputa dell’altro, si trovano fianco a fianco mentre gli organizzatori si sfiatano a dire che il Festival ha operato scelte stilistiche, di tendenza, eccetera.
Mi piace segnalare, quindi, un Festival che un piccolo guizzo lo ha avuto e nelle giornate del cartellone ha riservato uno spazio anche alla videoart.
Si tratta del Festival rock organizzato da Multietnica nel Parco nazionale del Pollino in Basilicata, giunto all’XI edizione.
Per il programma e i profili dei gruppi impegnati, cliccate QUI
All’interno di questo Festival, a cura di Amnesiacarts, agirà una sezione intitolata Music Invades che presenta sei video musicali ed una performance dal vivo del Gruppo Sinestesico.
Il tutto è a cura di Massimo Lovisco.
Music Invades esplora il rapporto che intercorre tra musica e immagine. Un rapporto che iniziamo a fruire a partire dall’immagine di copertina. Dicono gli organizzatori: Consideriamo il video una naturale estensione del brano e identifichiamo spesso un gruppo con il proprio simbolo visivo. E’impossibile per esempio scindere la lingua irriverente dai Rolling Stone o la rosa corbijana dai Depeche Mode. E’ un dato di fatto : nella fruizione musicale è fondamentale estendere le sensazioni uditive ad immagini, e se non lo fa l’artista è l’ascoltatore che istintivamente associa visioni ai suoni. Ma spesso la musica è ancor più invasiva del previsto rispetto alle immagini...
Nei video selezionati per Music Invades gli autori, tutti artisti che lavorano con le immagini (video, fotografia,illustrazione), hanno scelto un sottofondo sonoro attingendo a brani già noti, ma la forza della musica è risuscita ad avere una tale energia da diventare protagonista di questi lavori con il risultato di avere dei veri e propri video musicali apocrifi e involontari
.
Autori e video.
Federico Bigi: Cyscan; Simone Damiani: The Boiler; Michele Santarsiere: Who are you?; Salvatore Iaconesi: Brava; Mimmo Rubino: The snake - La vita più lunga; Silvio Giordano: Fragile; Gruppo Sinestesico.

Pollino Music Festival, Campo Sportivo San Severino Lucano (Pz)
4,5,6 Agosto 2006
Amnesiac Arts
E-mail: info@amnesiacarts.com


Shoah in Scena


Shoah... Non mi meraviglierei troppo se tanti ragazzi non conoscessero questa parola e la scambiassero per il nome di una cantante o di un giocatore di calcio. Non è colpa loro. Ma di chi per mezzo secolo e passa, non ha permesso, scientemente o per lassismo, che i programmi scolastici fossero seriamente impegnati nello studio di ciò che avvenne tempo fa e determinò stragi.
Certo, della Shoà se ne parla molto in Tv, sono stati fatti molti e ottimi film, ma è stato trascurato il primo, il più importante, momento dell’informazione: la scuola.
Ricordo quanto lucidamente mi disse Claudio Facchinelli di “Sipario” (a proposito, un suo libro sul tema - Voci dalla Shoah, La Nuova Italia - è diventato uno spettacolo, dopo oltre dieci anni, gira ancora per tutta Italia e nel gennaio del 2005 fu trasmesso in diretta da Radio Popolare) : … l’obiettivo da porsi è che quel coinvolgimento non si esaurisca in una reazione emotiva, ma diventi patrimonio comportamentale, contribuisca a far sì che mai più, in nessuna parte del mondo, quelle cose abbiano ad accadere di nuovo (e invece continuano a ripetersi). Ma, ancora di più, è importante far riflettere che, ogni volta che blateriamo luoghi comuni sugli albanesi, gli zingari o gli arabi, o che parliamo senza carità degli sbarchi di clandestini a Lampedusa, ci incamminiamo sulla strada del razzismo, al fondo della quale ci sono i forni crematori di Auschwitz. Anche se ho una contiguità familiare con l’ebraismo, la tragedia della Shoah mi interessa fondamentalmente per il suo valore paradigmatico ed universale di violenza dell’uomo sull’uomo.
Segnalo oggi con molto piacere la prima edizione del Premio Teatro e Shoà promosso dal Centro Romano di Studi sull’Ebraismo dell’Università di Roma “Tor Vergata”, in collaborazione sia con il Corso di Laurea in Storia, Scienze e Tecniche della Musica e dello Spettacolo, e sia con l’Associazione Etica sul cui sito è possibile scaricare il bando di concorso che ha per data limite d’accoglienza dei lavori il 30 settembre 2006.
La giuria è presieduta da Gillo Pontecorvo ed Edith Bruck.
I membri sono: Francesco Scorza Barcellona. Alessandro Portelli, Anna Foa, Olek Mincer, Edo Bellingeri, Elena Mortara, Anna Rossi Doria, Marina Beer,Vittorio Pavoncello
Spero che uno dei copioni che perverranno al Premio tratti il problema della Shoà anche sotto il profilo religioso, e spero che quell’autore s’auguri, come faccio io qui concludendo, che sempre meno donne e uomini varchino la soglia delle sinagoghe, delle chiese cristiane, delle moschee, e templi d’altre religioni (specie monoteiste), perché, sono all’origine di tutti i mali e di molteplici Shoà diffondendo odio e oscurantismo. Diceva Shopenauer: “Le religioni sono come le lucciole: per brillare hanno bisogno del buio”.


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