Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.
giovedì, 30 novembre 2006
Più luce, padre
Si racconta che Goethe sul suo letto di morte, a Weimar nel 1832, abbia pronunciate le sue ultime parole rivolgendosi ad un sacerdote che voleva salvargli l’anima, dicendogli: “Più luce, padre, più luce”. Se così fosse, ecco il caso di un uomo che per una vita indovina tutte le parole e ne toppa le estreme. Non ci si può, infatti, aspettare che un prete dia luce, ma solo tenebre: è il suo mestiere. Non credo, però, che Goethe in quel dire fosse mosso da un intento illuministico, ma luministico. In breve, dicesse a quella tonaca di dischiudere le imposte. Ricordo che il grande scrittore tedesco era uno nato a mezzogiorno nel mese d’agosto ed è comprensibile che volesse concludere la vita con buon chiarore, così come l’aveva iniziata 84 anni prima. Più luce, padre è il titolo di un gran bel libro pubblicato da poco dall’Editrice Luca Sossella. N’è autore Franco Buffoni che quest'anno ha vinto il Premio Pasolini con "Guerra", uscito l'anno scorso nella prestigiosa collana dello Specchio Mondadori. Bello e strano questo Più luce, padre in cui l'autore dialoga col nipote Piero, studente universitario, su plurali disastri dell’esistenza e della Storia. Il testo, pur negandosi al dramma scenico, al romanzo, al saggio, all’indagine antropologica, al documentario sociale, finisce con l’essere tutte queste cose insieme. Il dialogo fra l’autore e il nipote s’illumina di luce socratica e la maieutica che presiede a domande e risposte produce (anche attraverso piccole zuffe) un documento critico su di un’epoca – la nostra – con i suoi temi più dolenti. Si ha un comte philosophique dai risvolti amari, che traccia un percorso di ragionamenti che investono l’intera sfera dell’esistere tra gli urti dell’ieri e dell’oggi. Scrive l'autore: "Il mio caino sociale, durante l’adolescenza, fu il fascismo spirituale di mio padre che contrastò in ogni modo la mia natura organicamente omosessuale, dichiarando a tale natura una guerra spietata. Io appresi della guerra, del fascismo e dei Lager mentre combattevo/subivo (prima subivo, poi combattevo) la mia guerra privata di identità. Fu – quella privata guerra – il mio strumento essenziale di conoscenza del mondo."
A Franco Buffoni ho chiesto: perché in forma di dialogo il libro? Perché nelle settimane precedenti l’inizio della scrittura avevo riletto il “Dialogo” di Galilei. Certi toni mi sono rimbalzati nella mente per alcune notti. Poi ho cominciato a scrivere. Ma mi sembra evidente che percepisco Galilei come maestro non solo nella forma. Trovo grottesco che – in anni molto recenti – da parte vaticana si sia voluto “riabilitarlo”. L’arroganza di quei signori davvero non ha limiti. La forma del dialogo, inoltre, permette una maggiore vivacità di scrittura. Concede la possibilità di descrivere un fenomeno o una posizione di pensiero da molti punti di vista in modo più sintetico. La scelta di un interlocutore giovane, infine, permette di chiarire maggiormente certi dettagli (per esempio sul fascismo, o meglio sul meta-fascismo), e di non apparire pedante fornendo anche una bibliografia. Qual è il significato positivo nel possedere oggi un’etica laica? Ritengo sia molto positiva la assunzione totale di responsabilità che essa comporta. Il suo contrario è deresponsabilizzante perché porta a una grande alterigia: quella di sentirsi voluti, prescelti, eletti. Noi invece oggi, con le conoscenze scientifiche e le possibilità tecniche di cui disponiamo, dobbiamo essere umilissimi. Nessuno ci ha voluti, nessuno ci ha amati. Dobbiamo farlo noi, da noi stessi e per noi stessi. Dobbiamo decidere che lo vogliamo come specie sapiens-sapiens in questa fase della nostra evoluzione. Credendo in Dio, invece, ci si sente prescelti, eletti, padroni del creato, figli prediletti, quando va bene. E quando va male si giunge a configurare quelli che non condividono la tua fede come i non-eletti, i non-prescelti, e si innesta il principio di esclusione, quello che in determinate circostanze può portare a considerare come non più umano l’altro, a disumanarlo. Per non parlare delle strutture di potere che sorgono per sostenere tali convincimenti. Se si considerano le varie civiltà culturali che si sono succedute nel mondo che noi meglio conosciamo, quello che fa capo alle tre religioni cosiddette monoteistiche, ci si rende conto che – più è forte il convincimento di essere stati voluti e prescelti da Dio – più alto è il tasso delle guerre di religione, delle esclusioni, dei razzismi, delle preclusioni. Sotto l’etichetta “Dio è con noi” è passato davvero di tutto. Verrebbe da dire: parole sante. Ma visto l’argomento, e come la penso io che ateo sono, naturalmente m’astengo da quell’espressione. Per una scheda sul libro: QUI. In copertina una bella fotografia (Franco Buffoni con suo padre) scattata da Giovanni Giovanetti, famoso fotografo pavese, mio vecchio amico che non vedo da anni. Franco Buffoni “Più luce, padre” Pagine 216, Euro 10:00 Luca Sossella Editore
Anniversari: il poeta mentitore
Il poeta è un fingitore Finge così completamente Che arriva a fingere che è dolore Il dolore che davvero sente.
Questi versi appartengono a Fernando Pessoa che proprio settantuno anni fa, il 30 novembre 1935, moriva a Lisbona, dov’era nato, all’età di 47 anni; fegato a pezzi per una vita trascorsa tra vini portoghesi e non. Non immaginatevi, però, un tipo borderline; teneva per sé una particolare compostezza, conduceva una vita grigia nella quale batteva un cuore infernale. Nella foto, 1939, l’obiettivo l’ha colto Em flagrante delitro, come scrisse sul retro dell’istantanea dedicando l’immagine alla fidanzata Ophélia Queiroz. Per una biografia: QUI. È uno dei geni del secolo scorso – reso noto in Italia da Antonio Tabucchi suo infaticabile esegeta –, protagonista di una singolare avventura di scrittura moltiplicando se stesso in una serie di scrittori immaginari, eteronimi, creando così una mitopea colossale scritta da una sola infinita mano. Non mi sembra che in giro ci si sia ricordati della data di oggi, in compenso ho visto notizie sulla Tamaro. Giusto. Sono giorni in cui si vola basso. Si riportano come sue ultime parole: "Datemi i miei occhiali" . Anni prima aveva scritto: Che si sia ombra o luce, siamo sempre la stessa notte.
mercoledì, 29 novembre 2006
L'amore buono
Conosco da molti anni Marco Baliani, fin da quando con “Ruota Libera” proponeva un teatro-ragazzi dal piglio corrosivo e strafottente che si differenziava dai molti che allora (fine ’70) praticavano quel genere teatrale perché Marco agiva lontano da certo zucchero fiabesco o da intenti ammaestrativi. L’ho visto, poi, passare ad un teatro per adulti e qui, spiazzando platee, rendeva ragazzi gli adulti e viceversa. L’ho visto segnare una tappa della drammaturgia tv con un Kleist indimenticabile; e detto da me che amo il teatro di parola quanto una colica renale, forse un piccolo valore ce l’ha. L’ho visto, anzi l’ho letto (spesso confondo, com’è mia tradizione, le due esperienze quando le cose mi piacciono) nelle pagine di Nel regno di Acilia che meritava un’attenzione maggiore di quanta già non ne abbia avuto. Ora, dopo lo straordinario successo di “Pinocchio Nero”, Amref Italia e il Teatro delle Briciole di Parma presentano L’Amore Buono – Una Ballata ai Tempi dell’Aids, nuovo spettacolo di Marco Baliani, con il contributo speciale di Paolo Fresu, interpretato dalle ragazze e i ragazzi di Nairobi. Lì quei ragazzi li chiamano chokora, “coloro che vivono di rifiuti” (in altri termini 'ragazzi monnezza'). Con questa espressione poco gentile, la popolazione di Nairobi che è fatta di neri (e la maestra mi ha detto che dobbiamo volere loro tanto bene) emargina gli oltre 130mila ragazzi di strada, abbandonati ad un destino di solitudine, fame, violenza, droga e prostituzione, se ne volete di più sto qui a servirvi; sono neri e poveri a Nairobi, ma sempre umani sono, quindi, dei gran fetenti. Il debutto italiano, con l’eccezionale partecipazione dal vivo di Fresu, si terrà a Roma, al Teatro Vascello venerdì 1° dicembre 2006 - Giornata Mondiale della lotta all’Aids, per poi proseguire in altre date romane e successive tappe in altre città italiane. A Marco Baliani, con il quale ho vissuto anche le emozioni di un viaggio spaziale, ho chiesto: quali le differenze tra il tuo “Pinocchio nero” e questo spettacolo? Caro Armando, mentre “Pinocchio nero” era una grande storia da declinare africanamente, questo nuovo " Amore buono" ha un andamento per quadri, intervallati da canzoni e musica, ogni quadro avendo una struttura a sè, dal racconto corale a quello individuale, al teatro di commedia, a quello gottesco, alla clowneria, ruotando tutto intorno alla parola amore e alle storie di vita amorose dentro gli slum di Nairobi, tra la paura dell'aids e la povertà delle relazioni umane. E' uno spettacolo di gioiosa durezza.
Da uomo di teatro che cosa ti ha dato il rapporto con questi particolarissimi attori? Quali riflessioni, cioè, ha suscitato in te questa singolare esperienza rispetto al teatro professionale? Qui con questi ragazzi il teatro povero non è più un'ideologia ma uno statuto reale. Non si possono fare, quindi, giochetti avanguardistici o estetizzanti ma occorre partire dal vuoto totale, dalla mancanza di materiali che non siano i corpi loro e le loro storie di vita. Questo mi ha permesso e costretto a creare un linguaggio quasi astorico, tutto sulla presenza, sul loro modo di essere nel tempo presente, nel qui ed ora di ciò che accade. Paradossalmente ho avuto più libertà creativa con meno condizionamenti, per un teatro da usare e non solo da guardare. Il prossimo calendario del tour cui s’aggiungeranno altre date: 2 - 7 dicembre Roma, Teatro Vascello 10 -11 dicembre Alcamo, Teatro Comunale 15 dicembre Genova, Teatro Archivolto 18 dicembre Fiorenzuola, Teatro Verdi 20 dicembre Parma, Teatro al Parco 22 dicembre Prato, Teatro Metastasio, con la partecipazione dal vivo di Paolo Fresu. Tutti i fondi raccolti andranno a sostenere i progetti per l’infanzia di AMREF. Per maggiori informazioni: Melania Bruno Ufficio stampa AMREF Italia Tel.06 – 99 70 46 64 melania.bruno@amref.it Olindo Rampin Ufficio Stampa Teatro delle Briciole Tel. 0521 – 99 20 44 ufficiostampa@briciole.it
martedì, 28 novembre 2006
Nome e cognome Bad Trip
Gianluca Lerici, alias il Prof Bad Trip ci ha lasciato. Ieri, l’ultimo saluto degli amici. Era nato a La Spezia nel 1963.
In lui una incredibile mescolanza di soluzioni tecniche e di culture visive – come scrisse sul suo lavoro Crack Fumetti Dirompenti - ascendenze "hard core", deliri psichedelici, cut up, ritmi techno, allucinazioni centro americane, tutto si è fuso nelle diverse mostre e pubblicazioni: Blade Runner, Starship, Robota, Psyconautica, Il Pasto Nudo, Alter Vox, Double Dose, Bad Mutants, La Bestia. Suoi disegni sono apparsi in Primo Carnera, Stampa Alternativa, Shake, Comicland, Bizzarre, e altri. E scriveva ieri Vittore Baroni: Le sue funamboliche visioni, il suo immaginario cyberpunk all'ennesima potenza, la sua grande generosità sotto una corazza di rude cinismo alternativo, il suo tratto nero seppia così netto e forte che anche le fotocopie si incollavano tra loro, i suoi colori da cosmologie frattaliche in psichorama anarcopop continueranno a illuminare i nostri buoni e cattivi viaggi.
Cognome e nome Gooddal Jane
Ricordo che poco tempo fa molti in Italia, stupendosi, schernirono il Parlamento spagnolo che s’era occupato di legiferare sulla protezione dei Primati e di altri animali. Gli stessi che tanto si stupirono per quelle leggi, non si sono sorpresi, né tanto meno indignati, che l’indulto nostrano abbia assicurato impunità a gente che ha commesso reati contro l’amministrazione dello Stato, procurato morti bianche, fatto bancarotta e via previteggiando. Chissà, forse si sono distratti. Una donna che da anni si occupa degli scimpanzè e di tante altre occasioni che riguardano casi di esistenze, anche umane, in pericolo è Jane Gooddall. Non è notissima, eppure scrive di lei l’ Enciclopedia Britannica: Senza dubbio una delle persone che ha maggiormente contribuito alla conoscenza del mondo in cui viviamo. Per saperne di più, cliccate QUI. Jane Goodall (nella foto) sarà a Roma venerdì 1 e sabato 2 dicembre. Le sue conferenze saranno contornate da mostre e concerti. Il ricavato della vendita dei biglietti andrà a sostegno delle campagne del Goodall Institute. Per informazioni: 333 - 23 07 152; 320 – 43 96 019; 334 – 20 84 627
lunedì, 27 novembre 2006
Pinocchio e la Scienza
Giustamente si ride quando il settecentesco scrittore tedesco Rudolph Raspe narra delle imprese del Barone di Münchausen, creatura ch’afferma d’essere riemerso da una palude tirandosi per i capelli, d’aver attraversato i cieli cavalcando una palla di cannone e di altre sue mirabolanti avventure. Non si ride, anzi si fanno perfino guerre in nome di personaggi che hanno partorito pur essendo vergini, che sono resuscitati dopo essere stati crocefissi, e compiute altre miracolose imprese. Ma è poi vero che i miracoli sfuggono a qualsiasi spiegazione scientifica? E per parlare di cose terrestri: "Il codice da Vinci" svela davvero verità nascoste? Fusione fredda e idrogeno risolveranno davvero i nostri problemi energetici? Lo sbarco sulla Luna e l’attentato dell’11 settembre furono, come alcuni dicono, una messa in scena degli americani? L’elettrosmog, gli Ogm e il nucleare sono davvero pericolosi? A queste e ad altre domande risponde un bel volume mandato in questi giorni nelle librerie dalle Edizioni Dedalo Titolo: Pinocchio e la Scienza, l’autore è Silvano Fuso. Il libro s’avvale della prefazione di uno dei più autorevoli scienziati italiani: il fisico Tullio Regge. Silvano Fuso è docente di chimica e si occupa di didattica e divulgazione scientifica. Ha pubblicato libri di testo e di divulgazione: “Facili esperimenti scientifici” (Edibrico, Gavi 1994); “Scienza della materia” (Palumbo, Palermo 1999); Paranormale o normale? (Cicap, Padova 1999); Realtà o illusione? (Dedalo, Bari 1999), Indagare i misteri (Editoriale Scienza, Trieste 2004); “La scienza come gioco. Capire la realtà divertendosi” (La Meridiana, Molfetta 2004). È segretario per la Liguria del Cicap.
A Silvano Fuso ho chiesto: quali le motivazioni che ti hanno spinto a scrivere questo libro? Uno degli aspetti più paradossali della nostra società consiste nel fatto che, pur essendo quotidianamente utilizzati i risultati scientifici e tecnologici, è pesantemente diffuso un atteggiamento antiscientifico che considera la scienza e la tecnologia nemiche dell’uomo e della natura. Questo rigurgito oscurantista è alimentato da una profonda disinformazione e ignoranza sulle questioni scientifiche. Parallelamente godono invece di ampia popolarità molte discipline pseudoscientifiche prive di qualsiasi fondamento. Il volume si propone di fornire informazioni scientificamente corrette su una serie di argomenti che spaziano dal paranormale alla medicina, dai problemi energetici a quelli ambientali, dai miti New Age alle superstizioni, dall’ingegneria genetica alle discipline occulte. Nel clima di dilagante irrazionalità in cui viviamo, mi auspico che un’opera come questa possa costituire un utile prontuario “antibufala”, che chiunque può agilmente consultare per vagliare in modo critico e razionale le informazioni che riceve dai media. Silvano Fuso “Pinocchio e la Scienza” prefazione di Tullio Regge 368 pagine, illustrato a colori, 14:50 euro Dedalo
sabato, 25 novembre 2006
Volare
Tra i favillosi inni allo sferragliare delle macchine e alla velocità, non ne poteva mancare ai futuristi uno che febbrilmente celebrasse il volo aereo. Esiste un prezioso libro di Claudia Salaris (“Aero… futurismo e mito del volo”, Le Parole Gelate, 1985) che documenta, anche con ricchezza d’immagini, quell’aspetto della poetica futurista. Questo mito del volo - scrive l’autrice - suffragato dalla marinettiana “religione-morale della velocità” e soprattutto dall’idolatria della macchina, significa aspirare a fuggire da tutto ciò che è grave, pesante e pedante, per raggiungere una dimensione di libertà degna del superuomo nietzschiano […] Questa aspirazione che si connota come danza, volo nell’irraggiungibile e nell’irrazionale, è presente in Marinetti sin dal periodo prefuturista e simbolista. “La conquête des étoiles” (1912) ne è la prova. Quell’assalto al cielo – non si sa quanto dal cielo gradito – generò teatro aereo, voli dialogati, sculture volteggianti, pantomime volanti, parolibere aviatorie e tante altre turbinose avventure. “Il looping denota allegrezza, il tonneau impazienza o irritazione, i passaggi d’ala indicano spensieratezza, le discese a foglia morta stanno per nostalgia o stanchezza”, così aeroparlava Azari, pilota aviatore futurista. Un’occasione per avvicinarsi a quel rombante mondo è data dalla mostra in corso a Roma sull’aeropittore pugliese Mino Delle Site, di cui ricorre quest’anno il decennale della morte. L’esposizione, curata da Mariastella Margozzi (autrice, mi piace ricordare, anche di un bel saggio, in occasione di una mostra, su arte e gioco del calcio; per leggere QUI) in collaborazione con l’Archivio Mino Delle Site - link dove troverete biografia e immagini dell’artista -, si colloca nell’àmbito della serie di mostre celebrative del centenario della nascita del movimento futurista, al quale Delle Site partecipa a partire dall’inizio degli anni Trenta. “E’ tra i più giovani e fantasiosi aeropittori dell’avanguardia artistica italiana…Il colore è il suo naturale mezzo d’espressione ed egli lo usa per realizzare la quarta dimensione, scoperta entusiasmante e vitale del Futurismo”, così Enrico Prampolini s’entusiasma, inaugurando nel 1932 la prima personale futurista a Roma del pittore leccese.
Mino Delle Site Museo Boncompagni Ludovisi Via Boncompagni 18, Roma Fino al 14 gennaio 2007 Prenotazione visite guidate: tel./fax 06 – 42 82 40 74 Info: tel. 06 – 32 29 83 30 – e.mail: mmargozzi@arti.beniculturali.it Ingresso gratuito
venerdì, 24 novembre 2006
S'è fatta ora
Questo il titolo del più recente libro di Antonio Pascale. Nelle pagine incontriamo Vincenzo Postiglione, alter ego dell’autore già presente negli altri suoi libri, alle prese con momenti e temi centrali della vita di un uomo, iniziazioni (sentimentali, civili, esistenziali) che si intrecciano tra loro dando vita a un romanzo di formazione. All’autore ho chiesto: una delle possibili chiavi per entrare nel mondo della sua scrittura è da lei stesso offerta quando dice: “Esagerare con gli aggettivi significa avere in odio il mondo”. E’ una dichiarazione di stile?
Lo stile. E’ tutto qua il problema, lo stile presuppone una ricerca, lo stile presuppone avere un modello di riferimento (la cultura italiana, quella della tua provincia, quella che ti sta intorno, insomma) e confrontarsi con esso. Lo stile è il tentativo di sviluppare una propria voce (un metodo) che reinventi criticamente il modello di riferimento. Se sono antifascista, per esempio, posso limitarmi solo a contestare il fascismo? Lo posso fare, d’accordo, ma chi ha stile, inventa una forma che non ha complicità con il potere, ovvero non ha la stessa sua grammatica. Perché il monumento alle fosse ardeatine è un monumento stilisticamente civile? Perché il gruppo di architetti che l’ha progettato ha rifiutato tutti i canoni dell’architettura fascista, niente retorica, niente bracieri ardenti, capitelli, colonne, niente romanità trita. Chi ha stile, non dichiara e basta, dimostra che un altro mondo è possibile. Chi ha stile non odia il mondo, si ingegna a capire dove non funziona e cerca stilisticamente la soluzione che lo rende diverso. Antonio Pascale “S'è fatta ora” 126 pagine, euro 9,50 Minimum Fax
giovedì, 23 novembre 2006
Pizzuto trent'anni dopo
Oggi, 23 novembre, ricorre il trentennale della morte di Antonio Pizzuto uno dei più grandi autori italiani del secolo scorso e uno fra i meno conosciuti dal pubblico. Appartiene a quei famosi “casi letterari”. E quando un autore rientra in quelli gli càpita un’autentica disgrazia perché significa condanna all’oscurità e al silenzio. Antonio Pizzuto è ricordato in questi giorni da uno dei suoi massimi studiosi: Gualberto Alvino di cui v’invito a leggere una riflessione sul libro “Ravenna” pubblicata su Le Reti di Dedalus rivista online del Sindacato Nazionale Scrittori; pubblicazione preziosa per contenuti, ma che tanto si gioverebbe di un restyling più consone al linguaggio web. Ho chiesto a Gualberto d’avvalermi proprio nella data di oggi di un suo pensiero sullo scrittore siciliano in occasione di questo trentennale trascurato da troppi. Mi ha risposto con fulminante sintesi lanciando, con una citazione pizzutiana, un’invettiva contro tanto silenzio. Antonio Pizzuto: Palermo, 14 maggio 1893 - Roma, 23 novembre 1976. “Quaggiù ben diversa stanza, afflitta, modesta, appena vicaria, ed in tristezza. Tutta palese età sua, l’inane accomodazione; ad estinguersi ultima resa, di faville. Per molti critici nulla”. (Ultime XXIII). Quousque tandem?
Video su DigiChannel
Anche quest’anno DigiChannel – come m’informa Maria Novella Gai – ha premiato i video migliori del suo concorso internazionale. Otto le opere premiate. Fra queste, ho scelto di segnalarne tre. In ordine alfabetico per titolo. Awaken, The Mind Travel un’animazione del turco Serdar Camlica. Boum di Schejla Massellucci del Cantiere di Video Arte in San Quirico d'Orcia. Wuji di Michele Puricelli, in arte Michael Abraham, che usa dei kata d’arti marziali come occasione di videodance. Il sito di DigiChannel, aldilà di questi video, ne ha molti altri. E a molti di questi – compresi quelli che ho segnalato in link – gioverebbe qualche sforbiciata in minutaggio, ma questa è cosa che riguarda gli autori e non gli ottimi organizzatori di DigiChannel che meritano elogi per il loro impegno che consente spazio e visibilità a giovani filmmakers.
mercoledì, 22 novembre 2006
L'amico di famiglia
I nuovi (non sempre giovani) registi del cinema italiano, quando non sfuggono all’autoreferenzialità – raccontando storie che riguardano solo l’autore e né il pubblico né il mercato – finiscono nel decorativo come Crialese nello stucchevole “Nuovomondo” o nella simulata indignazione sociale come nel pessimo “La sconosciuta” di Tornatore. Eppure c’è uno che si salva da tutti questi vizi, è Paolo Sorrentino. Già mi piacquero i suoi primi due film e più ancora m’è piaciuto L’amico di famiglia in programmazione in queste settimane sui nostri schermi. C'è insomma continuità di valore in lui e non come succede a chi fa un film in un momento di grazia e toppa gli altri; ad esempio Matteo Garrone. Andate a vederlo "L'amico di famiglia", mi ringrazierete. Sorrentino non lavora sulle trame (finalmente!), ma su ambienti e personaggi. Non fa sociologia, non pratica improbabile ideologia, rappresenta, in modo sempre amaro e mai moralistico, vissuti solitari, vite vendute senza pace a destini abissali. Come quest’usuraio Geremia protagonista de “L’amico di famiglia” personaggio repellente quant’altri mai che, come si vedrà, è circondato da altri – le sue vittime – che si riveleranno repellenti quanto e forse più di lui. A chi obietta ch’è una macchina narrativa già nota, rispondo dicendo che non la storia m’interessa, ma il linguaggio che la racconta. Mi piace questa rappresentazione senza speranza della vita che fa Sorrentino, lontana da lusingatrici redenzioni religiose o ideologiche. Strepitosa, poi, l’interpretazione di Giacomo Rizzo e strepitosa la fotografia diretta da Luca Bigazzi. E qui mi va di dire una cosa. Nelle recensioni ai film, càpita di leggere encomi agli attori, ai direttori di fotografia, agli scenografi, quasi avessero agito da soli, quasi che mentre quelli si davano da fare il regista fosse andato ad una gita fuori porta. Al cinema – ancora di più che a teatro – il regista c’entra eccome in quei meriti! La prova di quanto sto dicendo la si trova allorché ottimi artisti sono tanto mal diretti da sembrare degli incapaci. Un esempio? Castellitto rovinato da Bellocchio in “Il regista di matrimoni”. Tornando a Sorrentino, tanto è bravo sul set, quanto è incauto nel dichiarare. Ad esempio, in una recente intervista a Repubblica ha infaustamente detto: “E poi di Madre Teresa di Calcutta ce ne è una, di usurai tanti: è più facile che ciascuno di noi diventi come Geremia che come madre Teresa". Gli consiglio di leggere, a proposito di quella monaca, La posizione della missionaria libro edito da Minimum Fax. Costa meno di 7 euro, è bene che il regista da me lodato lo compri.
“L’amico di famiglia” di Paolo Sorrentino Produzione Fandango e Indigo Film Cast, interviste e il (brutto) trailer QUI
martedì, 21 novembre 2006
ArteMania
La casa editrice Editoriale Scienza è fra le pochissime in Italia a saper fare libri per ragazzi. Ed è l’unica, poi, a saper fare i libri di divulgazione scientifica per l’età intorno ai dieci anni. Le sue pubblicazioni, infatti, agiscono su due cursori: il primo destinato a diffondere cultura scientifica in modo chiaro, con esposizioni spesso divertenti, con grande cura editoriale sulla terminologia usata e sugli esempi illustrati; il secondo, con libri autenticamente interattivi, quasi libri-giocattolo che riescono a incoraggiare la fantasia, esercitare la manualità, sviluppare stimoli cognitivi. Di quest’ultimo tipo di pubblicazioni n’è esempio il recentissimo Arte Mania edito in accordo con Klutz società consociata con la newyorchese Scholastic Inc. Arte Mania è un libro che mostra semplicemente che cosa si può fare disegnando il contorno delle mani. Nascono così ranocchie, cagnolini, gatti, mostri… come dite?... no, l’onorevole Schifani non c’è tra i modelli… pavoni e tanti altri disegni. Per vedere qualche esempio, cliccate QUI Nella busta acclusa al volumetto, tutto quello che serve per le rifiniture: occhietti mobili, colla, pom-pon e, naturalmente, pastelli colorati. E’ un librino delizioso – traduzione di Helene Stavro – adatto a farlo trovare sotto l’albero di Natale ai vostri figli e nipoti più piccoli; età consigliata: fra i 4 e i 6 anni.
Klutz Staff “Arte Mania” Traduzione di Helene Stavro Pagine 28, con materiali per dipingere Euro 13:50 Editoriale Scienza
lunedì, 20 novembre 2006
Aperitivo corto a Fandango
Il termine “multimediale” è, spesso, scritto e detto a sproposito. Ho visto perfino mobili da cucina pubblicizzati come… multimediali. Tra le imprese di comunicazione in Italia, forse una soltanto merita questo impegnativo termine: la Fandango di Domenico Procacci. Agisce, infatti, in vari campi della comunicazione espressiva: dal cinema all’editoria, alla discografia, al teatro, alle arti visive. Non è un caso che a questo singolare centro di produzione e distribuzione siano state dedicate perfino tesi di laurea come potete notare cliccando QUI. Da aprile scorso, agisce a Roma anche Caffè Fandango: un nuovo luogo di incontri, presentazioni letterarie, esibizioni teatrali, improvvisazioni musicali, reading, lezioni di cinema ed è, inoltre, possibile consultare e leggere sceneggiature. Per i redattori della carta stampata, delle radiotv, del web, ricordo che la comunicazione di quello spazio è stata affidata a Fiammetta Biancatelli della quale m’è propizia l’occasione per ricordare anche una sua traduzione (“L’ora azzurra” di Alonso Cueto), da pochi giorni nelle librerie nella nuova collana Bookever (Editori Riuniti) che al Caffè Fandango sarà presentata mercoledì 22 novembre alle ore 21:00. E sempre al Caffè, approda AperitivoCorto, rassegna itinerante dedicata ai cortometraggi italiani: cinque serate, a cadenza settimanale. Ogni martedì, dal 21 novembre al 19 dicembre, a partire dalle ore 19:30, saranno presentati 28 corti, cliccare QUI per il programma. AperitivoCorto nasce a Milano ed è guidato dal regista Sergio Rinaldi. A lui ho chiesto: Che cos’è ‘AperitivoCorto’? Quali le sue finalità?
AperitivoCorto nasce come rassegna itinerante di cortometraggi con l'obiettivo di dare visibilità alle opere dei giovani registi italiani. Contemporaneamente è un evento dedicato al grande pubblico, quindi che mira a portare la cultura del cortometraggio anche all'esterno di quelle nicchie di appassionati che spesso sono l'unico pubblico dei festival di genere. E proprio per avvicinare il grande pubblico al mondo dei cortometraggi ci affidiamo ad una conduttrice – come avverrà anche a Roma – che presenta le opere proiettate coinvolgendo i presenti con aneddoti, retroscena, curiosità, e tutto quello che comporta la realizzazione di un piccolo film. Una strada alternativa per far capire le difficoltà che incontra chiunque decida di fare cinema. Quali i criteri di scelta dei titoli presentati? Per tematica? Affinità di linguaggio? Oppure altro ancora? La selezione è un passaggio importante e delicato. Visto il tipo di pubblico a cui ci rivolgiamo è fondamentale che i corti non siano eccessivamente complicati da decodificare. I corti che passano la selezione sono quelli che sul piano narrativo hanno una struttura più di fiction, sia essa di genere comico, drammatico, sentimentale o quant'altro, mentre si cerca di essere flessibili sul piano tecnico, laddove i budget spesso ridotti possono creare i maggiori problemi soprattutto agli autori più giovani. L'evento AperitivoCorto si compone di serate in ognuna delle quali vengono proiettati in media 6 cortometraggi di vario genere. Esistono, inoltre, alcuni appuntamenti speciali a tema, come AperitivoCorto Horror, o AperitivoCorto Videoclip, dedicate agli appassionati del genere. Su “Aperitivo corto” tornerò prossimamente per illustrare altre iniziative in cantiere alle quali mi ha accennato Alma Tagliaferri che coordina le attività e l’Ufficio Stampa – press@aperitivocorto.it – del Centro milanese. Caffè Fandango Tutti i giorni dalle 10.00 alle 24.00 Piazza di Pietra 32/33, Roma Info e prenotazioni per “AperitivoCorto”: Tel. 06 – 45 47 29 19 caffefandango@caffefandango.it
mercoledì, 15 novembre 2006
Critical book & wine
Si tratta del primo mercato degli editori e dei vignaioli indipendenti, una sorta di sinestesia fra libri da gustare e vini da leggere. Tre giorni di presentazioni, dibattiti, proiezioni video, concerti, performances, letture e degustazioni. Il Critical book & wine nasce dalle esperienze di Terra e libertà/Critical wine – un progetto concepito assieme a Luigi Veronelli – e del centro sociale Leoncavallo, luogo storico di sperimentazione di saperi e di pratiche innovative. Intende favorire la nascita di nuove economie, relazioni sociali, culturali e ambientali, abbattere i prezzi dei libri e dei cibi al consumo, favorire la circolazione degli editori e dei vignaioli indipendenti, l’autopromozione, la filiera diretta, la coproduzione, il prezzo sorgente. Nelle giornate di venerdì 17 e domenica 19 novembre il programma culturale sarà incentrato sulle presentazioni di autori e libri promosse da vari editori; ogni presentazione sarà abbinata alla degustazione di vini di una casa vinicola. A proposito, il 19, alle ore 16:00 sarà presentato “Networking. La rete come arte” (Costa & Nolan, pagine 336, euro: 21:00) di Tatiana Bazzichelli appena uscita dalla mia taverna spaziale sull'Enterprise dove abbiamo parlato, fra un bicchiere e l'altro, di hacktivism, digital art e linguaggi catodici. Nelle stesse giornate si terranno due convegni per discutere con operatori e legislatori i Manifesti dei vignaioli e degli editori indipendenti, redatti da Critical book & wine e contenenti proposte legislative e programmi di settore. Tra i dibattiti segnalo quello sul tema: La carta degli indipendenti: problematiche e proposte per una nuova editoria di qualità, al quale parteciperanno anche parlamentari della Commissione Cultura della Camera dei Deputati. All’ingresso del Leoncavallo, nei giorni della manifestazione, saranno distribuiti un calice in vetro per la degustazione dei vini e un opuscolo nel quale oltre al programma saranno inserite dettagliate informazioni sulle imprese vitivinicole ed editoriali che vi parteciperanno. In coerenza con i propositi della manifestazione, i libri saranno venduti con uno sconto dal 20% al 30% e i vignaioli venderanno i vini a prezzo sorgente. Per sapere degli editori e dei vignaioli che espongono, cliccare QUI
Critical book & wine 17,18 e 19 novembre 2006 Al Leoncavallo Spazio Pubblico Autogestito Via Watteau 7, Milano Dalle 11:00 alle 22:00 Ingresso: 7:00 euro Info: 02 – 67 05 185; mail: info@leoncavallo.org
lunedì, 13 novembre 2006
Un libro che farà storia
Esistono libri che fin dal loro primo apparire nella nostra lingua, si propongono come uno di quelli destinati ad essere una tappa imprescindibile per gli studiosi di oggi e di domani. E’ il caso di Arte dal 1900 mandato in libreria da Zanichelli. I quattro storici dell'arte probabilmente più importanti e influenti del nostro tempo, Hal Foster, Rosalind Krauss, Yve-Alain Bois, Benjamin H. D. Buchloh si sono riuniti per offrire, in questo straordinario libro, la più esauriente storia critica dell'arte del XX secolo e inizio del XXI. Modernismo, antimodernismo, postmodernismo, in questo imponente (anche per mole) Arte dal 1900, sono analizzati – con un vasto e curatissimo corredo di illustrazioni a colori – in più di cento capitoli; ciascuno di essi è incentrato su un evento epocale per raccontare la pluralità di storie dell'arte dal 1900 ad oggi. Ognuno degli autori ha scritto un'introduzione che esplora le metodologie all’origine della storia dell'arte contemporanea, e informando sui loro sviluppi attuali. La struttura flessibile del libro e i suoi frequenti riferimenti incrociati mettono il lettore in grado di rintracciare i percorsi attraverso il secolo e di seguire i molti, avvincenti, racconti che dischiude, che siano la storia di un medium come la pittura, lo sviluppo dell'arte in un particolare paese, l'influenza di un movimento come il Surrealismo oppure l'emergere di un corpo stilistico o concettuale di opere come l'astrattismo o il minimalismo. Traduttore e curatore dell'edizione italiana del volume è Elio Grazioli. Insegna Comunicazione visiva all’Università di Bergamo e Storia dell’arte contemporanea all’Istituto Europeo di Design di Milano e all’Accademia Carrara di Bergamo. Ha tradotto e curato l’edizione italiana di diversi libri di Rosalind Krauss. E’ autore di alcuni volumi, tra cui “Corpo e figura umana nella fotografia” (1998), “Arte e pubblicità” (2001), “La polvere nell’arte” (2005), tutti pubblicati dall’editore Bruno Mondadori. A lui ho chiesto: com’è nata quest’opera e con quali finalità storico-critiche?
Questo volumone scritto a otto mani dai quattro storici dell'arte probabilmente oggi più interessanti sulla parte occidentale del pianeta è veramente un'opera sia originale sia più completa e aggiornata di quante mi pare di poter vedere di simili sul mercato. Completa e aggiornata perché, al di là delle omissioni inevitabili, ripercorre non solo tutta l'arte del XX secolo ma sintetizza con competenza tutta la cultura con cui quest'arte ha avuto contatti, che l'hanno influenzata, circondata, nonché interpretata. Originale soprattutto per questa idea di "raccontare" la storia attraverso gli anni significativi per un qualche evento, dalla nascita di un movimento alla realizzazione un'opera indimenticabile, dall'inaugurazione di una mostra storica all'uscita di un libro che ha segnato tutti. Le competenze incrociate dei quattro autori, la collaborazione ma anche il confronto a cui si sono prestati, e che hanno documentato con passione in due lunghe "tavole rotonde" riportate nel volume, ne fanno un'opera assolutamente unica. L’Arte del ‘900 ha conosciuto al suo interno tante correnti (e più sottocorrenti) espressive di molte epoche che l’hanno preceduta messe insieme. A che cosa è dovuto questo fenomeno? Domanda impegnativa a cui vorrei rispondere con l'invito a guardare con interesse moltiplicato proprio per il numero di correnti e sottocorrenti, casi singoli e quant'altro, piuttosto che con lo sguardo distaccato o perso di chi non ci si ritrova. E' senza dubbio una conquista del XX secolo questo senso della sottigliezza, della differenza, della distinzione, e questo sguardo da dentro, partecipativo e appassionato, è una delle domande dell'arte, questo strano tipo di intelligenza, vita e comprensione del mondo. Credo che questo libro, proprio perché non ha rinunciato a raccontare e a discutere al proprio interno, sia più che un libro di studio, una visione dall'alto, un panorama, ma sia riuscito ad essere anche una passeggiata nel bosco dell'arte e della propria stessa interpretazione. Un libro, voglio dire, che porge a un potenziale grande pubblico tutto questo insieme, non separatamente il dettaglio per gli specialisti e la grande sintesi per i curiosi. Solo alla fine del secolo scorso, l’Arte recupera un suo forte rapporto con le scienze e la tecnologia, soprattutto con l’arte digitale. Perché mai per tanto tempo nel ‘900 l’Arte – a differenza, ad esempio, del Rinascimento – viaggia, in larga parte, su cursori lontani dal pensiero scientifico? Questo tema non è specificamente trattato nel libro, ma i pochi rimandi che vi si possono trovare forse permettono di rispondere alla domanda. Quando l'arte si accosta alle scienze e alla tecnologia lo fa perlopiù o sacrificando l'arte a causa di una didascalicità che la riduce a esempio, applicazione o, nel migliore dei casi, "sperimentazione" sui generis di quelle, oppure esaltando con ingenuo entusiasmo le novità dell'ultima ora (che in realtà è sempre penultima), come accade in quella che gli autori chiamano "tecnofilia" di buona parte dell'arte digitale più nota al grande pubblico (Bill Viola ne è il campione unanimemente acclamato). Un'altra faccia della risposta che a titolo finale aggiungerei personalmente io a questo punto potrebbe essere l'invito a rovesciare sempre le domande. In questo caso: perché mai il pensiero scientifico da tanto tempo viaggia, in larga parte, su cursori lontani dall'Arte? La risposta a questa domanda è almeno in parte risposta anche all'altra. Valgano, e restino tali, i sottintesi. Foster – Krauss – Bois – Buchloh “Arte dal 1900” Traduzione e cura di Elio Grazioli Pagine 704 con riproduzioni a colori, Euro 64:80 Zanichelli
venerdì, 10 novembre 2006
Masquerade infernale
Il titolo di questa nota è lo stesso d'una personale di Dario Lanzetta digital artist, o videopittore se più vi piace, che svolge un lavoro che molto apprezzo e, non a caso, l’ho invitato a una piccola mostra internettiana che a giorni sarà in linea nella Sezione Nadir di questo sito.
La sua ricerca visiva è molto originale, ispirata com’è all’arte sacra rinascimentale rivisitata in chiave contemporanea. Un attraversamento dei plurali e crudelissimi inferni dei nostri giorni (ma quelli di ieri non furono da meno), che Dario rende con cromatismi incandescenti e tratti sulfurei. Talvolta nei lavori che elabora è protagonista di se stesso, apparendovi quale attore dell’immagine, martoriato e glorificato al tempo stesso. Le opere presentate in questa mostra sono tratte da una serie – realizzata nel triennio 2004 / 2006 – intitolata Sine principio et fine. Un’esposizione da vedere in principio per apprezzare le opere dell’artista, in fine per guardare dentro se stessi. La mostra è a cura di Annalisa Cameli.
Dario Lanzetta “La Masquerade Infernale” Studio Logos Via dei Fienaroli 10, Roma Info: 06 – 58 06 118; studiologos@iname.com Dal martedì al sabato, dalle 17:00 alle 20:00 Fino al 24 Novembre 2006
martedì, 7 novembre 2006
Ghibellini nel Palagio dei Guelfi
Francamente non so se Marco Abbamondi e Attilio Sommella, due giovani artisti di Napoli che agiscono con lo pseudonimo di Abso (acronimo tratto dalle prime due lettere dei loro cognomi), sia possibile definirli ‘Ghibellini’. Forse s’oppongono al potere papale, ma non giurerei che s’ispirino ancora alla casata degli Hohenstaufen che proprio a Napoli conobbe la sua fine con la decapitazione di Corradino di Svevia. Di sicuro so, però, che espongono a Firenze al Palagio dei Guelfi. So anche come la pensano sulle arti visive perché ne raccolsi tempo fa una dichiarazione che qui replico. Fu in occasione di una mostra ischitana – La terra freme, tenuta alla Colombaia, storica residenza estiva di Luchino Visconti – dedicata quest’anno al regista nel centenario della nascita e trentennio della morte. Ascoltateli.
Questa celebrazione viscontiana ci ha offerto lo spunto per esprimere uno degli aspetti del nostro modo di procedere: rappresentare temi e immaginazioni di un tempo con nuove tecniche espressive che rivisitando reinterpretino, che ripercorrendo tracciati storici ne provino dimensioni, sostanze e distanze. Un attraversamento lontano da dolenzìe sentimentali, che avverta la memoria come misura dell’imprevisto, dell’incontro e dello scacco. E della memoria, infatti, accanto alle figure principali che la animano, ci piace lavorare sui suoi scarti, su quegli angoli talvolta remoti e servili (un oggetto indossato da un protagonista, un attrezzo di lavoro, una boiserie) che stanno lì, come comparse in un film, al servizio della grande immagine che senza di loro finirebbe con l’essere meno grande. Tutto ciò rima con quanto affermano nella dichiarazione del progetto espressivo esposto esposto sul loro sito web. E proprio sull’onda del successo di quella mostra ischitana di cui prima dicevo, eccoli nella prestigiosa sede fiorentina Palagio dei Guelfi (e, a seguire, nell’altrettanta prestigiosa sede di Palazzo Coveri) dove verrà ancora ricordato il regista con la mostra itinerante intitolata “Omaggio a Luchino Visconti”. Abso Al Palagio di Parte Guelfa Piazzetta di Parte Guelfa 1 Firenze 9 -15 Novembre 2006 Orario 9/12.30 –15/19.00 “Galleria del Palazzo” Palazzo Coveri, Lungarno Guicciardini 19 Firenze Dal 16 Novembre al 30 Dicembre 2006 Orario 11/13 – 15.30/19.30
Convegno su Althusser
Il filosofo francese Louis Althusser (1918 – 1990) elaborò un’interpretazione del marxismo in polemica con le letture storicistiche. Apriti cielo! Seguirono scontri prossimi al sangue fra i marxisti di mezzo mondo e pure dell’altro mezzo. Ora, a Venezia, sotto il pontificato della Papessa epistemologa Maria Turchetto, si terrà un convegno che farà il punto sugli studi di e su Althusser. Tutte le informazioni le trovate QUI. Ho chiesto a lei di parlarmi del convegno e mi ha risposto via mail dalla laguna. Ecco il testo che ho ricevuto.
Due anni fa il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica finanziò (pochino, ma finanziò: dubito che l'attuale governo farebbe altrettanto) una ricerca interuniversitaria "di rilevante interesse nazionale" sugli studi su Marx. L'unità di ricerca che fa capo all'Università Ca' Foscari di Venezia, e di cui sono responsabile (c'era un altro professore, ma è scappato), ha realizzato l'edizione italiana dell'opera collettiva “Lire le Capital”, frutto dei seminari che Louis Althusser e i suoi allievi tennero presso l'Ecole Normale di Parigi nel 1965. Per valutare quest'opera, che rappresentò una svolta fondamentale nelle interpretazioni di Marx, si terrà a Venezia un convegno internazionale (che dico, megagalattico: la più grande esposizione di althusseriani proveniente da ogni parte del mondo mai realizzata) nei giorni 9, 10 e 11 novembre nella sede del Dipartimento di Studi Storici. Oggi si parla di una "Marx Renaissance" prossima ventura: se volete vederla iniziare dal vivo, se volete toccare con mano dei bei marxisti duri e puri e per di più all'altezza dei tempi, se volete cimentarvi con discorsi veramente astrusi (in tutte le lingue) l'appuntamento è a Venezia. PS: figa poca.
lunedì, 6 novembre 2006
I mestieri della Scienza
Nella scuola italiana, marchiata dal modello gentiliano, le Scienze se la passano male. Segnalai già tempo fa con gioia, quindi, una nuova collana della Zanichelli che si chiama I Mestieri della Scienza in libreria con volumi dal prezzo accessibile, prevalentemente destinata ai più giovani. Prevalentemente, dicevo, perché se è vero che è studiata per orientare scelte di studio illustrandone percorsi e approdi, è articolata su pagina tracciando mappe e chiare spiegazioni sulla sostanza di varie materie scientifiche, sicché anche molti di noi che più giovani non siamo usciamo da quelle letture sapendone molto di più. Curatrice della collana è Lisa Vozza. Con lei ci ho fatto insieme un viaggio spaziale. Volete sapere come andò? Cliccate QUI I primi quattro volumetti usciti in questa collana, sono stati: “Idee per diventare astrofisico” di Margherita Hack; “Idee per diventare matematico”, di Piergiorgio Odifreddi; “Idee per diventare neuroscienziato” di Emilio Bizzi; “Idee per diventare scienziato dei materiali” di Gianfranco Pacchioni, Ora, sono da poco in libreria – un’idea per un regalo utile e non costoso ai nostri ragazzi per le feste non lontane – tre nuovi agili librini che affrontano altre affascinanti possibilità di studio e, perché no, anche un ragionato stimolo per intraprendere una professione. Vi dirò, qui di séguito, anche a chi io regalerò i tre titoli che sto per presentarvi.
Da pochi anni si è concluso il “Progetto genoma umano”, la ricerca che ha cambiato in profondità la medicina e la biologia, ampliandone le conoscenze e aprendo nuove vie alla comprensione e alla cura di malattie incurabili. Ma che cos'è un gene, e a che cosa serve nella costruzione di un essere vivente? A questa e ad altre domande sul tema risponde Edoardo Boncinelli con Idee per diventare genetista. I suoi attuali campi di studio, tutti attinenti allo sviluppo embrionale, vanno dalla primissima determinazione dell'asse corporeo alla strutturazione della corteccia cerebrale. Boncinelli, grande divulgatore, è capace di raccontare con semplicità e chiarezza come la genetica è giunta alla scoperta del Dna e come la biologia molecolare sforni ogni giorno nuove prove a sostegno della teoria dell'evoluzione. Questo titolo lo regalerò a Ratzinger. Proprio un ragazzo non è, ma la lettura gli farà bene. Umberto Guidoni è uno dei pochissimi italiani ad aver viaggiato nello Spazio. La sua esperienza è raccontata in Idee per diventare astronauta, in cui descrive la vita quotidiana all’interno dello Shuttle, gli esperimenti e le prove scientifiche che ha potuto effettuare nella sua avventura. Libro che regalerò all’On.le Bondi, sperando che s’entusiasmi, bambinone com’è, decida d’abbandonare il pianeta Terra e se ne vada nel Cosmo con gioia di alquanti terrestri. Elisabetta Visalberghi è una grande etologa, ha studiato il comportamento di tanti animali, dalle cavallette alle scimmie, e parla della sua pratica scientifica in maniera da rendere comprensibile anche concetti e osservazioni che altri suoi colleghi rendono, invece, ostici alla lettura. Lo fa in Idee per diventare etologo. Il libro lo regalerò all’On.le Gasparri. Il perché lo lascio alla vostra fantasia. Edoardo Boncinelli Idee per diventare genetista Pagine 148, Euro 10:00
Umberto Guidoni Idee per diventare astronauta Pagine 149, Euro 10:00 Elisabetta Visalberghi Idee per diventare etologo Pagine 128, Euro 10:00 Zanichelli
sabato, 4 novembre 2006
Diario dall'Apocalisse
Se la sola Apocalisse accettata dal Canone è uno dei più controversi e difficili da interpretare di tutta la Bibbia, non lo è quell’Apocalisse che fu la guerra in Vietnam. Ultima delle guerre antiche o prima delle moderne che sia, espresse in modo esatto e sulfureo il ritratto dell’uomo occidentale della seconda metà del XX secolo. Finora un solo film è riuscito a interpretare quella guerra, a renderla sulla seta dello schermo come lo fu sulla lavagna della storia: quello di Francis Ford Coppola del 1979. Centocinquanta minuti fra ragione e delirio, pietà e sangue, sogno e orrore. Molti anni fa, a Roma, in un cinema d’essai, fece una fugace apparizione Hearts of Darkness: A Filmaker's Apocalypse, film sul film di Coppola, lo aveva girato sua moglie Eleanor. Molto più di un backstage, tanto che le valse un Emmy Award nel 1992. Ora, per le edizioni Minimum Fax – che stanno producendo libri di alta qualità anche in campo cinematografico, come ho riferito in una nota di tempo fa – è in libreria Diario dall’Apocalisse firmato da Eleanor Coppola. Diario dietro le quinte di un capolavoro, riesce ad avere per l’asciuttezza di segno del racconto, anche un valore letterario autonomo dall’occasione della scrittura. In oltre duecento pagine, seguiamo passo passo le molte avventure e disavventure attraversate nella lavorazione del film. Fu, infatti, una produzione che conobbe molte fasi drammatiche, crisi psicologiche degli interpreti e dello stesso regista, quasi fossero entrati tutti loro in un inferno parallelo a quello che stavano creando sul set. L’autrice racconta tutti quei momenti svelando un’infinità di particolari incredibili, e riesce, pur partecipando affettivamente a una serie di disgrazie, malumori, incidenti, a tenere una lucida distanza da quel che osserva giorno per giorno annotandolo nel suo diario. Questo rende la lettura ancora più appassionante e se non sapessimo com’è andata a finire, cioè nel trionfo che conosciamo, in molte pagine ci sarebbe da scommettere che quel film di cui si parla mai vedrà la fine della lavorazione e tutti saranno trascinati in un fallimento da ricordare a lungo nella storia del cinema. Ma per sapere come e perché tutto andò a buon fine, v’invito a leggere questo libro che è la cronaca di un miracolo, di quelli veri che li fanno solo gli uomini su questa terra e non i santi che svolazzano sulle nuvole. Bella la traduzione, a sei mani: Chiara Briganti, Elisabetta Mancini, Daniela Origlia.
Eleanor Coppola Diario dall’Apocalisse Pagine 252, Euro 13:50 Minimum Fax
venerdì, 3 novembre 2006
Shaman showman
C’è una casa editrice che ha smesso d’essere solo una promessa diventando una delle realtà più raffinate dell’editoria italiana: la Luca Sossella. Date un’occhiata al suo catalogo e mi darete ragione. Con Luca, tempo fa, ho fatto quattro chiacchiere, se volete sentirle cliccate QUI. A esempio di quanto finora detto, ecco una pubblicazione (libro+dvd) su Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994), artista tra i più significativi esponenti del secondo dopoguerra, vicino all’arte povera nella sua componente più concettuale. Ha incentrato il suo lavoro sui rapporti tra scrittura e immagine, sulla catalogazione e la serialità, l’ibridazione tra culture e linguaggi. Ha sviluppato il tema del Doppio (si pensi a Gemelli , fotomontaggio di se stesso che cammina tenendo per mano un altro sé), arrivando a firmarsi nel 1972 come Alighiero e Boetti; ha messo in discussione il ruolo dell’artista affidando la realizzazione di opere da lui ideate a più esecutori. Si è prodotto nella serigrafia, nell’arazzo, ha usato dal filo alla penna a sfera, al bronzo per quel suo lavoro (l’ultimo della sua vita) ch’è un beffardo autoritratto. Il libro è di Annemarie Sauzeau. Il Dvd – Niente da vedere niente da nascondere, con un testo di Stefano Chiodi – è di Emidio Greco. A Luca Sossella, ho chiesto di parlarmi di questa sua pubblicazione. Così mi ha risposto. Il libro “Shaman shoman Alighiero e Boetti” è una testimonianza privata e un'interpretazione critica. II punto di vista della compagna dell'artista nei primi vent'anni di una carriera appassionante ma troppo breve. L'autodefinizione di shaman showman si è rivelata lungimirante come quella "e" che sdoppiando la sua identità lo rese infinitamente multiplo. Il libro si apre con un intervento di Jonathan Monk e si chiude con un’intervista a Boetti di Maurizio Cattelan. Il Dvd “Niente da vedere niente da nascondere” è un film di 60 minuti realizzato nel 1978 (ma sembra girato ieri) mai pubblicato e raramente visto in versione integrale. Con interviste, letture, musica e silenzi, il film – alternando le riprese nelle sale del museo svizzero in occasione della retrospettiva alla Kunsthalle di Basilea che nella primavera del 1978 documentò il percorso di Boetti dagli anni Sessanta in avanti, e nello studio dell'artista a Roma – si snoda del tutto privo di quel compiacimento pedante (o involontariamente comico) che spesso accompagna i ritratti di artista.
Shaman showman Alighiero e Boetti di Annemarie Sauzeau con il Dvd Niente da vedere niente da nascondere di Emidio Greco Pagine 230 e Dvd di un’ora, Euro 20:00 Luca Sossella Editore
Il robot di Natale
Esiste una fotografia di Sebastiano Vassalli, sempre la stessa, che gira sui giornali e sul web, ritrae un uomo baffuto, dall’aspetto severo che, da giurarsi, ha appena smesso di ridere. Mi pare un buon riassunto visivo di uno scrittore che ho letto, la prima volta, e m’affascinò, con “Narcisso” (1968, a quel tempo leggevo parecchio) in una preziosa collana einaudiana di allora, ‘La ricerca letteraria’ si chiamava, e poi, stesso anno, con “Il millennio che muore” e poi ancora con altri suoi titoli (nel frattempo più di uno l’ho perso perché, regredendo, leggo, progressivamente, sempre meno) fino allo stupendo “La morte di Marx” – questo l’ho letto e m’è piaciuto tantissimo – che ho la colpa di non aver recensito e l’ufficio stampa d’Einaudi che me lo inviò parecchi mesi fa, forse me ne vuole ancora. Amo molto le sue pagine in cui la narrativa rimanda alla saggistica, e questa a quella, spiazzandosi reciprocamente. Perciò scrive libri che, pur essendo romanzi, non rientrano in quella categoria giustamente fustigata da Manganelli: Basta che un libro sia un "romanzo" per assumere un connotato losco. Sono romanzi quelli di Vassalli? Sì, certamente, lo sono pure, però così particolari con la loro eco che risuona dalla Storia oppure dalla Cronaca (…che dite va bene la maiuscola per Cronaca?... io dico di sì) da diventare ritratti che, lontani dalla sociologia, dall’antropologia e altre gie, ci aiutano a capire l’inferno in cui viviamo. E lo fanno con “pessimismo ilare e atroce” come scrisse tanti tanti anni fa di lui Guido Davico Bonino. Vassalli è uno che mica risparmia nessuno: da Casanova alla Madonna, da Dino Campana a Virgilio a tanti altri trafitti dai suoi dardi inchiostrati. Lo fa con uno stile di linguaggio che sa molto di voce, di racconto a tu per tu, andrebbe trasmesso integralmente alla radio (se non fosse diretta Radiorai come, purtroppo, è diretta), ci ho lavorato per oltre trent’anni e un po’ di quel mezzo lì me n’intendo. Forse. Per conoscere di Vassalli biografia, bibliografia, i tanti articoli, e saggi critici su di lui, cliccate con fiducia QUI. Se quest’autore non lo avete ancora letto, fatelo, mi ringrazierete. Ora di lui m’è giunto Il robot di Natale - pubblicato da Interlinea - cinque piccoli gioielli di scrittura. Uno inedito, altri pubblicati in varie date sul Corriere della Sera. Sul tema del Natale si svolge una variazione su tema che fornisce il ritratto di una festività, intorno ad essa girandoci e raggirandola, presentando con pietà e crudeltà episodi che in quel giorno si svolgono, dalla famosa Natività ai giorni nostri. Come ad esempio, un uomo trovato, il giorno di Natale (fatto vero, avvenuto in Germania), morto davanti al televisore da cinque anni con le lampadine dell’albero che ancora, con la loro festosa intermittenza, ne illuminavano i resti. Oppure il robot del titolo che, a Natale, dovrebbe regalarci un nemico perché è necessario “un nemico che ogni tanto ci faccia ‘bu’ e ci spaventi […] come possiamo volerci bene tra di noi, se non abbiamo un nemico?”. Concludo con un suo “improvviso”, pubblicato sul Corriere della Sera il 24 giugno ’02, sentite qua. Identità nazionale italiana 2002. Appunti per una antologia: l’inno di Mameli, Sabrina Ferilli nuda, romolo e remolo, forza azzurri, daje di tacco daje di punta, dì qualcosa di sinistra, ‘a froci’, se sono vivo lo devo a Padre Pio, i fendinebbia a ferragosto, mi consenta, quanno ce vo’ ce vo’, che cosa sarà mai questa mafia, al cuore non si comanda, chi non salta Berlusconi è, tutti al mare, tiè tiè e tiè, l’articolo diciotto non si tocca, avesse visto com’ero ridotto, signora mia, tòccati che porta iella, ‘a zozzoni!’, se ne tornassero a casa loro, mi veniva da piangere, m’avete rotto i maroni, via col turbo, ti ringrazio di esistere, la Madonna ci ha fatto la grazia, ‘cornuto’, dovrebbe intervenire il presidente Ciampi, bella ciao, ‘a bona’, che ce ne fanno tutti ’sti arbanesi, dopo l’undici settembre niente è più come prima, resistere resistere resistere, global o non global, Manuela Arcuri nuda, che ci avranno nella testa questi Kamikaze, saranno famosi, trap go home, gliele ha cantate in faccia all’Islam, il nuovo impegno degli intellettuali, un tipo fichissimo, sandali infradito e occhiali neri, il culo del trap,’dottor Scotti!’, un aiutino, Padre Pio gli ha fatto la grazia, centocinquanta cavalli, e vai!.
Si può meglio di così raccontare i nostri poveri giorni? Scrivendo senza scrivere? E scontentando tutti? Credo di no. Sebastiano Vassalli “Il robot di Natale” Pagine 45, Euro 8:00
mercoledì, 1 novembre 2006
I libricconi
E’ in corso a Roma, alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna la mostra Il Libro come opera d’arte:Avanguardie italiane del Novecento nel panorama internazionale a cura di Giorgio Maffei e Maura Picciau. Testi critici degli stessi curatori e di Barbara Cinelli, Sara Guineani, Annalisa Rimmaudo. L’allestimento è di Federico Lardera. Il catalogo: Corraini Editore. In esposizione oltre 100 libri-opera dalle avanguardie storiche del Novecento, dal Cubismo al Futurismo al Surrealismo fino all’Arte Concettuale. Zang Tumb Tumb di Filippo Tommaso Marinetti, Contemplazioni di Arturo Martini, Il libro imbullonato di Fortunato Depero, Jazz di Henri Matisse, il Libro illegibile di Bruno Munari, Il Libro d’oro di Fontana e ancora i Mille fiumi di Alighiero Boetti, Pinxit di Francesco Clemente sono alcuni esempi di libri-opera il cui valore estetico e storico è del tutto paragonabile alle più note creazioni di questi autori e al ruolo innovativo che la loro opera ha svolto nel XX secolo. Per saperne di più su questa mostra per più versi imperdibile, cliccate QUI.
Prendo spunto proprio da Il Libro come opera d’arte per rispondere, in séguito ad una mia nota di tempo fa su queste pagine web, a quesiti e informazioni richiestimi da alcuni lettori e qui li ringrazio per avere inviato quei msg. La dizione “libro d’artista” può, essere interpretata in due diversi modi. Perciò va sottolineata la differenza tra i libri d’artista ad edizioni numerate o illustrati con opere grafiche dell’autore e il libro d’artista come libro-oggetto ch’è assimilabile ad una piccola scultura. Nato con le Avanguardie storiche del Novecento e sviluppatosi con il movimento Fluxus, è un particolare volume concepito non come diffusione di un’opera, ma come opera d’arte in sé. Insomma, non si tratta di un genere editoriale anche perché realizzato in pezzo unico - o in serie limitate a pochissimi esemplari - con vari materiali (legno, ferro, pietra, etc.) e con tecniche miste tra le quali primeggia il collage. Un lavoro, spesso, praticato in modo irriverente e briccone, che vive in quella felice terra di nessuno che si trova nell’intersezione tra letteratura e arti visive di plurali matrici. Ci sono poi lavori che pongono in seducente crisi i confini della catalogazione, come, ad esempio, quelli di Peter Koch (nella foto una sua produzione) – invitato in questi giorni a Roma da Peter Flaccus alla John Cabot University – o “Coazione a contare” di Pio Torricelli (1968, edizioni Lerici, credo ormai introvabile in commercio) e, in epoca più recente, mi piace ricordare “La morte del libro” di Erica Moira Pini dove le pagine, tutte completamente bianche, sono attraversate da tre buchi, come se il libro fosse servito da bersaglio per tre pallottole assassine; è ancora in catalogo nelle AAA Edizioni fondate da due artisti: Vittore Baroni e Piermario Ciani (purtroppo prematuramente scomparso da poco). Ma questi esempi appena segnalati, pur essendo in tirature limitate, sono, come dicevo prima, al confine tra il libro d’artista e il libro-oggetto. Per indicare più propriamente, e strettamente, il libro-oggetto, si pensi, invece, ad alcuni prodotti da Emilio Isgrò, da Marco Gastini, oppure al ‘librosedere’, sagomato da Luca Patella sul fondoschiena di Valeria Marini, a Maurizio Nannucci e al suo “Decouvrir Différentes Directions”, alle fantasie di Loretta Cappanera, e ancora ad Anna Boschi, artista essa stessa nonché curatrice di un maiuscolo archivio che raccoglie opere provenienti sia dall’Europa sia da paesi extraeuropei. Da dodici anni, poi, esiste una rassegna – curata da Vaca: Vari Cervelli Associati – che si chiama “Libri mai mai visti”. Per le opere vincitrici delle varie edizioni, cliccate QUI. Concludo invitandovi a visitare la mostra in corso alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna che è un’occasione unica per documentarsi su di un particolare aspetto proposto dalle arti visive contemporanee. Per i redattori della carta stampata, delle radiotv, del web, c’è l’Ufficio Stampa della Gnam ottimamente guidato da Carla Michelli: 06 - 322 98 328. Il Libro come opera d’arte Viale delle Belle Arti 131,Roma Fino al 19 novembre 2006
La vera storia di Maramao
Dopo un ‘corto’ – “A lei piace il pesce?” – dedicato a Dorothy Parker, l’accoppiata Silvia Veroli e Gianluca Corinaldesi si è cimentata in una nuova produzione cinematografica: No gezz: la vera storia di Maramao. Nella foto un momento del film. Per saperne di più ho chiesto alla sceneggiatrice Silvia Veroli della quale si leggono spesso – ma mai quanto io vorrei – vertiginosi reportages su ‘Alias’, di parlarmi di questa sua nuova impresa. Così ha risposto.
Il maestro Mario Panzeri, autore di canzoni della fronda già inviso al Minculpop (l’ineffabile Ministero della Cultura Popolare) e il suo ensemble di musicisti stralunati, I Fieri Cipigli, devono sottoporre la loro ultima composizione al vaglio del censore-capo Criscuolo. Il confronto non è facile perché Criscuolo è maldisposto e prevenuto, uno dei Fieri Cipigli ubriaco e sempre pericolosamente vicino alla gaffe jazzistico-felina, e Panzeri distratto da un motivetto che gli è entrato in testa e che cerca le parole giuste per uscire… La vicenda si svolge in una dimensione fantascista e ricostruisce liberamente la genesi della canzone del 1939 “Maramao perché sei morto”, davvero interpretata anche dal Trio Lescano e davvero scritta da Mario Panzeri; nonostante l’enorme successo “Maramao” conobbe varie traversie censorie, sorte che toccò a molte altre temibili creature del maestro Panzeri: papaveri, papere, tamburi, fontane… Le letture date dai dirigenti del Ministero della Cultura Popolare ai testi delle canzoncine nonsense si risolvevano spesso in esercizi ermeneutici di perversa creatività, a dimostrazione, oltre che dell’enorme coda di paglia, anche della strepitosa, ancorché involontaria, verve comica dei censori. Costoro, nel Ventennio, amavano prendersela, oltre che con le suddette canzonette surreali, anche con la musica americana, specialmente con il jazz, genere, oltre che forestiero, negro-masso-pluto-giudo-epilettoide. E al gezz, ai papaveri, ai gatti maramao sovversivi e leggiadri, e a tutti i censurati che non si capisce se ci sono o ci fanno, è dedicata questa storia. Ora il gatto Maramao, calzati gli stivali delle sette leghe, pur rispettando le ferree leggi di Propp, s’accinge a percorrere le vie dei Festival. “No gezz – la vera storia di Maramao” Sceneggiatura: Silvia Veroli Regia: Gianluca Corinaldesi
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