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Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.

Serpe in seno


Devo alla divina Barbara Martusciello la conoscenza di un gruppo al femminile che, richiamandosi all’ingrato serpente ricordato da Esopo in una delle sue favole, ha deciso di chiamarsi Serpe in seno.
Quel rettile morse il contadino che l’aveva raccolto nel gelo e riscaldato al proprio petto, ma è da sperare che non altrettanto si propongano di fare con quanti le vogliono bene Susanna Campana, Camilla Falsini, Giovanna Pistone, componenti di un trio che risiede a Roma operando nelle arti visive.
Produzione Serpe in SenoE’ da augurarsi, invece, e mi pare sia nel loro morsicatorio programma, che lo facciano col sistema dell’arte perché, spesso, se riscalda qualche nome è per poi mangiarselo caldo.

Le tre che lanciano dal loro sito web occhiate non si sa se più spaventate o minacciose, spaziano dalla dress art (magliette, spillette) alla grafica (cartoline, locandine), dal fotoromanzo a blasfemi divertissement, all’illustrazione come nel libro di Christian Raimo “La solita storia di animali?” edito da Mup-Minimondi.
Gli esserini cui il velenoso collettivo dà vita sono allegramente mostruosi, figurine piatte che sembrano uscite da una Flatlandia sanguinosa.
Evocano un mondo colorato e crudele, infantile e assassino, che naviga tra virtualità e realtà.


L'occhio del tempo


“Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso l’attimo”, così diceva Henri Cartier-Bresson; in quel possono c’è tanta ragionata prudenza da parte di colui giustamente considerato il padre del fotogiornalismo.
Prudenza che si deve abbandonare di fronte all’opera di Federico Garolla perché della società italiana – dallo spettacolo alla letteratura, dalla moda alle arti visive, dall’enogastronomia alla musica – ha colto personaggi e momenti che ritraggono pagine di storia.
Un’esemplificativa parte del suo lavoro è esposta al Cesac, Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee, presso il Filatoio di Caraglio.

La soubrette Franca Bruschi Verde, Milano, 1954La mostra, con la collaborazione di Isabella Garolla, è a cura di Andrea Busto che così dice in catalogo: Federico Garolla è stato l’occhio attento di un velocissimo cambiamento italiano, quello del secondo Dopoguerra. La sua testimonianza, precisa e attenta, è sempre filtrata dallo sguardo di un raffinatissimo esteta, in cui un malinconico dinamismo e un moderno dandismo, tutto partenopeo e tutt’altro che decadente, ci consegna l’immagine di una “Italia felix” pronta a lasciarsi alle spalle l’amaro ricordo di una guerra disastrosa, di una povertà ancora esistente e di un passato monarchico, sfiancato e polveroso, bisognoso di un futuro repubblicano dinamico e borghesissimo.
I grandi attori di teatro, le starlette della nascente televisione, le modelle non ancora anoressiche, le maggiorate, gli artisti compresi della loro parte, i grandi sarti della nascente alta moda italiana e le umili, semplici persone della vita di città e di campagna, recitano nelle fotografie di Garolla come sul palcoscenico di uno studio di Cinecittà. Eppure Garolla è il primo fotografo di moda che porta gli abiti degli atelier più in voga nelle strade deserte delle prime ore del mattino, nelle periferie urbane non ancora invase dalle automobili, nelle scalinate di una Roma deserta e in cui sostano poveri barboni vestiti come sacchi di stracci. Il suo glamour è quello del confronto costruito per immagini dissonanti, per antitesi estetiche e per classi sociali inequivocabilmente separate. Nulla è lasciato al caso eppure tutto è disinvolto, sofisticatamente casuale eppure perfetto
.

Federico Garolla dispone di un suo sito in Rete, cliccare QUI.

Il catalogo è stampato da Silvana Editoriale.
L’Ufficio Stampa della mostra è guidato da Giuseppe Galimi: giuseppe.galimi@marcovaldo.it

“L'occhio del tempo”
CeSAC Centro Sperimentale Arti Contemporanee
Info: cesac@marcovaldo.it
Il Filatoio - Caraglio (Cn)
Fino al 30 settembre 2007


DigiFestival


Da alcuni anni agisce in Rete il DigiFestival gagliardamente condotto da Federico Panero che così dice della sua creatura: DigiFestival vuole creare su internet un nuovo luogo dove artisti ed appassionati delle più varie discipline artistiche possano confrontarsi, giudicare, essere giudicati e trovare il proprio spazio di espressione, da un capo all’altro del pianeta.
E’ così che mi sono imbarcato in una di quelle sfide… a voi l’aggettivo
.

Federico PaneroMi piace che Panero (nella foto) s’assuma i rischi che ogni sperimentazione comporta presentando anche lavori di disuguale altezza espressiva, lasciando giustamente ai visitatori il giudizio. Si può, infatti, votare per i lavori, ovviamente una sola volta per ogni titolo, e decidere i vincitori delle varie sezioni del Festival.

I prodotti più interessanti mi sono sembrati quelli della videoarte e, a mio tirannico giudizio ne segnalo due.
Il primo è del musicista Ronnie Cramer che (non senza qualche debito verso “La verifica incerta” di Baruchello e Grifi) presenta Cantata in C Major, un’intelligente (e divertente) operazione concettuale.

Il secondo di JD Yezierski è una nuova irriverente visitazione della “Gioconda”, sulle note di Nat King Kole: Mona Lisa.
E gli italiani? Ci sono. Ma francamente non ho dovuto faticare troppo per vincere la tentazione di citarli in nome del patriottismo.


Aimez- vous Schnabel?


Doveva accadere ed è accaduto. Prima nel corso della sua mostra a Roma e adesso che la stessa esposizione è approdata a Milano, Julian Schnabel è stato definito in più di un articolo artista ‘intermediale’. Non è così. Schnabel non usa ibridare i linguaggi, ma ne pratica, con separatezza, più di uno: pittura, fotografia (a lato un suo scatto), cinema; meglio, quindi, sarebbe dire 'plurimediale'.
Definirlo ‘intermediale’ (…oh, il successo stregonesco di questa parola!), non è, quindi, solo sciatto, ma fuorviante.

Foto scattata da SchnabelSchnabel (New York, 1951), all’inizio degli anni ’80 è divenuto esponente di spicco del neo-espressionismo con grandi assemblaggi di materiali di recupero, soprattutto piatti rotti (ignoro se vive una vita familiare felice oppure no), incollati su pannelli di legno. Ha usato anche tanti altri supporti: tele di lino, velluto, pelle, legno, teloni per camion, in opere spesso di grandi dimensioni.
Uso qualunque strumento mi consenta di tradurre i miei impulsi in un’evidenza fisica, così dice del suo lavoro.
Cultore della provocazione e del paradosso, ama definirsi anche un “pittore delle caverne” e allo stesso tempo proporsi quale ‘interior decorator’; “fiero sino alla presunzione”, parafrasando il “Pictor optimus” Giorgio de Chirico, immortala se stesso in tele alla Vélasquez.
Per il cinema, dopo aver diretto, nel 1996, il modesto film “Basqiat” dedicato all’omonimo artista statunitense, è stato regista nel 2000 di “Prima che sia notte”, sullo scrittore cubano Reinaldo Arenas (1943 – 1990) morto suicida a New York, perseguitato dal regime castrista che lo condanna al carcere per omosessualità. Questo film fu presentato con successo al Festival del Cinema di Venezia. La sua più recente fatica – 2007 – è “Lo scafandro e la farfalla” in cui ricorda la figura di Jean-Dominique Bauby, caporedattore di ‘Elle’, che, paralizzato, dettava lettera per lettera, col solo battito della palpebra sinistra, il diario della sua malattia. Pare sia un lavoro bellissimo, non ne posso riferire in prima persona perché non l’ho visto ancora, ma va ricordato che al Festival di Cannes s’è aggiudicato il premio speciale per la regia.

La mostra milanese si articola in una trentina di opere, ed è a cura di Gian Enzo Sperone e Marco Voena.
Per una scheda: QUI.

Ufficio Stampa: Studio Esseci; Tel. + 39 049 663499; info@studioesseci.net

Julian Schnabel
“Paintings 1978 – 2006”
Rotonda di via Besana 12
Milano
Info: +39 02 - 88 46 56 77
Fino al 16 settembre 2007


La città aromatica


Fatta eccezione per due giorni l’anno (quelli del Palio), Siena è una delle città più vivibili in Italia, tanto che sembra di non essere in questo Paese quando ci vai.
Tanti i motivi per recarvisi in vacanza, tra questi anche un Festival che è intitolato La città aromatica e s’avvale della direzione artistica di Mauro Pagani che molti ricorderanno per aver fatto parte della Premiata Fonderia Marconi, ma ha anche molti altri meriti nello scenario musicale non solo italiano.
Logo FestivalIl Festival giunge quest’anno alla sua quinta edizione e unisce musica rock, etnica, jazz e danza.

Dice Mauro Pagani a Cosmotaxi: L’obiettivo di questo Festival è quello di provare a mettere in scena, ogni anno con ingredienti diversi, una piccola magia che racconti il mondo ai Senesi e i Senesi al mondo.
La caratteristica principale della Città Aromatica è quella di produrre e favorire incontri e
esibizioni unici ed esclusivi, che solo in Piazza del Campo e solo quella sera avvengono,
privilegiando ogni volta creatività e originalità
.

Tra gli ospiti, in ordine d’apparizione sul palco: Avion Travel, Francesca Selva, Laiza Pucci, Simona Cieri, Motus, The Vandemars, Ruah, Barbarossastrasse, Le Voci del Vicolo, Lokomotion, Francesco Petreni, Fiorella Mannoia.

Per il programma dettagliato: QUI.

L’Ufficio Stampa è guidato da Sonia Corsi e Natascia Maesi dell’Agenzia Freelance: 0577 – 219228 – 272123; fax 0577 – 247753; sienanews@iol.it

La città aromatica
Siena
Fino al 31 agosto 2007


Meltemi in Second Life


L’Editrice Meltemi è la prima impresa editoriale italiana ad avere una sua sede anche in Second Life dopo avere bandito un concorso (un esplicativo video QUI) per l’ideazione di quella dimora virtuale.
Tempo fa ne ho dato una prima notizia nel corso di un’intervista con Mario Gerosa, autore di Second Life e tra gli ideatori del concorso stesso; per il il suo blog, cliccate su Played in Italy.

Alla direttrice editoriale Luisa Capelli ho chiesto il perché di quella sua scelta.

Sede Meltemi in SLSecond Life è una piattaforma di comunicazione estremamente interessante e innovativa: la libertà d’iniziativa per i soggetti che vi operano e le potenzialità che esprime ci hanno spinto, a non usarla semplicemente come uno strumento in più per raggiungere
persone, ma a farne un luogo di attività della casa editrice. Per questo abbiamo lanciato il concorso per la nostra sede, cercando di catalizzare le tante risorse creative presenti in SL, ma non sufficientemente valorizzate. La qualità dei progetti, lo spirito con cui i concorrenti hanno partecipato e il riscontro positivo ottenuto in SL e in RL, dimostrano che è possibile assecondare e stimolare i processi di convergenza tra media vecchi e nuovi e tra diverse forme e dimensioni dei social network, enfatizzando quelle modalità cooperative, di condivisione e libero scambio delle conoscenze, decisive perché il lavoro di una casa editrice come la nostra abbia ancora qualche prospettiva
.

Il concorso è stato vinto da una coppia di architetti con studio a Roma: Paolo Valente e Spartaco Paris.
Al primo (conduce un interessante blog intitolato Temperatura) ho chiesto: nell’ideare il progetto che vi ha visti vincitori, qual è stata la modalità di linguaggio che vi siete proposti? In altre parole, quale la prima, più importante differenza che passa nell’affrontare un progetto architettonico in RL e uno in SL?

Il linguaggio spesso è un equivoco, preferisco lavorare dando forma a dei contenuti e questo vale sia in RL sia in SL; l'occasione determinata dagli avanzamenti tecnologici e delle conseguenti maggiori interazioni tra le varie istanze del mondo, è uno dei temi principali che riguarda la sfera dell'uomo contemporaneo, anche nella sua estensione in SL.
Creare un luogo è stato il vero obiettivo, e sia in SL sia in RL, è una cosa che può fare solo l'architettura
.

E Olhoblu Ock (sl) che ha collaborato al progetto vincente: Progettare e' sognare, in RL come in SL, dare una forma certa a qualcosa di incerto come la vita con il vantaggio, in SL, che il sogno si condensa nella sua stessa dimensione metafisica ... e sognare diventa capire, progettare immaginare e sentire vivere.


Leggendo leggendo


Ogni mese nascono nuove scuole di scrittura creativa, talvolta dirette da persone delle quali s’ignora se mai hanno ultimato la scuola dell’obbligo; sulla Rete si moltiplicano i siti di editori a pagamento che hanno successo nell’adescare i tanti che si cimentano in versi e in prosa; e questo perché “Molti rispondono all’appello dell’Arte senza essere stati chiamati”, come diceva Longanesi.
Il dato Istat, riportato nei giorni scorsi dalla stampa, è eloquente in una delle cifre prodotte: in Italia escono ogni giorno 171 libri tra i quali, tragedia nella tragedia, ben 41 romanzi.
Un minaccioso fiume d’inchiostro, un vero tzunami letterario che travolge librerie e redazioni.
In questo paese in cui il numero degli scrittori è forse perfino superiore a quello degli evasori fiscali (questi ultimi, però, benedetti dal sacerdote Baget Bozzo e perdonati da ‘Famiglia Cristiana’), è giusto lodare un’iniziativa dell’Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte che ha dato vita al Circolo dei Lettori, il primo circolo italiano esclusivamente dedicato ai lettori e alla lettura a voce alta.
Insomma, finalmente qualcuno che dedica energie a leggere e non a scrivere.
LogoIl Circolo – ben guidato da Antonella Parigi – fra pochi giorni compie un anno e lancia un nuovo cartellone d’avvenimenti che prenderanno il via lunedì 3 settembre.
Tante le iniziative che prendono spunto da testi scritti, libri editi.
Per citarne solo alcune fra le più vicine in calendario:

- uno spettacolo di Daniele Biachessi e Gaetano Liguori sulla storia di Peppino Impastato ucciso dalla mafia a Cinisi nel 1978;

- un intervento di Andrea Purgatori che ripercorre 30 anni di scandali che hanno attraversato la storia dell’America, dal Watergate al reportage sui preti pedofili, dall’inchiesta su persone usate come cavie, all’utilizzo di ammoniaca nelle fabbriche di tabacco per aumentare la dipendenza da fumo;

- aprirà il ciclo “Dialoghi scomodi” Gherardo Colombo commentando il libro di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza “La morte del magistrato ucciso della mafia. Cosa conteneva l’agenda rossa di Paolo Borsellino” su gli ultimi 56 giorni del giudice nel racconto di familiari, colleghi, investigatori e pentiti;

- la lettura commentata dal docente di Filosofia della Scienza Telmo Pievani dei “Taccuini giovanili di Charles Darwin”. Mai tradotti prima in italiano, presentano un Darwin assolutamente inedito, lontano dalle prudenze e dalle ritrosie della maturità.

L’Ufficio Stampa è curato da Roberta Canevari e Valeria Cardone dell’Agenzia Stilema: tel 011 – 53 00 66; fax 011 – 53 44 09

Il Circolo dei Lettori
Via Bogino 9, 10123 Torino
Tel. 011 – 43 26 820 e 011 – 43 26 821
e-mail: info@circololettori.it
Nuova stagione dal 3 settembre 2007


Ballando ballando


Tempo d’estate, tempo di Festival. Molti quelli dedicati alla musica folk, mentre è in arrivo (25 agosto) una grande conclusione della celebrazione del decennale della Notte della Taranta.
Se è vero che alcune di queste rassegne canore e danzanti sono degne d’attenzione, è pur vero che molte sono nate in modo culturalmente sciatto, ad uso turistico, e a maggior gloria di qualche assessore più interessato ai propri destini elettorali che non alla filologia delle manifestazioni.

Di recente, Serena Ciofi si è laureata in Lettere Moderne presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ Università della Calabria con una tesi intitolata Folk festival e nuovi revival. La spettacolarizzazione della tradizione in Calabria e l'input è scaturito proprio dall'osservazione delle sempre più frequenti manifestazioni legate al fenomeno della musica e della danza tradizionale, specialmente nel Sud Italia.
In quella ottima tesi si parla di "neotarantismo", di molti altri fenomeni della "messa in scena della tradizione", della danza e della musica tradizionale che, appartenendo per loro natura già all'àmbito della performance, vengono analizzati da un punto di vista antropologico come veicolo di nuovi messaggi, come forma di nuova comunicazione rispetto al passato.
Ecco perché è il tipo adatto per rispondere sul tema proposto oggi da Cosmotaxi.
A Serena Ciofi, infatti, ho chiesto: qual è, in un serio disegno culturale ed espressivo, la prima cosa da fare e la prima da evitare nel progettare un Folk Festival.

La tendenza spesso frequente che riscontro in chi fruisce e in chi organizza è quella di una forte generalizzazione del prodotto che si vende, perché, sia ben chiaro, anche la “tradizione” messa su un palco diventa spettacolo e quindi merce.
La cosa da evitare, quindi, è appiattire le peculiarità del luogo dove si svolge il festival a favore delle leggi di mercato; ricordare che, come il dialetto, anche la musica varia da luogo a luogo.
Cosa da fare: tenere conto delle diversità locali e puntare su quelle per una promozione non solo dell’evento “festival” ma soprattutto del territorio che lo ospita, valorizzando la cultura autoctona. Purtroppo costa più fatica agli organizzatori dei folk festival riscoprire l’identità locale che introdurre il pacchetto di corsi e concerti di “tarantapizzicammurriata”, che fanno capo solo ad un’accozzaglia di elementi di più culture tradizionali. In quel caso, c’è il forte rischio d’inventare una tradizione che non è mai esistita contravvenendo ad un’urgenza prioritaria: salvaguardare il genius loci. Se ci si trova davanti ad un territorio che ha perso la propria musica e la propria danza tradizionale, è meglio organizzare un concerto di musica elettronica che non uno di musica tradizionale mai esistita
.


Corpo/Reo


A San Felice del Benaco dal 24 agosto: Corpo / Reo, mostra di Grafica d'Arte e Video promossa dal Comune in collaborazione con il Gruppo Culturale De Portesio e il Cineforum Feliciano.

L’esposizione è a cura di Alberto Balletti che così la presenta: La relazione storica dei linguaggi artistici con le tecniche di riproduzione di multipli, dai caratteri mobili all’analogico, dalla banda magnetica al dvd, rientra nell’impulso espressivo che le tecnologie hanno sempre apportato alla semantica artistica, libera scelta degli strumenti che l’artista individua e fa suoi, e, spesso non dichiarandolo, affronta il doppio problema della tradizione e della contemporaneità. Sia quando si schiera per l’una come per l’altra.
Corpo/Reo propone, proprio nell’eterogeneità degli artisti invitati, una possibile apertura, un’indicazione di percorso: partendo dagli incisori che propugnano la tradizione delle tecniche delle stamperie, attraverso i fotografi e l’arte interattiva, fino al video digitale
.

Tra i motivi che rendono meritevole d’attenzione questa mostra, la presentazione di quattro performances video rimasterizzate del grande Guglielmo Achille Cavellini (1914 - 1990), uno dei più interessanti artisti italiani della seconda metà del secolo scorso; uno di quei casi di cui dovrebbero sentirsi in colpa i tanti che ancora non si occupano di lui sottraendogli lo spazio storico che merita.
Saranno presenti anche produzioni video che provengono dalle Accademie di Belle Arti di Foggia, Milano, Perugia, e dal Centro Sperimentale di Cinematografia - Scuola Nazionale di Cinema (Sezione Piemonte).
Noto con piacere fra i partecipanti un giovane artista che ho ospitato su questo sito e sul cui futuro mi sento di scommettere: Dario Lanzetta.

Per un’esposizione dettagliata degli interventi, cliccare QUI.

“Corpo/Reo”
Fondazione Cominelli
via Santabona 9
San Felice del Benaco (Brescia)
dalle 17.00 alle 22.00, no lunedì
Info: 0365 - 55 86 11
Dal 24-8 al 16-9


Madri che uccidono


“Così come noi la concepiamo, la vita di famiglia non è più naturale di quanto lo sia una gabbia per un pappagallo”, così scriveva G. B. Shaw.
Come accade talvolta nelle gabbie, scorre anche il sangue.
Madri che uccidono, mandato in libreria da Newton Compton, è un importante studio di Vincenzo Mastronardi e Matteo Villanova che riflette, con ampia documentazione storica e scientifica, sui casi di 304 madri le quali, in vari paesi del mondo, dal 1630 ad oggi, hanno ucciso i propri figli.
Il volume, corredato da un’imponente bibliografia e sitografia, s’avvale di ampi capitoli introduttivi che osservano il fenomeno del figlicidio nella mitologia e nel mondo animale.
Le coordinate terapeutico-preventive saranno oggetto di una prossima pubblicazione già in corso di stesura.

Vincenzo Mastronardi, così mi ha parlato del suo lavoro.

L’attività di psichiatra e psicoterapeuta, mi ha sempre messo a confronto con le sofferenze più strazianti dell’essere umano libero, detenuto o schiavo di se stesso. Pur se partecipativo con tutti i miei pazienti ho sempre avvertito indispensabile riuscire a mantenere una giusta distanza emozionale per evitare di coinvolgermi a tal punto da non riuscire a restare lucido nell’individuazione di strategie proprie della mia impostazione psicoterapeutica umanistico-esistenziale e cognitivo-comportamentale.
Le tragedie del tossicodipendente, il dramma dell’alcolista, le sofferenze del depresso, il disagio del fobico proprio grazie alle mie sovrastrutture terapeutiche ben difficilmente hanno determinato in me una tale sensibilizzazione emozionale da restare totalmente annichilito con lenta mia possibilità di ripresa.
Viceversa in presenza delle madri figlicide da me visitate, sono rimasto palesemente contrito. Ho toccato molto da vicino non soltanto la più profonda sofferenza per aver soppresso una porzione di se stesse ma soprattutto per aver soppresso un piccolo essere umano privo di ogni capacità di difesa.
I loro racconti. le loro sofferenze relative a quanto commesso, il loro costante ritornare col proprio pensiero a quel visino che non sorride più per colpa loro e alle singole azioni del gesto commesso quel giorno, rivivendolo con disperazione e aggiungendo a se stesse: “Ah se potessi tornare indietro a soli pochi secondi prima”, sarebbero esperienze toccanti anche per gli psicoterapeuti più razionali.
Tutto ciò non poteva esimermi dal condurre le più accurate ricerche per tentare un approccio preventivo su alcune madri figlicide in terapia con la mia persona, alcune ancora ricoverate presso l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Castiglione delle Stiviere e altre da me affrontate terapeuticamente prima che commettessero il fatto.
L’individuazione dei fattori di rischio minimo, medio, alto e massimo, rappresenta un prezioso monitoraggio tuttora in fase di sistematizzazione operativa di ricerca, in grado di intervenire non soltanto con le madri sofferenti di una qualche infermità di mente, bensì anche con le madri soltanto immature o semplicemente confuse nella conquista del proprio senso di maternalità
.

Per una scheda sul libro e le biografie degli autori: QUI

Vincenzo Mastronardi – Matteo Villanova
“Madri che uccidono”
Pagine 309; Euro 14,90
Newton Compton


Calendario


Con la nota che segue le pubblicazioni di Cosmotaxi sono sospese.
Riprenderanno lunedì 20 agosto


Il rosso e il blu


Nella “Storia dei colori” così scrive Manlio Brusatin: Lo scrigno dei colori è un piccolo universo delle apparenze dove la fisica moderna di Newton ha costruito con la luce del sole le sue certezze, dove ugualmente Goethe ha costruito una storia nel suo libro “La teoria dei colori”, per rendere più oggettivo un principio universale che egli cercava quasi con furore: l’imprevedibile della natura e la naturale semplicità delle arti, quella di saper guardare, sentire, accanto al principio della qualità […] Che cosa la scienza ha suggerito all’universo dei colori? Ne ha fissato le tinte fondamentali (sette) che apparivano nei fenomeni naturali (l’iride) ricomponendole nell’unico colore non positivo della mescolanza: il bianco; e ridurre poi i colori fondamentali da sette a tre (giallo, rosso, blu) dai quali nascono tutti gli altri, ma soltanto due sono forse quelli insostituibili: il rosso e il blu.

Attilio Sommella: Predominanza estetixa, 2007Sembra ispirata precisamente a questo brano la mostra, promossa dall’Associazione “Ischia Prospettiva Arte” guidata da Ciro Prota, intitolata I colori del rosso e del blu.
L’esposizione fa parte della terza edizione della rassegna d’arte contemporanea “Colori, Luci e musica” organizzata dall’Associazione prima citata, col patrocinio del Comune di Ischia, la collaborazione della Galleria del Palazzo/Palazzo Coveri e le Officine Abso di Napoli.
Partecipano gli artisti – già ospitati dalle Officine Abso in un’anteprima della mostra ischitana – Giovanni Abbamondi, il duo Abso (Marco Abbamondi ed Attilio Sommella), Enrico Bacci, Valentina Balsamo, Daniela Billi, Giuseppe Ciccia, Antonio Conte, Mara Corfini, Ciro Palombo, Alfredo Pini.

L’immagine in foto è di Attilio Sommella.

Per maggiori informazioni: Associazione Culturale “Ischia Prospettiva Arte”, Via Miguel de Cervantes, 55/27 - 80133 Napoli; tel. 081/4971300 - fax 081/551349; e-mail: ischiaprospettivaarte@jumpy.it

“I colori del rosso e del blu”
Galleria “Spazio Arte 2”
Corso V. Colonna 76, Ischia
orari: 20:30 – 23:00
Fino al 30 agosto 2007


Sotto l'ombrellone


E’ capitato anche a me.
Una radio privata mi ha chiesto quale fosse il libro che consiglio per l’estate.
Ne ho suggerito uno uscito l’inverno scorso che ha riscaldato allora molti cuori e poi molte edizioni, siamo arrivati, infatti, se non sbaglio il conto, alla sesta.
CopertinaIl volume è "Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici) " edito da Longanesi.
Un libro straordinario che dimostra con serrata logica le contraddizioni e le assurdità contenute nel minaccioso Antico Testamento e anche nei Vangeli che in quanto a terribilità scherzano poco.
L’autore del volume è Piergiorgio Odifreddi che tempo fa ebbi a compagno di viaggio in un volo spaziale.
Il libro nell’essere una disamina critica (corredata da un imponente apparato di note) dei testi sacri, s’avvale di una scrittura chiara, veloce, birichina, con frequenti spunti umoristici così com’è abitudine di Odifreddi in molti dei suoi lavori sicché la lettura scorre rapida informando e divertendo.
Per avere una panoramica sui suoi libri, articoli, interviste: CLIC.

Circa Perché non possiamo essere cristiani, per una scheda sul libro: QUI.
Interessante anche un’intervista radiofonica rilasciata dall'autore a Massimo Villa.

Concludo questa nota con le due righe che concludono il libro:

Benedicat vos omnipotens Logos: Pater Pythagoras,
Filius Archimedes, et Spiritus Sanctus Newtonius

Piergiorgio Odifreddi
“Perché non possiamo essere cristiani”
Pagine 266; Euro 14:00
Longanesi


La corona di Montezuma


Chi legge queste pagine quotidiane, sa che talvolta mi piace segnalare autrici e autori meno noti al grande pubblico, ma non per questo di minore valore artistico.
Oggi è la volta della filmmaker Ebe Giovannini.
Antropologa, lavora sia come autrice e sia come montatrice freelance per la Rai, per Mediaset, ed è spesso presente in Festival italiani e stranieri con suoi lavori.
Ricordo, ad esempio, Balam na Kampocolchè: l'ultima casta? (firmato con Matteo Antonelli), 2005; Via Clodia, strada sacra etrusca, 2006. Ci sarà di sicuro dell’altro ma, essendo la sua bio frammentata sul web, probabilmente qui manca qualche titolo; ben le sta, così si decide a mettere su un proprio sito in Rete.
Il suo più recente lavoro è intitolato La corona di Montezuma; nell’immagine un fotogramma tratto dal film.
Film girato - con Paola Sposi - durante una marcia di protesta svoltasi a Vienna perché nel Museo Etnologico di quella città si trova il diadema di piume e oro rapinato agli atzechi dagli spagnoli secoli fa e poi, di ricettazione in ricettazione fra governi, finito in mani austriache.
Il protagonista è un atzeco, e ascoltandolo si capisce che con i suoi studi è andato ben oltre la scuola dell’obbligo. Traccia, infatti, alternata a vivaci sequenze di un’acrobatica danza tradizionale, un parallelo – a tratti, praticamente in versi – fra la loro cultura e quella occidentale.
Noi europei ne usciamo a pezzi. Giustamente.
Ma se è vero, ed è verissimo, che gli invasori guidati nel 1521 da Fernando Cortés erano sanguinari grassatori (tutti cristianissimi, ça va sans dire), è pur vero che (questo lo dico io, non il film della Giovannini, quindi, chi non è d'accordo se la prenda con me e risparmi la regista) neppure Montezuma era un tipo dolce e simpatico.
Acqua cheta fino all’incoronazione, diventò presto un despota, viveva con mogli e concubine in un lusso sfrenato, incrementò il numero dei riti con sacrifici umani, e, come accade in ogni paese, quando gli capitavano a tiro i nemici se li faceva in fricassea. Inoltre, ha non poche responsabilità nella strage patita dal suo popolo, perché, essendo superstiziosissimo, scambiò, da autentico re bamba, quei criminali guidati da Cortés per emissari di un dio poiché alcune pratiche magiche gliene avevano profetizzato l’arrivo. Fu, quindi, con gli spagnoli remissivo fino al servilismo facendoli entrare con tutti gli onori nel proprio territorio… il resto è tragicamente noto.
Circa la crudeltà degli atzechi, tengo a precisare che non va rintracciata negli scritti dei “conquistadores” i quali esagerarono le atrocità viste per giustificare le proprie, meglio fidarsi di qualche pagina di Arnold Toynbee in “Guerra e civilizzazione” laddove rifulge l’aforisma: “La civiltà è un movimento, non una condizione; un viaggio, e non un porto”.

Il documentario (a proposito, l’inizio è imperdibile e di rara efficacia) di Ebe Giovannini, evitando la trappola dell’intervista nella quale sarebbero caduti in molti, è girato e, soprattutto, montato con sapiente semplicità.

Per vedere “La corona di Montezuma”, cliccare sul sito dell’ottima Marte Web Tv, cioè: QUI.


L'Aria delle Cinque Terre


Corniglia, Manarola, Monterosso, Riomaggiore, Vernazza, fanno parte del Parco Nazionale e Area Marina protetta delle Cinque Terre, 12 splendidi chilometri di costa dell'estremo Levante Ligure.
Lara QuagliaIn questo territorio giunge al traguardo la terza e ultima tappa di Aria Festival internazionale di spettacolo per luoghi pubblici partito a maggio da Sestri Levante con l’Andersen Festival, proseguito a luglio sull’isola Palmaria.
Aria agirà in quelle cinque località marinari liguri con spettacoli e performances “site specific” per spazi aperti.
Strade, piazze, parchi, stazioni ferroviarie, boschi, edifici pubblici, spiagge assumeranno la funzione di luoghi d’incontro e socializzazione, da vivere e sperimentare collettivamente con interventi di narrazioni, installazioni e “landscape art”.

Il progetto “Aria” è di Artificio23.

Per il programma, cliccate QUI.

Ufficio Stampa: Claudia Franco: claudia@ariafestival.it; 347 – 06 10 137

“Aria Festival alle Cinque Terre”
Dal 9 al 12 agosto
Per informazioni: 0187 – 257213; info@artificio23.it


Vittore, l'Arco e Paolina


E’ in corso presso la sede museale di Villa Paolina a Viareggio “Contemporaneo Versiliese”, mostra multimediale promossa dall’Associazione Bau in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Viareggio.
L’iniziativa è curata da Marco Maffei – Laura Mare – Antonella Serafini .
Tra gli artisti espositori (per i nomi e le loro biografie, notizie sul link precedente), c’è Vittore Baroni che così dice dei suoi due lavori in mostra.

Arco della Mail ArtA Villa Paolina torno ad esporre ad oltre vent’anni dalla rassegna di poesia visiva ‘Parola fra Spazio Suono: Situazione Italiana 1984’, curata da Luciano Caruso, Arrigo Lora Totino e Adriano Spatola, una delle rare incursioni nell’arte contemporanea di spazi istituzionali viareggini (in cui tra l’altro figuravo, mi pare, come unico rappresentante versiliese). Per ‘Contemporaneo Versiliese’ propongo due lavori riassuntivi ed esplicativi del mio interesse per il network della corrispondenza creativa. Nel piccolo e delizioso boudoir al primo piano della villa, che a me ricorda tanto una cameretta per bambini, ho sistemato i miei due giocattoli, appositamente realizzati.
‘L’Arco della Mail Art’ (cm.135 x 43 x 240) celebra trent’anni (1977-2007) di attività nei circuiti dell’arte postale: alcune fragili scatole di cartone disposte ad arco ospitano miei cimeli postali di diverse epoche, “energizzati” dalle fantasmatiche memorie di strati di vecchia corrispondenza (buste e lettere), di cui sono foderati i contenitori e di cui è interamente ricoperto il pavimento.
La mail art come processo di scambio aperto, gratuito ed orizzontale è poi esemplificata nel progetto ‘Ciao, Paolina!’ (cm.120 x 60 x 235), una colonna di cartone, anch’essa ricoperta di buste, illustrata con i tributi di oltre ottanta artisti postali internazionali alla celebre statua del Canova che ritrae Paolina Bonaparte nei panni di Venere. Un lavoro al tempo stesso individuale e collettivo, omaggio alla sorella minore prediletta di Napoleone, donna bellissima e leggendaria per la vita capricciosa e la grande leggerezza sessuale, combinazione di frivola raffinatezza e arguta emancipazione femminile. Un autoironico “arco di trionfo” e un’altrettanto ludica colonna-fallo-obelisco per ricordare che “l’arte oggi, se non è un gioco che realizziamo tutti assieme, non è nulla”
.

“Contemporaneo Versiliese”
Villa Paolina, Via Machiavelli 2
Viareggio
Info: Tel: (039) 0584 – 94 45 46; info@bauprogetto.it
Fino al 31 agosto


Vite smarrite


Pochi giorni fa, su queste pagine ho parlato di un pessimo testo che rivisita gli anni Settanta in Italia e le sue tensioni politiche.
Oggi, vi parlerò di un ottimo libro che riflette su quegli stessi anni sporgendosi anche sui primi Ottanta: Destra estrema e criminale edito da Newton Compton.
Ne sono autori due giornalisti: Mario Caprara e Gianluca Semprini; il primo è redattore a Radio Capital, il secondo a Sky Tg 24, ha pubblicato “La strage di Bologna e il terrorista sconosciuto: il caso Ciavardini” (Bietti, 2003).
CopertinaDestra estrema e criminale - attraverso un’abbondante e rigorosa documentazione – traccia i ritratti di 17 personaggi di prima fila del terrorismo nero, ma dietro questi protagonisti, gli autori hanno la capacità di far intravedere al lettore la piccola folla di vite smarrite nella storia di quegli anni insanguinati perché dietro le parole delle interviste di oggi e delle dichiarazioni di ieri proiettano sullo schermo della cronaca il film di tanti e tanti gregari, che hanno avuto piccoli ruoli in quel grande dramma; dalle pagine del volume apprendiamo, infatti, che i fiancheggiatori furono migliaia, solo a Roma tre-quattrocento.
Un elogio merita anche la qualità della scrittura che nel ricostruire scene drammatiche di violenze, spari, fughe, asseconda i ritmi del narrato, così come sosta riflessiva durante le interviste e le ipotesi su qualche arcano.
Visto il tema, era facile fare un libro costruito attraverso l’indignazione, Caprara e Semprini hanno scelto la via meno facile: chiedersi il perché e il come di certe scelte estreme non soltanto indagando sulle motivazioni politiche ma guardando anche ai territori esistenziali dei vari personaggi. Perciò sono riusciti a fare molto di più di un documento giornalistico, ma un vero e proprio libro di storia.
A Mario Caprara e Gianluca Semprini ho rivolto qualche domanda.
Li sentirete rispondere con una voce sola. Prodigi della tecnologia di bordo di Cosmotaxi.

Qual è la differenza che tracciate fra un terrorista di destra e uno di sinistra?

Fra gli anni Settanta e Ottanta i terrorismi di destra e di sinistra sono mondi assai diversi. Movimenti distinti per strategia politica e rivoluzionaria, organizzazione ed obiettivi, personalità e provenienza sociale. I rossi si formano in fabbrica, sono un’avanguardia estremista dentro la classe operaia. I neri preferiscono sparare che dare volantini e ogni loro azione appare slegata dalle altre.
Sul piano personale e psicologico, le Br nascono dentro una speranza, quella di esprimere e risolvere i bisogni della sinistra in fabbrica. I Nar invece sono una banda politico-criminale i cui elementi, tutti giovanissimi, anche sotto i venti anni, decidono il loro destino armato dopo i primi scontri a scuola o nelle strade. Il nero è un borghese ribelle che rifiuta il sistema e ne resta fuori come un “guerriero senza sonno”, spinto verso la lotta armata con lo spirito del “cavaliere senza macchia e senza paura”. Quella neofascista non è la rivoluzione di una classe sociale sottomessa al capitale, ma la rivalsa del singolo deluso ed arrabbiato che vuole una rivincita dalla storia
.

Quali le fonti culturali che più hanno influenzato i terroristi di destra?

C’è chi ha trovato la propria vocazione politica di estrema destra nella lettura di “Al di là del bene e del male” di Nietzsche, come Franco Freda. Fra i giovani neofascisti circolava il testo dello stesso ideologo padovano “La disintegrazione del sistema”. Ad influenzare la destra armata anche “Il mito della creazione e la spiritualità della razza ariana”, di Luigi Valli, o gli scritti di Julius Evola o di Ernst Junger. Si sognava il mondo epico e guerriero di Tolkien. Circolavano ciclostilati clandestini sulle formazioni terroristiche dell’Ira irlandese e scritti su Bobby Sands e altri partigiani.

Ritenete possibile una ripresa del terrorismo di destra? Se sì, oppure no, perché?

Nonostante i recenti pestaggi a Roma e altrove fra fascisti di Forza Nuova e comunisti dei centri sociali, oggi appare difficile il riaffermarsi di un terrorismo di destra. Tanto meno golpistico. Non si muore più fuori di una sezione di partito, per fortuna, come invece accadeva alla fine degli anni Settanta. Quella violenza estrema espressa dalla destra sembra finita. Oggi abbiamo più possibilità di esprimerci, di farci sentire. E meno motivazioni per impugnare un’arma.

Per una scheda sul libro: QUI.

Mario Caprara – Gianluca Semprini
“Destra estrema e criminale”
Pagine 382; Euro 14:90
Newton Compton


L'altra metà della terra


Bibbia, dall’edizione ufficiale della Cei: “Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge”.
1 - Corinzi 14,34

Dal Corano: “Gli uomini sono preposti alle donne, perché Dio ha prescelto alcuni esseri sugli altri… quanto a quelle di cui temete atti di disobbedienza, ammonitele, poi lasciatele sole nei loro letti, poi battetele”.
Versetto 34, IV Sura

Roba da internamento psichiatrico obbligatorio, in sigla Tso? Già, ma milioni e milioni di umani (donne comprese) credono – probabilmente ignorando i testi – in religioni che tali brutalità predicano. I risultati li sappiamo.
Per fortuna, non così la pensa l’indiano Amartya Sen, premio Nobel per l’economia nel 1998 che dice: “Accrescere le opportunità delle donne non significa soltanto aumentare la loro libertà e il loro benessere, ma ha effetti sulla vita di tutti”.
Sulla condizione delle donne nel mondo, riflette una pubblicazione voluta dalla Regione Toscana guidata da Claudio Martini; inchiesta affidata a Progetti Nuovi, Agenzia diretta da una grande specialista italiana in comunicazione: Annamaria Testa.
La condizione delle donne: fatti e cifre – librino, graficamente impostato in modo eccellente da Paolo Rossetti –, attraverso flash enciclopedici, estratti dalla stampa, grafici e dati, illustra qual è oggi la situazione femminile in paesi europei ed extra europei.
Lo fa seguendo un tracciato che si snoda attraverso capitoli che partendo dai perché di una discriminazione, tocca temi quali salute, violenza, istruzione, lavoro, diritti e rappresentanza.
Ne viene fuori una mappa della disuguaglianza visivamente riprodotta in cartogrammi a colori che ridimensionano le regioni del pianeta in proporzione alla distribuzione e all’intensità del fenomeno osservato; ad esempio: mortalità in gravidanza, differenze di presenza scolastica fra i due sessi, guadagni in dollari delle donne, etc.
Nelle classifiche, ho notato che l’Italia occupa spesso posizioni poco prestigiose. Un solo esempio: in quanto a discriminazione di genere (calcolata su remunerazione, accesso al lavoro, rappresentanza politica), siamo al 77° posto, superando d’un soffio il Cile e immediatamente preceduti da Kenya, Honduras, Messico, Zimbabwe.
Aggiornato a giugno 2007, lo studio – utilissimo a chi lavora nelle redazioni della carta stampata, delle radiotv, del web o sta scrivendo tesi di laurea sul tema della presenza delle donne nella società contemporanea – può essere scaricato gratuitamente nella sua versione integrale cliccando QUI.

Ad Annamaria Testa ho chiesto: dalla ricerca emergono molte cifre. Fra questa vorrei sapere quale ti ha allarmata di più e quale, invece, è stata per te motivo di conforto.

Il dato più spaventoso: oltre 200 milioni di donne demograficamente scomparse per aborto selettivo, infanticidio, abbandono, denutrizione... il fenomeno non accenna a smettere ma anzi, specie in certi paesi dell'estremo oriente (Cina, India) appare in crescita. Un altro dato globale spaventoso riguarda la violenza contro le donne: subisce qualche forma di violenza (dalla vessazione allo stupro) nel corso della propria vita una donna su tre.
Tutti i dati relativi ai risultati che si ottengono e si possono ottenere grazie a una migliore istruzione sono davvero confortanti: dalla correlazione tra aumento dell'alfabetizzazione femminile e aumento della speranza di vita e del pil alla eccellente qualità dei risultati scolastici femminili nei paesi sviluppati e in Italia: brave ragazze!

Le brave ragazze, si sa, vanno in paradiso, ma Annamaria Testa, dappertutto.


Attenti a quei due!


Non sazio dei danni procurati alla Sinistra, l’ingordo Toni Negri alle sue responsabilità ora ha aggiunto una colpa, anzi Settanta.
Tal è, infatti, il titolo di un lavoro teatrale scritto con Raffaella Battaglini. Mi dispiace che la Battaglini si sia lasciata coinvolgere in questa scrittura perché ha dato di sé non solo migliori prove (qui non sarebbe un complimento perché ci vuol poco), ma proprio buone cose. Annegata nell’inchiostro di Negri? Vittima di una overdose di melanzane alla parmigiana? Chissà…
Che barba!Il testo, soporifero più di un’ingoiata di Roipnol, pratica un linguaggio che riporta il lettore (il lavoro non è ancora andato in scena e non invidio interpreti, regista e spettatori il giorno in cui ciò avvenisse) alla cupezza di quei discorsi che ammorbarono l’aria degli anni ’70 con le conseguenze che sappiamo e che ancora a sinistra stiamo pagando.
Per fortuna quegli anni furono anche altro da ciò che gli autori propinano, ci fu un gioioso rinnovamento nel costume e nei linguaggi artistici. Tanto per restare in Italia, Il teatro vedeva la maturità di Carmelo Bene e il sorgere di nuovi segni scenici con Il Carrozzone e la Gaja Scienza; Pazienza e Tamburini nel fumetto; la new wave espressa dai gruppi rock prodotti dall’Italian Records, Harpo’s, Stile Libero; l’Olivetti, nel ’75, presenta il P6060 primo personal al mondo con floppy disk incorporato… a proposito, se volete leggere qualcosa d’intelligente, e autenticamente controcorrente, sulle nuove frontiere culturali e le loro più vicine origini, vi consiglio vivacemente di Franco Bolelli Cartesio non balla.
Tutto quel rinnovamento non sfiora, però, i tetri e logorroici protagonisti di Settanta.
Per avere un assaggio di come parlano, cliccate QUI.
Eppure, se avete letto il brano proposto dall’Editrice avete visto il meno peggio, figuratevi il resto! Roba che neppure la bic stalinista di Bertold Brecht riuscì ad annoiare tanto.
Aldilà del contenuto del dramma firmato da Battaglini e Negri, quello che sconcerta è il linguaggio teatrale usato. Di un ritardo che definire imbarazzante è poco; mentre in Italia i Motus, o fuori dei nostri confini la Fura dels Bauls (giusto per fare due soli esempi, ma la lista è lunga), propongono un nuovo modo di concepire la scena, qui i due protagonisti se la smenano parlandoparlandoparlando con grigie frasi assembleari, cito dal testo: “il totale asservimento al potere”…” non capivo il rapporto tra spontaneità e organizzazione o tra movimento e rappresentanza”… “le facce del potere clerico-fascista al servizio della chiesa e della banca”… “spezzare l’obbedienza dei subordinati e l’inerzia degli intellettuali”… “spostare i giochi su un altro terreno irraggiungibile dal potere”.
E pensare che sono pure ex amanti, e qui e lì ammiccano pure, che malinconia!
Ecco in scena due personaggi, classica coppia tristanzuola che al solo loro apparire cala un velo di mestizia su mense e letti, angiporti e campielli, lunapark e bar; roba che se hai avuto la sfortuna d’averli in casa, ti dai a droghe pesanti riscuotendo la comprensione di molti.

Raffaella Battaglini – Toni Negri
“Settanta”
Pagine 127; Euro 12:00
Derive Approdi


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