Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.
mercoledì, 29 aprile 2009
La mucca di Schrodinger
Il fisico e matematico austriaco Erwin Schrödinger (Vienna, 1887 – Vienna, 1961), premio Nobel nel 1933, mai ha posseduto una mucca, il suo nome è piuttosto ricordato per un felino domestico a proposito del famoso paradosso del gatto. E’ accaduto, però, che su Facebook… no, lascio la parola a Federica Friedrich dell’Ufficio Stampa di Editoriale Scienza che vi spiegherà tutto quanto.
La mucca di Schrödinger è un gruppo di lettura su Facebook, dedicato esclusivamente alla divulgazione scientifica. Quindi, come potevamo non parteciparvi? Assieme ci sono gli amici editori Sironi, Zanichelli e Di Renzo. La nostra idea è di creare un luogo di ritrovo e di scambio per chi legge libri di scienza. Lettori, autori, editor sono tutti invitati a dire la loro. Ogni mese ci impegneremo a mettere in palio 5 copie di un nostro libro (una novità o un “classico” del nostro catalogo). Cinque amici della Mucca, dopo averci scritto candidandosi a ricevere una copia, saranno scelti e la riceveranno in omaggio. Tutto quello che chiediamo in cambio è l’impegno a tornare sulla pagina della Mucca per discutere del libro quando l’avete finito di leggere o di farlo leggere a un bambino. Ci interessano le vostre opinioni come genitori, zii e zie, nonni e nonne, insegnanti, animatori e animatrici di eventi scientifici per ragazzi. E ovviamente, ci interessano forse ancora di più le impressioni che raccogliete dai vostri bambini e bambine, ragazzi e ragazze, dai vostri alunni, dal vostro pubblico… Iniziamo questa avventura, mettendo in palio uno dei nostri libri più amati dal pubblico, un classico del nostro catalogo “La Cacca. Storia e storie dell’innominabile” di Nicola Davies. Tutte le spiegazioni su come aderire a questa iniziativa le potere trovare sul nostro sito o direttamente su Facebook sulla sulla pagina della Mucca. Chi volesse altre informazioni può scrivere una mail a Enrico Poli - editorialescienza@treelab.org - curatore del progetto per Editoriale Scienza.
lunedì, 27 aprile 2009
Reuse Design
L’anno scorso l’Istituto d’Arte di Isernia “Giuseppe Manuppella” ha festeggiato 100 anni di vita e non poteva cominciare meglio i suoi secondi cento anni se non con un avvenimento che è stato ideato dagli studenti della classe IVB attraverso attività didattiche collocabili tra arte e design, fra abilità tecnica e creatività sui materiali e la loro valenza estetica e funzionale con l’obiettivo di ideare e realizzare prototipi di elementi d’arredo come momento di ricerca sull'uso e il riuso degli oggetti. L’iniziativa – chiamata “Dove volano i gabbiani” – è un progetto, puntato sul reuse design che s’inquadra nel Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile 2005-2014", campagna mondiale proclamata dall’Onu, e coordinata dall’Unesco, allo scopo di diffondere valori, conoscenze e stili di vita orientati al rispetto per il prossimo e per il pianeta; sviluppare, nei giovani e negli adulti, negli individui e nelle collettività, capacità d’azione responsabile finalizzate alla riduzione e al riuso dei rifiuti. E' detto nella dichiarazione d’intenti: “Il disordine ambientale provoca il disordine sociale e viceversa. Il concetto di “spazzatura” si estende al nostro rapporto con le altre persone, al nostro modo d’essere e di pensare. Il tessuto sociale è sempre più inquinato dal malcostume, dalla corruzione, dalla prepotenza, dall’egoismo, dall’indifferenza. Tali comportamenti catalizzano fenomeni legati all’emarginazione e alla produzione di rifiuti umani in un processo di sempre maggiore degrado sociale che pare ormai sfuggire ad ogni tipo di controllo”.
Aggiunge la professoressa Florinda Vecchiarelli Dirigente Scolastico dell’Istituto Statale d’Arte di Isernia: “Un’idea progettuale, anche se brillante, acquista senso nella scuola se sa farsi concretezza di pensiero e di agire; e l’idea che ha dato vita al progetto “Dove volano i gabbiani” si snoda lungo un percorso educativo didattico orientato al dialogo sul tema dell’ambiente, con metodologie alternative e stimolanti: uso delle tecnologie per creare occasioni di interazione; raccordo curricolare con le scuole del 1° ciclo per costruire e condividere sane abitudini di vita; progettazione e realizzazione di oggetti con materiali di riciclo per sperimentare nuovi modelli operativi a supporto della creatività. Ogni giovane, grazie alla creazione di un ambiente di apprendimento stimolante, potrà valorizzare e costruire la propria personalità, interiorizzare ed esprimere comportamenti ispirati a valori condivisi”. Sono stati invitati ad inviare materiali, scritti o disegnati, scrittori, studenti, designers e da domani i lavori saranno esposti fino all’1 maggio nella sede del Consiglio Regionale del Molise a Campobasso, Via IV novembre.
Società Pannunzio
Una delle grandi figure dell’antiautoritarismo italiano è stato Mario Pannunzio (in foto), nato a Lucca nel 1910, morto a Roma nel 1968, fu non solo inviso ai fascisti e al Vaticano, ma anche al Pci. Uno di quei democratici “profeti disarmati” per citare il titolo di un libro di Mirella Serri sul tracciato politico e culturale di testate, dirette da Pannunzio, portatrici d’idee che tentarono invano d’opporsi ai soprusi della Destra e alla cecità della Sinistra. Giustamente, quindi, al nome di quel grande giornalista è stata dedicata una recente associazione: la Società Pannunzio per la libertà d'informazione, un’iniziativa di Critica Liberale che sta coinvolgendo personalità, fondazioni, associazioni, testate giornalistiche, blog in rete, siti internet, case editrici ed altre fonti di comunicazione. La “Società Pannunzio” intenderà non limitarsi alle analisi, ma intervenire, anche in sede europea, per far rispettare le leggi attuali molte delle quali disattese, e per affrontare il nodo delle proprietà editoriali dei giornali; inoltre, fonderà una cosa finora inesistente in Italia: i “diritti dei lettori”.
Tutto questo sarà presentato alle 17.45 del 29 aprile a Roma a Palazzo Campanari, Via IV Novembre. In questa videointervista Enzo Marzo spiega motivazioni e traguardi della nuova struttura.
sabato, 25 aprile 2009
25 Aprile
mercoledì, 22 aprile 2009
Una tragica contesa
“Toni violenti là dove si richiedeva solo silenzio. Distorsioni dei dati clinici, là dove si chiedeva ascolto delle conoscenze scientifiche. Improvvisazione giuridica, là dove è indispensabile la conoscenza delle tecniche da adoperare […] L’atteggiamento di molti ambienti contrari al testamento biologico, la Chiesa in primo luogo, è eloquente” Sono parole di Stefano Rodotà che rimandano ad una tragedia sulla quale ci sono state speculazioni politiche in nome di una rivincita sul mondo laico che chiede soltanto che gli indirizzi ecclesiastici non diventino leggi dello Stato perché lo Stato è composto anche da molti non appartenenti alla fede cattolica o a nessun credo. Nessuno nega il diritto alla Chiesa di esprimere linee di condotta indirizzate ai propri fedeli, ma, al tempo stesso, noi laici vorremmo non fosse obbligata per legge, alla maniera musulmana, una scelta individuale tanto importante com’è la decisione sulla propria vita.
Meltemi ha mandato da poche settimane in libreria un volume di Francesco Galofaro intitolato Eluana Englaro La contesa sulla fine della vita ed è da ammirare la delicatezza con la quale la direttrice editoriale Luisa Capelli spiega nel blog della Casa i motivi della scelta di questa pubblicazione: QUI. Francesco Galofaro è dottore di ricerca in semiotica e svolge attività didattica presso l’Istituto Europeo del design di Milano. Presso l’Università di Bologna, ha lavorato con Umberto Eco sul metalinguaggio della medicina, ha condotto una ricerca sull’etica nell'universo sanitario finanziata dal Cnr e partecipa ad uno studio sulla Neuromatematica della visione. L’autore ha seguito negli anni la storia d’Eluana ed esaminato i commenti (spesso sconcertanti) proposti dalla stampa; ha discusso con medici che assistono persone in stato vegetativo persistente; ha studiato la legislazione italiana e quell’europea in materia e ne ha confrontato efficacia e coerenza. Perciò nel volume, che s’avvale di una poderosa bibliografia, sono esaminate in modo scrupoloso le varie opzioni e posizioni sul tema, da quelle cattoliche a quelle laiche.
Francesco Galofaro “Eluana Englaro” Pagine 144, Euro 14:00 Meltemi
lunedì, 20 aprile 2009
Neuroetica
“Predire il futuro è un affare pericoloso. Ciò nonostante, credo si possa predire senza timore che il campo relativamente nuovo chiamato neuroetica attraverserà una crescita esplosiva”. Così afferma Neil Levy nel libro pubblicato da Apogeo intitolato Neuroetica Le basi neurologiche del senso morale. Ma che cos’è la neuroetica? Ecco com’è spiegato nella prefazione. Per saperne di più, ho intervistato Virginio Sala che quando era direttore editoriale di Apogeo volle la pubblicazione di quel testo. Sala insegna editoria multimediale al corso di laurea di teoria della comunicazione all’università di Firenze ed è traduttore dall’inglese e dal tedesco; recentemente in queste pagine web ho parlato di un altro importante testo da lui scelto e tradotto: La singolarità è vicina.
Qual è l’importanza di Neil Levy nella letteratura scientifica dei nostri giorni? Mi sembra che il contributo più importante di Levy sia l'aver tentato, sia pure provvisoriamente, una sintesi, e di averlo fatto con un buon equilibrio e ampiezza di informazione. Il suo libro è una eccellente panoramica, che si presta bene come introduzione anche a livello accademico. Nella tradizione anglosassone, è anche scritto in modo molto comprensibile. In più, mi sembra interessante (e utile) che in Levy ci siano dei richiami ad autori come Nozick, Nussbaum, Rawls e quindi sia presente l'apertura costante alla dimensione sociale e politica e non solo a quella individuale. Nella serrata critica svolta dall’autore al dualismo di Cartesio non si trova un’adesione al monismo di Spinosa. Quale ipotesi possiamo fare al riguardo? Non ci sono molti riferimenti espliciti, in Levy, ai classici della filosofia. Mi sembra però che sulla sua formazione pesino molto gli empiristi del Settecento, anche Hobbes, poi in area tedesca quasi solo Marx, un po' gli stessi con cui "dialoga" Rawls nella sua filosofia politica. In più in bibliografia compare Sartre. Il suo sguardo è fortemente influenzato dalla tradizione analitica anglosassone, in cui Spinoza non è uno degli interlocutori d'elezione. In effetti, se si scorre la bibliografia del volume, non c'è quasi nulla che non sia di provenienza dall'area anglofona. Un limite, ma un po' anche una conseguenza della matrice degli studi di neuroscienze. Noto che nei libri scientifici sempre più si parla di neuroscienze e sempre meno di psicoscienze. Non è solo una modalità lessicale, mi pare che sia anche un segnale d’indirizzo. E’ così oppure no? Le neuroscienze negli ultimi anni hanno avuto un grande sviluppo: sono fra le discipline che hanno beneficiato di più degli strumenti tecnologici. Hanno creato aspettative molto forti e incuriosito molti. Non si può dire lo stesso per la psicologia e le discipline affini, verso le quali invece negli ultimi anni si è manifestata una crescente insoddisfazione. C'è stata una tendenza a "patologizzare" i comportamenti, che è filtrata anche nel linguaggio quotidiano: quello è nevrotico, quell'altro paranoico, un terzo è colpito dalla depressione. Sottinteso: non stanno bene, sono malati. Per reazione, ci si rivolge altrove: questo spiega anche l'interesse rinnovato per le pratiche filosofiche. Le reazioni peccano sempre un po' di estremismo e buttano con l'acqua sporca anche il bambino. Contributi come quello di Levy possono servire a fare chiarezza: credo che il meglio si possa ottenere dalla collaborazione, per fare "scienza", senza prefissi, che siano "neuro" o "psico". Si percepisce che qualcosa si muove in questo senso, ed è un buon segno. “Neuroetica” Traduzione di Raffaella Ida Ruminati Pagine 345, Euro 10:00 Apogeo
venerdì, 17 aprile 2009
KM99
Era una risorsa. Con le sue acque si coltivava la terra e si dissetavano gli animali. Giravano le pale dei mulini e delle piccole centrali idroelettriche. Si trasportavano le merci. Si lavavano i panni. In molti lì hanno imparato a nuotare. Poi è stato abbandonato, e per l'Aniene, il secondo fiume del Lazio, lungo novantanove chilometri, è iniziato il degrado.
L'Associazione Audiodoc, ha realizzato un lungo audio documentario sul fiume dimenticato: KM99 storie sul fiume Aniene. Si inizia dalle sorgenti, dal paese di Filettino, e poi si scende a Subiaco, a Tivoli e infine al tratto urbano prima della confluenza con il Tevere. Storie di sorgenti prosciugate dalle captazioni per gli acquedotti, di cartiere chiuse dopo secoli di attività (e decenni di inquinamento), di siti archeologici abbandonati o devastati, di quartieri abusivi costruiti a pochi decine di metri dalle sponde, di inquinamento e di assenza di controlli. KM99 è un documentario pensato per il web, perciò alle voci e al paesaggio sonoro del fiume, sono state aggiunte fotografie e testi di approfondimento.
“KM99: storie sul fiume Aniene” è firmato da Andrea Giuseppini e prodotto da Audiodoc con il contributo dell'Assessorato alla Cultura della Regione Lazio ed il patrocinio della Provincia di Roma. Info Audiodoc: 06 – 39 72 22 30; 349 – 61 42 59 Mail: audiodoc@audiodoc.it
mercoledì, 15 aprile 2009
Cy Twombly
Alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna è in corso la prima grande retrospettiva a Roma dedicata al pittore e scultore statunitense noto come Cy Twombly che si chiama all’anagrafe di Lexington, dov’è nato nel maggio del 1928, Edwin Parker Twombly. Formatosi al Black Mountain College frequentando le lezioni di Shahn, Motherwell, Kline e del compositore Cage, ha elaborato un’elegante scrittura i cui segni – numeri, graffiti, parole – s’affollano su superfici bianche o nere, fondendo la gestualità dell’Action Painting con l’immaginazione di Paul Klee.
Negli anni ’50 viaggiò con Rauschenberg in Italia, Africa e Spagna, stabilendosi infine a Roma nel 1957. Risalgono a questo periodo sia le prime sculture astratte (in bronzo, cartone, gesso, e dipinte di bianco) sia i disegni che spesso attingono alla mitologia. Alla fine degli anni ’80, i suoi dipinti si orientano verso uno studio della luce mentre fra le serie degli anni ‘90 risaltano le monumentali “Quattro stagioni” in equilibrio fra segno e colore di cui è presente in Galleria l’esemplare del 1993 -1995. Il percorso espositivo inizia con un lavoro che risale al periodo di studio dell’artista al Black Mountain College e si conclude, attraverso 70 opere, con lavori appartenenti già al XXI secolo, come la serie ‘Bacchus’ del 2005, dipinta durante la guerra in Iraq nel colore del vino e del sangue. La mostra, a cura di Nicholas Serota, è organizzata in collaborazione con la Tate Modern di Londra, che ne ha curato il progetto scientifico, e con il Guggenheim Museum di Bilbao. Il commissario dell’esposizione per la presentazione a Roma è Livia Velani. Allestimento a cura dell’architetto Federico Lardera.
La versione italiana del catalogo è edita da Electa su licenza di Tate Publishing. Ufficio Stampa: Carla Michelli con Ilaria Berlingeri e Vanessa Ilic. Tel. 06 – 32 29 83 28 ; e-mail: michelli@beniculturali.it “Cy Twombly” Galleria Nazionale d’Arte Moderna Viale delle Belle Arti 131, Roma Fino al 24 maggio ‘09
giovedì, 9 aprile 2009
Le macchine invisibili
Quanti schiavi lavorano nelle nostre case? E’ questa la domanda che si pone Piero Bianucci all’inizio del suo più recente libro pubblicato da Longanesi: Le macchine invisibili scienza e tecnica in tre camere e cucina. Quegli schiavi servono ogni giorno anche il più accanito tecnofobo che non può fare a meno di loro, se ne serve senza ritegno e poi ne parla male in pubblico. Di quelle macchine-schiave Bianucci è ben autorizzato a parlarne perché, se ancora non lo sapete, col suo nome è stato chiamato il pianetino 4821 in orbita tra Marte e Giove; glielo ha intitolato la International Astronomical Union per onorare i suoi quarant’anni di lavoro nella divulgazione scientifica.
Questo libro è un piccolo capolavoro di storia e informazioni tecniche sui tanti macchinari che ci circondano in casa, s’avvale di una struttura quanto mai comunicativa e di una scrittura piana che concede spazi all’umorismo sia riportando curiosi aneddoti sia per gustose notazioni dell’autore. Bianucci prende in esame solo quanto esiste nelle nostre tane: cucina e sala da pranzo, bagno, studio, salotto, camera da letto. Per ogni oggetto tecnologico che si trovano negli spazi e sulle mura traccia la storia dell’invenzione, date essenziali e nomi degli inventori, episodi significativi delle loro vite. Nelle pagine di Le macchine invisibili, in 6 capitoli e 200 agili paragrafi troviamo origini e funzionamento proprio di tutto: dalla pentola a pressione al frigo al tostapane; dallo sciacquone al rasoio elettrico alla cosmetica; radiotv, cd, mp3; telefono, computer, videogiochi; orologi, pillole, riscaldamento. C’è, inoltre, un’occhiata sul futuro (non fantascientifico, cose già allo studio in laboratori) su tante cose che usiamo ogni giorno e si trasformeranno radicalmente. Ad esempio, i nostri abiti: avremo vestiti con microcapsule a cambiamento di fase con proprietà termoregolatrici; in alcune università americane e inglesi progettano tessuti con proteine biodegradabili con un carico di rottura cinque volte maggiore dell’acciaio. Occhiate anche sul passato. Lo sapevate che Napoleone III e Gioacchino Rossini trasmisero – il primo il proprio ritratto e il secondo un suo spartito – su di un antenato del fax già nel 1860? Libro istruttivo, si legge apprendendo e divertendosi. Per una scheda sul volume: QUI.
Piero Bianucci “Le macchine invisibili” Pagine: 312, Euro 18.60 Longanesi
domenica, 5 aprile 2009
Musica di plastica
Esistono libri che sollevano questioni che vanno aldilà del tema trattato sicché sono interessanti due volte, sia perché affrontano un certo specifico argomento e sia perché quel tema affrontato spinge il lettore ad approfondire altri lidi di pensiero. E’ il caso di Musica di plastica La ricerca dell'autenticità nella musica pop, pubblicato da Isbn. Ne sono autori Hugh Barker & Yuval Taylor che indagano, attraverso mezzo secolo di musica rock, sull’autenticità dei protagonisti: dalla finzione scenica di Presley (… a proposito il migliore saggio sul corpo-icona di Elvis l’ho trovato nello splendido volume Ultracorpi) fino al mito dell’autenticità che porterà Kurt Kobain ad uccidersi. L’autenticità è un termine usato dai filosofi esistenzialisti – in particolare Heidegger – e tenta di tracciare un confine su ciò che merita d’essere vissuto nell’interiorità e il resto, l’inautentico, che apparterrebbe agli aspetti banali della quotidianità. Difficile confine, perché la vita di noi umani è fatta, spessissimo, di un’alternanza e perfino un fondersi di quei due momenti. Limite, poi, difficilissimo da identificare nelle arti laddove si sono avuti capolavori che riflettevano il vissuto degli autori, ma anche – e, forse, nel maggiore dei casi – opere splendide che attingevano al mondo dell’artificio. “Musica di plastica” è stato tradotto da Giuseppe Marano; ha già dato versioni nella nostra lingua di Tennis Cooper, Tim Winton, Tash Aw, Ed Park, l’autobiografia di Johnny Rotten. E’ coautore, con Marco Deseriis, di Net.Art.
A Giuseppe Marano ho chiesto: dalla sua nascita e per molto tempo, il rock è larghissimamente, e volutamente, inautentico, poi nasce la necessità di rovesciare questa prospettiva e i musicisti vogliono essere autentici a tutti i costi. Quando e perché è avvenuta questa trasformazione esistenziale ed espressiva?
Secondo Barker e Taylor, il primo capovolgimento dello spirito teatrale, ludico e artificioso che caratterizzava il primo decennio del rock’n’roll si verifica intorno alla metà degli anni sessanta, quando lo spettro dell’autenticità (che aveva già fortemente connotato l’evoluzione del blues, del folk e del country) si diffonde a macchia d’olio anche nel rock e nel pop, imponendo un nuovo discorso estetico ed espressivo. I principali catalizzatori di questo cambiamento furono senz’altro Bob Dylan e (strano ma vero) i Beatles, che trasformarono l’industria musicale scrivendo e interpretando le proprie canzoni: se prima di loro la congruenza tra cantante e autore era irrilevante, adesso non poteva più essere ignorata, con tutto ciò che questo comporta. A ben vedere, però, tutta la storia della popular music si è sempre mossa sul filo del paradosso e della contaminazione, e la storia del rock appare come un continuo rimescolarsi di autentico e inautentico, di teatralità e spontaneità (concetti che peraltro si modificano facilmente “a posteriori”): basti pensare ai Rolling Stones e agli Who negli anni sessanta, al glam, l’art rock e l’heavy metal negli anni settanta, al punk e a gran parte della new wave negli anni ottanta. Aspira all’autenticità o al suo contrario il rock dei nostri giorni? La tesi degli autori di “Musica di plastica” è che, per paradossale che sia, oggi, dopo il punk, la house, il grunge, il garage e l’hip hop, l’idea di autenticità sia filtrata persino in generi palesemente ‘inautentici’ come l’heavy metal (Metallica), la techno (Moby) e il teen pop. Soprattutto nella musica rivolta agli adolescenti maschi bianchi, l’autenticità è considerata quasi una condicio sine qua non del successo artistico. Ormai è raro trovare un cantante rock o un rapper che non punti a ‘restare vero’ per il pubblico, o che non parli della differenza tra ‘farcela’ e ‘svendersi’. Se una band non finge almeno di ‘essere vera’ di tanto in tanto, perde credibilità, e fan. Anche se quella stessa band è costruita a tavolino. Naturalmente, per molti non c’è nessuna differenza tra vero e falso. In certe sottoculture, la ‘spontaneità’ desta diffidenza o non è neppure presa in considerazione, e la teatralità è l’unica via praticabile. Forse gli artisti più incisivi, al giorno d’oggi, sono proprio quelli che giocano consapevolmente con questo concetto di autenticità, declinandola con leggerezza. Le nuove tecnologie favoriscono prevalentemente una poetica del falso o dell’autentico? Dopo il campionatore e la digitalizzazione della musica, credo che le nuove tecnologie in realtà contribuiscano semplicemente ad abbattere questa distinzione tra vero e falso, allargando in ulteriori direzioni le possibili modalità di creazione e di fruizione della musica. Per una scheda sul libro: CLIC! Hugh Barker & Yuval Taylor “Musica di plastica” Traduzione di Giuseppe Marano Pagine 203, Euro 29:00 Isbn Edizioni
venerdì, 3 aprile 2009
Luoghi Erranti
L’Associazione culturale Bau di Viareggio ha intrapreso negli ultimi mesi un lavoro di gruppo proiettato verso un’opera collettiva.
Il lavoro del gruppo si è concretizzato attraverso l’esplorazione creativa di alcuni Luoghi Erranti, siti fisici correlati alla storia e all’esperienza dei partecipanti. Il Gruppo ha assunto il nome di Primo Punto Esponenziale.
Un esempio del loro lavoro s’è avuto domenica scorsa a Forte dei Marmi allorché dal Gruppo è stata operata un’esplorazione – chiamata “crono-psichica” – dello storico Fortino fatto edificare nel 1788 dal Granduca di Toscana Leopoldo I di Lorena, simbolo della città e per molti anni ufficio postale di Forte dei Marmi. A fianco delle vecchie buche per l’impostazione, oggi murate, è stata aperta dalle 10.00 alle 19.00 una nuova cassetta postale e richiesto ai passanti di depositare, redatta su di modulo appositamente ideato, una loro memoria personale legata al Fortino. Cliccare QUI per saperne di più su Luoghi Erranti.
giovedì, 2 aprile 2009
Memorialevolubile
E’ questo il titolo di un’installazione di Ferruccio Ascari al Museum Schloss Lichtenberg & Galerie C. Klein di Darmstadt. Una serie di sculture in rete metallica di dimensioni diverse, collocate in equilibrio volutamente precario su scatoloni di cartone, anch'essi di diverse dimensioni, che occupano lo spazio espositivo nella sua interezza. Accanto, sotto teche, libri sigillati, quindi che non si possono sfogliare; la copertina reca soltanto l’immagine di un luogo, il suo nome - Vajont, Seveso, Bhopal, per esempio - e la data di quel disastro.
A Ferruccio Ascari ho chiesto: quale specifico valore ha per te la Memoria, in quest'epoca definita delle psicotecnologie? La memoria, cui ho pensato, dando il titolo “memorialevolubile” a questo mio ultimo lavoro, è ancora quella facoltà della mente - ma anche della pancia, del cuore - il cui valore sta nel non dimenticare. Soprattutto nel non voler dimenticare. L'opposto di oblio, di archiviazione. Il contrario di volubilità. La memoria cui faccio riferimento, è soprattutto memoria collettiva. Semplicemente chi ha dimenticato l'orrore - per fare un esempio soltanto - di Chernobyl può subire incoscientemente la proditoria scelta nucleare di un governo che conta appunto sulla labilità della memoria per fare i suoi tossici, non smaltibili interessi. Quanto valore abbia la memoria può dirlo soltanto una generazione che riesca a prendersi cura delle generazioni a venire. D'altronde l'arte può svolgere una funzione "mnemotecnica". Ancora oggi credo che essa possa, libera da retorica, farsi memoria. Museum Schloss Lichtenberg & Galerie C. Klein Darmstadt, Germania Fino al 31 maggio 2009
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