Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.
mercoledì, 30 ottobre 2024
Mangiare secondo la scienza
Anche i grandi possono dire delle baggianate, ad esempio, un giorno Socrate disse: “Ti pare che un vero filosofo possa curarsi di piaceri come quelli del mangiare e del bere?”. Non sappiamo se questo suo dire fu l’ennesima causa dei rimproveri che gli muoveva la collerica moglie sua Santippe. In questo caso, però, mi sento di dare ragione alla signora. Intervistai tempo fa il filosofo Nicola Perullo e gli chiesi il motivo dell’accostamento da lui fatto tra filosofia e alimentazione. Così mi fu risposto: “Mi sembra un avvicinamento naturale, quello tra gastronomia e filosofia. La complessità proposta dai problemi del cibo è enorme: il piacere, la fame, la cultura, l’industria, l’artigianato, la natura, la glocalizzazione e la salute”.
Ed ecco un libro che risponde soprattutto sul piano della salute su verità e miti che accompagnano il nostro cibo. Un libro che consiglio non solo a chi si occupa delle cucine domestiche ma anche agli chef della nostra ristorazione. Lo ha pubblicato la casa editrice Dedalo è intitolato Mangiare secondo la scienza La salute nel piatto. L’autrice è Elisabetta Bernardi. Nutrizionista, biologa, specialista in Scienza dell’alimentazione. Oltre vent’anni di esperienza nella comunicazione e nella ricerca scientifica applicata alla nutrizione. Autrice e conduttrice della rubrica “Scienza in cucina” per il programma televisivo scientifico “Superquark”, condotto da Piero Angela e “Noos” condotto da Alberto Angela. È docente in diverse università, autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e di libri divulgativi e coautrice di testi universitari Scrive Alberto Angela in Prefazione: «Mangiare secondo la scienza è un libro che nasce da un’esigenza: esplorare il ruolo cruciale della nutrizione nella gestione della salute e delle malattie. Negli ultimi decenni, la ricerca scientifica ha dimostrato quanto profondamente la nostra dieta possa influire sul benessere generale, sulla prevenzione delle malattie e sulla gestione delle condizioni croniche. Questo volume colma il divario fra la complessità della scienza della nutrizione e gli innumerevoli consigli sulla dieta che spesso mancano di garanzie scientifiche (…) Uno degli insegnamenti di mio padre, cui Elisabetta dedica questo libro, era proprio il rigore scientifico e la semplicità del linguaggio: bisogna pensare di raccontare la scienza a persone che non sanno niente al riguardo e lei ha cercato di fare proprio questo. Ha navigato nelle banche dati delle pubblicazioni scientifiche per rendere facili e alla portata di tutti i risultati a volte complessi delle ricerche sulla nutrizione per contribuire a proteggere la nostra salute». Non è difficile immaginare che parecchi leggendo il titolo di questo libro storceranno il naso. Perché sono molti a sostenere che la scienza nulla c’entri con la cucina. Erore direbbe Petrolini. Credo che la migliore risposta si trovi in un profetico scritto del celebre cuoco francese Auguste Escoffier (1846-1935), il quale affermava già nel 1907 in Le Guide Culinaire: “La cucina, senza smettere di essere un'arte, diventerà scienza e dovrà sottomettere le sue formule, purtroppo ancora troppo empiriche, a un metodo e a una precisione che non lasceranno nulla al caso”. Senza dimenticare che il celebre Pellegrino Artusi intitolò proprio “La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene” (1891) quel suo famoso testo dalle innumerevoli edizioni. Ai nostri giorni, ecco un grande cuoco qual è Gualtiero Marchesi dire: “La cucina è per sé scienza, sta al cuoco farla diventare arte”. Dalla presentazione editoriale. «Ho il colesterolo alto, quali alimenti devo prediligere? E per proteggere le mie ossa? Per prevenire il diabete devo limitare tutti gli zuccheri? Cosa fare con la pelle a buccia d’arancia? Il legame tra alimentazione e salute è molto stretto, perché noi siamo ciò che mangiamo e in questo modo forniamo all’organismo i mattoni per la sua rigenerazione continua. Ma un eccesso di alcuni nutrienti o un difetto di altri possono impedire al nostro corpo di reagire e difendersi dalle patologie che lo colpiscono. “Mangiare secondo la scienza” cerca di sfatare i miti che legano alcuni cibi all’insorgenza di determinate malattie, anche con esempi semplici come la sana abitudine di mangiare la frutta alla fine dei pasti. Tutto in coerenza con l’evidenza scientifica, citando solo gli studi fatti sull’uomo e non i risultati “preliminari” di ricerche condotte su animali o in vitro». Elisabetta Bernardi Mangiare secondo la scienza Prefazione di Alberto Angela Pagine 212 * 17.00 euro Dedalo
lunedì, 28 ottobre 2024
L'epoca delle idee cadute dal pero (1)
Ha un’aria molto soddisfatta di sé, gli occhi accesi di luce biblica, le parole si rincorrono via via accelerandosi, il fervore spumeggia, la donna accanto a quel suo profetico compagno annuisce soddisfatta. Chi è quel tale? Via, l’avete capito. È un odiatore della Scienza. Mi sta rivelando segreti di cui non sono degno d’esserne messo a parte visto che neanche un po’ m’emoziono. L’11 settembre? Un inside job voluto dal governo degli Stati Uniti. Lo sbarco sulla Luna? Una finzione cinematografica. L’Aids? Un virus creato in laboratorio. Il riscaldamento globale? Una bufala. L’Olocausto ebraico? Un’esagerazione propagandistica. Il Covid? lo ha voluto Bill Gates alleato di Big Pharma. G5? Voluti, effetti devastanti sulla salute dell’uomo. Del resto, ci sono i creazionisti che credono la Terra sia nata 6.000 anni fa e nel Medio Evo esistevano ancora i dinosauri. Costoro hanno largo seguito negli Stati Uniti e dispongono perfino di un museo. E poi, com’è noto, la Terra è piatta. Scrive Giorgio Vallortigara su Micromega: “Durante la pandemia da Covid-19 abbiamo anche assistito quasi in diretta al rapido sviluppo di vaccini che ci hanno permesso di superarla in tempi relativamente brevi. Eppure, mai come in questo periodo lo scetticismo nei confronti della scienza e degli scienziati galoppa” Un libro che espone i meccanismi psichici e sociali che portano alla diffusione di panzane purtroppo assai diffuse lo ha pubblicato la casa editrice Mimesis è intitolato L’epoca delle idee cadute dal pero Fake news, bufale e teorie del complotto: le origini del terrapiattismo della ragione. Gli autori sono Edoardo Boncinelli e Antonello Calvaruso. Boncinelli (Rodi, 1941) è tra i maggiori genetisti italiani. Per più di vent’anni ha svolto attività di ricerca presso l’Istituto di genetica e biofisica del CNR di Napoli. È stato direttore del Laboratorio di biologia molecolare dello sviluppo dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e direttore della Scuola superiore Sissa di Trieste. Con Antonello Calvaruso ha ideato la neuroformazione. Tra le sue oltre cento pubblicazioni ricordiamo Il male (2007, 20192), Il principio di indeterminazione (2020), Che cosa abbiamo nella testa? (con A. Calvaruso, 2021) e La scuola della mente (2022). Calvaruso (Napoli, 1958) è bibliofilo, fotografo e navigatore per passione. Economista federiciano, specializzatosi negli anni ’80 in Analyses des donnes presso il Conservatoire national des arts et métiers di Parigi, ha insegnato disegni sperimentali, statistica e progettazione formativa presso vari Atenei, tra cui l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Con Edoardo Boncinelli è stato autore di Che cosa abbiamo nella testa? (2021). Dalla presentazione editoriale «Una delle domande che ci si pone più spesso in questo periodo è come sia possibile che circolino tante idee “cadute dal pero” in un’epoca in cui è così facile informarsi e aggiornarsi. Basta pensare alla teoria del terrapiattismo: nessuna base per sostenerla, migliaia di persone pronte a crederci. Per comprendere il fenomeno occorre indagarne l’origine e la diffusione. Sebbene nella maggior parte dei casi sia piuttosto complicato individuare la nascita di queste idee, è relativamente facile comprendere le modalità con cui esse si diffondono e si rafforzano. Edoardo Boncinelli e Antonello Calvaruso navigano nelle turbolente acque dell’ignoranza e del complottismo alla ricerca dei meccanismi di consolidamento e di espansione di una bufala». Segue ora un incontro con Edoardo Boncinelli.
L'epoca delle idee cadute dal pero (2)
A Edoardo Boncinelli (in foto) ho rivolto alcune domande.
Se le fosse richiesto di scrivere per un dizionario una nota sulla parola “ignoranza” come la comporrebbe? L’ignoranza, che secondo alcuni filosofi greci, è la cosa peggiore che possa esistere è associata a una scarsa conoscenza di cose che tutti sanno o di cose che sanno in pochi. In questa situazione, a proposito di certi argomenti, si ha una pericolosa commistione di conoscenza e ignoranza, L’ignoranza può essere diffusa e relativamente compatta e contemporaneamente si può riferire prevalentemente ad argomenti specifici. Possiamo chiamare ignoranza attiva quella che nasce da una buona diffusione di cose delle quali si ignorano i principi e ignoranza passiva quel diffuso stato di disinteresse e distacco che si può generare anche in presenza di piccole offese alla conoscenza. Più vasta è la conoscenza meglio è con particolare riguardo a quella diffusa ma non possiamo fissare a priori questi parametri. Fermo restando che più cose si conoscono e meglio è. In un’epoca come la nostra dove l’informazione è diffusa su plurali mezzi, come mai era accaduto, attecchiscono tante “idee balorde” così nel libro sono definite le idee “terrapiattiste della ragione”… È paradossale che in un’epoca nella quale si sanno tante cose e nella quale si può stare a contatto con minimi particolari di conoscenza, l’istruzione media delle popolazioni sia così bassa e poco aggiornata. Fra le cose che si considerano frutto di ignoranza ce ne sono alcune che sono solamente frutto di scarsa conoscenza e di debole approfondimento. Molto di questo può accadere perché le cose che a ciò si riferiscono non compaiono così frequentemente: da una parte è facile venire a sapere di cose sempre nuove, magari già al tempo delle prime sedute sul seggiolone. Non è difficile che per alcuni argomenti si sappia qualcosa fin da bambini e che queste conoscenze siano difficili da perdere: esse rappresentano, quindi quasi, un patrimonio conoscitivo primario. Qual è la differenza fra “idee balorde” e “fake news” ? La differenza sta tutta nella volontarietà ovvero se il soggetto sa o non sa che si parla di cose campate in aria: se lo sa si può parlare direttamente di malafede . Può indicare la conseguenza più grave di quelle idee sulla società? Nell’impostare la propria visione logica del mondo ciascuno cerca di rendere più accettabile e logico possibile quello che si ha da dire e di cui tutti parlano. Non c’è troppo inganno in questa posizione, quanto piuttosto un lasciarsi andare e una mancanza di rigore semantico che a lungo andare possono portare ad una concezione confusa e poco sequenziale di quello di cui si sa abbastanza poco (quello che io chiamo il marasma culturale). A tutti i livelli il lindore è più efficace delle pratiche di pulizia. Il numero degli esempi che si possono portare è sconfinato, ma oltre al numero delle idee non proprio correttissime, va aggiunta la estrema variabilità di queste idee che operano creando confusione piuttosto che fare chiarezza. Che cosa fare per difendersi dal terrrapiattismo della ragione? È tutto fuor che semplice. Occorre riflettere sui nessi logici importanti che tengono in piedi una costruzione che traballa, piuttosto di una che si mantiene praticamente costante. Un buon esempio di discussione e confronto, che con il tempo potrebbe diventare un antidoto alla diffusione di idee balorde, potrebbe essere rappresentato dalle modalità con cui la scienza affronta il problema della demarcazione tra ciò che è scienza e ciò che è pseudoscienza e aggiorna la verità scientifica attraverso il principio di falsificabilità. ……………………………………... Edoardo Boncinelli Antonello Calvaruso L’epoca delle idee cadute dal pero 234 pagine * 18.00 euro Ebook - ePub/Mobi 12.99 euro Mimesis
venerdì, 25 ottobre 2024
Surrealismi. Da de Chirico a Gaetano Pesce
È stato pubblicato il catalogo di una gran bella mostra allestita al Mart di Rovereto a cura di Denis Isaia da un’idea di Vittorio Sgarbi. Occasione: centenario del movimento surrealista. Titolo: Surrealismi da de Chirico a Gaetano Pesce. “Surrealismi” al plurale perché gli italiani presenti esprimono, com’è scritto nel catalogo: ‘una pluralità di singole evidenze e di fronde di originale qualità e autonomia creativa, in costante dialogo con gli ambienti internazionali e con gli altri campi della cultura’. Il curatore espone il profilo dell’esposizione in questo video. In foto: Valerio Miroglio, 1972, legno, materiale plastico, acrilico, cm 54 x 12, Archivio Pari&Dispari/Rosanna Chiessi. Accanto a nomi storici dei primi surrealisti la curiosità di Devis Isaia ha riaperto altri sentieri interrotti ritrovando Corrado Costa, Valerio Miroglio, Ugo Sterpini, Enrico Donati. “Per ognuno” – estraggo dal catalogo – “è una rinascita, ma dentro un quadro definito che mai prima d’oggi era stato delimitato con Surrealismo italiano, in un percorso finalmente definito e rivelatore”. Prendiamo ad esempio Valerio Miroglio del quale la Treccani dice: Artista originale e del tutto autonomo seppure vicino all’arte concettuale e al citazionismo, attraverso una continua sperimentazione di tecniche e materiali ha sviluppato una riflessione sul significato dell'arte e sul suo ruolo nella società. Particolare interesse ha suscitato il suo Mappamondo (in foto). Il catalogo, edito dalla Sagep, riunisce le biografie di ciascuno dei circa 70 artisti presenti nell’esposizione e raccoglie i contributi di: Vittorio Sgarbi, Denis Isaia, Chiara Portesine, Concetta Leto, Giulia Tulino, Guido Pautasso, Lucio Scardino, Manuel Barrese, Paola Decina Lombardi, Roberta Serpolli. Surrealismi Catalogo di 329 pagine 39.00 euro Edizioni Sagep
Aldo Zargani in Bibliotheka
Mentre lavoravo in alcune produzioni Rai con l’attrice Elena Magoia un giorno mi presentò il marito Aldo Zargani Scoprii un uomo intellettualmente raffinato, dalla parlata sommessa ed elegante, che io colpevolmente non conoscevo quale scrittore. Conobbi allora le sue pagine di memorie. Memorie sofferte durante le persecuzioni naziste, di cui, lui ebreo ne era stato testimone: la perdita del lavoro del padre violinista, l’esclusione dalle scuole, l’espatrio fallito, la fuga attraverso il Piemonte, l’arresto dei genitori, il collegio, la deportazione dei parenti. “Per violino solo”, suo primo libro, fu un successo. Dopo, soltanto una tiepida accoglienza accolse “Certe promesse d’amore” che ora troviamo in una nuova edizione per i tipi della casa editrice Bibliotheka. In foto: Aldo Zargani ritratto da Dino Ignani.
È accaduto che nel 2020, mentre la pandemia infuriava, Aldo ed Elena decidono di rivedere quel testo. Sembra un’impresa impossibile ma, scrive la figlia Lina nella postfazione, “Mia madre, la titanica se pur minuta metà della mela rimasta in rappresentanza, aveva le idee chiarissime su cosa potare e dove fare gli innesti, quasi tutte sacrosante: quel libro, anzi, tutti i libri, li scrivevano insieme: lui dalla sua James Longue Chair metteva in scena la dettatura, seguendo sul tablet quello che lei scriveva al computer, e i due alternavano liti furibonde a scrosci di risate, quanto si sono divertiti! Mia madre sapeva, per consonanza e per conoscenza, quali fossero le intenzioni di papà e le aveva sapute realizzare con sapiente rispetto, altroché”. “Certe promesse d’amore” - dice Daniela Gloss sul webmagazine ‘Doppiozero’ in un suo attento e partecipato mini saggio, cui questa nota è debitrice di molte informazioni – è “l’ideale seguito di ‘Per violino solo: La mia infanzia nell’Aldiqua (1938-1945)’ che, dopo una carriera in Rai, a 64 anni era stato il suo fulminante debutto. In quel libro, forse il suo capolavoro, Zargani ricreava il periodo della Seconda guerra mondiale e le persecuzioni antisemite. Qui completa il racconto soffermandosi su un capitolo meno noto che rappresenta però uno snodo centrale negli anni della ricostruzione e nel ritorno alla vita dell’ebraismo europeo dopo la Shoah… Il mondo ha la memoria corta e oggi che l’antisionismo è diventato uno slogan di moda è facile dimenticare cos’ha significato, dopo la tragedia delle persecuzioni nazifasciste, la nascita di uno Stato ebraico". QUI un intervento di Aldo Zargani: ricordi amari scanditi da episodi narrati con toni umoristici.
giovedì, 24 ottobre 2024
Mangiare secondo la scienza
Anche i grandi possono dire delle baggianate, ad esempio, un giorno Socrate disse: “Ti pare che un vero filosofo possa curarsi di piaceri come quelli del mangiare e del bere?”. Non sappiamo se questo suo dire fu l’ennesima causa dei rimproveri che gli muoveva la collerica moglie sua Santippe. In questo caso, però, mi sento di dare ragione alla signora. Intervistai tempo fa il filosofo Nicola Perullo e gli chiesi il motivo dell’accostamento da lui fatto tra filosofia e alimentazione. Così mi fu risposto: “Mi sembra un avvicinamento naturale, quello tra gastronomia e filosofia. La complessità proposta dai problemi del cibo è enorme: il piacere, la fame, la cultura, l’industria, l’artigianato, la natura, la glocalizzazione e la salute”.
Ed ecco un libro che risponde soprattutto sul piano della salute su verità e miti che accompagnano il nostro cibo. Un libro che consiglio non solo a chi si occupa delle cucine domestiche ma anche agli chef della nostra ristorazione. Lo ha pubblicato la casa editrice Dedalo è intitolato Mangiare secondo la scienza La salute nel piatto. L’autrice è Elisabetta Bernardi. Nutrizionista, biologa, specialista in Scienza dell’alimentazione. Oltre vent’anni di esperienza nella comunicazione e nella ricerca scientifica applicata alla nutrizione. Autrice e conduttrice della rubrica “Scienza in cucina” per il programma televisivo scientifico “Superquark”, condotto da Piero Angela e “Noos” condotto da Alberto Angela. È docente in diverse università, autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e di libri divulgativi e coautrice di testi universitari Scrive Alberto Angela in Prefazione: «Mangiare secondo la scienza è un libro che nasce da un’esigenza: esplorare il ruolo cruciale della nutrizione nella gestione della salute e delle malattie. Negli ultimi decenni, la ricerca scientifica ha dimostrato quanto profondamente la nostra dieta possa influire sul benessere generale, sulla prevenzione delle malattie e sulla gestione delle condizioni croniche. Questo volume colma il divario fra la complessità della scienza della nutrizione e gli innumerevoli consigli sulla dieta che spesso mancano di garanzie scientifiche (…) Uno degli insegnamenti di mio padre, cui Elisabetta dedica questo libro, era proprio il rigore scientifico e la semplicità del linguaggio: bisogna pensare di raccontare la scienza a persone che non sanno niente al riguardo e lei ha cercato di fare proprio questo. Ha navigato nelle banche dati delle pubblicazioni scientifiche per rendere facili e alla portata di tutti i risultati a volte complessi delle ricerche sulla nutrizione per contribuire a proteggere la nostra salute». Non è difficile immaginare che parecchi a leggere il titolo di questo libro storceranno il naso. Perché sono molti a sostenere che la scienza nulla c’entri con la cucina. Erore direbbe Petrolini. Credo che la migliore risposta si trovi in un profetico scritto del celebre cuoco francese Auguste Escoffier (1846-1935), il quale affermava già nel 1907 in Le Guide Culinaire: “La cucina, senza smettere di essere un'arte, diventerà scienza e dovrà sottomettere le sue formule, purtroppo ancora troppo empiriche, a un metodo e a una precisione che non lasceranno nulla al caso”. Senza dimenticare che il celebre Pellegrino Artusi intitolò proprio “La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene” (1891) quel suo famoso testo dalle innumerevoli edizioni. Ai nostri giorni, ecco un grande cuoco qual è Gualtiero Marchesi dire: “La cucina è per sé scienza, sta al cuoco farla diventare arte”. Dalla presentazione editoriale. «Ho il colesterolo alto, quali alimenti devo prediligere? E per proteggere le mie ossa? Per prevenire il diabete devo limitare tutti gli zuccheri? Cosa fare con la pelle a buccia d’arancia? Il legame tra alimentazione e salute è molto stretto, perché noi siamo ciò che mangiamo e in questo modo forniamo all’organismo i mattoni per la sua rigenerazione continua. Ma un eccesso di alcuni nutrienti o un difetto di altri possono impedire al nostro corpo di reagire e difendersi dalle patologie che lo colpiscono. “Mangiare secondo la scienza” cerca di sfatare i miti che legano alcuni cibi all’insorgenza di determinate malattie, anche con esempi semplici come la sana abitudine di mangiare la frutta alla fine dei pasti. Tutto in coerenza con l’evidenza scientifica, citando solo gli studi fatti sull’uomo e non i risultati “preliminari” di ricerche condotte su animali o in vitro». Elisabetta Bernardi Mangiare secondo la scienza Prefazione di Alberto Angela Pagine 212 * 17.00 euro Dedalo
venerdì, 18 ottobre 2024
Nuotare via
Il nuoto secondo il vocabolario: “Comprende, tra le attività umane, il movimento di braccia e gambe sia sulla superficie dell'acqua sia sott'acqua” e trascura negligentemente chi riuscì a camminavi con i piedi sopra. Forse perché proprio facile non è. Tanto che, riferisce il cronista Matteo 14.22-33, un certo Pietro tentò l’impresa imitando chi vi era riuscito ma stava per finire glu glu se non fosse stato aiutato da un bagnante improvvisatosi bagnino di salvataggio che se non ricordo male si chiamava Salvatore. Proprio vero: nomen omen. Il nuoto mi riporta alla mente quel nuotatore instancabile che Studio Azzurro da quarant’anni, dal 1984, fa nuotare 24 h su 24, verso una spiaggia ignota che forse non esiste, così come il nuotatore forse non sa che si ritrova in una piscina dall’acqua fatta di pixel e lui inconsapevole eroe elettronico nuota nuota nuota. L’altra immagine che mi viene dai ricordi d’adolescenza è quella della nuotattrice Ester Williams che mi si è ripresentata alla memoria emergendo dopo uno dei suoi tuffi dalla pagina di un libro splendido: Nuotare via Dalle vasche a perdifiato all'ultimo bagno di stagione pubblicato dalla casa editrice il Mulino. L’autrice è Carola Barbero definita nuotatrice impetuosa. Insegna Filosofia del linguaggio e Filosofia della letteratura all’Università di Torino. Fra i suoi libri ricordiamo «L’arte di nuotare» (il melangolo, 2016); Addio; Un burattino nella Rete. Con il Mulino ha pubblicato «La porta della fantasia» (2019) e Quel brivido nella schiena (2023).
“Nuotare via” libro splendido, e se è vera quella teoria (nella quale io credo) che un buon libro deve avere l’ultima frase come conseguenza logica ed espressiva della prima anche se le due righe sono riferite a situazioni espositive diverse fra loro, “Nuotare via” supera brillantemente la prova: prime parole Occhi socchiusi ultime E arriveremo alla meta. In mezzo ci sono pagine che usano il nuoto quale letterario veicolo anfibio. Perché va oltre la metafora della vita quale attraversamento faticoso dell’esistenza pur agendo sul pedale della fisicità e della sensualità dell’acqua che accarezza la carne. Barbero ha voluto un’epigrafe con parole di Charles Sprawson, grande nuotatore, autore di Haunts of the Black Masseur, pubblicato in Italia nel 1992 con il titolo "L'ombra del massaggiatore nero": «Il nuoto, come l’oppio, può causare un senso di distacco dalla vita quotidiana; i ricordi, in particolar modo quelli dell’infanzia, riemergono con sorprendente vigore, ricchi di particolari vividi e precisi». QUI un’intervista rilasciata dall’autrice a “l posto delle parole”. Dalla presentazione editoriale. «Nuotare la prima vasca guardando le T nere sul fondo è felicità allo stato puro. In acqua la mente si scioglie e capisce tante cose. Il ritmo costante e ripetuto dei movimenti ricorda quello di una preghiera, e così nuotiamo senza posa finché rinunciamo a muoverci e facciamo «il morto», lasciandoci cullare dalle onde del mare. Fino a quando? Fino all’ultimo bagno di stagione, sperando che duri a lungo e non arrivi troppo presto. Nuotiamo via da tutto, rifugiamoci nel mare o nell’acqua della piscina, al riparo dai colpi della vita reale, e chissà che tra una bracciata e l’altra non finiamo col ritrovare noi stessi. Una lettura pensosa e leggera, che racconta di piscine e di mari, e insieme di cinema, letteratura e canzoni, di respiri e di acqua, e di quella gioia prêt-à-porter che non vorremmo perdere mai». ……………………………............ Carola Barbero Nuotare via 136 pagine * 12.00 euro e-book formato ePub euro 8.49 il Mulino
giovedì, 17 ottobre 2024
Vampiri a Crema
Non si allarmino gli abitanti di Crema, nessuna invasione di creature diaboliche in città, il titolo di questa nota si riferisce a una mostra installata al Museo Civico: Vampiri Illustrazione e letteratura tra culto del sangue e ritorno della morte a cura di Edoardo Fontana, Lidia Gallanti, Silvia Scaravaggi In foto: “Vampiro” di Andy Warhol. La concezione del vampiro sarà comune fra molti popoli, specialmente nei paesi balcanici, in quei territori dal 1730 e il 1735 vi sarà un’epidemia di vampirismo, sebbene essa non sarà limitata soltanto a quei paesi. Il tema del vampiro, infatti, trova una delle sue origini più antiche in un testo di San Giovanni (VI, 53,57I che indica gli aspetti del “sacrificio della carne” e “aiuta a scoprire il carattere sessuale (omosessuale il più delle volte) del vampirismo”. Il tema del vampirismo interesserà per questi caratteri misteriosi e terrificanti molti autori da Jhon Polidori (1795 – 1821) scrittore e poeta britannico, medico personale di George Byron e famoso per aver scritto ”Il vampiro”, uno dei primi racconti della letteratura moderna su questa creatura dall’odor di zolfo all’irlandese Bram Stoker (1847 – 1912), divenuto celebre quale autore di “Dracula” per giungere all'altro irlandese Joseph Sheridan Le Fanu (1814 – 1873) creatore del genere degli "investigatori dell'occulto".e di tanti racconti fra i quali è famoso “Carmilla” una creatura saffica e morbosa che racchiude in sé tratti di una lunga tradizione di vampiri letterari, dalla Christabel di Samuel Taylor Coleridge (1801 -1816) a Il vampiro di John William Polidori che anticipa il Dracula di Bram Stoker. E in area italiana? Non mancano, in area italiana, alcuni testi, scritti tra fine Ottocento e inizio Novecento: Vampiro. Una storia vera di Franco Mistrali (1869, Biblioteca Minguzzi-Gentili di Bologna), le novelle di Francesco Ernesto Morando, Luigi Capuana, Giuseppe Tonsi (Il vampiro, 1904, Biblioteca Civica Angelo Mai, Bergamo), Daniele Oberto Marrama e la poesia Il vampiro di Amalia Guglielminetti. La produzione letteraria ‘vampiresca' sarà all’origine di tanto cinema, e sceneggiati radiofonici e televisivi. E anche tanti videogiochi. Qualche titolo? Per saperlo cliccate QUI. Quanto a musica e vampiri non mi pare ci sia una produzione maiuscola (come avviene, ad esempio, per il cinema. Corposa e rilevante è, invece, la produzione fumettistica Estratto dal comunicato stampa "Il Museo Civico di Crema e del Cremasco dedica un’intera mostra alla figura del vampiro dalla sua genesi in antichi miti e credenze fino alla icona pop della contemporaneità. Esposte oltre duecento opere provenienti da venti biblioteche pubbliche italiane e da collezionisti privati, tra testi letterari e poetici, spesso illustrati, pubblicati in volume e su riviste, incisioni, fogli sciolti, edizioni originali e materiale iconografico, attraverso cui si intende indagare il fenomeno che prende corpo attorno alla figura del vampiro, dalla sua genesi in antichi miti e credenze fino alla icona pop della contemporaneità. In mostra vi sono anche opere dei più rappresentativi artisti di fine Ottocento e inizio Novecento, come Henry Chapront per M.me Chantelouve, immagine guida della mostra, Félicien Rops, Marcel-Lenoir, Alméry Lobel-Riche, Valère Bernard e Carl Schmidt-Helmbrechts. La puntasecca Immagini della sera di Raoul Dal Molin Ferenzona (1932) testimonia la capacità evocativa della letteratura e dell’arte. Due litografie del francese Georges De Feure, Les vices entrent dans la ville (1894) e L’amour aveugle, l’amour sanglant (1893-1894), evocano il male. Realizzata in collaborazione con Aretè Associazione Culturale e Alla fine dei conti di Mantova, la mostra è accompagnata da un catalogo edito dal Museo Civico di Crema con prefazione di Antonio Castronuovo e testi di Elena Alfonsi, Paolo Battistel, Carla Caccia, Marius-Mircea Crișan, Mario Finazzi, Edoardo Fontana, Lidia Gallanti, Roberto Lunelio, Silvia Scaravaggi, ed Elena Vismara". ……………………………………………..... Per i redattori della stampa, radio-tv, web: Ufficio stampa, Sara Zolla 346 845 79 82 – press@sarazolla.com ……………………………………………………………………. Vampiri a cura di Edoardo Fontana, Lidia Gallanti, Silvia Scaravaggi Museo Civico di Crema e del Cremasco Piazzetta Winifred Terni de’ Gregorj 5, Crema 19 ottobre 2024 - 12 gennaio 2025
lunedì, 14 ottobre 2024
Dizionario Taroni . Cividin
Conobbi il duo formato da Roberto Taroni e Luisa Cividin nel 1981 in occasione di una loro produzione radiofonica Rai intitolata “Éclat: non di un solo uccello ma di molti” Un’opera sonora che rifletteva il lavoro intercodice che andavano svolgendo dalla metà degli anni ’70.
Ora, dopo una pubblicazione per Silvana Editoriale dedicata a quel tandem, ecco un nuovo volume edito da Bulzoni intitolato Dizionario Taroni-Cividin concetti e pratiche performative che Roberto Taroni firma con Daniele Vergni. Vergni è laureato in Discipline dello Spettacolo presso l’Università di Roma la Sapienza. Studia il nuovo teatro musicale in Italia, l’immagine acustica (sonorità e vocalità) della scena teatrale secondo novecentesca e le interazioni tra spazio suono e visione nelle installazioni multimedia. È redattore della rivista Sciami|Ricerche, membro del Gruppo Acusma e dell’équipe di ricerca di Nuovo Teatro made in Italy, diretti da Valentina Valentini. Collabora con le riviste Alfabeta 2 e Sciami|Ricerche. “Dizionario Taroni-Cividin” è articolato in due parti, una – utilizzando come punto di riferimento le partiture presenti nell’archivio di Taroni a Milano – è dedicata alla descrizione delle performances prodotte, l’altra è scritta proprio in forma di dizionario con osservanza alfabetica dei lemmi dalla A alla Z. Forse non è un caso – ma se lo fosse quale involontaria rivelazione! – se alla prima parola si trovi Accumulo e all’ultima figuri Zero che si pone quale perfetta epitome di un percorso espressivo teso fra la stratificazione di materiali e il rintocco matematico quale segnale di una fine che maschera un nuovo inizio. Una modalità che anticipava molto di ciò che avverrà nei successivi anni Ottanta e perfino oltre. Già, perfino oltre. Perché – scusate la malaparola che segue – la transmaterialità delle loro azioni, il pervenire a un risultato caldo attraverso strumenti algidi è quanto ancora oggi è traguardo di molti e riuscita di pochi. Taroni e Cividin diventavano loro stessi una bilocazione del medesimo essere performante per vivere in una sola moltitudine effetti da plurali campi espressivi sconfinanti fra loro. Dalla presentazione editoriale. «Le pratiche performative di Taroni-Cividin hanno attivato tra il 1977 e il 1984 una capacità immaginativa inedita e inaudita, pragmatica e materiale, una logica della futurità che oggi può aiutarci a sovvertire quel mondo che loro hanno sempre rifiutato di rappresentare. Il Dizionario Taroni-Cividin si concentra sulle capacità delle loro pratiche performative di generare mondi producendo pensiero attivo e azioni ribaltanti. Il libro è composto di due parti, il dizionario, condensato in oltre quaranta lemmi composti attraverso la pratica dialogica in colloqui svolti tra Roma e Milano da settembre a dicembre 2022 e che sviluppano le costellazioni concettual-immaginifiche materialmente attivate nelle performance di Taroni-Cividin agite tra il 1977 e il 1984, mentre la seconda parte ricostruisce dettagliatamente le performance, senza commenti, strumento su cui distendere e far interagire le riflessioni presenti nel Dizionario». ……………………………... Dizionario Taroni – Cividin pagine 314 – euro 24.00 con illustrazioni e foto b/n Bulzoni Editore
venerdì, 11 ottobre 2024
Il giovane meraviglioso
Quante ne sono state scritte sulla memoria e quante la memoria ne ha fatto scrivere! E quanti episodi straordinari su di essa si ritrovano nelle cronache scientifiche e in celebri avvenimenti immaginari di molta letteratura. Ad esempio, si racconta che Plinio il Vecchio ricordasse tutte le vie di Roma e i nomi dei suoi abitanti; è citata la vertiginosa avventura di Zaseckij paziente del famoso neurologo russo Lurija; l’isolamento e l’incomunicabilità del “memorioso” Funes che compare in una pagina delle Finzioni di Borges… e tra i detti famosi riferiti alla memoria figura il nome di Pico della Mirandola. Giusto citarlo a proposito di memoria, ma è restrittivo collegarlo (come in molti comunemente fanno) soltanto alla sua capacità mnemonica che pure fu tanto strabiliante da permettergli di recitare la Divina Commedia dal primo all’ultimo verso e poi a rovescio dall’ultimo al primo. Ricordare tutto, ma proprio tuttotutto è un bene? Umberto Eco in una Bustina di Minerva di tempo fa scrisse che molte guerre si combattono ancora ricordando offese lontanissime nel tempo e sarebbe stato tanto meglio che su quei ricordi fosse sceso l’oblio a cancellarli. A quando risale quella Bustina?... ehm…scusate, non lo ricordo. Pico della Mirandola (1463 – 1494), uomo di bell’aspetto, tombeur de femmes, provvisto d’acutissimo ingegno, ebbe una vita con momenti assai luminosi ed altri molto oscuri, conobbe anche il carcere, fino a morire avvelenato forse dal suo cancelliere, Cristoforo da Casalmaggiore. Lo ricorda un’appassionante biografia pubblicata dalla casa editrice Einaudi intitolata Il giovane meraviglioso Vita di Pico della Mirandola. L’autore è Raphael Ebgi Professore associato di Storia della Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Esperto di Umanesimo e di Rinascimento, ha curato per i «Millenni» Einaudi i volumi Giovanni Pico della Mirandola. Mito, magia, qabbalah (con Giulio Busi, 2014), Umanisti italiani. Pensiero e destino (con Massimo Cacciari, 2016) e Marsilio Ficino. «Anima Mundi»: scritti filosofici (2021). Per le Edizioni della Normale ha pubblicato «Voluptas». La filosofia del piacere nel giovane Marsilio Ficino (2019). Pico è più di un sommo esempio di mnemotecnico, è forse tra i grandi pensatori della cristianità dopo sant'Agostino. A lungo citato quale esempio di memoria prodigiosa “si è tornati solo in questi ultimi anni” – scrive Ebgi – “a scorgere la novità e l’importanza filosofica delle tesi di Pico (…) .visse in un mondo che avverte come prossimo un radicale mutamento di stato, una catastrofe, annunciatrice di un periodo di incertezza, forse di rinascita, ma che certo non potrà essere priva di lutto. Pico vive quest’epoca, immaginando vie verso un futuro che non si frantumi sotto il peso del presente, ma che si apra come uno spiraglio di luce oltre la tempesta. Si comprende cosí perché questo Rinascimento, e in particolare il pensiero di Pico, ci risultino ancora familiari. Tanto che a volte pare che il nostro tempo, nel suo smarrimento, stia segretamente inseguendo, forse invano, ciò che fu intuito, ormai piú di cinquecento anni fa, da questo giovane meraviglioso”. In un altro libro Einaudi, scritto con Giulio Busi, sobriamente intitolato “Pico della Mirandola”, Ebgi nota che Lorenzo de’ Medici, tra i pochissimi che riuscirono a confrontarsi con lui (quasi) alla pari, lo definí «istrumento da sapere fare il male et il bene» e Pico, di cui tanto si è parlato e scritto, ci appare ancora come un enigma. L’Orazione sulla dignità dell’uomo è considerata uno dei testi più rappresentativi del Rinascimento, ma il resto della sua opera – in tutta la sua lussureggiante erudizione – rimane quasi inaccessibile, tanto ricco da sconcertare e confondere. Per leggere pagine del libro: CLIC! Dalla presentazione editoriale «Ciò che muoverà Pico per tutta la sua breve vita non è il desiderio di fama e di stupire. O non solo. È una forza senza nome, che spinge tutti gli uomini, con maggiore o minore intensità, a seguire un proprio cammino. In lui, questa forza si presenta come nostalgia per ciò che nella natura e nelle creazioni dello spirito, o al di là di esse, vi è di infinito. Il suo sapere non si limitò dunque a conoscere sempre più cose, ma a trovare in esse ciò che le rende vive, nuove, e inafferrabili» ………………………….... Raphael Ebgi Il giovane meraviglioso 104 pagine * 14.00 euro Einaudi
mercoledì, 9 ottobre 2024
Storia del mondo in 12 partite di calcio
“Il calcio è l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l'unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro”. (Pier Paolo Pasolini) Esistono coincidenze fra il calcio e la storia? Sì, risponde il giornalista sportivo Stefano Bizzotto nel suo libro, pubblicato dalla casa editrice il Saggiatore, intitolato Storia del mondo in 12 partite di calcio. Bizzotto dopo aver lavorato per Alto Adige e Gazzetta dello Sport, nel 1991 è entrato in Rai. Ha seguito 8 Campionati del Mondo e 7 Campionati europei di calcio, 7 Olimpiadi estive e 7 invernali. Ha scritto, insieme con Tania Cagnotto “Che tuffo, la vita!” (2012) e già figura nel catalogo del Saggiatore con “Giro del mondo in una Coppa” (2018). Che la storia a volte con perfida sincronicità si leghi allo sport, noi italiani ne abbiamo tristi ricordi, basti pensare, ad esempio, all’imperativo mussoliniano “Nessun giudeo nelle società sportive!” che risuonò nel 1938 quando furono promulgate le leggi razziali e oltre duecento gli atleti italiani medagliati alle Olimpiadi, ai Campionati del Mondo o Campionati Continentali persero la vita perché deportati. Inoltre, su di noi pesa un umoristico e inesorabile lampo di Churchill sul rapporto che pratichiamo fra il calcio e la storia: lo statista inglese affermò “gli italiani vanno alla guerra come a una partita di calcio e alla partita di calcio come a una guerra” “Storia del mondo in 12 partite di calcio” è un’epopea collettiva di guerre, rivoluzioni, crisi economiche e trasformazioni sociali raccontata attraverso il filtro di un pallone. Una galleria di incontri dimenticati, eroi inattesi, tragedie sventate e risultati rocamboleschi all’interno della quale poter riconoscere un riflesso degli avvenimenti che hanno plasmato il mondo così come lo conosciamo oggi. In questo video l’autore traccia un profilo del suo libro. Dalla presentazione editoriale di Storia del mondo in 12 partite di calcio. «Da quando è nato, il destino del calcio è stato quello di incrociare la grande storia. Talvolta è successo durante una gara anonima, a volte in una finale in diretta mondiale, eppure da sempre un’eco di ciò che è accaduto fuori dal campo ha raggiunto, in modi anche impensabili, il rettangolo di gioco; e viceversa. Da Matthias Sindelar, che lasciò la nazionale dopo l’Anschluss, a Viktor Ponedel’nik, che portò l’Unione Sovietica sul tetto d’Europa, in queste pagine Stefano Bizzotto cuce tra loro i grandi eventi storici e le partite che in qualche modo li hanno anticipati, subiti o sintetizzati. Come nel caso di Dinamo Zagabria-Stella Rossa di Belgrado, quando gli scontri tra tifosi e polizia resero evidente che la Jugoslavia stava per dividersi nel sangue. O Cile-URSS del 1973, quando un gol a porta vuota, segnato in quello stesso stadio in cui si torturavano e uccidevano ogni giorno gli oppositori politici, riassunse l’assurda crudeltà del regime di Pinochet. Alternando curiosità inedite e resoconti di prima mano da parte dei protagonisti, quest’opera ci induce a guardare il nostro passato e il nostro presente da un nuovo punto di vista. Perché, al di là di quello che possiamo pensare, talvolta la storia avviene anche mentre qualcuno, da qualche parte, sta dando un calcio a un pallone». Ho aperto questa nota con Pier Paolo Pasolini, la chiudo con la voce di Borges. “ - Come?... Lei crede ancora al tifo e agli idoli?... Ma dove vive, Don Domeq? … Non esiste punteggio, né formazioni, né partite. Oggi le cose succedono solo alla televisione e alla radio. La falsa eccitazione dei locutori non le ha mai fatto sospettare che è tutto un imbroglio? L’ultima partita di calcio è stata giocata tanto tempo fa… Da allora il calcio, come tutta la vasta gamma degli sports, è un genere drammatico, interpretato da un solo uomo in una cabina e da attori in maglietta davanti al cameraman” (Jorge Luis Borges, da Esse est percipi, 1967). ……………………………………………. Stefano Bizzotto Storia del mondo in 12 partite di calcio 270 pagine * 17.00 euro Il Saggiatore
lunedì, 7 ottobre 2024
Guardate meglio
Secondo l’European Journal of Social Psychology, “Sono necessari da 18 a 254 giorni per assimilare una nuova abitudine” e si afferma inoltre che “occorrano, in media, non meno di 66 giorni affinché un nuovo comportamento possa definirsi abitudine”. Sia come sia, ma una volta acquisita quella condotta noi umani diventiamo più felici? Più infelici? Più sicuri? Oppure più saggi? O meno attenti? Quello studio si propone di rispondere alle domande appena scritte, rilevando non solo i tempi necessari per ritrovarsi nella condizione di abitudinaria/abitudinario, ma pure i riflessi possibili che ne conseguono sulla società. Un’altra ricerca scientifica sostiene che le persone iniziano ad abituarsi alla magia di una vacanza ai tropici nel giro di quarantatré ore dall’arrivo. Ricordo che tale cosa accadde anche a quel patafisico viaggiatore Raymond Roussel che poco dopo avere fissato lo sguardo su splendidi paesaggi ora africani ora tahitiani non più ne rilevava la bellezza abbassando la tendina dell’oblò del suo panfilo e ordinando di ripartire. Primo Levi riferisce di tanti ebrei capaci d’adattamento alla vita nel lager senza quasi più scorgervi l’atrocità di quel sopravvivere. Ci si abitua, dunque, a tutto? Al brutto e al bello?
La casa editrice Raffaello Cortina ha pubblicato, nella collana ‘Scienza e Idee’ fondata da Giulio Giorello, un saggio molto interessante che si pone proprio quelle domande. Titolo del libro: Guardate meglio Perché l’abitudine ci rende ciechi. Gli autori sono Tali Sharot e Cass R. Sunstein. Sharot è neuroscienziata di fama mondiale, insegna Neuroscienze cognitive presso lo University College di Londra, dove ha fondato e dirige l’Affective Brain Lab. Sunstein, docente presso la Harvard Law School, dirige il programma da lui ideato di studi in Economia comportamentale e politiche pubbliche. È autore di “Nudge. La spinta gentile” (Feltrinelli, 2014), ritenuto un manuale cardine dell’economia comportamentale. I due saggisti si chiedono che cosa succederebbe se le persone fossero in grado di vincere la meccanica ripetitività dei riti e dei gesti in ufficio, nella camera da letto, in ogni ambito della nostra vita. Quali sarebbero i riflessi sulla felicità, le relazioni, il lavoro, la comunità? Com’è possibile ristabilire quel senso di meraviglia per le cose che non si percepiscono o non si notano più? E come si potrebbe farlo? In altre parole: è possibile, in qualche misura, disabituarsi?”. È questo il tema del libro. “Non considereremo” - affermano i due saggisti – “solo come ci si possa disabituare alle cose più belle, a un lavoro, una casa, un quartiere o una relazione splendidi. Esploreremo anche come ci si possa disabituare alle cose brutte. Se vi facessimo riprovare continuamente la giornata peggiore della vostra vita, sicuramente desiderereste un cervello che si disabitui. Desiderereste che la sofferenza o l’angoscia si attenuino con il tempo”. Dalla presentazione editoriale. «Avete mai notato che quello che vi entusiasma il lunedì vi sembra noioso il venerdì? Relazioni, lavori, persino i capolavori dell’arte dopo un po’ perdono il loro fascino. A un certo punto, non facciamo più caso a ciò che c’è di buono nelle nostre vite, e non notiamo più nemmeno ciò che non va. Ci abituiamo all’aria inquinata, tolleriamo relazioni tossiche, giustifichiamo qualsiasi deriva autoritaria e corriamo rischi inutili. Ma è possibile iniziare a vedere tutto in modo nuovo? Tornare ad apprezzare ciò che c’è di buono e provare a cambiare quello che invece non ci rende felici? In questo studio sorprendente, frutto di una ricerca decennale in psicologia e biologia, i due autori ci mostrano che cambiare anche per poco l’ambiente in cui viviamo e le persone che frequentiamo è la strada per riconoscere e apprezzare il bene in modo più consapevole». …………………………………. Tali Sharot – Cass R. Sunstein Guardate meglio Traduzione di Virginio B. Sala 252 pagine * 20.00 euro Ebook (Epub) euro 13.99 Raffaello Cortina
venerdì, 4 ottobre 2024
Cronache del Diana (1)
Oggi Cosmotaxi si occupa d'un libro di autore anonimo. Titolo: Cronache del Diana Un antropologo dilettante in un cinema a luci rosse . Pubblicato da Oltre Edizioni lo hanno curato Vanessa Isoppo e Beppe Mecconi. Di questo tandem ecco le note biografiche stampate dall’editore. Vanessa Isoppo è psicologa-psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia dell'approccio centrato sulla persona. Già docente di Psicologia Generale all'Università di Genova, è specializzata inoltre in Problemi e Patologie Alcol-correlate e Scienze Criminologico-Forensi. Nata a Sarzana, vive e lavora a Roma. Beppe Mecconi è nato e vive nel Golfo dei Poeti. Pittore, scrittore, illustratore di libri per l’infanzia, sceneggiatore, autore e direttore di film-documentari, regista di teatro e recital musicali. Per 12 anni Presidente e Responsabile culturale del Museo paleontologico nel Castello di Lerici. Ha ricevuto dall’Unicef il diploma ufficiale del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia. Recentemente è stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica italiana per meriti culturali e artistici. Ancora dalle pagine delle Edizioni Oltre. “Di pornografia talvolta si parla, spesso con malizia o volgarità. Questo libro vuole dare uno spaccato nuovo, non a caso è scritto da “anonimo antropologo dilettante”. Ambientato in un cinema a luci rosse di una città di provincia, La Spezia, ma solo per caso, perché riguarda una realtà italiana viva fino a non molto tempo fa. L’autore narra la sua esperienza di frequentatore di cinema porno, intima e intimistica, cercando soprattutto una chiave di lettura, senza necessariamente cercare risposte a domande, ma sempre con spirito criticamente curioso. Da antropologo, appunto. Un libro che è un po’ un’autobiografia e un po’ un saggio, senza essere autocelebrativo come molte autobiografie e senza essere noioso come quasi tutti i saggi”. Dall’introduzione: «C’è stato un tempo in cui il porno non veniva consumato alla stregua di un “solitario”, facendo clic su un personal computer nella nostra abitazione, ma compiendo lo sforzo di uscire di casa, raggiungendo il cinema, varcando l’ingresso, pagando un biglietto e calandosi con un po’ di circospezione in un ambiente che a suo modo costituiva parte integrante dell’antropologia urbana. A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, nel quadro della complessiva crisi del cinema, e in linea con un’inesorabile tendenza nazionale, anche alla Spezia diverse sale si specializzarono nell’hard-core: il Cozzani, il Marconi, l’Odeon, l’Astra, frequentato fino a poco tempo prima da persone benestanti. Ricordo il titolare di una di quelle sale affermare sconsolato: «Se non proietti un film porno non puoi lavorare». Le volte che poteva, proponeva cartoni animati e sua moglie, tornata alla cassa, vedendo arrivare un cliente che accompagnava un bambino, si apriva a un sorriso. E il Diana, il locale di via Sapri, già cinema-teatro durante il fascismo, che nel dopoguerra, acquisita la nuova denominazione, aveva continuato a perseguire un target di livello medio-alto - fascia sociale abbastanza discriminante per lo studentello squattrinato che io ero nei primi anni Settanta - non sfuggiva a queste regole». Per saperne di più sulla nascita di questo volume, ecco in scena un incontro con rivelazioni e riflessioni di Vanessa Isoppo e Beppe Mecconi.
Cronache del Diana (2)
A Beppe Mecconi e Vanessa Isoppo ho rivolto alcune domande. Come e quando nasce questo libro? VI – Nel novembre 2023 vengo chiamata, come criminologa, in una trasmissione televisiva. L’anonimo autore segue quel programma e vede in me (spero di non averlo deluso) quella sensibilità necessaria a trattare un argomento così delicato. Mi contatta con una lettera piena di garbo, chiedendomi il permesso di inviarmi un suo manoscritto. La sua idea era quella di “farmi un regalo”, dandomi licenza di utilizzare il materiale a mio piacimento, stante la sua ferma necessità di mantenere l’anonimato. Quanto letto mi ha colpito al punto tale che ho immediatamente chiesto il permesso di girare il tutto a Beppe Mecconi nella speranza che, apprezzandolo quanto me, potesse proporlo all’editore con il quale collabora per arrivare alla pubblicazione, come in effetti è successo. Abbiamo solo chiesto all’autore di ampliare quanto inviatomi in modo da poterne fare un libro. Qual è la principale finalità che si propone questo saggio? BM – Il saggio è uno spaccato di vita vera: l’autore è il classico “ragazzo della porta accanto”, può essere il direttore della tua banca, l’idraulico che viene a riparare la perdita a casa tua, il medico che ti ha appena visitato. Il passato di tutti noi nasconde luci e ombre e, quella della frequentazione di un cinema porno, non solo come mero spettatore, fa parte, senza ipocrisia, delle “ombre”. Sentiamo dalla voce del protagonista non solo quello che accadeva nella sala di un cinema che potrebbe essere ovunque in Italia, ma soprattutto quello che accadeva nella vita di chi aveva una sorta di dipendenza dalla frequentazione di quel luogo. Nel libro è analizzato anche lo storico incontro-scontro che vi fu tra il porno audiovisivo e la politica; in particolare, con il femminismo. Dopo alterne vicende vissute negli anni, è oggi possibile, alla luce del consumo odierno proprio di quel genere audiovisivo, tracciare un nuovo profilo di quel lontano dibattito oppure si fronteggiano ancora le stesse divisioni di un tempo? VI e BM – A nostro parere non c’è stato un cambiamento davvero significativo: prova è che Rocco Siffredi è celebrato ma soprattutto stimato, quasi idolatrato, mentre nessuna pornostar donna gode di altrettanta stima. Crediamo che sia proprio nella natura della pornografia togliere centralità alla figura femminile per farne mero oggetto del desiderio dello spettatore, anche in film in cui la trama prevede una donna dominante e questo, oggi più che mai, continua a essere inaccettabile. Quale differenza è intervenuta fra lo spettatore di un film porno in una sala cinematografica e il consumatore di trame porno dallo schermo del computer? VI e BM – Più che di differenza parliamo di vera e propria rivoluzione, in quanto si è completamente persa la parte della socializzazione che era forse il motivo principale che portava a entrare al cinema a vedere quel tipo di film. Un libro come questo, con solo la visione di un film porno tramite la solitudine del Pc oggi, non si potrebbe scrivere perché mancherebbe quella parte che è l’incontro con gli altri spettatori; senza questi scambi il libro non esisterebbe e, ciò che più conta, l’autore non sarebbe la persona che è oggi; lui è la persona che è grazie alla pornografia e nonostante la pornografia. In che cosa il digitale ha innovato la produzione dello spettacolo pornografico? BM – Penso che il fine sia il medesimo, ed è quello che la produzione e il pubblico essenzialmente vogliono, quindi, dal punto di vista dei contenuti non è cambiato nulla. Unica rilevante differenza ritengo sia il fatto che il digitale ha portato sicuramene a una riduzione dei costi, e praticamente chiunque, ora, può inventarsi regista o protagonista. Infatti, credo che i film autoprodotti e messi in rete oggi proliferino (un po’ come i libri) e di conseguenza la qualità del prodotto finito (se di “qualità” in questi ambiti si può parlare, ma presumo di sì, come in un qualsiasi altro ambito creativo) possa essere inferiore a quella del tempo di cui si parla nel libro. Osserva Simone Regazzoni nel suo “Pornosofia” (termine coniato dal compianto filosofo Franco Volpi) che nel porno “gli attori fingono di fare ciò che in realtà fanno”. È un ennesimo travisamento della realtà? Oppure una delle crepe della realtà? VI – Grazie per questa domanda che mi permette di specificare un messaggio che ritengo molto importante: la pornografia NON è realtà. Le performance degli attori non corrispondono a quello che accade nella vita vera ed è imperativo che i giovanissimi lo sappiano. Più di tutto, è “fondamentale” che non passi il messaggio totalmente squalificante (eufemismo) della figura femminile. Nessun film porno è l’innesco di una violenza sessuale, dove a essere agito è il potere e la sopraffazione, prima ancora della sessualità, ma non dobbiamo correre il rischio che la fruizione continua di questo tipo di film inculchi nei nostri figli la percezione di poter fare della donna ciò che più piace, ignorando le sue richieste e, più di tutto, i suoi dinieghi. Da psicoterapeuta, da donna, ma anche da mamma di due adolescenti, temo che la mancanza di educazione all’affettività (che comprende anche l’educazione alla sessualità) faccia sì che i giovani si accostino alla pornografia per “imparare”, senza avere però gli strumenti per capire che, mutatis mutandis, la pornografia è, per utilizzare un linguaggio cinematografico, fantascienza. ……………………………………................... Anonimo Cronache del “Diana” A cura di Beppe Mecconi e Vanessa Isoppo 144 pagine * 16.00 euro Oltre Edizioni
giovedì, 3 ottobre 2024
Potere e previsione
Nello scenario tecnologico contemporaneo la digitalizzazione ha avuto un impatto eccezionale con una serie di progressi: l'Internet delle cose, la blockchain, l'automazione robotica dei processi, i veicoli autonomi, l'analisi dei big data, la sterminata memoria d’Internet. L’IA è tutto questo più altro e proietta l’umanità in un mondo inimmaginabile appena pochi anni fa. Vari e contrastanti i giudizi sull’IA.
• Lo scienziato taiwanese Kai-Fu Lee, tra i massimi esperti al mondo di IA: “La tecnologia genera sempre preoccupazioni. Anche l’automobile era considerata spaventosa, e così l’elettricità ed i personal computer. Le tecnologie nel breve termine creano problemi. Sul lungo periodo però tutte le innovazioni hanno portato più benefici che danni”. • Helga Nowotny docente di studi sociali all’Eth di Zurigo: “L’IA con gli algoritmi predittivi usa big data trascorsi per prevedere il futuro, ma così facendo perpetua il passato e riduce le possibilità di cambiamento. Il rischio è di trovarci a vivere in un mondo deterministico in cui il futuro è già deciso a priori”. Poche cose in questi ultimi tempi hanno visto divisi e opposti i giudizi di scienziati, filosofi, artisti, quanto l’IA acronimo che sta per Intelligenza Artificiale. Ecco due esempi C’è anche chi estremizza: • Claude Shannon, matematico statunitense: "Immagino un momento in cui saremo per i robot cio’ che i cani sono per gli umani e faccio il tifo per le macchine". La casa editrice FrancoAngeli ha pubblicato Potere e previsione L'economia dirompente dell'intelligenza artificiale. Gli autori del bestseller “Macchine predittive” Ajay Agrawal - Joshua Gans - Avi Goldfarb con questo nuovo loro libro compongono una guida per capire come e perché l’IA sta trasformando l’economia. Ajay Agrawal è titolare delle cattedre di Strategic Management e di Entrepreneurship and Innovation presso la Rotman School of Management dell'Università di Toronto. È fondatore del Creative Destruction Lab e del Metaverse Mind Lab, nonché cofondatore di NEXT Canada e di Sanctuary. Joshua Gans è titolare della cattedra di Technical Innovation and Entrepreneurship presso la Rotman School of Management di Toronto. È economista capo del Creative Destruction Lab e cofondatore e amministratore delegato di Core Economic Research. Avi Goldfarb è titolare della cattedra di Artificial Intelligence and Healthcare e professore di marketing presso la Rotman School of Management di Toronto. È anche chief data scientist del Creative Destruction Lab, fellow di Behavioral Economics in Action presso la Rotman e affiliato di facoltà al Vector Institute for Artificial Intelligence. "Questo è un libro che i leader di tutti i tipi di organizzazioni dovrebbero leggere. Spiega le enormi opportunità offerte dall'intelligenza artificiale (IA) e le sfide che occorre affrontare per riuscire a coglierle. Dal settore bancario a quello manifatturiero, dalla moda all'industria mineraria, gli effetti dei sistemi di IA saranno onnipresenti, come lo sono stati in passati quelli dell'elettricità e di Internet". Dominic Barton, Presidente di Rio Tinto; ex Global Managing Partner di McKinsey & Co.
"L'IA potrebbe essere per il XXI secolo ciò che l'elettricità è stata per il XX secolo. Chiunque pensi al nostro futuro economico deve riflettere sulle implicazioni di questa tecnologia. Questo è il miglior libro sul mercato in grado di spiegare che cosa la diffusione dell'IA comporterà per tutti i soggetti che partecipano alla nostra economia". Lawrence H. Summers, professore ed ex Presidente dell'Università di Harvard, ex Segretario del Tesoro degli Stati Uniti ed ex Capo economista della Banca Mondiale. "Ci vuole coraggio per immergersi in queste pagine e la volontà di investire del tempo per raccogliere i frutti che vi sono racchiusi. Ma ne vale la pena. Il libro è un'opera di grande ispirazione per chi intenda modellare la strategia e progettare la struttura delle organizzazioni nell'era dell'IA". Heather Reisman, fondatrice e CEO di Indigo Books and Music. "Nessun altro libro fornisce una visione più approfondita degli aspetti economici fondamentali dell'IA e di ciò che l'IA consente realmente di fare. Non si tratta solo di individuare quei casi in cui la nuova tecnologia permette di effettuare previsioni a basso costo, ma di descrivere sistemi decisionali migliori. Questo è un passo molto più importante per le imprese e per l'economia nel suo complesso". Tiff Macklem, Governatore della Banca del Canada. "Agrawal, Gans e Goldfarb hanno fatto di nuovo centro! Il loro nuovo libro è destinato a diventare la guida definitiva per capire come e perché l'IA sta trasformando l'economia". Erik Brynjolfsson, docente e senior fellow presso lo Stanford Institute for Human-Centered AI. "Che ci piaccia o no, l'intelligenza artificiale è destinata a influenzare ogni aspetto della nostra vita. Come possiamo fare in modo che gli individui, le aziende e le organizzazioni ne traggano vantaggio, invece di sprecare tempo e risorse per affrontare le conseguenze indesiderate? Questo libro sottolinea come l'IA possa migliorare ciò che facciamo fornendo previsioni migliori e aiutando a riorganizzare i sistemi decisionali". Daron Acemoglu, Elizabeth and James Killian Professor of Economics presso il MIT; coautore di Perché le nazioni falliscono. Dalla presentazione editoriale «L'intelligenza artificiale (IA) ha già avuto un impatto significativo su molti settori economici: sulla finanza, sulla farmaceutica, sull'industria automobilistica, nell'ambito medico, in quello manifatturiero e sul commercio mondiale. Ma il percorso di una sua sistematica applicazione, che condurrà a previsioni più economiche, più precise e più rapide, in grado di guidare le decisioni strategiche di business, è appena iniziato. Quando le previsioni raggiungeranno un livello di accuratezza mai sperimentato prima, i settori economici si trasformeranno e tale trasformazione determinerà effetti dirompenti. Che cosa c'è alla base di questo processo? Nel loro primo libro, “Macchine predittive”, gli economisti Ajay Agrawal, Joshua Gans e Avi Goldfarb hanno provato a illustrare le semplici ma rivoluzionarie conseguenze economiche derivanti dall'adozione dell'IA. Ora, in questo nuovo lavoro, approfondiscono la loro analisi, focalizzandosi su di un elemento più basilare: la decisione. Gli autori spiegano come i due ingredienti chiave del processo decisionale, la previsione e il giudizio, siano elaborati contestualmente dalla nostra mente, spesso senza che noi ce ne rendiamo conto. L'ascesa dell'IA sta spostando il compito di effettuare previsioni dagli esseri umani alle macchine, sollevando i primi da questo carico cognitivo e aumentando la velocità e l'accuratezza delle decisioni. Ciò avrà profonde implicazioni per l'innovazione a livello di sistema. La riprogettazione di sistemi di decisioni interdipendenti richiede tempo - molti settori sono attualmente nella fase di quiete prima della tempesta - ma quando questi nuovi sistemi emergeranno, determineranno cambiamenti su scala globale. Il processo decisionale, infatti, conferisce potere. Nel business, il potere genera profitti; nella società, il potere permette il controllo. Questo processo di riprogettazione dei sistemi decisionali avrà vincitori e vinti. Le aziende potranno sfruttare le opportunità che si apriranno e dovranno proteggere le loro posizioni. Pieno di intuizioni illuminanti, ricco di esempi e di consigli pratici, Potere e previsione è un libro imperdibile per ogni leader aziendale interessato a comprendere come far sì che i prossimi sconvolgimenti generati dall'intelligenza artificiale funzionino a favore della sua realtà organizzativa anziché contro di essa» Per leggere l’Indice e le prime pagine: CLIC! ……………………………………………… Ajay Agrawal Joshua Gans Avi Goldfarb Potere e previsione Traduzione dall’inglese di Pierluigi Micalizzi pagine: 264 * euro 29.00 PdF con DRM euro 24.99 Epub con DRM euro 24.99 FrancoAngeli
mercoledì, 2 ottobre 2024
Il cervello e la musica
1) Ha un peso medio di 1.330 grammi, è più voluminoso di quello di qualsiasi altro grande primate e più piccolo soltanto di quello degli elefanti, dei grandi delfini e delle balene; 2) Ha più di 100 miliardi di cellule; ciascuna connessa con almeno altre 20.000; probabilmente le combinazioni possibili sono più grandi del numero di molecole dell’universo Ogni organo del corpo umano, sia femminile sia maschile, ha uno specialista e uno solo che se ne occupa. C'è un solo organo che vede applicate su di esso ben quattro specializzazioni: è il cervello. Intorno vi indagano, disputano, accolgono pazienti, ben quattro professionisti, in ordine alfabetico: il neurologo, lo psicanalista, lo psichiatra, lo psicologo. Le moderne neuroscienze, sono nate alla fine dell’Ottocento, ma a tutt’oggi, del cervello, pur sapendone noi molto più di pochi anni fa, resta il sito meno noto di tutto il corpo umano. Il cervello non è uguale per tutti, da qui il mio invito alla prudenza consigliando di usare per alcuni la parola ”testa” invece di “cervello”, così andate sul sicuro. Pensate, ad esempio, ai seguaci di Vannacci (nome di fantasia), diremo di loro “Che cosa mai avranno nella testa?” e non “Che cosa mai avranno nel cervello?”. E così pure di quelli che si oppongono ai vaccini: “Che cosa mai avranno nella testa?” e non “Che cosa mai avranno nel cervello?”. E così correttamente via di seguito. Il cervello presiede a tutte le nostre attività, comprese quindi anche a quelle artistiche. In tempi recenti un grande scienziato britannico, Semir Zeki, autore di due straordinari libri (“A Vision of the Brain” e “Inner Vision”), ha fondato una nuova disciplina: la Neuroestetica che prende le mosse dall’estetica tradizionale ma che nasce dalla sinergia tra le discipline artistiche e le neuroscienze. Né vanno trascurati gli studi di Oliver Sachs (bene esposti nel suo “Musicofilia”) nei quali si va dai misteriosi sogni musicali che ispirarono Berlioz, Wagner e Stravinskij, alla possibile amusia di Nabokov: ogni storia cui Sacks dà voce e illumina uno dei molti modi in cui musica, emozione, memoria e identità si intrecciano, e ci definiscono. Negli studi scientifici, in particolare sulla percezione musicale, c’è chi sostiene sia proprio l’esperienza d’ascolto a favorire l’interpretazione delle strutture mentali che producono le strutture della musica, altri credono nel tragitto opposto partendo dalle neuroscienze specie di marca cognitiva. Rapporti complessi, difficili da indagare che però aprono affascinanti campi di ricerca. La casa editrice Lindau ha pubblicato un gran bel libro: Il cervello e la musica Un’odissea fantastica tra arte e scienza. L’autore è Michel Rochon, giornalista scientifico canadese. Da più di trent’anni collabora con Radio-Canada, contribuendo alla realizzazione di programmi come Découverte, Enquête e Le Téléjournal. È anche conferenziere, presentatore e pianista che esplora le più recenti acquisizioni sulla neuroplasticità cerebrale. Dalle teorie degli antichi Greci alle scoperte scientifiche sull’udito in età moderna, questo volume espone in modo chiaro e accessibile tutto ciò che sappiamo riguardo ai complessi e meravigliosi processi cerebrali che rendono possibile l’esperienza musicale a ogni livello, dal semplice ascolto all’esecuzione fino alla creazione di nuova musica. Dalla presentazione editoriale. «Una nota, una melodia, un ritmo, ed ecco… il cervello è in fermento. Ma perché certi brani riescono a commuoverci, a metterci i brividi, a entusiasmarci o a scatenarci a tal punto da spingerci a ballare? Perché ci colpiscono tanto le sinfonie di Beethoven, le performance vocali di Céline Dion o gli accordi distorti della nostra rock band preferita? Michel Rochon in “Il cervello e la musica” ci guida in un’affascinante esplorazione del cervello musicale Attraverso un approccio multidisciplinare che spazia dalla neuropsicologia alla linguistica, dall’epigenetica all’intelligenza artificiale, Rochon esamina il ruolo decisivo che la musica ha avuto e continua ad avere nella storia degli esseri umani, come mezzo per esprimersi, per entrare in relazione col mondo e con gli altri, per conoscere sé stessi e vivere vite più ricche di significato». ………………………………………….. Michel Rochon Il cervello e la musica Traduzione di Davide Platzer Ferrero 168 pagine * 19.00 euro Lindau
Cavalli e cavalletti
Cinquantasei anni fa, il 2 ottobre del 1968 moriva a Neuilly-sur-Seine Marcel Duchamp . A Rouen dov’è sepolto, sulla sua tomba c’è l’epitaffio da lui stesso composto: «D'ailleurs c'est toujours les autres qui meurent» ("D'altronde sono sempre gli altri che muoiono").
Per i più distratti QUI un rapido ma attento ritratto della vita e delle opere di Duchamp definito da André Breton “l’uomo più intelligente del XX secolo”. Di libri scritti su di lui ne esistono tanti e tanti, mi limito a segnalarne due: “Ingegnere del tempo perduto”, edito da Abscondita – oggi Ean) è un’intervista realizzata dallo storico dell’arte Pierre Cabanne. Altro titolo: “Marcel Duchamp. La vita a credito” (Johan & Levi) di Bernard Marcadé docente di Estetica e di Storia dell'Arte all'Ecole National Superior d'Arts de Paris-Cergy. A proposito di vita, voglio ricordare un volume di tempo fa (“Uno scacco matrimoniale”, Edizioni Archinto) che illumina un episodio trascurato da molti biografi forse perché non torna troppo a onore dell’artista: iI matrimonio di Marcel con Lydie Sarazin-Levassor, una donna straordinaria ingiustamente maltrattata da Gianfranco Baruchello in una sua imperdonabile intervista. Chiudo questa nota con una folgore di Duchamp che oggi ancora più di ieri si fa beffe di quanti ancora si ostinano a pittare: Da quando i generali non muoiono più a cavallo non vedo perché un pittore dovrebbe morire davanti a un cavalletto.
martedì, 1 ottobre 2024
Fotografia e Femminismi
Esiste una storia della fotografia al femminile? Sì, certo che esiste. Ecco un breve ma denso testo con splendide immagini che la documentano: CLIC! Per tempi vicini a noi, in una pagina web del Centro di Ricerca Faf così si legge. “Dagli ultimi decenni del Novecento, grazie anche all’espansione di strumenti di analisi favoriti dai cultural studies e dai gender studies, si sono andate progressivamente sviluppando aree di studi e ricerche che hanno posto al centro nuove identità e nuove istanze culturali e politiche. Tra queste, il ruolo della donna e il suo contributo all’arte e alla cultura visiva è stata una delle più feconde e importanti. All’interno di questa nuova area d’interesse, il ruolo e il significato delle pratiche fotografiche delle donne, a sua volta, ha costituito un filone di sviluppo negli studi scientifici, così come nelle iniziative museali e curatoriali”. Il Centro Faf collabora con la Fondazione Sabe per l'Arte nel presentare adesso Fotografia e Femminismi Storie e immagini dalla Collezione Donata Pizzi. QUI il sito web di quella Collezione. La mostra è a cura di Federica Muzzarelli. In foto: Lucia Marcucci, Essa Extra, 1965. Lambda print 2016, 42,8 x 30 cm Estratto dal comunicato stampa. «A partire da una selezione di immagini provenienti dalla Collezione Donata Pizzi, la mostra “Fotografia e Femminismi” mette in dialogo il lavoro di diverse generazioni di fotografe e artiste operanti nel panorama italiano degli ultimi cinquant’anni. In particolare, la collettiva focalizza la persistenza ideale, l’eredità culturale e, insieme, lo sviluppo e i mutamenti dell’immagine e della presenza delle donne attraverso gli snodi offerti da quattro nuclei tematici principali: Album di famiglia, Identità di genere, Stereotipi e spazi domestici, Ruoli e censure sociali. Lo fa accostando, secondo un montaggio parallelo che ne rivela concretamente continuità e dissonanze, i lavori di artiste storicizzate quali Liliana Barchiesi, Lisetta Carmi, Lucia Marcucci, Paola Mattioli, Tomaso Binga, a quelli di Martina Della Valle, Giulia Iacolutti, Moira Ricci, Alessandra Spranzi e Alba Zari. Ma la mostra è anche un racconto nel racconto: quello di un’iniziativa pionieristica e lungimirante che ha portato Donata Pizzi a iniziare un percorso di valorizzazione del lavoro delle donne artiste e fotografe italiane che oggi assume i contorni di un patrimonio storico e culturale eccezionale. Completano la mostra una riproduzione anastatica di alcune maquette dell’iconico volume collettivo femminista “Ci vediamo mercoledì. Gli altri giorni ci immaginiamo” (1978), e una selezione di pubblicazioni e cataloghi che tracciano la storia espositiva e progettuale della Collezione Donata Pizzi». …………………………………………………………………………………. Ufficio stampa: Irene Guzman | mail: irenegzm@gmail.com | Tel. +39 349 1250956 …………………………………………………………………………………. Fotografia e femminismo A cura di Federica Muzzarelli Fondazione Sabe per l’Arte | Via Giovanni Pascoli 31, Ravenna info@sabeperlarte.org Dal 5 ottobre al 15 dicembre 2024 Ingresso libero
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