"Immaginate la mia sorpresa, anzi la mia costernazione, quando, senza
nemmeno uscire dal suo rifugio, Bartleby, mi rispose: - Preferirei di no";
queste righe sono tratte da Bartleby lo scrivano, di Herman Melville, 1853,
che credo sia uno dei più grandi racconti mai scritti.
Bartleby, copista presso un avvocato, dapprima esegue gli incarichi affidatigli,
poi, ad un tratto si rifiuta di sbrigarli opponendo un diniego "dolce,
ma al tempo stesso fermo", sempre con le stesse tre parole: Preferirei
di no, I would prefer not to, visto che lui parlava americano.
Il suo datore di lavoro, sgomento, arriva persino ad abbandonare il proprio
studio dove resta però lo scrivano sbigottendo e mandando in tilt i
vicini. Bartleby finisce in carcere dove un dì va nel cortile, s'inoltra
sul prato, vi si sdraia, e quietamente muore.
Bartleby non è un inconsapevole eroe dell'antieroismo come, ad esempio,
lo Schweyk di Bertolt Brecht
a proposito di BìBì, che passa
per uno scrittore campione di libertà, con la sua bic stalinista applaudì i
russi quando spararono nel '53 sugli operai a Berlino, giusto così per
ricordare
altre sono le ragioni del suo cosciente rifiuto, eppure mi piacerebbe
sentire oggi quelle tre calme parole da tanti che, invece, s'affannano a dire
di sì ai nuovi padroni. Non mi riferisco a chi, giovane o meno giovane
disoccupato, ha estremo bisogno d'un lavoro in uffici, redazioni, fabbriche,
eccetera, no, ma a chi potrebbe perfino permettersi di non pronunciare quel
sì. E invece lo fa. Per ingordigia, vanità o colpevole cecità.
Sono in molti, sapete, più di quanti se ne immaginano.
Naturalmente, è bene non scordarsi che ci furono anche coloro che, pur
stretti nelle necessità, si comportarono diversamente. Un esempio per
tutti: i dodici (su 1200 circa!) professori universitari che nel 1931 persero
la cattedra perché rifiutarono il giuramento al fascismo; un paio d'anni
fa La Nuova Italia pubblicò un gran bel libro su di loro, Il giuramento
rifiutato, scritto da un tedesco, Helmut Goetz, se non lo avete ancora
fatto, leggetelo, ne vale la pena.
Ma oggi non è la stessa cosa
non viviamo in un regime come
allora
.d'accordo (però ci sono anche alcuni aspetti peggiori di
allora)
questo dice chi fa distinguo e precisazioni soltanto per giustificare
il suo sì e, volpino, tende a confondere Lando Buzzanca con Robert de
Niro, Susanna Tamaro con Emilio Gadda, e Iva Zanicchi con Laurie Anderson
via,
un po' di decenza!
Mi piacerebbe sentire da quelli: preferirei di no, come diceva Bartleby.
Mi piacerebbe sentirlo da quei critici ordinatori di mostre che hanno accettato
la revisione del catalogo sul neorealismo al Palazzo delle Esposizioni di Roma;
da quelli che si sono seduti nel CdA della Rai; dai tanti che accettano d'andare
ai talk show strisciando porta a porta e restando schiacciati fra le ante (lasciate
che a fare i turni serali da Costanzo sia solo Bertinotti, lui se lo merita
Costanzo); da quelli che partecipano ("da sinistra" s'intende, ci
mancherebbe!), ai convegni sulla pacificazione, la nuova scuola, la nuova sanità,
la nuova giustizia, insomma sulla vecchia zoccolerìa.
Volete che indichi degli altri? Preferirei di no.
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