* Circa il titolo di questa nota, è forse opportuna una precisazione. Comprensibile è l’espressione “Bersalema” che vede fusi i nomi di due politici, essendo uno il rovescio della medaglia e l’altro la medaglia del rovescio. La parola “Iporchema”, invece, non la usiamo tutti i giorni e, inoltre, sia scritto sia detto, contiene segni e suoni che possono trarre in inganno alcuni, far pensare loro a cose suine e, quindi, offensive per i due noti personaggi della Sinistra. Ai più distratti, ricordo, quindi, che l'Iporchema è nell'antica lirica greca il canto corale, in cretico, accompagnato dalla danza, dalla cetra, dal flauto e anche dalla pantomima; originariamente connesso al culto di Apollo divenne successivamente un elemento dei cori tragici.
Tutto chiaro mo’, o no?
29 marzo ’10. Qualche riflessione post-elettorale.
Un tipo buontempone cui piace assai il pallone.
Bersani, spalleggiato da D'Alema (… visto che fondere i due nomi è legittimo?), sùbito dopo il voto, si è difeso affermando "Non canto vittoria, ma non siamo neanche sconfitti. A gennaio nessuno avrebbe scommesso su un sette a sei”. Poi, impavido, affidandosi a metafore calcistiche, imitando un noto leader che parla di politica con i piedi, ha dichiarato: “In Piemonte e Lazio è stato come prendere due pali in zona Cesarini”. Spensierata e gaia, infine, la conclusione anche se non priva di qualche scarsa familiarità con la geografia italiana: "È falso che siamo scomparsi al Nord. E poi il voto alla Lega è un voto contro Berlusconi".
Gesù, fate luce! E se luce non potete fare, emettete almeno il triplice fischio di chiusura.
Allegro tizio è quel Maurizio.
Maurizio Migliavacca, cui qualche mattacchione ha conferito il titolo di coordinatore organizzativo del Pd, ha così detto: “La mia idea è che il Pdl sia in calo. Noi avanziamo di 2-3 punti rispetto alle europee anche considerando i voti andati alle liste dei presidenti; in Emilia cresciamo di 2 punti, in Toscana di 4, in Umbria di 3 e in Lombardia di un punto e mezzo”.
Del famoso lombardo “punto e mes” l’onorevole Migliavacca dimostra così di esserne un ammiratore, ma, forse, ne ha tracannati troppi.
Una scelta audace che finì però in orbace.
Prima di chiamarsi Bersalema, D’Alema era D’Alema. Tra le sue tante lungimiranti scelte di cui può fregiarsi, c’è stata quella di chiamare Claudio Velardi a collaborare al suo fianco.
Sintetica bio del Velardi; uno degli anagrammi del suo nome: “Illudo cadaveri”.
Già dirigente politico del Pci (all'inizio degli anni '90 è segretario regionale del partito in Basilicata), nell'XI Legislatura lo troviamo a capo dell’ufficio stampa del gruppo parlamentare dello stesso partito che, nel frattempo, ha cambiato il nome in Pds.
Nell'estate del 1994, con l'elezione di D'Alema alla carica di segretario del Pds, Velardi è chiamato dal nuovo segretario a guidarne l’ufficio.
Nell'ottobre 1998, a seguito della crisi del primo governo Prodi (sgambettato dalla sua stessa coalizione, e che vede D'Alema diventare Presidente del Consiglio… ma tu guarda che combinazione!), è nuovamente chiamato dallo skipper di Gallipoli a insediarsi stavolta a Palazzo Chigi. Dopo la caduta del governo D'Alema, abbandona l'attività politica, ma è voluto da Bassolino come Assessore regionale al Turismo e ai Beni culturali. Lo sarà dal febbraio 2008 al giugno 2009.
Nel gennaio 2010 eccolo consulente d’immagine della candidata di centrodestra Renata Polverini per la regione Lazio.
Nichi. Ha vinto nonostante D’Alema sia sceso in Puglia (vale a dire nel proprio collegio elettorale) per sostenere il candidato Ds che si opponeva a Vendola. Doppia vittoria, quindi, quella di Nichi. Ma c’è dell’altro. Di solito, uno schieramento che vinca o perda, vede i suoi rappresentanti usare forme espositive simili per esaltarsi o per negare d’aver perso.
I sostantivi e gli aggettivi sono gli stessi, parlati o scritti, per maramaldeggiare (in modo più o meno volgare) sugli avversari oppure per nascondere (in maniera più o meno goffa) la sconfitta.
Ho sentito il discorso di ringraziamento agli elettori pugliesi pronunciato da Vendola e niente di quanto prima dicevo c’era nelle sue parole. Parole nuove, semplici, appassionate ma senza autocelebrazioni, calorose e non accalorate, senza indulgenza e senza rancori. Ha parlato dei necessari giorni di riposo che gli servivano per tornare ai suoi libri che gli erano per troppo tempo mancati, per tenersi lontano dal telefonino, per rileggere delle poesie. Ha indicato il lavoro da fare senza toni missionari, non ha voluto ingraziarsi coloro che lo avevano votato per farli sentire (come fa ogni vincitore) orgogliosi di un’impresa eroica, ma in realtà per dare in realtà dell’eroe a se stesso. Era emozionato ma non eccitato. Forte ma non nerboruto. Mostrava un futuro da praticare con umiltà e tenacia. Una grande lezione di stile. E di politica nuova.
Zoom. “Elezioni: Il sonno è di destra, il sogno è di sinistra... Votare per una lucida insonnia”.
(Gesualdo Bufalino)
Esco e chiudo. Se qualcuno mi cerca, sto al bar.
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