11 pagine. Il 9 giugno il Premier ne dice a tutti di tutti i colori. Sfoglio Repubblica cercando chi della Sinistra gli replica. In prima nulla… pagina 2… 3… 4… niente. Vado avanti e devo arrivare a pagina 11 dove trovo il nome di D’Alema. “Ah, ecco” – mi dico – “finalmente qualcuno gli risponde”. Leggo. D’Alema, sporgendosi dalla lapide di pagina 11, è lì per commentare un eventuale legame tra Cosa Nostra e FI e afferma: “Forza Italia non c’entra”.
Trovo la cosa offensiva per la Destra.
Perciò dico allo skipper di Gallipoli e a tanti altri mozzi: ragazzi, quelli lì si sanno difendere da soli, non hanno bisogno di voi.
Donne velate. Spesso, nella Sinistra, ci sono ardenti signore che difendono i costumi islamici negando che da quelle parti ci siano soprusi ma soltanto usanze. Qualcuna più ardimentosa si spinge oltre affermando, da temeraria, che, invece, proprio da noi le donne sono meno rispettate.
Un paio di notiziole fresche fresche non come le uova che tirerei sulle signore prima citate.
1) Cinque conduttrici di Al Jazeera sono state costrette a dimettersi dalla tv del Qatar perché, secondo i dirigenti, “mancavano di modestia” osando vestirsi con giacca beige, camicia di seta chiusa al collo, capelli sciolti sulle spalle e… udite udite!... addirittura un filo di eyeliner intorno agli occhi.
2) Rizzoli ha mandato in libreria “Nomade. Perché l’Islam non è una religione per donne”. L’ha scritto la scrittrice somala Ayaan Hirsi Ali. Leggetelo e poi mi date una voce.
Una professoressa inviò tempo fa una mail ad Augias (a proposito di un musulmano che minacciava di mai più fare uscire la moglie se non ben imbacuccata) dicendo come meglio non si potrebbe: “… ma si può parlare di libertà di portare il velo quando non c’è la libertà di non portarlo? Tra l’altro non si tratta certo di un foulard, ma di una barriera tessile pesante ed invasiva per i movimenti (…) Il problema è qui: la vera libertà è quella di fare, ma anche quella di non fare”.
Fra i musulmani, non c’è.
Ma vano è sperare di trovare quella possibilità di scelta fra i monoteisti.
Pornolalia. L’espressione è riferita all'uso della parolaccia durante l'atto sessuale.
Per estensione, è impiegata ad indicare oscenità dette anche in momenti non intimi.
Volete un esempio? Ne ho uno a tiro. Fu detta in un necrologio per Momigliano: “Se insieme con il Positivismo, il Socialismo, il Libero Pensiero, e con il Momigliano morissero tutti i Giudei che continuano l'opera dei Giudei che hanno crocifisso Nostro Signore, non è vero che al mondo si starebbe meglio?”
Goebbels? Himmler? Eichmann? No. Parole di Agostino Gemelli sacerdote fondatore dell’Università Cattolica di Milano, pubblicate anonime in “Vita e Pensiero”, nell'agosto 1924. Agostino Gemelli, allora Rettore dell'Università Cattolica e Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, però ne rivendicò la paternità nel numero del dicembre 1924 della stessa rivista.
Più tardi lo stesso sacerdote fu tra i 360 aderenti al manifesto degli scienziati razzisti del 1938 (vedi: Franco Cuomo “I dieci”, pagine 273, euro 14.50, Ed. Baldini Castoldi Dalai, 2006).
Il 9 gennaio 1939, dopo la promulgazione delle leggi razziali, all’Università di Bologna, Gemelli affermò: “Tragica senza dubbio, e dolorosa la situazione di coloro che non possono far parte, e per il loro sangue e per la loro religione, di questa magnifica patria; tragica situazione in cui vediamo una volta di più, come molte altre nei secoli, attuarsi quella terribile sentenza che il popolo deicida ha chiesto su di sé e per la quale va ramingo per il mondo…” (vedi: Renzo De Felice, “Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo”, Einaudi, 1993, p. 325).
Pornosofia. E’ possibile scrivere un libro di filosofia sul porno? Sì, lo ha fatto, e benissimo, Simone Regazzoni (“Pornosofia", pagg. 176, euro 14.00, Ponte alle Grazie), nato nel 1975, allievo di Jacques Derrida; conta un dottorato in Filosofia all’università di Parigi 8, dove ha poi insegnato.
Ha cominciato a collaborare con l’Università Cattolica, a Milano, nel 2007; oggi ha due corsi, entrambi a Economia: Filosofia delle arti visive e Storia economica della cultura.
Insegnerà nella stessa Università anche il prossimo anno? Chissà…
Perché in quell’Ateneo l’hanno presa malissimo e non si esclude che il contratto non gli sia rinnovato a causa di quel volume.
D’accordo, le religioni hanno sempre fifa dei libri (perfino la Bibbia ha una sua storia di censure da parte di tonache toste, e il Corano viene tirato per la copertina di qua e di là da barbuti incazzosi), ne sanno qualcosa quei due fidanzatini ch’ebbero lo sfratto per avere dato un piccolo morso a un frutto dell’albero della Conoscenza.
Voglio sperare, però, che quella prestigiosa università milanese non comprometta la sua immagine prendendo decisioni vendicative verso l’autore di un valoroso libro che non esalta la pornografia, ma la studia nei suoi aspetti semantici e filosofici.
Romanzite. Da tempo devo rispondere – e chiedo scuso del ritardo – a chi via mail mi ha indirizzato rimproveri (e chi anche qualche insulto) per avere parlato di “morte del romanzo”.
Mai pronunciate, in verità, da me quelle tre parole.
Il romanzo – basti pensare che in Italia se ne pubblicano oltre 40 al giorno – è certamente vivo, ma, a mio avviso, vive la vita dello zombi; questo sì, lo penso. Non nego che accanto a tanti (ma proprio tanti!) romanzi brutti, ce ne sia perfino qualcuno ben fatto, ma più che belli o brutti, sono inutili.
E non da oggi.
Già Fernando Pessoa diceva: “Il romanzo è la favola delle fate per chi non ha immaginazione”.
E Giorgio Manganelli: “Basta che un libro sia un romanzo per assumere un connotato losco”.
Poi c’è pure qualcuno che s’inventa qualche corrente nuova; ad esempio quelli del NIE (acronimo che sta per New Italian Epic), e, fatalità, NIE sono anche le tre lettere iniziali della parola “niente”.
Il nuovo sta da tutt’altra parte, sta nell’Umanesimo Digitale nel cui Manifesto si legge al punto 1: “La stampa non rappresenta più il medium esclusivo o normativo nel quale la conoscenza viene prodotta o disseminata: piuttosto, la stampa viene assorbita in nuove configurazioni multimediali”.
Romanzoctomia. Per curare la romanzite, acuta o cronica, non si tratta soltanto di trasferire la pagina stampata in formato elettronico, come fa, ad esempio, l’e-book, ma di praticare un linguaggio che possa essere generato e fruito solo attraverso pratiche multimediali. Iniziali, timidi, tentativi, li trovo nel vook sintesi multimedia tra video e book che interfaccia libro, internet e i social network. O – come riferisce Alessandra Paolini – in quel fenomeno che in Giappone è chiamato ‘keitai shosetzu’ cioè romanzi per telefonino, oppure nell’‘articuento’ (articolo-racconto) lanciato in Spagna da Juan Josè Millàs fruibile solo via sms sui cellulari.
Al momento, però, la nuova, più completa, narratività si trova soltanto nei videogames.
Concludendo: se poi non si vuole ricorrere ad un intervento chirurgico sul romanzo, c’è la possibilità d’impedire che nasca il male attraverso una tecnica contraccettiva illustrata QUI.
Sacrificati. Si richiedono sacrifici. Per tutti? Sì e no. Ad esempio il 5% di tagli agli stipendi dei deputati va ad incidere su chi becca 15.000 euro al mese cui però vanno sommati i 4 mila euro di diaria che gli spettano per vivere a Roma, altrettanti per il rimborso forfettario delle spese elettorali, i 1.200 euro per le spese di viaggio, e altri 258 per il telefonino; non escludo di aver dimenticato qualche altra voce.
Nessuna misura per le pensioni dei parlamentari ottenute dopo solo due anni e mezzo di legislatura.
Nessun taglio ai partiti per le spese elettorali, pudicamente chiamate “rimborsi”.
Turismo. Il figlio di Bossi s’è vantato di mai essere sceso a sud oltre Roma, mai stato in Sicilia. Nella ribalda dichiarazione di quel figliol improvvido, si nota in lui, però, qualche lodevole prudenza: egli sa che le acque dello Stretto sono profonde e gelide.
Senza commento. Un messaggio postale recapitato agli abbonati a Sky in cui s’illustrano i servizi della Società, termina con il seguente claim: Sky è come Pietro, ti dà sempre qualcosa indietro.
Esco e chiudo. Se qualcuno mi cerca, sto al bar.
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