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Lusi: i collusi, i delusi, gli illusi

 

Premessa. Questa è l’ultima newletter prima della pausa estiva. Le buone notizie finiscono qui.
Nel testo che segue, a parte quelle purtroppo mai obsolete, poche le notizie di attualità. Perché l’eventuale lettore dei prossimi due mesi troverebbe terribilmente invecchiati commenti su cose ormai trascorse da qualche tempo. Già, poiché la grande quantità d’informazioni che ogni giorno ci raggiunge talvolta oscura cose importanti incalzate da altre sopraggiunte anche se meno rilevanti.
Perciò qui voglio ricordarne alcune trascorse, ma che è bene non dimenticare. Come la seguente: dal primo gennaio  al 21 giugno 2012 sono già 288 i lavoratori morti per incidenti sul luogo di lavoro. Spero che tale scandalosa cifra mentre state leggendo non sia aumentata.
Per saperlo: cliccare su  http://cadutisullavoro.blogspot.it

 

 

24 Maggio ’12. Radio Rai: nel Giornale Radio 3 delle 22.45, una voce femminile (annunciatrice?...  giornalista?) ha citato la strage di Portella della Ginestra, testualmente dicendo: "dove fu ucciso il sindacalista Placido Rizzotto". Quella strage avvenne il 1º maggio 1947, Rizzotto fu rapito e ucciso dalla mafia a Corleone il 10 marzo 1948.
Signori della radio pubblica (…e quei signori sono tanti perché le assunzioni sono state tante) come viene confezionata una notizia? Chi la scrive? Chi la controlla? Chi la diffonde al microfono? In sostanza, a quanti di quei tanti signori è sfuggito l'errore contenuto nella frase trasmessa?
Ma non è stata soltanto Radio Rai a infierire con falsità storiche su Rizzotto.
Brusio in chiesa durante i funerali quando per la seconda volta monsignor Di Cristina, ha sbagliato il cognome chiamando “Rizzutto” il dirigente della Cgil assassinato 64 anni fa, e mai pronunciando la parola “mafia” accuratamente evitata.

 

 

22.6.’12. Ieri sera su tutti i Tg, oggi su tutte le prime pagine si trova la notizia dell’arresto di Lusi nonostante la torbida ambiguità del Pdl, che ci ha provato fino all’ultimo a salvarlo.
Gli articoli sono attraversati da un certo stupore, sia pure nella diversità dei toni.
Illusi i collusi che volevano il voto segreto, delusi i grillini che speravano in un De Gregorio bis.
Su questo signore che ammette di aver rubato oltre 20 milioni di euro, chissà quanto tempo radiofonico e televisivo saremo costretti a sorbettarci. E chissà quanti fiumi d’inchiostro scorreranno sul tema (oltre a fiumi carsici di sangue per ciò che quello lì dirà ai giudici).
Poche righe – e non su tutti i quotidiani – si trovano il 9 giugno di quest’anno a proposito di una donna di 76 anni che rubò un pacchetto di caramelle al Pam di via XXII marzo a Milano; un 37enne del supermercato la rincorse, la bloccò (... mio eroe!) e consegnò l’anziana alla polizia.
Né toccò troppo i cuori dei media l’episodio del dicembre scorso quando in un negozio a Torgiano una sessantenne s’appropriò di alcune confezioni di carne del valore di 20 euro. Fermata, dichiarò: “Non ho i soldi per fare la spesa. La pensione non mi basta, sono disperata”.

 

 

Cabras. In quella località sarda il 19 luglio 1978 morì tragicamente, annegando, Marcello Marchesi che i meno giovani ricordano come “il signore di mezz’età”. Comico, sceneggiatore, regista, paroliere, cantautore, pubblicitario. E scrittore finissimo. Ebbi il piacere di conoscerlo e lavorare spesso con lui a Radio Rai nei primi anni ’70 in un programma che si chiamava “Andata e Ritorno”: ricordava i programmi andati in onda la settimana prima. Perciò lui ci mise il sottotitolo: “Trasmissione per indaffarati, distratti e lontani” e scriveva i testi per i presentatori che erano Domenico Modugno, Ornella Vanoni, Massimo Ranieri e altri che al momento non ricordo.
Marcello: un grande!
Tra i suoi tanti fulminanti aforismi ne voglio ricordare uno: Due rette parallele su di un piano s’incontrano all’infinito. Quando non gliene fotte più niente.
In Rete lo ricorda il sito www.marcellomarchesi.it

 

 

Estate. Stagione che piace a tanti e dispiace a pochi fra i quali milito da sempre.
Estate: tutto più velocemente si decompone. Corpi esposti senza vergogna di sé, odori forti, sudori, canottiere bossiane, i bambini strillano di più, dalle finestre aperte suoni assordanti.
Si aggirano subdole infezioni nell’aria asfissiante.
Abbondano premi letterari, sagre d’abbuffate senza qualità, festivalini e festivaloni.
L’estate incoraggia ogni volgarità.

 

 

Invitti. Categoria umana di facile reperimento. Dai loro discorsi mai apprenderete di una sconfitta. Gente che mai perde, mai pareggia. No, vince. Anche in trasferta. Infatti, in molte situazioni che vi riferiscono, pur trovandosi in evidente inferiorità per effetto gerarchico, trionfano. I loro avversari si ritirano avviliti, travolti. I particolari dello stupore, dei trasalimenti, dello sgomento di quei soccombenti prima di darsi alla fuga in disordine e senza speranza, non ci vengono risparmiati.
Gli invitti esigono ascolti ammirati.

 

 

Zoom. “Vada dal dottor xy… sapesse com’è umano!”
Mi faccio indicare bene dove sta. Per dirigermi nella direzione opposta. A passi lunghi e svelti.

 

 

Esco e chiudo. Se qualcuno mi cerca, sto al bar.

 

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