- Memorandum.
Poiché, smentendo sue precedenti affermazioni, Don Matteo il Rottamatore non si è ritirato dalla politica anzi dice ai suoi, alla Fabio Rovazzi, “andiamo a comandare”, è opportuno ricordare un esempio di come rottamò. Esempio rinverdito da cronache giudiziarie recenti.
Il 31 gennaio 2017 il tribunale di Lucca ha condannato Mauro Moretti in primo grado a 7 anni di carcere per disastro ferroviario, incendio colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali.
La pena si riferisce alla strage di Viareggio che causò 33 morti.
Che c’entra Renzi? Presidente del Consiglio dal febbraio 2014, dopo aver forse consultato la lista degli allora più recenti rinviati a giudizio, a maggio, rottamando giulivo, trovò il nome che gli garbava nell’Amministratore delle FS Mauro Moretti da promuovere a capo di Finmeccanica. Moretti era stato già rinviato a giudizio (… attenzione... non solo indagato, ma rinviato a giudizio) il 18 luglio 2013 per la strage della quale il tribunale l’ha poi riconosciuto responsabile.
Quando fu premiato da Renzi, aveva già definito la strage di Viareggio “uno spiacevole episodio”.
Chi con Renzi va, specie da elettore, sappia con quale fior di rottamatore sta passeggiando.
- Dopo la condanna di Moretti, Gentirenziloni (di cui tutti lodano la buona educazione) invece di cacciarlo – o almeno sospenderlo – da Finmeccanica (non foss’altro per dare un esempio di buona educazione) si è rinchiuso in un rigoroso silenzio. Pieno di buona educazione.
- Berlusconi prima e Renzi poi, hanno abituato tanti ad accettare l’inaccettabile.
Nell’indifferenza, infatti, nelle terre del terremoto sono state assegnate casette per sorteggio!
Le incapacità dei governi risolte da una riffa.
Gentirenziloni tace e non interviene. Quando si dice la buona educazione…
- Com’è noto, Renzi non rottamò Angelino Alfano, perché giovane virgulto della politica e mai chiacchierato, ma lo nominò Ministro degli Interni.
Gentirenziloni, rispettando quanto ordinatogli (… sapesse com’è rispettoso, signora mia!...), l’ha fatto Ministro degli Esteri. Angelino, che è anche anglista, viaggia così col uaind (per usare la sua pronuncia della parola wind) in poppa.
Nell’anniversario della morte di Craxi, turista per caso in Tunisia, si è recato sull’avello di Bottino. “Era un dovere essere qui sulla tomba di uno che da primo ministro e da capo politico ci aveva visto lungo sulla modernizzazione”.
Di quale reato non ha specificato.
- Quando appare Di Maio in tv, di solito all’ora in cui i tg guastano i pasti, scende un ulteriore velo di mestizia sulle mense. Di recente, in un avventuroso italiano – ma va lodato il generoso tentativo d’esprimersi nella lingua nazionale – s’è lanciato in un temerario attacco alla stampa difendendo l’onesta ma improvvida Raggi. Ancora una difesa così e la sindaca, pur innocente, finisce al gabbio.
- Sono un accanito sostenitore del cinema italiano d’oggi. Dopo Gianni Canova, s’intende.
Francesco Patierno, però, col suo “Napoli ‘44” mi ha dato un duro colpo.
Basato sull’omonimo libro di Norman Lewis, ufficiale inglese a Napoli in quell’anno, il film si avvale di brani filmati dell’epoca, di sequenze estratte da film italiani che si riferiscono a quel periodo, di Adriano Giannini che fuori campo legge come meglio non si potrebbe il bellissimo testo di Lewis. Fu edito molti anni fa da Adelphi, definito «uno dei dieci libri da salvare sulla seconda guerra mondiale». Fin qui tutto bene.
Già, ma questo è solo mezzo film perché per l’altra metà, a intervallare le immagini di repertorio, si assiste alla passeggiata di un tale, ripreso a colori, che s’aggira incerto e muto fra spiagge e rovine con aria da smemorato, roba da segnalarlo a “Chi l’ha visto”.
Nello sciagurato caso che il regista volesse intendere che quello smarrito signore sia Norman Lewis, si aspetti che quell’autore, dall’aldilà, gli terrorizzi i sogni.
- L’Espresso ha dedicato un apprezzabile special sulla situazione italiana della poesia interrogandosi sul suo ruolo oggi nell’espressività, nel mercato e nei media. Con note anche dolenti.
Buffa cosa fatta da un settimanale che, nella grande distribuzione, era l’unico in Italia ad avere una rubrica di critica dedicata alla poesia, poi misteriosamente sparita da qualche mese. La firmava la grande penna di Enzo Golino. Era di grande interesse anche perché praticava spesso eleganti, ma non per questo meno severe, stroncature. Faccenda alquanto rara oggi con la stampa quotidiana e periodica a promuovere in netta prevalenza solo i volumi pubblicati dell’editore cui è collegata.
Ridateci quella rubrica! E se è Golino a non volerlo, convincetelo pure con le cattive. Vi autorizzo.
In libreria, nella forma originaria in cui la scrisse Carlo Emilio Gadda, con la luminosa cura di Paola Italia e Giorgio Pinotti, Adelphi ha pubblicato un monumento della letteratura italiana: l’invettiva antifascista “Eros e Priapo”.
L’incipit: Li associati a delinquere cui per più di un ventennio è venuto fatto di poter taglieggiare a lor posta e coprir d’onte e stuprare la Italia, e precipitarla finalmente in quella ruina e in quell’abisso dove Dio medesimo ha paura guardare, pervennero a dipingere come attività politica la distruzione e la cancellazione della vita. Ogni fatto o atto della vita e della coscienza è reato per chi fonda il suo imperio col proibire tutto a tutti, coltello alla cintola.
Esco e chiudo. Se qualcuno mi cerca sto al bar.
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