Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.
lunedì, 18 novembre 2024
Arsenico e altri veleni (1)
Il veleno: sostanza che appare nella storia, nelle leggende, in letteratura e ancora al cinema, in testi teatrali, tanto per citarne uno forse imbattibile in primati è l’Amleto, ben tre avvelenamenti. Tra scena e fuori scena Ma di morte per veleno ne è pieno il reparto, di ieri e di oggi. Da Socrate condannato a bere la velenosa cicuta, perché accusato di corrompere i giovani e di non credere negli dèi a Gianna Nannini che vive un amore tossico “come un gelato al veleno”. Il veleno, però, può essere contenuto anche in cose realmente piacevoli, anche nei sentimenti, perché nella farmacopea come nelle nostre vite è forse valida un’ammonizione che ci viene da una voce di circa cinque secoli fa, quella di Paracelso: «È la dose che fa il veleno». Uomini e donne, santi e assassini, animali fantastici, antidoti e amari calici, speziali e confidenti, crimini e processi. Ecco gli ingredienti di un libro splendido pubblicato dalla casa editrice il Mulino. Titolo: Arsenico e altri veleni Una storia letale nel Medioevo. L’autrice è Beatrice Del Bo. Insegna Storia economica e sociale del Medioevo e Didattica della storia nell’Università degli Studi di Milano. Un suo recente libro con il Mulino è «L’età del lume. Una storia della luce nel Medioevo» (2023). Per più estese informazioni bibliografiche CLIC Che cosa promette, e mantiene, nelle pagine di questo suo saggio: “Troverete gli immortali, ma defunti, Romeo e Giulietta, i meno noti Simona e Pasquino, protagonisti di una novella del Decameron, e pure le undici galline di Antonio, vittime di una «lite condominiale» di quei tempi. E poi papa Benedetto XI, che nel luglio del 1304, dopo neppure un anno di pontificato, muore d’improvviso a Perugia e Ambrogina Demiano che compare tra i condannati nelle sentenze gridate dal giudice di Milano nel 1376”. E tanto altro ancora, aggiungo io. Dalla presentazione editoriale. «Nel Medioevo, il veleno era una minaccia costante, tanto che le morti per avvelenamento erano relativamente comuni, e l’arsenico, con la sua letale efficacia e la sua invisibilità, era una delle sostanze più micidiali. Le narrazioni letterarie, le cronache e le rappresentazioni artistiche hanno alimentato un immaginario del veleno come arma segreta e insidiosa e delle donne come le principali “avvelenatrici”. A partire dalle fonti storiche, Beatrice Del Bo decostruisce alcuni falsi miti di un fenomeno che ha affascinato e spaventato l’umanità per secoli: l’uso del veleno coinvolgeva uomini e donne di ogni ceto sociale, infiltrandosi tanto nelle corti nobiliari quanto nei mercati e nelle taverne delle città, e non era solo uno strumento di morte, ma anche di cura e un simbolo di autorità e controllo, capace di sconvolgere le dinamiche del potere e della vita quotidiana. La vera storia di un nemico spesso invisibile». Il libro si avvale di illustrazioni e di un ricchissimo Indice dei nomi, dei veleni e degli antidoti Segue ora un incontro con Beatrice Del Bo.
Arsenico e altri veleni (2)
A Beatrice Del Bo (in foto) ho rivolto alcune domande. Incontrare una grande medievista quale lei è, ecco un’occasione troppo ghiotta per rinunciare alla domanda che segue. Perché i pareri sulle date d’inizio e sulla fine del Medioevo sono spesso discordanti? Le date sono frutto di esigenze umane, tanto psicologiche quanto didattiche: ci servono per organizzare le nostre conoscenze, per gestirle meglio, per memorizzare e per sentirci collocati nella Storia. In quanto tali, le date sono espedienti artificiali, tant’è che non tutte le persone adottano lo stesso sistema di datazione. Esse richiamano infatti eventi o snodi ritenuti epocali, che hanno determinato importanti cambiamenti, e quindi potenzialmente differenti da cultura a cultura. Nella storia medievale i mutamenti non sono mai stati repentini, per quanto incisivi, e perciò le date convenzionali lasciano il tempo che trovano. Per alcuni la data di inizio del Medioevo è il 395 d.C., anno di morte dell’imperatore Teodosio, per altri il 410, sacco di Roma di Alarico, re dei Visigoti, oppure il 496, quando Clodoveo, re dei Franchi, si convertì al cristianesimo e, per gli Spagnoli, può essere il 710, con la conquista araba. La data adottata comunemente in Italia è il 476, di solito accompagnata nei manuali dalla dicitura: “caduta dell’Impero romano d’Occidente”. Un’etichetta scorretta e fuorviante, poiché non si trattò di un evento fragoroso e circostanziato – una caduta! - che devastò la civiltà dei territori fino a quel momento sottoposti al governo romano, ma fu una molto meno catastrofica fine istituzionale di un regime politico già agonizzante; regime che, oltretutto, continuò ad operare per un altro millennio in Oriente, finché nel 1453 Costantinopoli non fu conquistata dagli Ottomani. Ed è questa la motivazione che ha indotto alcuni a scegliere proprio il 1453 come fine del Medioevo, anche perché coincide con la fine della Guerra dei Cent'Anni. Anche in questo caso i pareri non sono concordi poiché c’è chi ritiene più periodizzante il 1517, quando Lutero affisse le 95 Tesi, o il 1527, il Sacco di Roma dei Lanzichenecchi e potrei citarne altre, ma concludo con il 1492, la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, che è quella accettata dai più. E quali per lei sono quelle attendibili? Tutte e nessuna, a dire il vero. Mi piacerebbe più che altro che dessimo finalmente un nome a questa epoca, visto che ci ostiniamo a chiamarla “Medioevo”, cioè “Età di mezzo”. Si potrebbe definirla “Età del lume”, legandola a un elemento della cultura materiale che la connotò, ma sono aperta ad accogliere qualsiasi altra definizione che la indichi per le sue caratteristiche e non per la collocazione tra Antichità ed Età Moderna. Sulla periodizzazione, da storica dell’economia e della società, prediligo una periodizzazione più lunga, cioè l’età preindustriale, oppure più breve, tra due epidemie, la Peste di Giustiniano (541-542), l’ultima dell’Antichità per certi versi, e la Peste Nera, cioè il 1347-52, considerate le conseguenze che ebbero sulle strutture demografiche, economiche, politiche e sociali. In molte occasioni il Medio Evo è presentato (in romanzi, film, sceneggiati, fumetti, videogames e perfino in testi scolastici) come un’età fatta di secoli bui. È un’epoca calunniata? Se sì oppure no, perché? È inverosimile pensare che quei mille anni siano stati connotati soltanto in senso negativo quindi la risposta è certamente: sì, è calunniata. Oggi contribuiscono alla fama negativa le voci dei mass media che impiegano spesso “Medioevo” e “medievale” come sinonimo di rozzo, ignorante, retrogrado, crudele, violento e chi più ne ha, più ne metta. Sicuramente la letteratura e il cinema, cartoni animati compresi, ma anche l’Illuminismo e, per certi versi, il Romanticismo, hanno contribuito alla costruzione di un Medioevo con tali caratteristiche e hanno fatto sì che si radicassero nell’immaginario comune. E benché storiche e storici abbiano scritto fiumi di inchiostro per ricostruire in maniera verosimile e accurata quel millennio, che ha avuto luci ed ombre come qualsiasi altro periodo storico, e durante il quale sono state molte le sperimentazioni, le scoperte, le innovazioni che ancora oggi fanno parte della nostra esistenza e la rendono migliore, dagli occhiali alle Università, per citarne soltanto due, gran parte delle persone si immagina un Medioevo con quei connotati negativi... … un’immagine artificiale… … sì, un’immagine artificiale che fa gioco però, e questo è il fenomeno più pericoloso, a coloro i quali oggi hanno bisogno di usare il Medioevo per scaricarsi dalla responsabilità delle efferatezze commesse da persone che vivono nella Contemporaneità e quindi riconducibili ai nostri assetti sociali. Un delitto orribile, un provvedimento che discrimina, una persona che agisce con modi brutali vengono infatti definiti medievali; è un meccanismo psicologico che aiuta a prenderne le distanze, a definire quelle atrocità come altro da noi. Invece siamo, ahimé! proprio noi i responsabili e non persone vissute mille anni fa… Sul mio profilo instagram @beatricedelbo ho aperto una rubrica #medioevoluminoso in cui raccolgo tutti gli articoli e tutti gli usi scorretti di Medioevo e medievale per sensibilizzare su questo tema… Nell’affrontare il tema di questo suo nuovo libro quale cosa ha deciso di fare assolutamente per prima e quale per prima assolutamente da evitare? Innanzitutto, ho verificato che ci fossero abbastanza fonti e variegate, anche materiali, per poterlo studiare fuori dai cliché, visto che Medioevo-veleno è un binomio molto praticato dalla letteratura e dal cinema ma lo è molto meno da storiche e storici. Mi serviva poter capire cosa le persone dell’epoca conoscevano a proposito di veleni, se li temevano e come si difendevano; desideravo poter raccontare un Medioevo che aveva un atteggiamento anche scientifico di fronte ai “tossici”, uscendo dagli antri delle “streghe” e dai pentoloni peni di zampe di rana e ali di pipistrello; narrare di medici e farmacisti al lavoro, di serpenti e rospi, contro i cui veleni esistono dei rimedi, di uomini che avvelenano i loro nemici ma anche le galline del vicino, e di donne che usano l’arsenico contro i loro mariti ma acquistandolo dallo speziale e non fabbricando pozioni… Ho evitato di farmi influenzare dai romanzi di successo, come il “Nome della Rosa”, che, peraltro, sono dichiaratamente opere di fantasia, e ho evitato di fermarmi allo studio di una tipologia soltanto di fonte, ma ho consultato processi, novelle, inventari di spezierie, trattati di medicina sui veleni, dipinti, cronache, resoconti di anatomopatologi ecc. A sentire le voci e a leggere le pagine più diffuse sembra che il veleno nel Medio Evo sia amministrato in grande prevalenza da mani femminili. È proprio così? Per nulla ed è proprio la volontà di spazzare via questo cliché che mi ha indotta a scrivere il libro: ad avvelenare sono soprattutto uomini, e uomini potenti; ovviamente ci sono anche donne, soprattutto borghesi e popolari, ma dobbiamo fare attenzione alle nostre fonti perché alcune di quelle che troviamo nei processi accusate di avvelenamento, del marito soprattutto, possono essere vittime della società e delle testimonianze, visto che raramente possiamo “leggere” la loro voce, poiché spesso non si presentano in tribunale per rendere la loro testimonianza. Il veleno ai nostri giorni è ancora un’arma come un tempo o altri nascosti strumenti di morte ne hanno preso il posto? Nel Medioevo era facile intossicarsi, poiché erano molte le sostanze tossiche con cui si poteva venire in contatto involontariamente: dal veleno di serpenti, scorpioni, rospi e tarantole, alle erbe come la mandragola, l’elleboro e la belladonna, fino ai minerali come arsenico e argento vivo; molte di esse erano usate in medicina, altre nella tintoria, nella concia delle pelli, in pittura e nella cosmesi. Non posso dire, però, che fosse una cifra distintiva del Medioevo e che oggigiorno non vi siano produzioni industriali che nuocciono gravemente alla salute – abbiamo ben presente gli effetti dell’Eternit -, o prodotti di bellezza nocivi. E nemmeno posso affermare che oggi il veleno non sia usato per uccidere, poiché le cronache politiche recenti testimoniano il contrario. Ed è di pochi mesi fa la notizia di una giocatrice di scacchi che in Russia ha avvelenato con il mercurio la scacchiera per “spaventare” la sua temibile avversaria. Purtroppo, oggi, rispetto al Medioevo, ci sono più armi subdole, batteriologiche, nucleari e chimiche, che possono procurare avvelenamenti di massa, benché questa pratica sia già attestata alla fine del Medioevo, adottata da papa Alessandro VI per eliminare l’esercito del re di Francia Carlo VIII. ………………………………. Beatrice Del Bo Arsenico e altri veleni 304 pagine * 17.00 euro e-book euro 11,99 Formato: ePub Il Mulino
venerdì, 15 novembre 2024
Eretici a Milano
Prima di presentare il libro di oggi credo sia opportuno soffermarsi su di una parola che non pronunciamo tutti i giorni al bar: Pataria. Mano al Dizionario: “Movimento politico-religioso di carattere ereticale e pauperistico, sorto a Milano nella seconda metà del sec. XI: le sue caratteristiche democratiche ne fecero un modo di affrancamento delle classi socialmente inferiori dai vincoli feudali. Nata dall'opposizione all'arcivescovo Guido da Velate, eletto per volontà dell'imperatore Enrico III (1045), la pataria espresse le istanze del clero e del popolo milanese contro la simonia. La parola “pataria” la troviamo nelle pagine di un eccellente libro pubblicato dalla casa editrice Mursia e da pochi giorni in libreria. Titolo Eretici a Milano Quando la gente cominciò a voler dire la sua. L’autore è Paolo Golinelli. Già professore ordinario di Storia Medievale all’Università degli Studi di Verona, si occupa principalmente dei rapporti tra religione e società nel Medioevo. Con Mursia ha pubblicato: “Matilde e i Canossa” (2004), “Celestino V” (2007), “Il Medioevo degli increduli” (2009), “Medioevo Romantico” (2011), “Terremoti in Val Padana (2012), “Un millennio fa. Storia globale del pieno Medioevo” (2015), “Breve storia di Matilde di Canossa” (2015) e “Santi e culti dell’anno Mille” (2017). Qui in questo video una sua lectio su Matilde di Canossa che nella storia del Medioevo è una delle figure femminili più significative e alla quale Golinelli ha dedicato valorosi studi. Questo suo nuovo saggio affronta un tema tra i più spinosi nel dibattito non solo nell’ambiente ecclesiastico di ieri perché ha avuto riflessi anche nel più ampio panorama culturale di quell’epoca: eresia. È questa tra l’altro una parola antica che vive tuttora (anche se spesso virgolettata) applicata perfino a coloro che pur aderendo ad una ideologia politica o teoria estetica, a parere dei capi di un Partito o di una Corrente artistica, si allontanano dai dettami teorici di quella stessa organizzazione o tendenza cui appartengono. L’eresia, però, è qui per Golinelli la base per migliorare la società, con il non conformismo, la partecipazione e le scelte consapevoli. Dalla presentazione editoriale «È necessario che anche le eresie ci siano» (I Cor. XI, 19). Partendo da questa frase di San Paolo, si ripercorrono i movimenti religiosi che interessarono l’Europa nel secolo dell’anno Mille. Si trattò di un risveglio delle coscienze che coinvolse gruppi sempre più numerosi di persone, che per la prima volta presero posizione contro la Chiesa feudale e un clero ritenuto indegno del ministero che professava. Questo è particolarmente evidente a Milano, una città in piena crescita economica e politica, dove si manifestò il movimento della Pataria, che fu il segno più palese di una nuova autoconsapevolezza delle persone, foriera di conseguenze per i secoli che seguirono. Nella storia capita a volte che ciò che prima era accettato come naturale, improvvisamente viene messo in discussione. Se non si considerano questi elementi “dal basso” si perde un momento essenziale dei fenomeni storici: quelli che vengono dalle eresie». …………………………… Paolo Golinelli Eretici a Milano 212 pagine * 18.00 euro Mursia
mercoledì, 13 novembre 2024
Qui ma non ora
Mi piace il lavoro di Giuliana Cunéaz e, infatti, anni fa le dedicai una puntata di Nadir una sezione di questo sito. Ora la Galleria Gagliardi e Domke di Giuliana Cunéaz ospita la terza mostra personale che si svolge nei suoi locali. Viene esposta La belle au bois dormant (2023), installazione concepita come una macchina dei sogni che consente allo spettatore di sognare a occhi aperti attraverso un’esperienza immersiva individuale. Estratto dal comunicato stampa. «Ciascuno, sdraiandosi su un letto realizzato dall’artista con un pattern che evoca l’universo tecnologico, si trova di fronte alla propria visione proiettata su un monitor inserito nella parte superiore del baldacchino: lo spettatore innesca un processo scrivendo una frase su un tablet, che viene rielaborata in base ad alcuni input che per mezzo dell’intelligenza artificiale vengono tradotti in emozioni reali. In sintonia con il tema guida di Artissima The Era of Daydreaming l’installazione giunge a Torino dopo essere stata esposta a Milano, Parma, al Labirinto della Masone e a Rimini. Il titolo dell’opera si riferisce alla celebre fiaba di Charles Perrault La bella addormentata nel bosco, con la differenza che qui si chiede allo spettatore di non addormentarsi lasciandosi trasportare in un universo onirico. Segno e sogno trovano infatti una loro sintesi formale in base a un metodo innovativo dove l’artista intreccia la sua poetica con le tecnologie più sofisticate. “La belle au bois dormant” è un’opera realizzata con il sostegno di Var Digital Art e la consulenza tecnica di Roberto Beragnoli. Alla parete, alcuni di questi esiti completano l’esperienza installativa offrendo la visione di opere inedite del ciclo dei Sogni che consentono un ulteriore coinvolgimento emozionale dello spettatore. Come recita il titolo della mostra, Qui ma non ora è una suggestione che ci costringe a ripensare a noi stessi e al continuo scarto temporale e spaziale a cui siamo sottoposti. L’indagine di Giuliana Cunéaz, che da più di vent’anni usa la tecnologia come supporto espressivo attraverso molteplici sperimentazioni, supera la dimensione fisica in una continua ricerca verso una prospettiva altra, tanto che il percorso di visita prosegue con l’esposizione di una serie di opere realizzate con l’ausilio dell’intelligenza artificiale e della realtà aumentata dedicata agli Spiriti Guida degli animali (2024) intesi come numi tutelari. In questo caso l’artista ci pone di fronte a opere enigmatiche dove le immagini di animali rappresentano la sintesi di un processo più articolato dove ciascun soggetto, una volta inquadrato da uno specifico QR code, si trasforma sul proprio smartphone in un’animazione in realtà aumentata che incarna lo Spirito Guida. Dall’installazione “La belle au bois dormant” agli Spiriti Guida degli animali appare evidente come Giuliana Cunéaz in questa ultima fase del suo lavoro abbia saputo adattare ancora una volta le più attuali soluzioni tecnologiche a un processo di carattere emozionale». …………………………………........ Giuliana Cunéaz Qui ma non ora Galleria Gagliardi e Domke Via Cervino 16, Torino Info: 011- 197 000 31 30 ottobre 2024 - 24 gennaio 2025
lunedì, 11 novembre 2024
Santi e bevitori
L’irriverente Coluche amava ripetere nei suoi recital: "Gesù trasformava l’acqua in vino. Mi stupisce che solo in dodici lo seguissero dappertutto". Che il vino, aldilà di quei famosi 12, abbia un fascino straordinario è fuori discussione. Prima d’inoltrarmi in questa nota che del vino parla bene, ho il dovere sociale di segnalare quanto dice sull’alcol l'Organizzazione Mondiale della Sanità, in sigla OMS (da me colpevolmente inascoltata) sull'alcol. Dopo la voce dell’Oms, voglio proporre anche un’altra voce a me più vicina, quella del filosofo Edward Slingerland:”Nella brutale competizione fra gruppi culturali da cui emersero le civiltà, sono stati i bevitori, i fumatori e gli sballati a uscirne vincitori“.
Basta con le premesse, ed ecco il libro che presento oggi; ha a che fare, l’avrete già capito, con bevute e bicchieri. Lo ha pubblicato la casa editrice Adelphi è intitolato Santi e bevitori Un viaggio alcolico in terre astemie. L’autore è Lawrence Osborne che già figura da anni con molti titoli nel catalogo Adelphi. Nato nel 1958 in Inghilterra, vive e lavora a Bangkok. Dopo gli studi a Cambridge e Harvard, ha vissuto per un decennio a Parigi (città alla quale ha dedicato il saggio Paris dreambook). Dal suo esordio nel 1986 con Ania Malina, ha scritto romanzi, racconti di viaggio, saggi (tra cui uno sulla Sindrome di Asperger, uno sull'etnologia e uno sul rapporto tra eros e thanatos). Giornalista, scrive per il New York Times, il New Yorker e l'Independent. Nel 2021 ha vinto il Premio Targone Dorrick con “Nella polvere”. “Santi e bevitori” è un libro che, divertendo chi lo legge, come accade a molte cose che hanno un aspetto giocoso - come lo hanno le pagine di Osborne - espongono faccende serissime: Qui alla ribalta due concezioni della vita che abbiamo noi umani. Non ci divide solo una questione di gusto del palate o un modo di passare il tempo, ma qualcosa che viene da un lontanissimo passato. Ben vengano le tante barzellette o altre storie che inducono al riso illustrando episodi buffi con protagonisti ubrachi o astemi. Senza dimenticare, però, che la questione è colorata di rosso che in questo caso non è il colore di un vino. Basti pensare che l’autore nelle prime pagine del volume ricorda episodi truci: Solo è il nome della città di provenienza degli attentatori di Bali: il posto dove fervide scuole coraniche predicano il jihad contro l’industria indonesiana del turismo. Il gruppo Jemaah Islamiyah,collegato ad al-Qaida, ha organizzato due attentati esplosivi al Jw Marriott di Giacarta: il primo nel 2003, il secondo il 17 luglio 2009. Il Jw di Giacarta era famoso per il suo bar sensazionale, ritrovo della mondanità. Diciannove morti. Nel 2002 lo stesso gruppo ha fatto esplodere due bombe all’interno del Paddy’s Pub e davanti al Sari Club di Kuta, a Bali, uccidendo duecentodue persone. Nel 2005 ha ripetuto l’impresa tra alcuni ristoranti di Kuta e warung (baracchini che servono birra) di una località balneare frequentata dagli occidentali: Jimbaran. Sono rimaste uccise venti persone, molte da schegge e cuscinetti a sfera introdotti negli ordigni. Per curare l’alcolismo c’è chi si fa ricoverare in una struttura specializzata, chi si affida a una terapia farmacologica, chi ancora pratica una ferrea astinenza. Lawrence Osborne ha una ricetta più originale: intraprendere un viaggio nel mondo islamico per studiare come vivono gli astemi e scoprire se da loro si può imparare qualcosa. L’esperienza sarà illuminante, temeraria e – per la gioia di noi lettori – sempre irresistibilmente spassosa. Accompagneremo Osborne a caccia di una birra a Surakarta, presidio indonesiano di al-Qaida, dove, sotto un ritratto di Osama bin Laden, un gruppo di studenti biancovestiti cercherà di convincerlo che l’alcol è «una maattia dell’anima». A Mascate lo seguiremo nell’affannosa ricerca di una bottiglia di champagne per brindare al nuovo anno, mentre la sua vita di coppia sperimenta impreviste dinamiche dettate dalla sobrietà forzata. E trepideremo per lui a Islamabad, quando si lancerà nella sconsiderata «avventura culturale» di ubriacarsi «in uno dei paesi più pericolosi e ostili all’alcol» della terra. Ma, davanti a un bicchiere, tutto il mondo è incline al paradosso: prova ne sono le cosiddette dry towns del New Jersey o certi sobborghi inglesi, dove fino a pochi decenni fa la «cultura suburbana dell’alcol» era l’antidoto alla «cultura urbana della droga». E al termine di questo rocambolesco tour ci apparirà lampante che lo scontro di civiltà tra Oriente e Occidente altro non è che il riflesso di due approcci diametralmente opposti alla vita – temperanza e sregolatezza, continenza e dissolutezza, con i loro paladini, astemi e bevitori, per sempre affiancati «in uno spirito di reciproca incomprensione». Per leggere alcune pagine di “Santi e bevitori”: CLIC! https://www.adelphi.it/download/13984/db589e85f9b9/osborne_santi-e-bevitori_casi_153_pp-202.pdf ……………………………………... Lawrence Osborne Santi e bevitori Traduzione di Mariagrazia Gini 202 pagine * 19.00 euro Adelphi
venerdì, 8 novembre 2024
Cronaca di un attimo
Esistono autori di cinema non conosciuti dal grande pubblico ma che hanno prodotto lavori che suscitano angoli di memoria perfino se sono fotografate persone o fissati sguardi su paesaggi a noi sconosciuti. È il pensiero, ad esempio, di Semir Zeki fondatore dell’Istituto di Neuroestetica, con base a Berkeley, in California. Delicatezza delle inquadrature, abilità del montaggio restituiscono con la cipria del tempo emozioni e emotività. In pratica: l’identificazione della sfera affettiva ed emozionale in contrapposizione a quella razionale, come avviene nei film di Enrico Bellodi scomparso prematuramente. Verranno proiettati sotto il comune titolo di “Cronaca di un attimo”, al MUVI di Viadana (Via Manzoni 4) domenica 10 e 24 novembre 2024 alle ore 16:30.
Le opere sono state concesse da Lorenza Arrighi moglie di Bellodi. Sono filmati inediti della Viadana degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso quelli che passeranno sullo schermo nel primo di questi due incontri novembrini. Istanti rubati, attimi di vita vissuta sono quelli ripresi da Bellodi e ora mostrati postumi. Ha scritto Luigi Meneghelli della Cineteca bolognese “Mi piace il tocco sempre molto personale e fantasioso, sofferto ma anche con momenti di leggerezza di questi film Se queste proiezioni sono oggi possibili è anche grazie alla Fondazione Cineteca di Bologna, che ha provveduto alla digitalizzazione delle opere. In questi due incontri organizzati da Apeiron APS ognuno dei filmati, della durata di 15/20 minuti ciascuno, sarà commentato da esperti d’arte, storia e cinema. Più precisamente da Luigi Bonfetti Sabbioni – Luigi Malaspada – Afro Somenzari. A proposito di quest’ultimo, artista patafisico e fondatore con la scrittrice Lorenza Amadasi di Fuoco Fuochino, (è lui all'origine di questa mia segnalazione delle proiezioni al Muvi) segnalo l’uscita più recente di una raccolta di acuti aforismi di Jacopo Narros con il titolo “Aforismi in punta di piedi” e la delicata composizione in versi “La farfalla" di Patrizia Grossi. Le edizioni di FUOCOfuochino in venti esemplari sono tutte esaurite. A chi fosse interessato ogni edizione viene ristampata con il nome del richiedente in colophon, quindi praticamente un pezzo unico dedicato (Euro 15,00).
mercoledì, 6 novembre 2024
Scienziate
Dobbiamo essere grati ad Eva che si lasciò tentare dal serpente, mordendo, e, secondo una nota cronaca, facendo mordere ad Adamo, il frutto dell’Albero della Conoscenza che Dio aveva proibito. Ha scritto la grande Margherita Hack: “La colpa di Eva è stata quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le leggi che regolano l'universo, la terra, il proprio corpo, di rifiutare l'insegnamento calato dall'alto, in una parola Eva rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede”. Rita Levi Montalcini: "Geneticamente uomo e donna sono identici. Non lo sono dal punto di vista epigenetico, di formazione cioè, perché lo sviluppo della donna è stato volontariamente bloccato". Ha scritto Norberto Bobbio “Sono convinto da tempo che l’unica rivoluzione che potrà cambiare il mondo è quella femminile”. La casa editrice Raffaello Cortina ha pubblicato un saggio che mette in luce dieci scienziate che hanno dato importanti contributi alle Scienze. Titolo: Scienziate Storie di vita e di ricerca L’autrice è Elena Cattaneo. Professoressa ordinario di Farmacologia all’Università di Milano. È nota per gli studi sulla Còrea di Huntington, sulla quale lavora con l’obiettivo di rallentarne il decorso o bloccarne l’insorgenza. Il 30 agosto 2013 è stata nominata Senatrice a vita dal Presidente Giorgio Napolitano. Nelle edizioni Cortina ha pubblicato Armati di scienza (2021) Il libro in apertura presenta una conversazione con Camilla Gaiaschi: ha conseguito un dottorato in sociologia presso l’Università degli Studi di Milano dove è stata successivamente assegnista di ricerca e docente del corso “Pari Opportunità e Carriere Scientifiche” Quali sono le scienziate che Elena Cattaneo presenta nel suo saggio? Eccole, così riportate dall’Indice 1 Mariafelicia De Laurentis, astrofisica all’orizzonte degli event 2. Simona Lodato, neuroscienziata che sfida il cervello umano 3. Miriam Melis, elettrofisiologa innamorata della scienza sperimentale 4. Alessandra Gentile, arboricoltrice che studia come proteggere i frutti del Mediterraneo 5. Costanza Miliani, chimica fuori dai canoni 6. Cătălina Oana Curceanu, la scienziata che mette in crisi (o forse no) la fisica quantistica 7. Alessandra Mascaro, per imparare dagli scimpanzé l’importanza di prendersi cura 8. Maria Giovanna Durante, ingegnera “modello” che studia la scienza sotto i nostri piedi 9. Silvia Ferrara, filologa-investigatrice dei segni dell’umanità 10. Vincenza Colonna, genetista che legge i segreti del libro della vita Dieci storie, dieci vite, dieci esempi di donne coraggiose che rivelano quanto torto abbia un Dottore della Chiesa, qual è San Tommaso d’Aquino, che così scrive “La donna è fisicamente e spiritualmente inferiore (…) Essa è addirittura un errore di natura, una sorta di maschio mutilato, sbagliato, mal riuscito”. Dalla presentazione editoriale di Elena Cattaneo. «‘‘Da oltre trent’anni dedico la mia vita alla ricerca su una malattia neurodegenerativa ereditaria, la Còrea di Huntington. L’Italia è disseminata di storie di ricerca e di passione simili alla mia. Questo volume è il racconto di storie di scienza, di studiose e delle loro domande. Attraverso le voci delle protagoniste accompagnerò i lettori nell’esplorazione di ambiti di studio molto diversi, dalle lingue antiche all’astrofisica passando per la vita degli scimpanzè, con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza collettiva sul contributo delle tante scienziate alla crescita culturale, scientifica, sociale del paese. Credo che le storie tracciate in questo libro rappresentino una rivoluzione in corso, l’inizio di un cammino che libererà le ragazze da zavorre e pregiudizi che in passato ne hanno impedito o rallentato i percorsi di emancipazione. Una rivoluzione in cui si moltiplicano quei modelli di riferimento che sono mancati a tante ragazze di ieri ma che mi auguro possano aiutare quelle di oggi e di domani a realizzare in pieno le loro aspirazioni». Per leggere un estratto: CLIC! ……………………………… Elena Cattaneo Scienziate 208 pagine * 16.00 euro E-book (Epub) 10.99 euro Raffaello Cortina
lunedì, 4 novembre 2024
Letture cosmiche
Avviso per I cosmonauti che volano in Weblandia. Sono tra i fans di Maria Teresa Carbone e non sono solo in questa eletta schiera. Qualche cenno biografico, tratto dal webmagazine “Antinomie” al quale collabora. Forse non esaustivo delle sue attività. Per esempio, ricordo la conduzione con Nanni Balestrini di una trasmissione tv sui libri. Giornalista, autrice e traduttrice. Segue da anni l’editoria italiana e internazionale a cui dedica una rubrica sul quotidiano “il manifesto”, dove ha lavorato a lungo come redattrice culturale. Scrive di letteratura, fotografia e cinema per diverse testate, tiene corsi di giornalismo all’università di Roma Tre e per lo UCEAP (University of California Abroad Program), e si occupa di educazione alla lettura. Ha coordinato la redazione della rivista “alfabeta2”, ha diretto la sezione Arti del settimanale “pagina99”, ha organizzato alcune edizioni del festival “romapoesia” e tuttora cura rassegne sulla poesia italiana contemporanea. I suoi libri più recenti sono “Che ci faccio qui? Scrittrici e scrittori nell’era della postfotografia” (Italo Svevo 2022) e la raccolta di poesia “Calendiario” (Nino Aragno Editore 2020). Ha tradotto, tra le altre, opere di Joseph Conrad, Breyten Breytenbach, Zoë Wicomb, Ngugi wa Thiong’o, Paul Virilio, Virginie Despentes
Ora ho appreso che è possibile leggere la Nostra su di una piattaforma che, forse, già conoscete: Substack. Lì, quando le va, scrive una sorta di diario fatto di cose viste (città, film, libri spettacoli teatrali) o sentite (concerti, incontri, voci). Cliccare QUIper leggere.
mercoledì, 30 ottobre 2024
Mangiare secondo la scienza
Anche i grandi possono dire delle baggianate, ad esempio, un giorno Socrate disse: “Ti pare che un vero filosofo possa curarsi di piaceri come quelli del mangiare e del bere?”. Non sappiamo se questo suo dire fu l’ennesima causa dei rimproveri che gli muoveva la collerica moglie sua Santippe. In questo caso, però, mi sento di dare ragione alla signora. Intervistai tempo fa il filosofo Nicola Perullo e gli chiesi il motivo dell’accostamento da lui fatto tra filosofia e alimentazione. Così mi fu risposto: “Mi sembra un avvicinamento naturale, quello tra gastronomia e filosofia. La complessità proposta dai problemi del cibo è enorme: il piacere, la fame, la cultura, l’industria, l’artigianato, la natura, la glocalizzazione e la salute”.
Ed ecco un libro che risponde soprattutto sul piano della salute su verità e miti che accompagnano il nostro cibo. Un libro che consiglio non solo a chi si occupa delle cucine domestiche ma anche agli chef della nostra ristorazione. Lo ha pubblicato la casa editrice Dedalo è intitolato Mangiare secondo la scienza La salute nel piatto. L’autrice è Elisabetta Bernardi. Nutrizionista, biologa, specialista in Scienza dell’alimentazione. Oltre vent’anni di esperienza nella comunicazione e nella ricerca scientifica applicata alla nutrizione. Autrice e conduttrice della rubrica “Scienza in cucina” per il programma televisivo scientifico “Superquark”, condotto da Piero Angela e “Noos” condotto da Alberto Angela. È docente in diverse università, autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e di libri divulgativi e coautrice di testi universitari Scrive Alberto Angela in Prefazione: «Mangiare secondo la scienza è un libro che nasce da un’esigenza: esplorare il ruolo cruciale della nutrizione nella gestione della salute e delle malattie. Negli ultimi decenni, la ricerca scientifica ha dimostrato quanto profondamente la nostra dieta possa influire sul benessere generale, sulla prevenzione delle malattie e sulla gestione delle condizioni croniche. Questo volume colma il divario fra la complessità della scienza della nutrizione e gli innumerevoli consigli sulla dieta che spesso mancano di garanzie scientifiche (…) Uno degli insegnamenti di mio padre, cui Elisabetta dedica questo libro, era proprio il rigore scientifico e la semplicità del linguaggio: bisogna pensare di raccontare la scienza a persone che non sanno niente al riguardo e lei ha cercato di fare proprio questo. Ha navigato nelle banche dati delle pubblicazioni scientifiche per rendere facili e alla portata di tutti i risultati a volte complessi delle ricerche sulla nutrizione per contribuire a proteggere la nostra salute». Non è difficile immaginare che parecchi leggendo il titolo di questo libro storceranno il naso. Perché sono molti a sostenere che la scienza nulla c’entri con la cucina. Erore direbbe Petrolini. Credo che la migliore risposta si trovi in un profetico scritto del celebre cuoco francese Auguste Escoffier (1846-1935), il quale affermava già nel 1907 in Le Guide Culinaire: “La cucina, senza smettere di essere un'arte, diventerà scienza e dovrà sottomettere le sue formule, purtroppo ancora troppo empiriche, a un metodo e a una precisione che non lasceranno nulla al caso”. Senza dimenticare che il celebre Pellegrino Artusi intitolò proprio “La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene” (1891) quel suo famoso testo dalle innumerevoli edizioni. Ai nostri giorni, ecco un grande cuoco qual è Gualtiero Marchesi dire: “La cucina è per sé scienza, sta al cuoco farla diventare arte”. Dalla presentazione editoriale. «Ho il colesterolo alto, quali alimenti devo prediligere? E per proteggere le mie ossa? Per prevenire il diabete devo limitare tutti gli zuccheri? Cosa fare con la pelle a buccia d’arancia? Il legame tra alimentazione e salute è molto stretto, perché noi siamo ciò che mangiamo e in questo modo forniamo all’organismo i mattoni per la sua rigenerazione continua. Ma un eccesso di alcuni nutrienti o un difetto di altri possono impedire al nostro corpo di reagire e difendersi dalle patologie che lo colpiscono. “Mangiare secondo la scienza” cerca di sfatare i miti che legano alcuni cibi all’insorgenza di determinate malattie, anche con esempi semplici come la sana abitudine di mangiare la frutta alla fine dei pasti. Tutto in coerenza con l’evidenza scientifica, citando solo gli studi fatti sull’uomo e non i risultati “preliminari” di ricerche condotte su animali o in vitro». Elisabetta Bernardi Mangiare secondo la scienza Prefazione di Alberto Angela Pagine 212 * 17.00 euro Dedalo
lunedì, 28 ottobre 2024
L'epoca delle idee cadute dal pero (1)
Ha un’aria molto soddisfatta di sé, gli occhi accesi di luce biblica, le parole si rincorrono via via accelerandosi, il fervore spumeggia, la donna accanto a quel suo profetico compagno annuisce soddisfatta. Chi è quel tale? Via, l’avete capito. È un odiatore della Scienza. Mi sta rivelando segreti di cui non sono degno d’esserne messo a parte visto che neanche un po’ m’emoziono. L’11 settembre? Un inside job voluto dal governo degli Stati Uniti. Lo sbarco sulla Luna? Una finzione cinematografica. L’Aids? Un virus creato in laboratorio. Il riscaldamento globale? Una bufala. L’Olocausto ebraico? Un’esagerazione propagandistica. Il Covid? lo ha voluto Bill Gates alleato di Big Pharma. G5? Voluti, effetti devastanti sulla salute dell’uomo. Del resto, ci sono i creazionisti che credono la Terra sia nata 6.000 anni fa e nel Medio Evo esistevano ancora i dinosauri. Costoro hanno largo seguito negli Stati Uniti e dispongono perfino di un museo. E poi, com’è noto, la Terra è piatta. Scrive Giorgio Vallortigara su Micromega: “Durante la pandemia da Covid-19 abbiamo anche assistito quasi in diretta al rapido sviluppo di vaccini che ci hanno permesso di superarla in tempi relativamente brevi. Eppure, mai come in questo periodo lo scetticismo nei confronti della scienza e degli scienziati galoppa” Un libro che espone i meccanismi psichici e sociali che portano alla diffusione di panzane purtroppo assai diffuse lo ha pubblicato la casa editrice Mimesis è intitolato L’epoca delle idee cadute dal pero Fake news, bufale e teorie del complotto: le origini del terrapiattismo della ragione. Gli autori sono Edoardo Boncinelli e Antonello Calvaruso. Boncinelli (Rodi, 1941) è tra i maggiori genetisti italiani. Per più di vent’anni ha svolto attività di ricerca presso l’Istituto di genetica e biofisica del CNR di Napoli. È stato direttore del Laboratorio di biologia molecolare dello sviluppo dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e direttore della Scuola superiore Sissa di Trieste. Con Antonello Calvaruso ha ideato la neuroformazione. Tra le sue oltre cento pubblicazioni ricordiamo Il male (2007, 20192), Il principio di indeterminazione (2020), Che cosa abbiamo nella testa? (con A. Calvaruso, 2021) e La scuola della mente (2022). Calvaruso (Napoli, 1958) è bibliofilo, fotografo e navigatore per passione. Economista federiciano, specializzatosi negli anni ’80 in Analyses des donnes presso il Conservatoire national des arts et métiers di Parigi, ha insegnato disegni sperimentali, statistica e progettazione formativa presso vari Atenei, tra cui l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Con Edoardo Boncinelli è stato autore di Che cosa abbiamo nella testa? (2021). Dalla presentazione editoriale «Una delle domande che ci si pone più spesso in questo periodo è come sia possibile che circolino tante idee “cadute dal pero” in un’epoca in cui è così facile informarsi e aggiornarsi. Basta pensare alla teoria del terrapiattismo: nessuna base per sostenerla, migliaia di persone pronte a crederci. Per comprendere il fenomeno occorre indagarne l’origine e la diffusione. Sebbene nella maggior parte dei casi sia piuttosto complicato individuare la nascita di queste idee, è relativamente facile comprendere le modalità con cui esse si diffondono e si rafforzano. Edoardo Boncinelli e Antonello Calvaruso navigano nelle turbolente acque dell’ignoranza e del complottismo alla ricerca dei meccanismi di consolidamento e di espansione di una bufala». Segue ora un incontro con Edoardo Boncinelli.
L'epoca delle idee cadute dal pero (2)
A Edoardo Boncinelli (in foto) ho rivolto alcune domande.
Se le fosse richiesto di scrivere per un dizionario una nota sulla parola “ignoranza” come la comporrebbe? L’ignoranza, che secondo alcuni filosofi greci, è la cosa peggiore che possa esistere è associata a una scarsa conoscenza di cose che tutti sanno o di cose che sanno in pochi. In questa situazione, a proposito di certi argomenti, si ha una pericolosa commistione di conoscenza e ignoranza, L’ignoranza può essere diffusa e relativamente compatta e contemporaneamente si può riferire prevalentemente ad argomenti specifici. Possiamo chiamare ignoranza attiva quella che nasce da una buona diffusione di cose delle quali si ignorano i principi e ignoranza passiva quel diffuso stato di disinteresse e distacco che si può generare anche in presenza di piccole offese alla conoscenza. Più vasta è la conoscenza meglio è con particolare riguardo a quella diffusa ma non possiamo fissare a priori questi parametri. Fermo restando che più cose si conoscono e meglio è. In un’epoca come la nostra dove l’informazione è diffusa su plurali mezzi, come mai era accaduto, attecchiscono tante “idee balorde” così nel libro sono definite le idee “terrapiattiste della ragione”… È paradossale che in un’epoca nella quale si sanno tante cose e nella quale si può stare a contatto con minimi particolari di conoscenza, l’istruzione media delle popolazioni sia così bassa e poco aggiornata. Fra le cose che si considerano frutto di ignoranza ce ne sono alcune che sono solamente frutto di scarsa conoscenza e di debole approfondimento. Molto di questo può accadere perché le cose che a ciò si riferiscono non compaiono così frequentemente: da una parte è facile venire a sapere di cose sempre nuove, magari già al tempo delle prime sedute sul seggiolone. Non è difficile che per alcuni argomenti si sappia qualcosa fin da bambini e che queste conoscenze siano difficili da perdere: esse rappresentano, quindi quasi, un patrimonio conoscitivo primario. Qual è la differenza fra “idee balorde” e “fake news” ? La differenza sta tutta nella volontarietà ovvero se il soggetto sa o non sa che si parla di cose campate in aria: se lo sa si può parlare direttamente di malafede . Può indicare la conseguenza più grave di quelle idee sulla società? Nell’impostare la propria visione logica del mondo ciascuno cerca di rendere più accettabile e logico possibile quello che si ha da dire e di cui tutti parlano. Non c’è troppo inganno in questa posizione, quanto piuttosto un lasciarsi andare e una mancanza di rigore semantico che a lungo andare possono portare ad una concezione confusa e poco sequenziale di quello di cui si sa abbastanza poco (quello che io chiamo il marasma culturale). A tutti i livelli il lindore è più efficace delle pratiche di pulizia. Il numero degli esempi che si possono portare è sconfinato, ma oltre al numero delle idee non proprio correttissime, va aggiunta la estrema variabilità di queste idee che operano creando confusione piuttosto che fare chiarezza. Che cosa fare per difendersi dal terrrapiattismo della ragione? È tutto fuor che semplice. Occorre riflettere sui nessi logici importanti che tengono in piedi una costruzione che traballa, piuttosto di una che si mantiene praticamente costante. Un buon esempio di discussione e confronto, che con il tempo potrebbe diventare un antidoto alla diffusione di idee balorde, potrebbe essere rappresentato dalle modalità con cui la scienza affronta il problema della demarcazione tra ciò che è scienza e ciò che è pseudoscienza e aggiorna la verità scientifica attraverso il principio di falsificabilità. ……………………………………... Edoardo Boncinelli Antonello Calvaruso L’epoca delle idee cadute dal pero 234 pagine * 18.00 euro Ebook - ePub/Mobi 12.99 euro Mimesis
venerdì, 25 ottobre 2024
Surrealismi. Da de Chirico a Gaetano Pesce
È stato pubblicato il catalogo di una gran bella mostra allestita al Mart di Rovereto a cura di Denis Isaia da un’idea di Vittorio Sgarbi. Occasione: centenario del movimento surrealista. Titolo: Surrealismi da de Chirico a Gaetano Pesce. “Surrealismi” al plurale perché gli italiani presenti esprimono, com’è scritto nel catalogo: ‘una pluralità di singole evidenze e di fronde di originale qualità e autonomia creativa, in costante dialogo con gli ambienti internazionali e con gli altri campi della cultura’. Il curatore espone il profilo dell’esposizione in questo video. In foto: Valerio Miroglio, 1972, legno, materiale plastico, acrilico, cm 54 x 12, Archivio Pari&Dispari/Rosanna Chiessi. Accanto a nomi storici dei primi surrealisti la curiosità di Devis Isaia ha riaperto altri sentieri interrotti ritrovando Corrado Costa, Valerio Miroglio, Ugo Sterpini, Enrico Donati. “Per ognuno” – estraggo dal catalogo – “è una rinascita, ma dentro un quadro definito che mai prima d’oggi era stato delimitato con Surrealismo italiano, in un percorso finalmente definito e rivelatore”. Prendiamo ad esempio Valerio Miroglio del quale la Treccani dice: Artista originale e del tutto autonomo seppure vicino all’arte concettuale e al citazionismo, attraverso una continua sperimentazione di tecniche e materiali ha sviluppato una riflessione sul significato dell'arte e sul suo ruolo nella società. Particolare interesse ha suscitato il suo Mappamondo (in foto). Il catalogo, edito dalla Sagep, riunisce le biografie di ciascuno dei circa 70 artisti presenti nell’esposizione e raccoglie i contributi di: Vittorio Sgarbi, Denis Isaia, Chiara Portesine, Concetta Leto, Giulia Tulino, Guido Pautasso, Lucio Scardino, Manuel Barrese, Paola Decina Lombardi, Roberta Serpolli. Surrealismi Catalogo di 329 pagine 39.00 euro Edizioni Sagep
Aldo Zargani in Bibliotheka
Mentre lavoravo in alcune produzioni Rai con l’attrice Elena Magoia un giorno mi presentò il marito Aldo Zargani Scoprii un uomo intellettualmente raffinato, dalla parlata sommessa ed elegante, che io colpevolmente non conoscevo quale scrittore. Conobbi allora le sue pagine di memorie. Memorie sofferte durante le persecuzioni naziste, di cui, lui ebreo ne era stato testimone: la perdita del lavoro del padre violinista, l’esclusione dalle scuole, l’espatrio fallito, la fuga attraverso il Piemonte, l’arresto dei genitori, il collegio, la deportazione dei parenti. “Per violino solo”, suo primo libro, fu un successo. Dopo, soltanto una tiepida accoglienza accolse “Certe promesse d’amore” che ora troviamo in una nuova edizione per i tipi della casa editrice Bibliotheka. In foto: Aldo Zargani ritratto da Dino Ignani.
È accaduto che nel 2020, mentre la pandemia infuriava, Aldo ed Elena decidono di rivedere quel testo. Sembra un’impresa impossibile ma, scrive la figlia Lina nella postfazione, “Mia madre, la titanica se pur minuta metà della mela rimasta in rappresentanza, aveva le idee chiarissime su cosa potare e dove fare gli innesti, quasi tutte sacrosante: quel libro, anzi, tutti i libri, li scrivevano insieme: lui dalla sua James Longue Chair metteva in scena la dettatura, seguendo sul tablet quello che lei scriveva al computer, e i due alternavano liti furibonde a scrosci di risate, quanto si sono divertiti! Mia madre sapeva, per consonanza e per conoscenza, quali fossero le intenzioni di papà e le aveva sapute realizzare con sapiente rispetto, altroché”. “Certe promesse d’amore” - dice Daniela Gloss sul webmagazine ‘Doppiozero’ in un suo attento e partecipato mini saggio, cui questa nota è debitrice di molte informazioni – è “l’ideale seguito di ‘Per violino solo: La mia infanzia nell’Aldiqua (1938-1945)’ che, dopo una carriera in Rai, a 64 anni era stato il suo fulminante debutto. In quel libro, forse il suo capolavoro, Zargani ricreava il periodo della Seconda guerra mondiale e le persecuzioni antisemite. Qui completa il racconto soffermandosi su un capitolo meno noto che rappresenta però uno snodo centrale negli anni della ricostruzione e nel ritorno alla vita dell’ebraismo europeo dopo la Shoah… Il mondo ha la memoria corta e oggi che l’antisionismo è diventato uno slogan di moda è facile dimenticare cos’ha significato, dopo la tragedia delle persecuzioni nazifasciste, la nascita di uno Stato ebraico". QUI un intervento di Aldo Zargani: ricordi amari scanditi da episodi narrati con toni umoristici.
giovedì, 24 ottobre 2024
Mangiare secondo la scienza
Anche i grandi possono dire delle baggianate, ad esempio, un giorno Socrate disse: “Ti pare che un vero filosofo possa curarsi di piaceri come quelli del mangiare e del bere?”. Non sappiamo se questo suo dire fu l’ennesima causa dei rimproveri che gli muoveva la collerica moglie sua Santippe. In questo caso, però, mi sento di dare ragione alla signora. Intervistai tempo fa il filosofo Nicola Perullo e gli chiesi il motivo dell’accostamento da lui fatto tra filosofia e alimentazione. Così mi fu risposto: “Mi sembra un avvicinamento naturale, quello tra gastronomia e filosofia. La complessità proposta dai problemi del cibo è enorme: il piacere, la fame, la cultura, l’industria, l’artigianato, la natura, la glocalizzazione e la salute”.
Ed ecco un libro che risponde soprattutto sul piano della salute su verità e miti che accompagnano il nostro cibo. Un libro che consiglio non solo a chi si occupa delle cucine domestiche ma anche agli chef della nostra ristorazione. Lo ha pubblicato la casa editrice Dedalo è intitolato Mangiare secondo la scienza La salute nel piatto. L’autrice è Elisabetta Bernardi. Nutrizionista, biologa, specialista in Scienza dell’alimentazione. Oltre vent’anni di esperienza nella comunicazione e nella ricerca scientifica applicata alla nutrizione. Autrice e conduttrice della rubrica “Scienza in cucina” per il programma televisivo scientifico “Superquark”, condotto da Piero Angela e “Noos” condotto da Alberto Angela. È docente in diverse università, autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e di libri divulgativi e coautrice di testi universitari Scrive Alberto Angela in Prefazione: «Mangiare secondo la scienza è un libro che nasce da un’esigenza: esplorare il ruolo cruciale della nutrizione nella gestione della salute e delle malattie. Negli ultimi decenni, la ricerca scientifica ha dimostrato quanto profondamente la nostra dieta possa influire sul benessere generale, sulla prevenzione delle malattie e sulla gestione delle condizioni croniche. Questo volume colma il divario fra la complessità della scienza della nutrizione e gli innumerevoli consigli sulla dieta che spesso mancano di garanzie scientifiche (…) Uno degli insegnamenti di mio padre, cui Elisabetta dedica questo libro, era proprio il rigore scientifico e la semplicità del linguaggio: bisogna pensare di raccontare la scienza a persone che non sanno niente al riguardo e lei ha cercato di fare proprio questo. Ha navigato nelle banche dati delle pubblicazioni scientifiche per rendere facili e alla portata di tutti i risultati a volte complessi delle ricerche sulla nutrizione per contribuire a proteggere la nostra salute». Non è difficile immaginare che parecchi a leggere il titolo di questo libro storceranno il naso. Perché sono molti a sostenere che la scienza nulla c’entri con la cucina. Erore direbbe Petrolini. Credo che la migliore risposta si trovi in un profetico scritto del celebre cuoco francese Auguste Escoffier (1846-1935), il quale affermava già nel 1907 in Le Guide Culinaire: “La cucina, senza smettere di essere un'arte, diventerà scienza e dovrà sottomettere le sue formule, purtroppo ancora troppo empiriche, a un metodo e a una precisione che non lasceranno nulla al caso”. Senza dimenticare che il celebre Pellegrino Artusi intitolò proprio “La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene” (1891) quel suo famoso testo dalle innumerevoli edizioni. Ai nostri giorni, ecco un grande cuoco qual è Gualtiero Marchesi dire: “La cucina è per sé scienza, sta al cuoco farla diventare arte”. Dalla presentazione editoriale. «Ho il colesterolo alto, quali alimenti devo prediligere? E per proteggere le mie ossa? Per prevenire il diabete devo limitare tutti gli zuccheri? Cosa fare con la pelle a buccia d’arancia? Il legame tra alimentazione e salute è molto stretto, perché noi siamo ciò che mangiamo e in questo modo forniamo all’organismo i mattoni per la sua rigenerazione continua. Ma un eccesso di alcuni nutrienti o un difetto di altri possono impedire al nostro corpo di reagire e difendersi dalle patologie che lo colpiscono. “Mangiare secondo la scienza” cerca di sfatare i miti che legano alcuni cibi all’insorgenza di determinate malattie, anche con esempi semplici come la sana abitudine di mangiare la frutta alla fine dei pasti. Tutto in coerenza con l’evidenza scientifica, citando solo gli studi fatti sull’uomo e non i risultati “preliminari” di ricerche condotte su animali o in vitro». Elisabetta Bernardi Mangiare secondo la scienza Prefazione di Alberto Angela Pagine 212 * 17.00 euro Dedalo
venerdì, 18 ottobre 2024
Nuotare via
Il nuoto secondo il vocabolario: “Comprende, tra le attività umane, il movimento di braccia e gambe sia sulla superficie dell'acqua sia sott'acqua” e trascura negligentemente chi riuscì a camminavi con i piedi sopra. Forse perché proprio facile non è. Tanto che, riferisce il cronista Matteo 14.22-33, un certo Pietro tentò l’impresa imitando chi vi era riuscito ma stava per finire glu glu se non fosse stato aiutato da un bagnante improvvisatosi bagnino di salvataggio che se non ricordo male si chiamava Salvatore. Proprio vero: nomen omen. Il nuoto mi riporta alla mente quel nuotatore instancabile che Studio Azzurro da quarant’anni, dal 1984, fa nuotare 24 h su 24, verso una spiaggia ignota che forse non esiste, così come il nuotatore forse non sa che si ritrova in una piscina dall’acqua fatta di pixel e lui inconsapevole eroe elettronico nuota nuota nuota. L’altra immagine che mi viene dai ricordi d’adolescenza è quella della nuotattrice Ester Williams che mi si è ripresentata alla memoria emergendo dopo uno dei suoi tuffi dalla pagina di un libro splendido: Nuotare via Dalle vasche a perdifiato all'ultimo bagno di stagione pubblicato dalla casa editrice il Mulino. L’autrice è Carola Barbero definita nuotatrice impetuosa. Insegna Filosofia del linguaggio e Filosofia della letteratura all’Università di Torino. Fra i suoi libri ricordiamo «L’arte di nuotare» (il melangolo, 2016); Addio; Un burattino nella Rete. Con il Mulino ha pubblicato «La porta della fantasia» (2019) e Quel brivido nella schiena (2023).
“Nuotare via” libro splendido, e se è vera quella teoria (nella quale io credo) che un buon libro deve avere l’ultima frase come conseguenza logica ed espressiva della prima anche se le due righe sono riferite a situazioni espositive diverse fra loro, “Nuotare via” supera brillantemente la prova: prime parole Occhi socchiusi ultime E arriveremo alla meta. In mezzo ci sono pagine che usano il nuoto quale letterario veicolo anfibio. Perché va oltre la metafora della vita quale attraversamento faticoso dell’esistenza pur agendo sul pedale della fisicità e della sensualità dell’acqua che accarezza la carne. Barbero ha voluto un’epigrafe con parole di Charles Sprawson, grande nuotatore, autore di Haunts of the Black Masseur, pubblicato in Italia nel 1992 con il titolo "L'ombra del massaggiatore nero": «Il nuoto, come l’oppio, può causare un senso di distacco dalla vita quotidiana; i ricordi, in particolar modo quelli dell’infanzia, riemergono con sorprendente vigore, ricchi di particolari vividi e precisi». QUI un’intervista rilasciata dall’autrice a “l posto delle parole”. Dalla presentazione editoriale. «Nuotare la prima vasca guardando le T nere sul fondo è felicità allo stato puro. In acqua la mente si scioglie e capisce tante cose. Il ritmo costante e ripetuto dei movimenti ricorda quello di una preghiera, e così nuotiamo senza posa finché rinunciamo a muoverci e facciamo «il morto», lasciandoci cullare dalle onde del mare. Fino a quando? Fino all’ultimo bagno di stagione, sperando che duri a lungo e non arrivi troppo presto. Nuotiamo via da tutto, rifugiamoci nel mare o nell’acqua della piscina, al riparo dai colpi della vita reale, e chissà che tra una bracciata e l’altra non finiamo col ritrovare noi stessi. Una lettura pensosa e leggera, che racconta di piscine e di mari, e insieme di cinema, letteratura e canzoni, di respiri e di acqua, e di quella gioia prêt-à-porter che non vorremmo perdere mai». ……………………………............ Carola Barbero Nuotare via 136 pagine * 12.00 euro e-book formato ePub euro 8.49 il Mulino
giovedì, 17 ottobre 2024
Vampiri a Crema
Non si allarmino gli abitanti di Crema, nessuna invasione di creature diaboliche in città, il titolo di questa nota si riferisce a una mostra installata al Museo Civico: Vampiri Illustrazione e letteratura tra culto del sangue e ritorno della morte a cura di Edoardo Fontana, Lidia Gallanti, Silvia Scaravaggi In foto: “Vampiro” di Andy Warhol. La concezione del vampiro sarà comune fra molti popoli, specialmente nei paesi balcanici, in quei territori dal 1730 e il 1735 vi sarà un’epidemia di vampirismo, sebbene essa non sarà limitata soltanto a quei paesi. Il tema del vampiro, infatti, trova una delle sue origini più antiche in un testo di San Giovanni (VI, 53,57I che indica gli aspetti del “sacrificio della carne” e “aiuta a scoprire il carattere sessuale (omosessuale il più delle volte) del vampirismo”. Il tema del vampirismo interesserà per questi caratteri misteriosi e terrificanti molti autori da Jhon Polidori (1795 – 1821) scrittore e poeta britannico, medico personale di George Byron e famoso per aver scritto ”Il vampiro”, uno dei primi racconti della letteratura moderna su questa creatura dall’odor di zolfo all’irlandese Bram Stoker (1847 – 1912), divenuto celebre quale autore di “Dracula” per giungere all'altro irlandese Joseph Sheridan Le Fanu (1814 – 1873) creatore del genere degli "investigatori dell'occulto".e di tanti racconti fra i quali è famoso “Carmilla” una creatura saffica e morbosa che racchiude in sé tratti di una lunga tradizione di vampiri letterari, dalla Christabel di Samuel Taylor Coleridge (1801 -1816) a Il vampiro di John William Polidori che anticipa il Dracula di Bram Stoker. E in area italiana? Non mancano, in area italiana, alcuni testi, scritti tra fine Ottocento e inizio Novecento: Vampiro. Una storia vera di Franco Mistrali (1869, Biblioteca Minguzzi-Gentili di Bologna), le novelle di Francesco Ernesto Morando, Luigi Capuana, Giuseppe Tonsi (Il vampiro, 1904, Biblioteca Civica Angelo Mai, Bergamo), Daniele Oberto Marrama e la poesia Il vampiro di Amalia Guglielminetti. La produzione letteraria ‘vampiresca' sarà all’origine di tanto cinema, e sceneggiati radiofonici e televisivi. E anche tanti videogiochi. Qualche titolo? Per saperlo cliccate QUI. Quanto a musica e vampiri non mi pare ci sia una produzione maiuscola (come avviene, ad esempio, per il cinema. Corposa e rilevante è, invece, la produzione fumettistica Estratto dal comunicato stampa "Il Museo Civico di Crema e del Cremasco dedica un’intera mostra alla figura del vampiro dalla sua genesi in antichi miti e credenze fino alla icona pop della contemporaneità. Esposte oltre duecento opere provenienti da venti biblioteche pubbliche italiane e da collezionisti privati, tra testi letterari e poetici, spesso illustrati, pubblicati in volume e su riviste, incisioni, fogli sciolti, edizioni originali e materiale iconografico, attraverso cui si intende indagare il fenomeno che prende corpo attorno alla figura del vampiro, dalla sua genesi in antichi miti e credenze fino alla icona pop della contemporaneità. In mostra vi sono anche opere dei più rappresentativi artisti di fine Ottocento e inizio Novecento, come Henry Chapront per M.me Chantelouve, immagine guida della mostra, Félicien Rops, Marcel-Lenoir, Alméry Lobel-Riche, Valère Bernard e Carl Schmidt-Helmbrechts. La puntasecca Immagini della sera di Raoul Dal Molin Ferenzona (1932) testimonia la capacità evocativa della letteratura e dell’arte. Due litografie del francese Georges De Feure, Les vices entrent dans la ville (1894) e L’amour aveugle, l’amour sanglant (1893-1894), evocano il male. Realizzata in collaborazione con Aretè Associazione Culturale e Alla fine dei conti di Mantova, la mostra è accompagnata da un catalogo edito dal Museo Civico di Crema con prefazione di Antonio Castronuovo e testi di Elena Alfonsi, Paolo Battistel, Carla Caccia, Marius-Mircea Crișan, Mario Finazzi, Edoardo Fontana, Lidia Gallanti, Roberto Lunelio, Silvia Scaravaggi, ed Elena Vismara". ……………………………………………..... Per i redattori della stampa, radio-tv, web: Ufficio stampa, Sara Zolla 346 845 79 82 – press@sarazolla.com ……………………………………………………………………. Vampiri a cura di Edoardo Fontana, Lidia Gallanti, Silvia Scaravaggi Museo Civico di Crema e del Cremasco Piazzetta Winifred Terni de’ Gregorj 5, Crema 19 ottobre 2024 - 12 gennaio 2025
lunedì, 14 ottobre 2024
Dizionario Taroni . Cividin
Conobbi il duo formato da Roberto Taroni e Luisa Cividin nel 1981 in occasione di una loro produzione radiofonica Rai intitolata “Éclat: non di un solo uccello ma di molti” Un’opera sonora che rifletteva il lavoro intercodice che andavano svolgendo dalla metà degli anni ’70.
Ora, dopo una pubblicazione per Silvana Editoriale dedicata a quel tandem, ecco un nuovo volume edito da Bulzoni intitolato Dizionario Taroni-Cividin concetti e pratiche performative che Roberto Taroni firma con Daniele Vergni. Vergni è laureato in Discipline dello Spettacolo presso l’Università di Roma la Sapienza. Studia il nuovo teatro musicale in Italia, l’immagine acustica (sonorità e vocalità) della scena teatrale secondo novecentesca e le interazioni tra spazio suono e visione nelle installazioni multimedia. È redattore della rivista Sciami|Ricerche, membro del Gruppo Acusma e dell’équipe di ricerca di Nuovo Teatro made in Italy, diretti da Valentina Valentini. Collabora con le riviste Alfabeta 2 e Sciami|Ricerche. “Dizionario Taroni-Cividin” è articolato in due parti, una – utilizzando come punto di riferimento le partiture presenti nell’archivio di Taroni a Milano – è dedicata alla descrizione delle performances prodotte, l’altra è scritta proprio in forma di dizionario con osservanza alfabetica dei lemmi dalla A alla Z. Forse non è un caso – ma se lo fosse quale involontaria rivelazione! – se alla prima parola si trovi Accumulo e all’ultima figuri Zero che si pone quale perfetta epitome di un percorso espressivo teso fra la stratificazione di materiali e il rintocco matematico quale segnale di una fine che maschera un nuovo inizio. Una modalità che anticipava molto di ciò che avverrà nei successivi anni Ottanta e perfino oltre. Già, perfino oltre. Perché – scusate la malaparola che segue – la transmaterialità delle loro azioni, il pervenire a un risultato caldo attraverso strumenti algidi è quanto ancora oggi è traguardo di molti e riuscita di pochi. Taroni e Cividin diventavano loro stessi una bilocazione del medesimo essere performante per vivere in una sola moltitudine effetti da plurali campi espressivi sconfinanti fra loro. Dalla presentazione editoriale. «Le pratiche performative di Taroni-Cividin hanno attivato tra il 1977 e il 1984 una capacità immaginativa inedita e inaudita, pragmatica e materiale, una logica della futurità che oggi può aiutarci a sovvertire quel mondo che loro hanno sempre rifiutato di rappresentare. Il Dizionario Taroni-Cividin si concentra sulle capacità delle loro pratiche performative di generare mondi producendo pensiero attivo e azioni ribaltanti. Il libro è composto di due parti, il dizionario, condensato in oltre quaranta lemmi composti attraverso la pratica dialogica in colloqui svolti tra Roma e Milano da settembre a dicembre 2022 e che sviluppano le costellazioni concettual-immaginifiche materialmente attivate nelle performance di Taroni-Cividin agite tra il 1977 e il 1984, mentre la seconda parte ricostruisce dettagliatamente le performance, senza commenti, strumento su cui distendere e far interagire le riflessioni presenti nel Dizionario». ……………………………... Dizionario Taroni – Cividin pagine 314 – euro 24.00 con illustrazioni e foto b/n Bulzoni Editore
venerdì, 11 ottobre 2024
Il giovane meraviglioso
Quante ne sono state scritte sulla memoria e quante la memoria ne ha fatto scrivere! E quanti episodi straordinari su di essa si ritrovano nelle cronache scientifiche e in celebri avvenimenti immaginari di molta letteratura. Ad esempio, si racconta che Plinio il Vecchio ricordasse tutte le vie di Roma e i nomi dei suoi abitanti; è citata la vertiginosa avventura di Zaseckij paziente del famoso neurologo russo Lurija; l’isolamento e l’incomunicabilità del “memorioso” Funes che compare in una pagina delle Finzioni di Borges… e tra i detti famosi riferiti alla memoria figura il nome di Pico della Mirandola. Giusto citarlo a proposito di memoria, ma è restrittivo collegarlo (come in molti comunemente fanno) soltanto alla sua capacità mnemonica che pure fu tanto strabiliante da permettergli di recitare la Divina Commedia dal primo all’ultimo verso e poi a rovescio dall’ultimo al primo. Ricordare tutto, ma proprio tuttotutto è un bene? Umberto Eco in una Bustina di Minerva di tempo fa scrisse che molte guerre si combattono ancora ricordando offese lontanissime nel tempo e sarebbe stato tanto meglio che su quei ricordi fosse sceso l’oblio a cancellarli. A quando risale quella Bustina?... ehm…scusate, non lo ricordo. Pico della Mirandola (1463 – 1494), uomo di bell’aspetto, tombeur de femmes, provvisto d’acutissimo ingegno, ebbe una vita con momenti assai luminosi ed altri molto oscuri, conobbe anche il carcere, fino a morire avvelenato forse dal suo cancelliere, Cristoforo da Casalmaggiore. Lo ricorda un’appassionante biografia pubblicata dalla casa editrice Einaudi intitolata Il giovane meraviglioso Vita di Pico della Mirandola. L’autore è Raphael Ebgi Professore associato di Storia della Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Esperto di Umanesimo e di Rinascimento, ha curato per i «Millenni» Einaudi i volumi Giovanni Pico della Mirandola. Mito, magia, qabbalah (con Giulio Busi, 2014), Umanisti italiani. Pensiero e destino (con Massimo Cacciari, 2016) e Marsilio Ficino. «Anima Mundi»: scritti filosofici (2021). Per le Edizioni della Normale ha pubblicato «Voluptas». La filosofia del piacere nel giovane Marsilio Ficino (2019). Pico è più di un sommo esempio di mnemotecnico, è forse tra i grandi pensatori della cristianità dopo sant'Agostino. A lungo citato quale esempio di memoria prodigiosa “si è tornati solo in questi ultimi anni” – scrive Ebgi – “a scorgere la novità e l’importanza filosofica delle tesi di Pico (…) .visse in un mondo che avverte come prossimo un radicale mutamento di stato, una catastrofe, annunciatrice di un periodo di incertezza, forse di rinascita, ma che certo non potrà essere priva di lutto. Pico vive quest’epoca, immaginando vie verso un futuro che non si frantumi sotto il peso del presente, ma che si apra come uno spiraglio di luce oltre la tempesta. Si comprende cosí perché questo Rinascimento, e in particolare il pensiero di Pico, ci risultino ancora familiari. Tanto che a volte pare che il nostro tempo, nel suo smarrimento, stia segretamente inseguendo, forse invano, ciò che fu intuito, ormai piú di cinquecento anni fa, da questo giovane meraviglioso”. In un altro libro Einaudi, scritto con Giulio Busi, sobriamente intitolato “Pico della Mirandola”, Ebgi nota che Lorenzo de’ Medici, tra i pochissimi che riuscirono a confrontarsi con lui (quasi) alla pari, lo definí «istrumento da sapere fare il male et il bene» e Pico, di cui tanto si è parlato e scritto, ci appare ancora come un enigma. L’Orazione sulla dignità dell’uomo è considerata uno dei testi più rappresentativi del Rinascimento, ma il resto della sua opera – in tutta la sua lussureggiante erudizione – rimane quasi inaccessibile, tanto ricco da sconcertare e confondere. Per leggere pagine del libro: CLIC! Dalla presentazione editoriale «Ciò che muoverà Pico per tutta la sua breve vita non è il desiderio di fama e di stupire. O non solo. È una forza senza nome, che spinge tutti gli uomini, con maggiore o minore intensità, a seguire un proprio cammino. In lui, questa forza si presenta come nostalgia per ciò che nella natura e nelle creazioni dello spirito, o al di là di esse, vi è di infinito. Il suo sapere non si limitò dunque a conoscere sempre più cose, ma a trovare in esse ciò che le rende vive, nuove, e inafferrabili» ………………………….... Raphael Ebgi Il giovane meraviglioso 104 pagine * 14.00 euro Einaudi
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