L’ospite accanto a me è Luisa Capelli. Direttrice editoriale della Meltemi.
Di questa Casa n’è stata cofondatrice nel 1994, insieme con Marco Della Lena, esercitando anche le funzioni di rights manager, traduttrice, ed editor delle opere pubblicate. Ma so anche che ha ideato alquante delle collane con le quali è attrezzata la Meltemi.
Una, insomma, che conosce bene i meccanismi dell’editoria, le sue pratiche, i suoi problemi.
Laureata in Lettere e Filosofia, indirizzo demo-etnoantropologico, presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, con una tesi di laurea in Antropologia salutata dal massimo dei voti s’è poi specializzata, presso la stessa Università in ‘Antropologia delle società complesse’, e, successivamente, a Marsiglia, presso l’École des Hautes Études en sciences sociales, ottiene un altro diploma con uno studio sulla digitalizzazione e informatizzazione della ricerca in antropologia visuale.
Da due anni è titolare di un contratto per l’insegnamento di “Economia e gestione delle imprese editoriali” presso il Corso di Laurea Specialistica in “Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo” dell’Università di Tor Vergata.
Dalla sua tutti i numeri, sia in teoria e sia in pratica, della professione editoriale. I risultati, infatti, non mancano e la Meltemi è oggi uno dei più stimati marchi librari italiani,pubblica da anni libri di grande qualità con l’attenta proposta di saggi specialistici su campi che vanno dalla sociologia all’antropologia, alla semiologia, alla comunicazione, alle arti elettroniche.
Ai miei occhi ha anche il grande merito di non pubblicare narrativa e poesia.
Alla fine dell’anno appena trascorso, 2006 secondo i terrestri, Meltemi aveva in catalogo 600 titoli; per conoscerli cliccate sul sito web dell’Editrice.
- Benvenuta a bordo, Luisa
- Bentrovati! Che sorpresa essere trasportata in una vineria… mi aspettavo aminoacidi in pillole e invece mi trovo in mano un bianco secco: un’accoglienza tanto inattesa quanto piacevole! Grazie.
- D – Grazie a te d’essere salita quassù.
Sabrina Iasillo, internettiana sommellier dell’EnotecaBistrot Uve e Forme mi ha consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questa bottiglia di “Ribolla Gialla Anfora 2001” dell’Azienda Agricola Josko Gravner, segnalandomi in Spacefax … leggo le sue parole… “Ribolla Gialla macerata con le bucce in anfore di terracotta interrate, fatte venire dal Caucaso. E’ come amare la poesia o la musica o la pittura, viene dal cuore ed al cuore arriva. Non conosce spiegazioni; e’ reale ma irragionevole come un sogno. Niente gli assomiglia, ma non importa, ti aspetta”.
Fin qui Sabrina Iasillo… qua il bicchiere.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore…insomma, chi è Luisa secondo Luisa…
- R - Mi piace bere, meno mangiare, molto cucinare. Ho una figlia adolescente e una cana fifona, mamma novantenne e libri accatastati ovunque. Parlo con le piante che invadono il mio terrazzo e non riesco a convincere una coppia di merli a lasciarle in pace. Penso che il sapere sia una risorsa comune e che il mestiere che svolgo, senza nessuna retorica, debba ritrovare un maggiore senso etico. Mi sento una privilegiata, perché vivo in una piccola parte del mondo che si arricchisce e sperpera sulle spalle di quella più grande, faccio un lavoro che amo e sono circondata da persone che stimo e cui voglio bene. Vorrei poter viaggiare quanto potevo permettermi in passato e la cosa che oggi più mi manca è il tempo. Magari voi potreste aiutarmi a schizzare dove vorrei…
- D – Chissà se fra quegli indirizzi c’è anche il mio. Ne dubito, ma me lo auguro. Andiamo oltre…
Qual è la linea editoriale di Meltemi. Intendo conoscere non l’elenco delle collane e le loro specializzazioni (per queste cose ho già prima rinviato i miei avventori al tuo sito web), bensì la vocazione della casa editrice, il suo obiettivo espressivo e di mercato
- Quando abbiamo fondato la Meltemi, con Marco, avevamo un’idea che ancora oggi funge da guida per le nostre scelte editoriali: contribuire a inserire in un circuito di non addetti ai lavori idee, analisi, riflessioni presenti nel mondo della ricerca universitaria, “imponendo” a questi autori di misurarsi con i lettori, uscendo dai linguaggi autoreferenziali tanto presenti quanto suicidi (se non per la propria riproduzione) nell’accademia, in particolare italiana. Questa operazione è riuscita, a volte pienamente altre meno, anche a causa di un progressivo restringimento degli spazi editoriali di mercato per pubblicazioni che mirano a restare nel tempo (vendendo poco ma a lungo) piuttosto che suscitare entusiasmi effimeri (ma vendite sostanziose, anche se in un arco breve di tempo).
- Quale metodo usi per selezionare le proposte editoriali che t’arrivano?
- In casa editrice le proposte arrivano secondo tre fondamentali percorsi. In un primo caso, sono i consulenti, le agenzie letterarie, gli editori esteri e gli autori che segnalano lavori interessanti, pubblicazioni da tradurre, temi che varrebbe la pena affrontare. Poi ci sono le proposte inviate direttamente dagli autori per posta elettronica o in versione cartacea (e sono una valanga alla quale spesso non riusciamo a rispondere che dopo mesi). Infine c’è un lavoro di ricerca di autori, argomenti, libri a noi congeniali che dalla più semplice traduzione di un volume già pubblicato in un’altra lingua, passando, ad esempio, per le raccolte tematiche (che possono includere saggi editi e inediti), può condurre alla “commissione” di un testo ancora tutto da scrivere.
- Rispetto agli altri paesi europei il management editoriale in Italia è competitivo oppure no?
- Ritengo che, nonostante la brusca accelerazione dei processi di concentrazione che anche qui ha investito il mondo dei media, esistano ancora persone che in Italia esercitano questo mestiere con grandi passione, vivacità e capacità. Ma se queste non riescono a produrre risultati economicamente competitivi (tranne in rare eccezioni, che non sempre rappresentano i fiori all’occhiello in termini di qualità), rispetto allo scenario europeo, ciò dipende anche dalla marginalità in cui la cultura italiana si dibatte ormai da troppi anni.
Il discrimine, a mio parere, sta qui: compete di più il buon libro che ottiene risultati economici modesti ma suscita dibattito, interesse, prestigio (per l’autore e per la casa editrice) e quindi esercita influenza culturale in un senso ampio; oppure, ciò che determina il successo è inscritto solo nella colonna dei numeri del fatturato?
- Secondo te, perché mentre il cinema s’avvale di esercizi che con i locali d’essai riesce – e anche con risultati spesso commercialmente apprezzabili – a presentare opere sgradite alla grande distribuzione, non avviene altrettanto con le librerie?
- Francamente non trovo che il cinema in Italia sia messo tanto meglio dell’editoria. Siamo un Paese pochissimo aperto alle produzioni meno commerciali e di cassetta (italiane ed estere), e spesso anche i successi commerciali, ma non provenienti dal “centro dell’impero” restano fuori dai nostri confini. Pensa al cinema di Bollywood, che pure è noto, vivace e prolifico: in rari casi arriva nelle nostre sale, quasi esclusivamente nei circuiti indipendenti e spesso per pochi giorni. Ci sono le eccezioni, naturalmente, ma sono tali: una produzione italiana che rappresenta un esempio di meritato quanto inatteso successo è per esempio il film-documentario “L’orchestra di Piazza Vittorio”, un caso felice, appunto.
Librerie indipendenti che cercano di selezionare una propria proposta autonoma dai condizionamenti della grande distribuzione ne esistono, ma sono poche, sopravvivono con estrema difficoltà e, soprattutto, vivono una situazione di isolamento che mi pare essere il peggiore effetto prodotto dagli ultimi decenni di bassissimo respiro nella vita politica e culturale, non solo italiana.
- L’e-book è nei tuoi programmi? Credi in una sua affermazione, in tempi brevi, sul nostro mercato oppure no?
- Non so se arriveremo mai a disporre di supporti tecnologici che rendano piacevole, oltre che possibile ed economica, la lettura a video, e penso che in moltissimi casi difficilmente essi potranno sostituire la versione cartacea dei libri. Ma già oggi disponiamo, e utilizziamo largamente, soprattutto nella saggistica, una forma intermedia di e-book costituita dai file pdf. Questi possono essere facilmente scaricati in ogni computer, vi si possono fare ricerche all’interno e, se consentito (a seconda delle protezioni a tutela dei diritti commerciali e d’autore), possono essere copiati, tagliati, stampati, eccetera. Si tratta di una forma importante e diffusa il cui uso è a mio parere destinato a diffondersi ulteriormente. Su questo stiamo investendo anche noi e presto dal nostro sito sarà possibile acquistare, oltre al libro stampato, anche la sua versione digitale scaricabile: questo per tutti gli oltre 600 titoli del catalogo.
- Umberto Eco, di recente, ha detto che gli editori, non solo italiani, mettono in Rete titoli scaricabili di narrativa e trascurano la manualistica che meglio s’attaglierebbe al mezzo elettronico. Trovi giusta questa critica?
- Non ho statistiche sotto mano, ma ho l’impressione che in rete sia disponibile una quantità di testi di saggistica assai maggiore rispetto a quelli di narrativa. E’ del resto evidente che manuali, saggi e tutti quei testi che consentono una lettura discontinua, siano più facilmente fruibili in versioni – stampabili o meno – digitali.
- S’assiste all’introduzione di molte parole, prevalentemente angloamericane, nel nostro scrivere e parlare; tale cosa, come sappiamo, ha sostenitori e avversari.
Francamente non vedo motivo di scandalo in quella pratica, ma quando leggo “customer service” invece di “servizio clienti” o sento dire (per esempio da Berlusconi)“step” invece di “passo”, avverto qualcosa fra il ridicolo e il patetico. Vorrei sapere che cosa pensi su questa faccenda… e come ti regoli in redazione, perché immagino che, specie editando saggistica, questo quesito ti si pone…
- Le lingue sono strumenti in evoluzione permanente, pensarle come qualcosa di statico e impermeabile è falso e sbagliato. La difficoltà consiste nel far sì che questi cambiamenti portino con sé un arricchimento piuttosto che l’inaridimento o la sparizione di forme, termini, costruzioni che rendono unico ogni idioma. Mi disturba più l’adattamento-storpiatura delle parole che il loro trasferimento: bypassare, approcciare, promozionare, sono brutte parole, non vivono in nessuna lingua e a mio parere non meritano di esistere. Ma non chiamerei mai calcolatore l’oggetto che uso per il mio lavoro ogni giorno, o interruzione di corrente un black-out…
In redazione cerchiamo di trovare l’equivalente efficace in italiano, se esiste. Altrimenti manteniamo la lingua d’origine senza il timore di perdere supposte purezze o difendere integrità inesistenti.
- Voglio ricordare un dato: Manzoni vendette duecentomila copie dei “Promessi sposi” in 13 anni, e si era ai primi dell’800!
A proposito di best seller, Giuliano Vigini dice che in Italia i successi di vendita nascono per caso. Mario Spagnol è del parere che il best seller oggi va programmato.
Il sociologo Mario Peresson afferma che “Gli autori italiani vogliono vendere milioni di copie ma anche entrare nella storia della letteratura; le due cose, assai spesso, non sono compatibili”.
Un tuo parere sul libro di successo… è possibile prefabbricarlo?
- Non lo so. Non so se, né come, si possa prefabbricare un libro di successo. Davvero non vorrei apparire una snob, ma questo non è il mio obiettivo. La Meltemi è una casa editrice pensata e organizzata per produrre libri di qualità (anche se non sempre ci riusciamo) che trovino nella loro vita un numero di lettori che garantiscano almeno il pareggio dei conti e la possibilità di continuare a investire in nuovi autori e idee che apprezziamo. E’ evidente che desidererei molto che questi libri incontrassero anche un successo commerciale e lavoriamo perché ciò avvenga, ma non scegliamo i libri sulla base del fatturato che dovranno realizzare. Operare nella saggistica, come è il caso di Meltemi, rende, per certi versi, più chiari gli obiettivi e meno aleatori i risultati.
- So del tuo appuntamento nello Spazio, ma hai ancora un po’ di tempo, aspetta e dimmi: ci sono tante fiere del libro in Italia, ma servono veramente a voi editori (a vendite immediate al banco?... ad acquisire pubblico futuro?) oppure è una favola per mettere su degli ambaradam?
- Una favola… in buona parte. Penso che le fiere siano… fiere, con tutti gli annessi e connessi ormai inevitabili di folla, spettacolarità, fatica. L’utilità di essere presenti si limita sempre più alla sola dimostrazione di esserci.
- Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
- Quando fu trasmessa la serie originale in Italia ero già grandicella, ma essendo stata da ragazzina appassionata di astronomia e fantascienza, ne seguii diverse puntate. Il mondo dell’Enterprise, però, non mi ha mai pienamente affascinato: Kirk mi piaceva, ma la Federazione mi faceva un po’ paura e sentivo un maschilismo e un razzismo nei ruoli dei diversi personaggi che rispondeva poco alle mie ansie libertarie e ribelli.
- Siamo quasi arrivati a Capèllya, pianeta di cellulosa abitato da alieni monoteisti che adorano una sola dea chiamata LC e comunicano fra loro soltanto attraverso pagine scritte con inchiostro simpatico… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di “Ribolla Gialla Anfora 2001” consigliata da Sabrina Iasillo dell’Enoteca Uve e Forme” … Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
- Grazie e… mi sa che ci rivedremo presto. Appena arrivo a Capèllya mi metto a stampare proclami di ribellione: se proprio vogliono avere qualcuno da adorare, quei simpatici ragazzi che ancora si divertono a scrivere con pennini e succo di limone, cerchino altrove. Un buon 2007 senza tiranni né dee sarebbe già un buon inizio, non trovi?
- Vabbè, ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!
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