L'ospite accanto a me è Maurizio Zanardi.
E' tra i fondatori della Casa editrice Cronopio: www.cronopio.it.
Come sanno i miei avventori, mi occupo volentieri di editori che prima
di essere tali, hanno avuto e hanno esperienze anche in altre attività,
pratiche e ideazioni.
E' il caso di Maurizio.
Nato a Napoli nel 1954, filosofo, ha partecipato, con Biagio De Giovanni,
Massimo Cacciari, Roberto Esposito, alla fondazione della rivista di
filosofia "il Centauro", dove ha pubblicato saggi su Agostino,
Cervantes, Lutero, Machiavelli, Spinoza. Conclusasi l'esperienza del
Centauro, ha lavorato con altri giovani filosofi napoletani sulla questione
della "potenza", i cui risultati sono stati pubblicati in
un libro edito da Guida.
Nel 1990 ha fondato con Maria Rosaria Alfani e Mirella Bove la casa
editrice Cronopio, pubblicando autori quali Laurence Sterne, Philip
K. Dick, Juan José Millàs, Jean-Luc Nancy, Alain Badiou,
Deleuze, Derida. Ha curato l'edizione di due libri a più voci:
"Politica" e "Le lingue di Napoli", editi dalla
stessa Cronopio.
L'abbandono della casa editrice da parte delle socie fondatrici provocò
una crisi che Maurizio risolse grazie all'aiuto di tanti amici e a un
dono di Mimmo Paladino che regalò alla giovane Casa alcune copie
autografe di una sua acquaforte ispirata dalla lettura dell'opera di
Cortazar "Storie di Cronopio e Fama". Intorno alla sigla editoriale
si formò un gruppo di scrittori e traduttori, che col tempo ne
divennero soci e tuttora partecipano collettivamente alla definizione
del programma editoriale. Qualche mese fa Maurizio ha pubblicato - in
un volume intitolato significativamente "Per una filosofia free-lance"
- il saggio "Filosofia e metropoli" per discutere i lineamenti
della nuova rivista di filosofia che Cronopio stamperà nel corso
del 2002.
- Benvenuto a bordo, Maurizio
- Lunga vita e prosperità, Armando!
- Voglio farti assaggiare questo Barbera d'Asti Vigne Muntrivé
di Alfiero Boffa
qua il bicchiere
ecco fatto. Adesso ascoltami:
il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma
direbbero "è un bel manico", però noi nello
spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza vuole che
tu trasmetta sulla Terra il tuo ritratto
- Alto, grigio, occhi sporgenti. Il resto lo hai già detto tu.
- Qual è la linea editoriale, la vocazione, di Cronopio?
- Vorrei raccontare com'è nata Cronopio. Credo che sia il modo
migliore per comprenderne la vocazione. Nel 1986 mi capitò di
inviare un articolo all'"Unità", in cui prevedevo,
ma sarebbe meglio dire intuivo o sognavo, la fine dell'Unione Sovietica
e un mutamento dell'intero ordine internazionale. L'articolo non fu
pubblicato perché ritenuto "non attuale". Ecco, Cronopio
nasce a Napoli nel 1990 come casa editrice che tenta di ospitare e promuovere
un pensiero, una scrittura, una lingua dell'attualità. Forse,
"attualità" non è neanche il termine giusto.
Per pensare e dire "ciò che accade" bisogna, infatti,
spesso essere inattuali e navigare controcorrente. Per esempio, quando
pubblicammo "La comunità inoperosa" di Nancy, il tema
della comunità non era all'ordine del giorno. Eppure, oggi non
c'è filosofo che non si confronti con la questione della comunità.
Così, benedetta quell'intuizione!, siamo giunti alla terza edizione
di quel libro. E, per fare un altro esempio, siamo stati i primi ad
anticipare la rinascita di Napoli con la pubblicazione nel 1992 de "La
città porosa". Ricordo che un anno prima "Stern"
aveva dato Napoli per spacciata, pubblicando una copertina in cui su
un piatto di spaghetti era poggiata una pistola. Naturalmente, per insistere
in una linea editoriale che bada a ciò che accade, bisogna essere
assai pazienti e 'credere' che i libri pubblicati troveranno prima o
poi i loro lettori. Bisogna avere la presunzione che quel che si pubblica
sia destinato ad imporsi. Altrimenti non riesci a 'reggere' la debole
risonanza iniziale di scelte in cui credi, le inevitabili difficoltà
finanziarie, le pause…Dopo dieci anni di attività posso
confermare che molti dei nostri libri non scompaiono dal mercato dopo
pochi mesi ma continuano a vendersi, e meglio, nel corso degli anni.
Non vorrei fare affermazioni trionfalistiche - alcune scelte, ad esempio,
non sono andate per nulla bene - ma il dato significativo è quello
che ti ho detto. Del resto, il nostro nome viene da quell'animaletto
verde, spinoso e umido, il Cronopio, appunto, inventato da Cortazar
e la cui indole è dispendiosa, guascona, tipica di chi non bada
troppo alle conseguenze delle sue scelte…
- Quale metodo usate per selezionare le proposte che v'arrivano?
- Un metodo semplicissimo. In genere, pubblichiamo quello che ci piace,
che ci emoziona. Più precisamente: quello che colpisce e conquista
la maggioranza dei Cronopi, siamo ben dodici! E' pur vero che c'è
stato negli anni un notevole avvicendamento di soci. Dei soci fondatori
sono l'unico ad essere "sopravvissuto". Non si è trattato,
dunque, di un'esperienza priva di lacerazioni. Ma ora l'assetto di Cronopio
mi pare molto "collettivo", per quanto - o forse proprio perché
- costituito da spiccate individualità. Non è raro il
caso di libri che suscitano il convincimento di tutti, come, ad esempio,
la nostra ultima pubblicazione: le bellissime "Incurabili"
di Luisa Stella, una scrittrice palermitana di cui sono certo si sentirà
parlare. E' entusiasmante per una piccola casa editrice tentare di portare
alla luce un talento sconosciuto. Se anche si vendessero poche centinaia
di copie, si sarebbe fatta comunque la cosa giusta.
- La maggiore colpa dell'editoria italiana, se ne vedi una, s'intende…
- Non credere abbastanza nell'intelligenza dei lettori.
- Distributori e librai, quali problemi noti?
- Si tratta di problemi noti: preponderanza dei grandi editori, ristrettezza
degli spazi espositivi, rete distributiva monopolizzata da poche organizzazioni,
difficoltà di accesso ai media. Ma nonostante queste notevoli
difficoltà, se hai in progetto, se lo segui senza oscillazioni,
se hai 'visto' bene, ed è la cosa che conta, uno spazio lo conquisti.
Ma devi restare fedele a te stesso, alla tua idea. Ai librai, poi, darei
un consiglio: curate maggiormente il pubblico dei lettori "forti".
Sono loro che garantiscono al libro una "tenuta" non episodica.
Per mantenere un rapporto con questo mondo, sarebbe bene che i librai
lavorassero con consulenti capaci di informarli sui mondi sotterranei,
i "partiti", gli impercettibili ma decisivi mutamenti della
sensibilità nell'universo dei lettori.
- Come vedi il futuro del libro alla luce delle nuove tecnologie?
- Il rapporto con il libro e il senso stesso del libro sono già
profondamente cambiati. Le possibilità della tecnologia intrecciano
sempre più scrittura, immagine, suono, voce. Il mio amico Gabriele
Frasca sostiene da tempo in casa editrice la "necessità"
del ritorno dell'oralità…
-
ne ha parlato anche in questa taverna, chi volesse saperne di
più clicchi su Gabriele Frasca
- Già, ma credo che dalla scrittura non si esca. E, probabilmente,
apprezzeremo sempre più nei tempi venturi proprio il carattere
fisso, cadaverico, avrebbe detto Platone, della scrittura, la 'lettera'
che non risponde, che non si 'smuove', e così ci chiama a uno
stile, un'intransigenza, una durezza in tempi di cinismo diffuso e di
assenza di "stile".
- L'e-book è nei vostri programmi? Credi in una sua affermazione,
in tempi brevi, sul nostro mercato?
- No, l'e-book non è nei nostri programmi. Francamente, non so
se si affermerà sul nostro mercato. Al momento non vedo i segni
di una sua possibile affermazione. Comunque, non sono contrario al suo
avvento, non avrebbe senso.
- Si fanno numerosi gli attacchi al diritto d'autore, non solo i Luther
Blisset, i Linux, i Wu Ming, ma di recente anche "Le Monde"
ha preso posizione in tal senso. Altri (Eco, Malerba,
ad esempio) invece, come sai, lo difendono. La cosa mi rincuora perché
io campo pure di Siae e sono interessato
tu che mi racconti?
- Come si fa a difendere il diritto d'autore, se è la scrittura
che fa l'autore e non viceversa? Un libro "si" scrive passando
per un corpo. L'autore è effetto della scrittura. Come potrebbe
esserne proprietario? C'è un diritto della scrittura, dell'istanza
non-personale che la abita e la sorregge, che va salvaguardato. La potenza
della scrittura deve poter circolare nella sua verità. Ossia:
non c'è autore che preceda l'accadere della scrittura, non c'è
un soggetto che la produca e che possa appropriarsene. C'è bisogno
perciò di un comunismo letterario.
- Ci sono - soprattutto fra gli autori - molti che sostengono l'incompatibilità
fra Arte e Mercato.
L'editoria, come tante altre aree di produzione: dalle arti visive al
cinema, al teatro, eccetera, lavora sulla conciliabilità dei
due termini. Sono conciliabili? E, se sì, come?
- Ma sì. Sono conciliabili, non si escludono. Il fatto è
che si possono istituire diverse forme di relazione tra arte e mercato.
La forma che m'interessa, perché mi sembra capace di mantenere
maggiormente l'editore nella libertà, è quella di non
curarsi del mercato nella scelta delle proprie pubblicazioni ma di badare
soltanto alla 'necessità', alla rilevanza, alla bellezza, all'intelligenza
del libro che si pubblica. Se questo criterio è seguito senza
tentennamenti, con radicalità, un editore che non ha grandi mezzi
- non mi va di usare l'espressione "piccolo editore" - può
conquistare quello spazio di mercato che altrimenti, se seguisse la
logica prevalente, non riuscirebbe con molta probabilità ad assicurarsi.
- Che cosa suggeriresti - intendo idee pratiche, realizzabili subito
- alla Regione Campania, alla Provincia e al Comune di Napoli per sostenere
l'editoria che lavora sul territorio?
- Innanzitutto, smetterla con gli inviti alla lettura., con la pedagogia
del libro, con le iniziative per convincere i giovani a leggere. Non
c'è via "statale" alla lettura. Alla lettura, quella
guidata dal piacere, ed è l'unica che conta, che "fa"
esperienza, che crea un lettore, conduce sempre un amico o un maestro.
E un amico di cui ti fidi o un maestro di cui hai rispetto non ti "invitano"
a leggere. Piuttosto, ti "forzano" a leggere quel libro, quell'autore
e non quell'altro. Un vero amico, un maestro ti indicano anche sempre
qualcosa che non vale la pena di leggere. Perché sanno o sentono
che gli stili si escludono, sono in lotta tra loro. Ogni vero invito
è anche un rifiuto. Ed è per questo che un invito può
conquistarti, perché senti che indica "una" via di
lettura. Invece, tutte le campagne statali alla lettura, con il loro
carico di generica spinta a leggere, sono controproducenti e fallimentari.
Regione Campania, Comune di Napoli farebbero bene a favorire la nascita
di iniziative nelle quali la lotta degli stili potesse venire pubblicamente
alla luce e così favorire la passione della lettura. Da questo
punto di vista, la manifestazione "Galassia Gutenberg" è
cosa da tempo morta, insignificante. Inoltre, sarebbe necessaria una
buona legge regionale sull'editoria, che favorisse i progetti editoriali
piuttosto che distribuire finanziamenti a pioggia…
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci,
chiedo una riflessione su Star Trek… che cosa rappresenta quel
videomito nel nostro immaginario?
- Per mia fortuna ho con me il microregistratore dove, da tempo, raccolgo
le riflessioni di un giovane cronopiano, Fabrizio Denunzio, invischiato
nella fantascienza. Se mi dai qualche secondo, cerco sul nastro qualcosa
che possa esserci utile
- Vai
- La voce di Fabrizio è gracchiante, lo so, alquanto sgradevole,
ma ascolta che cosa dice
- Sentiamo
- …Star Trek nasce come serie televisiva. Importantissimo per
le sorti della fantascienza l'anno di uscita:1967. Il genere cinematografico
si trova in una situazione di stallo. Dopo essersi concluse le incursioni
francesi di Godard (Alphaville, 1965) e di Truffaut (Fahrenheit, 1966),
orientate in senso decisamente antitecnologico, e lontane le rivoluzioni
digitali di Guerre Stellari che arriveranno solo col genio di Lucas
nel 1977 (è necessario ricordare che l'Odissea kubrickiana del
1968 si basava ancora sull'uso sapientissimo di effetti fotografici),
spetta all'apparecchiatura televisiva tracciare le coordinate di ristrutturazione
delle forme fantastiche. Una riorganizzazione che passa attraverso la
consapevolezza di essere sulla soglia, sul limite di ciò che
stato (pensiamo alla fantascienza classica di capolavori come "Assalto
alla Terra" e all'"Invasione degli ultracorpi") e di
ciò che non è ancora (di nuovo Lucas, ma anche lo Scott
di "Alien" e di "Blade Runner"). Da qui l'importanza
dei viaggi dell'Enterprise: esplorazioni nell'ignoto e nero universo
filmico che diventano una vera e propria costruzione dei possibili attraverso
cui il cinema fantascientifico deve passare per sviluppare nuove potenze,
immaginarie e tecnologiche…"
- Sì, la voce di Fabrizio Denunzio è gracchiante ma il
suo pensiero no. Ora siamo quasi arrivati a Kronòpia, pianeta
di carta abitato da alieni che si ubriacano d'inchiostro resinato…se
devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista,
anche perché è finita la bottiglia di Barbera d'Asti Vigne
Muntrivé di Alfiero Boffa…
- Cronopio, Cronopio!
- Ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga
vita e prosperità!
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