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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L’ospite accanto a me è Marco Della Lena. Direttore editoriale della Meltemi; una casa editrice che ha conquistato l’attenzione di autori e lettori in meno di dieci anni d’attività. Risultato acquisito attraverso tredici collane sapientemente coordinate che riflettono sui percorsi della modernità e sugli impulsi della comunicazione nella nostra epoca.
Da tempo volevo invitare Marco, fin da quando – poco dopo il suo debutto sulla scena libraria – me ne parlò quel voluttuoso cervello di Paola De Sanctis Ricciardone che di voluttuoso non ha solo il cervello.
Una cosa che molto mi piace della Meltemi è lo stile scattante delle scelte di scrittura. I suoi volumi stanno alla larga dalla cultura come noia, affrontano argomenti complessi della contemporaneità facendoli emergere da un’osservazione vivace, e talvolta perfino divertita, del reale, lontana dalla sussiegosa maniera accademica di trattare temi d’oggi. Sono libri partecipati insomma, non vi si ravvisa la lente dell’entomologo, il terrorismo erudito che affligge tanta nostra saggistica, libri vivi non tomi morti.
S’avvale di una grafica semplice, ma che attira lo sguardo sui banchi con felici intuiti di colore, le sue copertine sono frames dei nostri giorni e non lapidi come non di rado capita di vedere provocando l’allontanamento del lettore da volumi pur di valore.
Il resto lo scopriremo ora nella conversazione, tra un bicchiere e l’altro, con Marco…ah, dimenticavo!...chi volesse consultare il catalogo dei titoli, degli autori, delle novità, clicchi su www.meltemieditore.it

 

Benvenuto a bordo, Marco…
Salute a te, a tutti, anche ai Borg, e grazie del passaggio…
Voglio farti assaggiare questo Vigna Pratobianco di Torre Fornello…qua il bicchiere…ecco fatto.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore…insomma, chi è Marco secondo Marco…
Parti proprio dalla domanda più dura…chi lo sa chi sono…nessuno può sapere chi è…e non posso certo rispondere come il vostro La Forge: “mi piaccio così come sono”! Provo a metterla così: sono, uno che ha incominciato a voler bene agli altri perché sono diversi da come vorrei che fossero…e voglio anche più bene a me…
Ora che conosciamo meglio il suo direttore editoriale, parliamo della Meltemi…Meltemi…che cosa significa questa parola? Perché è stata scelta?
E’ il nome di un vento forte, di un aliseo del Mediterraneo orientale. Ma è anche una parola a mezza strada tra il cognome di una persona che può chiamarsi Meltemi e quel vento… quando con Luisa Capelli si decise di fondare la casa editrice, al nome ci abbiamo pensato parecchio. Non avrei mai creduto che avremmo finito per perdere i nostri cognomi veri e saremmo diventati “i meltemi”. Meltemi è anche una metafora: ai tempi dell’egemonia minoica conoscere periodicità e direzione di quel vento significava trovare nuove rotte, fondare città, non temere il confronto con altri popoli – nemmeno con quelli dotati di tecnologie più avanzate –, e significava incrociare altri saperi, altre culture, altri mondi… Forse è un nome un po’ troppo “ottimista”, ma quando pubblicammo il primo titolo e andai in libreria a vedere quell’invisibile dorso blu in uno sterminato oceano di libri e di editori… beh, sentii che ci voleva proprio tanto ottimismo per andare avanti…
Quando e come è nata la Casa Editrice, da quale ragionamento, da quali incontri?
E’ nata nell’aprile del ’94, a Roma. 4 o 5 “testi/sonda” fino al gennaio ’96. Poi promozione e distribuzione nazionale. Con Scrivere le culture, un libro fondamentale per le scienze umane degli ultimi decenni, la Meltemi incomincia a far conoscere la sua identità culturale e il suo logo: la Melusina, la sirena a due code.
Non ci furono incontri “decisivi”, nel senso che la decisione di dar vita ad una casa editrice fu soprattutto - per Luisa e me - un incontro con noi stessi. Erano ormai cadute ideologie muri speranze, e per chi, come noi, aveva svolto un impegno politico attivo a sinistra sembrava non ci fosse altro destino che quello della normalizzazione e del silenzio. Non l’abbiamo accettato. Non avremmo potuto. Era come se sentissimo il bisogno di riprenderci la parola. Forse abbiamo costituito una casa editrice proprio per riprenderci la parola.
Come definisci la linea editoriale dell’Editrice…intendo conoscere non l’elenco delle collane e le loro specializzazioni (per queste cose ho già prima rinviato i miei avventori al tuo sito web), bensì la vocazione della casa editrice, il suo obiettivo espressivo e di mercato…
Il progetto editoriale della Meltemi è molto semplice: gli sviluppi della modernità – sradicamenti, esodi, globalizzazione – sono talmente fulminei da non consentirci processi psichici e intellettuali altrettanto rapidi: il rischio è un terrorizzato guardarsi indietro, una nostalgia piena di paure. E, sai com’è, la nostalgia a volte si può sapere da dove comincia, ma non si sa mai come va a finire…volevamo costruire una casa editrice che facesse incrociare le punte più avanzate della riflessione critica con le domande che individui, settori sociali, etnie si pongono di fronte al volto spesso mostruoso, incompiuto, incomprensibile della modernità. Volevamo che l’università fosse contaminata dal mondo com’è, e togliesse spazio ai tanti cinismi, alle sordità, alle estraneità. Volevamo costruire un ponte fra “cultura bassa” e “cultura alta”. Credo che libro per libro ci stiamo avvicinando all’obiettivo. Ma poi neanche questo è vero, perché ogni volta che ti senti vicino all’obiettivo finisci per spostarlo sempre più avanti. Lo so, non siamo una casa editrice facile, né consolatoria, me ne rendo conto, ma se c’è un tempo in cui le semplificazioni e le consolazioni servono a poco è questo.
Quale metodo usi per selezionare le proposte che t’arrivano?
I titoli da proporre per la pubblicazione devono soprattutto essere dotati di due elementi: Il coraggio nell’innovazione nella scelta dei temi di ricerca e la forza di una scrittura autentica e rivolta a chi legge. Sono rari gli autori che affrontano temi “duri” e rarissimi, in Italia, quelli che mentre scrivono pensano al lettore…
La maggiore colpa dell’editoria italiana, se ne vedi una, s’intende…
Non so se la mancanza d’autonomia intellettuale è una colpa, ma l’editoria italiana ne soffre…Sicuramente è una colpa il fatto di privilegiare innanzitutto il profitto invece del pareggio dopo gli investimenti: questa è una scelta e chi la compie si deve assumersi le sue responsabilità perché incide direttamente sulla qualità e fa a fette l’editoria di cultura; una scelta speculare a questa è quella snobistica e provinciale del “piccolo è libero e bello”: non porta da nessuna parte.
Distributori e librai, quali problemi noti?
Lo sconvolgimento degli assetti attuali nella promozione e distrubuzione dei libri è feroce, difficile dire come si assesterà. Ma è più importante cercare di capirlo che piangerci addosso sullo strapotere della distribuzione e della promozione in libreria (ruolo molto più importante di quel che si dica e si pensi)…
Secondo te, perché mentre il cinema s’avvale di esercizi che con i locali d’essai riesce – e anche con risultati spesso commercialmente apprezzabili – a presentare opere sgradite alla grande distribuzione, non avviene altrettanto con le librerie?
E’ un problema che non riesco ad affrontare solo come tutela e diritto alla promozione di opere scomode. In Italia c’è una produzione più conformista che altrove. Ma la forma-stato costruita in Italia non si è mai posta l’obiettivo di produrre cultura: ha prodotto propaganda ma non cultura, ha prodotto ideologia ma non cultura, ha prodotto la subalternità che caratterizza il rapporto fra intellettuali italiani e potere non ha liberato la produzione di cultura. C’entra qualcosa l’esperienza fascista? E lo stato a democrazia bloccata c’entra qualcosa? Mi pare piuttosto questa la cornice in cui porre la questione.
L’e-book è nei vostri programmi?
Ci siamo posti la questione ed apriremo a breve, forse in questo 2003, una fase di sperimentazione. Ma il percorso è più lungo di quel che si creda. Non si tratta solo di difficoltà tecniche da superare (supporti hardware, sistemi operativi più stabili, software più agili ed elastici), si tratta di una vera e propria rivoluzione d’approccio: scrivere un saggio per pubblicare un libro è una forma espressiva, costruire un saggio per la lettura elettronica è una forma espressiva totalmente diversa. Ci si è chiesti fino alla noia se l’ebook avrebbe o no sostituito il libro, pensando che al posto del libro fatto di pagine di carta avremmo dovuto costruire un libro fatto di un sottilissimo schermo al plasma su cui far scorrere il testo scritto ma il punto vero è un altro: come si fa a produrre un ebook se siamo di fronte ad un genere espressivo completamente nuovo?
A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, infliggo una riflessione su Star Trek…che cosa rappresenta quel videomito nel nostro immaginario?
Star Trek è un luogo del mito e la Meltemi ci si trova bene…Voi dell’Enterprise mi piacete perché siete un microcosmo di terrestri e non, umani e non, venite da molti luoghi vagate nel non luogo dello Spazio: mi ricordate un nostro autore, Slavoj Zizek, un filosofo sloveno di cui abbiamo pubblicato un saggio Benvenuti nel deserto del reale. A Milano, nell’aula magna della Bicocca, prima della relazione introduttiva ad un incontro – Il reale nella costruzione dell’immaginario – dedicato al suo libro, Slavoj viene chiamato alla presidenza, si toglie il giaccone blu stinto dall’uso, poggia sul tavolo i fogli su cui ha scritto il suo intervento, si fruga nelle tasche, tira fuori qualcosa che mostra al pubblico: un ovetto kinder. Lo apre davanti a tutti quegli occhi fissi su di lui, prende la sorpresa e la mostra dicendo: “Ecco questo è il reale…”. Non vi sembra una sequenza di Star Trek: First Contact ?
Siamo quasi arrivati a Meltemya, pianeta di cellulosa abitato da alieni che sono soliti ubriacarsi d’inchiostro…se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Vigna Pratobianco di Torre Fornello…ed ora ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

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