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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

Gli ospiti accanto a me sono Piero e Pina Fassi. Patron et Patronne del Gener Neuv.
Diciamolo subito, e non sono certamente il primo a dirlo: è uno dei punti più alti della ristorazione in Italia. Non è un caso che suscita l’ammirazione di più guide. Sta ad Asti, sulla riva sinistra del Tànaro e visitare il Piemonte senza andare al Gener Neuv significa perdersi parecchio della conoscenza di quella regione. Per gli appassionati di enogastronomia, merita anche un viaggio apposta. Vi troverete in un ambiente confortevolissimo, arredato dall’architetto Antonio Guarene che ha anche disegnato le vignette che illustrano il menu condendolo di raffinato, e talvolta corrosivo, umorismo. L’origine del locale risale agli inizi del ‘900, era allora una trattoria tipica gestita da Gener, un pescatore del Borgo. La trattoria fu rilevata nel ’70 dalla famiglia Fassi che è composta, oltre dai miei due ospiti, anche dalle loro figlie Maria Luisa e Maura le quali con la grande chef Pina lavorano in cucina.
Non mi attardo sulle delizie che propongono perché sono tra quelli che credono le pietanze vanno assaggiate e non raccontate, ma aspettatevi il meglio. Maestosa (e probabilmente esaustiva) la cantina dedicata rigorosamente al Piemonte, ma ci sono anche puntate di grande qualità in altre zone del pianeta Terra.
Per saperne di più, cliccate sul loro sito: www.generneuv.it .
Chi dei due risponderà alle mie domande? Piero o Pina? Di volta in volta, l’uno o l’altra.
Lo capirete dalle risposte.

 

Benvenuti a bordo…
Ciao a te.
Di solito sono io a scegliere un vino da offrire, ma con voi, è d’obbligo lasciarvi la scelta…ditemi dunque quale bottiglia intendete stappare per sorseggiarla durante questa nostra conversazione…
Non vogliamo fare torti a nessuno. I vini della nostra cantina sono “amori”.
Se proprio volessimo…consiglieremmo una Barbera d’Asti del 1997 accompagnata da qualche scheggia di robiola di Roccaverano, e qualche filetto di acciuga sott’olio in bagnetto verde con del buon pane con lievito naturale, fatto di solo farina, acqua e sale.
Adesso ascoltatemi: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un
bel manico”, però noi nello Spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che voi
trasmettiate sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il vostro
ritratto…Com’è che oltre trent’anni fa vi siete dedicati a questa attività?
Un colpo di testa, ma anche un colpo di passione sulla ristorazione..
Io e Pina ci conosciamo dal 15 di settembre 1957. Lei 15enne io 19enne. Nel 1960 ci sposammo e lavorammo nel nostro laboratorio di pittura grafica. Per 11 anni ci sentimmo padroni del mondo, contenti di questa attività.
Nel settembre 1970 il colpo di testa. Ci venne nelle orecchie che il vecchio ristorante “Gener” cercava un nuovo gerente. Visto la passione di mia moglie per la cucina, abbiamo pensato di iniziare questa nuova avventura. La spinta decisiva al contratto l’abbiamo avuta dall’Architetto Antonio Guarene, che, conoscendoci da tempo, ci disse che era la più bella idea dell’anno che aveva sentito.
Arredato proprio da Guarene, aprimmo il nuovo locale il 3 Gennaio 1971 chiamandolo appunto “Gener Neuv”. Mia moglie con l’aiuto di un cuoco vero, Secondo Buzzi, passò in cucina. Io, per qualche mese, feci la spola tra un servizio e l’altro in sala, continuando a fare il grafico.
Visto poi il costante successo del ristorante e la richiesta da parte degli ospiti della mia continua presenza decisi di abbandonare il laboratorio per fare solamente il ristoratore. Si aggiunsero poi le figlie Maria Luisa e Maura che hai ricordato prima presentandoci.
Dite ai miei avventori in poche parole quali le scelte che operate al Gener Neuv
La linea si può definire tradizionale, rivisitata quel poco per soddisfare la nostra clientela. Io ho cominciato da autodidatta, ho imparato solo leggendo libri, riviste specializzate di cucina, e visitando ristoranti più importanti.
Partita dalle beauty farms, la cosiddetta cuisine minceur - menu con meno di 500 calorie - è proposta anche da qualche grande chef. E’ possibile fare grande cucina rispettando tali regole? Voi la proporreste nel vostro locale?
Al Gener Neuv, no assolutamente. La nostra clientela è cresciuta con i piatti e i gusti di mia moglie. Quando un cliente entra nel nostro ristorante, vuole mangiare la cucina di Pina. Per tanto egli deve lasciare in cortile, fuori dal ristorante quei rigori, quelle regole dietetiche che sopporta a casa. Libertà di scegliere, libertà di mangiare qualsiasi cosa che Pina propone . Lei non lavora solo con la fantasia ma con l’anima e con una mano leggera che solo gli angeli hanno. E il cliente lo riconosce.
La cosiddetta cucina fusion va diffondendosi presentando, talvolta in un solo piatto, elementi di cibi nostrani accanto a quelli esotici. Come giudicate questo melting pot a tavola?
Vi aspettate nuove rivelazioni? Oppure lo considerate negativamente?
Non consideriamo negativo nulla in cucina, fatto da altri cuochi. E’ naturale per l’uomo
continuare a ricercare e sperimentare. Ma noi ai fornelli siamo per continuare la “vecchia maniera “. Io, Pina, porto avanti la tradizione e lo stile della mamma e delle nonne.
La ristorazione italiana. Il suo maggiore pregio ed il suo peggiore difetto…
Siamo non solo contenti ma entusiasti della cucina italiana. Il maggior pregio è che in ogni 300 metri quadrati d’Italia c’è una tradizione di cucina centenaria. E’ un piacere, un divertimento, girare il nostro paese nei ristoranti, e nelle trattorie. Non parliamo di agriturismi che sono vincolati a determinati prodotti di cortile (che pochissimi o nessuno osserva) ma di ristoratori professionisti che possono usare forme di cottura e alimenti di ogni sorta. Alcuni però, esprimono il peggiore difetto nella ristorazione.
Le guide enogastronomiche si sono moltiplicate e vendono bene.
Qual è secondo voi il loro grado di affidabilità?
Non sappiamo se facciamo bene essere sinceri, ma è nel nostro dna esserlo il più possibile. La sincerità è un grande e soddisfacente patrimonio personale .
Pensiamo che le guide scritte in buona fede siano affidabili in linea di massima.
Ma un esperto incaricato non può visitando una o due volte all’anno un locale capire il reale valore che quel ristorante esprime.
Le guide servono sicuramente per trovare un buon posto di fiducia. Nella scelta di un
ristorante il cliente può conoscere il locale per tipo di cucina e per il costo. Per farlo ritornare però tocca al ristoratore soddisfare il cliente.
Da quando esistono le guide, la ristorazione ha avuto un grande aiuto promozionale,
E sono state di insegnamento a tanti ristoratori. Seguendole, lo chef e chi, come me, guida la sala, specie in presenza di recensioni negative, possono imparare a non commettere quegli errori giudicati da chi gira il mondo per ristoranti. Insomma, se il ristoratore non può fare di più di quello che è capace, almeno impari quello che non deve fare!
La diffusione di notizie sull’enogastronomia ha contribuito ad elevare conoscenza ed interesse presso il pubblico. Eppure siamo un popolo che beve spumante secco su panettoni e dolci. Alcuni consumatori mi sembrano giocatori in grado di qualche, raro, raffinato dribbling ma che falliscono più di un elementare stop perché mancano loro i cosiddetti fondamentali.
In quale direzione dovrebbe meglio muoversi l’informazione stampata e radiotelevisiva?
Certo è che l’informazione giornalistica, ed in particolare modo quella televisiva, sono utilissime all’insegnamento.
L’unico grande difetto, lo troviamo in alcune trasmissioni tv. Dove non si sa per quale motivo, se è per avere colori, o per fare conoscere velocemente la gastronomia del territorio, fanno scomodare ristoratori con le loro proposte, e in cinque secondi di orologio ti filmano 10 o 15 piatti mentre a ciascuno di essi andrebbero assegnati 5 o 10 minuti.
Ogni piatto, ogni ricetta, per il ristoratore è un’opera d’arte.
Esperienze, prodotti, combinazioni, gusti, profumi che vengono fuori da artisti.
E’ arte vera e pura. In quelle trasmissioni dovrebbero portare più rispetto alla cucina.
Non vogliamo esagerare con un paragone: la relazione storica su un’opera la si fa con il tempo necessario. Solo così quando sentiamo l’illustrazione di un monumento, di un quadro, di un’architettura, raccontata con il tempo che occorre a farlo, ti rimane in mente, ti fa sognare, ti fa rivivere il sapore del tempo passato.
Ma come si fa ad apprezzare, ad imparare, a gustare idealmente i piatti e rispettare il lavoro del cuoco scorrendoli in fretta, in 5 secondi, per dare più spazio ad altro?
Meglio un giorno spendere, nella stessa puntata dello stesso programma, 10 minuti per insegnare un piatto. Domani un altro piatto. E così via. Così non si spreca la televisione e si fa rispettosa cultura.
Anni fa, veniva ripetuto che gli italiani sono buoni viticoltori e modesti vinificatori.
E’ cambiato qualcosa? Sì? No? Spiegatemi…
Oggi si è capito che per fare un buon vino è necessario lavorare bene già dai primi giorni dei germogli, sulla vite. E di lì una sequenza di provvedimenti ad aiutarla a dare il meglio per produrre semmai meno ma meglio. La quantità va certamente a scapito della qualità. Come in tutte le cose.
A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, infliggo una riflessione su Star Trek…che cosa rappresenta quel videomito nel nostro immaginario?
Se Star Trek fosse un alimento o almeno un arnese da lavoro, oppure un buon ristorante, le parole non ci mancherebbero. Ma purtroppo, lì siamo su un altro pianeta. Per il momento noi cerchiamo di vivere bene con i piedi sulla terra. La nostra mentalità non concepisce più di tanto la fantascienza. Certo necessaria, ma troppo…fantascientifica per noi Fassi, ancora terrestri
Terrestri sì, ma celesti in cucina e in sala.
Ora, siamo quasi arrivati a Fassya, pianeta abitato da alieni che hanno per motto “Se il Tanaro fosse di vino mi farei pesce”. Stoppiamo qui l’intervista…Però tornate a trovarmi, io qua sto…intesi eh?
Intesi. A presto.
E ancora una cosa da Pina e Piero Fassi: guarda indietro per andare avanti!
Ne terrò conto. Vi saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

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