L'ospite accanto a me è Andrea - per
gli amici Samvado - Lapiello. Sommelier.
Lui e il fratello Paolo sono i patrons di Evoè un piccolo, delizioso
locale di Roma dall'ambientazione post modern. Si trova in Via Monte della
Farina 43, a due passi dal Teatro Argentina; per schede illustrative, cliccate
su www.menudiroma.it
e www.ristorantidiroma.com/evoe.htm
Perché ho invitato quassù Sam? Per due motivi: 1) Perché
su questo sito faccio come mi pare e non devo rendere conto a voi; 2) Perché
scommetto che di costui fra qualche anno se n'occuperanno in parecchi e a
me piace fare scoperte, talvolta perfino riuscendovi.
Se non ci siete ancora stati, passate una sera all'Evoè, ci ritornerete.
Troverete ad accogliervi i due fratellini, e Sam vi guiderà, se lo
vorrete, nelle scelte con simpatia assolutamente non formale e matura competenza
tanto più apprezzabile considerando anche la sua giovane età.
Inoltre, pregio - anzi particolarità, specie a Roma - ha messo su un
encomiabile rapporto qualità-prezzo. In altre parole, berrete bene
senza dovere accendere mutui.
La clientela, prevalentemente giovanile, pur scegliendo fra buone etichette
- di numero contenuto, ma tutte selezionate con naso e palato vigili - conosce
così bottiglie di qualità che possono essere abbinate a pochi
ma altrettanto validi piatti, lontani, per capirci, da andazzi snack. Insomma
scelte sapienti, perché mettere su bottiglie da 50 euro e oltre, siamo
buoni quasi tutti, ma giostrarsi, e valorosamente, fra prezzi contenuti è
arte difficile.
Tutto bene quindi? Solo applausi? No. Paolo e Sam ne hanno combinato una grossa.
Hanno sfregiato il locale con l'appellativo winebar. Orore (una sola
erre è petrolinianamente voluta)!
Non lo dico per sciovinismo linguistico dal quale sono lontano amando anzi
il vocabolario meticcio, ma perché è una moda che non sopporto.
E poi m'è capitato spesso (ma all'Evoè sono stato felicemente
smentito) di trovare in agguato dietro quella dizione bicchieri mediocri a
prezzi non deglutibili. A proposito, apriamo una parente - come diceva Totò
-, mi hanno scritto amici cari sostenendo che in opposizione a "winebar"
usano (con dotte ragioni etimologiche) la parola "einoteca"
beh
no, mi si rizzano i capelli che non ho, di fronte a tale espressione preferisco
mille volte winebar! Ma ve lo immaginate un tipo che invita una tipa
dicendole "ci vediamo in einoteca"? Il minimo che gli capiterà
è andare in bianco. Ma merita anche destini peggiori!
- Benvenuto a bordo, Sam
- Grazie Capitano. Sono qui per un avventura, conducimi!
- Di solito, propongo io ai miei ospiti un vino, ma con te non oso. Scegli
tu un'etichetta. Roba adatta ad essere sorseggiata durante questa nostra conversazione
spaziale
- Per celebrare e goderci insieme questo viaggio, consiglio un splendido bianco
friulano: Bianco della Castellana 1997, Azienda Agricola La Castellana (Oslavia);
una D.o.c. tradizionale divenuta la bandiera della modernità italiana.
- Eccoti servito
in questa taverna spaziale nulla manca. Adesso ascoltami:
il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero
"è un bel manico", però noi nello spazio stiamo, schizziamo
"a manetta", prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra - come
sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti - il tuo ritratto
non
quello fisico, risparmiaci
ma interiore
insomma, chi è Sam
secondo Sam
- Sono un uomo che sbaglia tanto, un servo del mio cuore. Adoro peccare,
ma rendo onore al sangue che mi dona in ogni momento la vita e che mi rende
un figlio della Terra e fratello delle stelle in cielo.
- Mentre vado ad informarmi se la Terra e le Stelle sono contente della stretta
parentela con te, dì ai miei avventori a che cosa si deve la scelta
del nome Evoè
il suo significato
- Tutto ebbe inizio con uno scambio di favori. Un mio cugino stava cercando
un nome per un vino di cui aveva curato la nascita e venne a casa nostra in
cerca di consigli. Mio padre, come sempre quando rompe i suoi lunghissimi
silenzi, fu acuto e diretto e risolse il dilemma. Trascorsi pochi mesi, il
grato cugino, venuto a sapere delle nostre intenzioni imprenditoriali, ci
raccontò una storia. All'apice dell'esaltazione, per brindare alla
vita e alla gioie date da Bacco agli uomini, i conviviali di quelle grandiose
feste che furono i Baccanali, gridavano ebbri: "Evoè! Bacco giunge,
rallegriamoci, così sia!".
Euripide lo tramanda, ma Orazio lo traduce in latino nelle sue Odi, portando
in Italia una parola antica, nata insieme al primo vino in Asia.
- Partita dalle beauty farms, la cosiddetta cuisine minceur - menu con meno
di 500 calorie - è proposta anche da qualche grande chef (ad esempio,
Moreno Cedroni de La Madonnina del Pescatore, Paolo Teverini a Bagno di Romagna,
Michel Guérard in Francia). E' possibile fare grande cucina rispettando
quelle regole? Tu la proporresti in un tuo locale?
- Sono sempre aperto alle novità, e pronto a nuove esperienze. Se mai
mi capiterà di provarla ti darò un parere partendo dall'esperienza,
per adesso, esprimo solo un'opinione. Tutto a questo mondo può accadere
se ci sono gli uomini adatti. In questo caso ci vogliono soprattutto i clienti
giusti, eccentrici e ricchi, con un'alta cultura, e con poca voglia di cucinare.
Sinceramente non mi piace questa idea e non la proporrei nel mio locale, perché
i servizi offerti dalla ristorazione rimangono pur sempre beni di lusso, mentre
la salute è un bene primario al quale ci si dedica prima del lusso,
e le calorie contate sono sempre una forma di dieta, che da sempre comporta
la rinuncia al ristorante per la casa. La cucina italiana, poi, non è
mai stata ipercalorica.
- La cucina fusion va diffondendosi presentando, talvolta in un solo
piatto, elementi di cibi nostrani accanto a quelli esotici. Come giudichi
questo melting pot a tavola?
Ti aspetti rivelazioni? Oppure lo consideri negativamente?
- Per tendenza personale amo sempre il cambiamento. E la creatività
non si è mai interrotta nell'uomo. Sono a favore della fusion.
Ormai l'uomo è cittadino del mondo. Ho fiducia che la globalizzazione
culturale non cancellerà i vari microcosmi umani, fonte della immortale
diversità della vita. Per cui se, stilisticamente, al gusto, le regole
dell'armonia dei sapori sono rispettate, via aperta a tutte le novità.
D'altronde non è un processo unicamente moderno, molte delle nostre
tradizioni di italiani sono fonte di un melting pot storico, antico
quanto il mediterraneo.
- Auguste Escoffier codificò in Le livre des menus del 1912
l'ordine d'ingresso delle portate secondo un principio definito "sequenza
armonica e intelligente". Sostanzialmente, lo abbiamo ancora in pratica
nella cucina occidentale. Prevedi che cambierà qualcosa in futuro?
- Non prevedo cambiamenti su questa strada. È un ottimo metodo che
segue l'equilibrio. È stato messo alla prova dalla storia ed ha retto.
- L'alta ristorazione è andata sempre più spostandosi dalle
città verso piccoli centri. Qual è la ragione di questa migrazione?
- Questione di facilità. Fuori dalla metropoli è tutto più
semplice per il ristoratore. Soprattutto parte con costi fissi più
contenuti. Così i margini per introdurre qualità sono più
ampi. E poi alta ristorazione è anche territorialità. Utilizzo
delle materie prime stagionali, e dell'orto ancora meglio. Fuori dalle città
questo rapporto con la terra è più diretto anche per i clienti.
E per i clienti stessi la decisione per una serata di relax e qualità
è arricchita dalla mancanza degli stress cittadini dati dal contesto
nuovo, dalla mancanza di traffico. Chi sceglie l'alta ristorazione possiede
le tasche anche per una breve gita fuori porta.
- L'enogastronomia italiana. Il suo maggiore pregio ed il suo peggiore difetto
- Non ha difetti se non la propria gioventù, soprattutto in termini
di adepti. Le classi che ancora non sanno cosa significhi enogastronomia,
sono ampie ancora.
Il suo maggior pregio è essere italiana. Siamo l'unico paese con una
così vasta scelta di prodotti agroalimentari ed enologici di qualità.
E poi il nostro sangue è quello degli "Hobbit". La nostra
scuola è il convivio. Siamo maestri innati.
- Le guide enogastronomiche si sono moltiplicate e vendono bene. Esiste, oppure
no, una che preferisci e consigli?
- Nel mondo del vino mi affido alla guida dell'Associazione Italiana Sommelier
- Duemilavini -, i loro giudizi sono i più descrittivi e semplici
da seguire.
Per la gastronomia sicuramente la Michelin.
Ma quella che adoro di più e la singola, individuale esperienza di
ognuno, che è libera ed inviolabile, come il gusto.
- La diffusione di notizie sull'enogastronomia ha contribuito ad elevare conoscenza
ed interesse presso il pubblico. Eppure siamo un popolo che beve spumante
secco su panettoni e dolci. Alcuni consumatori mi sembrano giocatori in grado
di qualche, raro, raffinato dribbling ma che falliscono più di un elementare
stop perché mancano loro i cosiddetti fondamentali.
In quale direzione a tuo parere dovrebbe maggiormente puntare il lavoro di
quanti sull'enogastronomia lavorano sul web e nell'editoria stampata e radiotelevisiva?
- La direzione è la più giusta. Il cammino è in atto
già da parecchio. La crescita l'abbiamo misurata tutti negli ultimi
tre anni, con il vistoso aumentare del numero di winebars aperti. Una
volta che le persone vengono raggiunte anche così, significa che il
movimento mosso dalla cultura colta, si sta radicando negli individui
e nella cultura di massa. Basterà attendere ancora un po' per capire
la grandezza dell'onda che stiamo cavalcando.
- Anni fa, veniva ripetuto che gli italiani sono buoni viticoltori e modesti
vinificatori.
Oggi qualcosa è cambiato. Quali sono stati, a tuo avviso, i principali
passaggi che hanno permesso i miglioramenti che si sono verificati?
- Sassicaia. Gaia. San Leonardo. Tre nomi, tra aziende, tre uomini.
Scelte coraggiose, che hanno messo al posto del contadino l'enologo, cioè
una visione e la tecnica. Che hanno portato la scuola francese anche Italia.
È vero, siamo stati colonizzati dal loro know how, per fortuna.
Dai primi tre è stato come lanciare da un picco innevato un piccolo
sassolino. Su un terreno fertile come l'Italia, in termini di materia prima
vite e materia prima uomo, poi è stato facile. Era la fine degli anni
settanta, da allora molto è cambiato e a quei pionieri, va il merito.
È stato un pioniere anche chi si è messo nella scia del Barone
Incisa della Rocchetta, di Carlo Guerrei Gonzaga e di Angelo Gaia, e ha seguito
la visione da loro manifestata.
- Un tempo, D'Amato, dividendosi tra fatiche questurine e direzione della
Guida L'Espresso, dichiarò vittoriosamente guerra all'allora imperante
moda di panna e ruchetta ovunque nei piatti. Alla stessa maniera, oggi, bisognerebbe
o no fare una guerra alla moda del Novello prodotto e citato esclamativamente
da tante case produttrici?
- Si. Il novello ha avuto ragione di esistere in Francia nella zona del Beaujolais,
solo in quella zona. Adesso da noi esiste il Novello campano, trentino, toscano,
eccetera. Li accomuna il metodo di vinificazione, ma non esiste una D.o.c.,
ed invece dovrebbe. Il problema è del legislatore che dovrebbe portare
una regola alla moda, allora sarebbe diverso, diverrebbe anche nostro,
adesso ancora non lo è, e vive solo di motivi commerciali, come vino
traino, non mi piace.
- Ci avviamo alla conclusione. Che cos'è per te la Gola? E' chiaro
che lo dico escludendo a priori giudizi morali o rigori religiosi.
- Un eccesso. Che come ogni eccesso toglie valore al piacere.
C'è una gran differenza tra l'ingordigia, che quasi ti toglie la capacità
di soddisfare il tuo animo per la gioia che ricevi dall'esperienza percepita
dal palato e quello stato di armonia che ti dona, puro, il piacere, brillantemente
descritto da Brillant-Savarin: "Il creatore, obbligando l'uomo a mangiare,
ve lo invita con l'appetito e lo premia con il piacere". Ma la Gola
non è ingordigia, significa scegliere come vincente, nella propria
scala dei valori dei piaceri, la soddisfazione data all'anima dai sapori dei
cibi.
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, infliggo
una riflessione su Star Trek
che cosa rappresenta quel videomito nel
nostro immaginario?
- L'insaziabile istinto dell'uomo che è la ricerca. Un impulso primario.
Un bisogno dell'anima. Una nostra dote. E la fantascienza, per gli occidentali
è la bandiera della novità, della curiosità, dell'ignoto,
dove si accetta più facilmente che l'impossibile divenga possibile.
- Siamo quasi arrivati a Evoè, pianeta abitato da alieni che vedono
tutti i giorni dalle 19.00 in poi, tranne il lunedì, sempre lo stesso
film: "Provaci ancora Sam"
se devi scendere, ti conviene prenotare
la fermata. Stoppiamo qui l'incontro, anche perché è finita
la bottiglia di Bianco della Castellana 1997. Però torna a trovarmi,
io qua sto
intesi eh?
- Lo farò con piacere. È stato bello viaggiare insieme a te.
- Vabbè, ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise:
lunga vita e prosperità!
È possibile l'utilizzazione
di queste conversazioni citando
il sito dal quale sono tratte e menzionando il nome dell'intervenuto.
Vi preghiamo di non richiedere alla redazione recapiti telefonici, mail o postali dei nostri ospiti che non dispongano di un sito web; non possiamo trasmetterli in ottemperanza alla vigente legge sulla privacy. |
|