L’ospite accanto a me è Nicola Batavia. Patron e chef del ristorante ‘l Birichin di Torino.
In quel locale, arredato con sobria eleganza, incontrerete piatti e vini straordinari. Non descriverò le pietanze, la trovo un’operazione improbabile che fatalmente finisce in quel logoro gergo dei critici di gastronomia, me ne tengo lontano. Posso dire soltanto che Batavia ha creato un’impareggiabile armonia fra tradizione territoriale e innovazione, le sue creazioni sono esercizi di stile che producono emozioni sensoriali rare a trovarsi.
E poiché sono uno dei fans della sua sapienza enogastronomica, l’ho invitato quest’anno per la stagione 2007-2008 a suggerire i vini che bevo virtualmente con i miei ospiti nelle interviste che conduco in questa taverna spaziale; perché Nicola oltre ad essere un Maestro dell’alta cucina, è uomo spiritoso dalla battuta pronta di vispa intelligenza.
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Nicola, in quest’anno che per i terrestri è il 2008, ha dato vita nel suo locale anche a mostre d’arte, ad esempio ad una ghiotta esposizione che riguarda Diabolik
Dall’8 agosto, per le Olimpiadi (poco olimpiche in verità – questo lo affermo io – per la repressione operata in Tibet) sarà a Pechino con il suo staff quale responsabile del catering della Nike Vip House.
- Benvenuto a bordo, Nicola…
- Ciao! Complimenti per questa taverna spaziale che hai creato. Ma… devo preoccuparmi o chi guida l’astronave conosce bene il suo mestiere?
- E’ il Capitano Picard. E’ bravissimo. Per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore…insomma, chi è Nicola secondo Nicola …
- Hai già detto tu nel presentarmi chi sono.
Posso aggiungere che sono Nicola punto e basta; persona sempre pronta a fare due chiacchiere con i miei clienti e che cerca di imparare da ogni cosa che gira attorno al mio locale. A proposito, sai… una artista che ha presentato le sue opere al Birichin mi ha preso il cuore con una tela? Le voglio dedicare un piatto. Non chiedermi chi è.
- Non sono tanto indiscreto. Mi hai annunciato che durante questa nostra conversazione nello Spazio, avremmo sorseggiato una bottiglia che vedo hai portato con te. Di quale vino si tratta?
- Lo senti il perfetto profumo del nebbiolo? Il profumo della mia terra solida e concreta piena di carattere? Il vino è “Val dei preti”, 1995, della buonanima di Matteo Correggia, ancora in vita in quel ’95…
- ‘l Birichin: quando nasce?... e qual è oggi la linea stilistica della tua cucina, quali le scelte di gestione che operi nel locale?
- Nasce il Birichin più o meno 15 anni fa con un mio socio, ora ex socio. Ma è solo da 8 anni circa, dopo che presi da solo le redini in mano, che ho cominciato a credere in me, che ho concretizzato certe mie idee.
In questi ultimi 4 anni mi sta andando tutto a gonfie vele.
Mi chiedi della linea gestionale. Bravi collaboratori prima di tutto. Tanto, tanto, tanto di mia mamma a fare pane pasta e grissini e che sa tenere un rapporto con i miei fornitori estremamente di fiducia. Quanto allo stile, inoltre, ritengo che debba risiedere nella persona stessa. Ci sono cose che ti calzano a pennello. Altre no. Allora devi continuare a cercare, ma non in giro, dentro di te e nel tuo locale.
Amo fare una cucina fatta di sensazioni e gusto. Sensazioni al servizio del gusto e non dello spettacolo, pur curando – qualcuno dice maniacalmente – l’impiattamento.
- La cucina fusion va diffondendosi presentando, talvolta in un solo piatto, elementi di cibi nostrani accanto a quelli esotici. Come giudichi questo melting pot a tavola?
- Ho lavorato in Asia e sono stregato dai loro ingredienti e ammetto che ogni tanto ne trovi qualcosa nei miei piatti. Ma dico… il profumo del cardamomo fresco? Ed il basilico appena colto? Magari in Liguria… che sballo!
- L’antropologo Lévi-Strauss ne “Il crudo e il cotto” indica in quelle due modalità un passaggio essenziale del rapporto fra Natura e Cultura. Oggi, però, si moltiplicano i cosiddetti “crudisti”, capeggiati dalla chef Roxanne Klein. C’è chi dice rappresenti qualcosa più di una moda o di una scuola culinaria. Il tuo pensiero al proposito?
- Trovo che spesso la moda prende la mano. Non tutto il crudo è buono e non tutto il buono è crudo. Ma in molti cavalcano, pur senza troppa convinzione, la moda e per qualche locale serve anche a riempire la cassa.
Nel seguire le mode c’è, però, anche qualche colpa in chi consuma.
Quante volte ti sarai sentito dire:”Ho mangiato sushi, pesce crudo…che buono”
Forse ancora oggi in pochi sanno che il puro crudo senza alghe, riso e bla bla, è sashimi.
Nel mio ristorante, comunque, da prima che arrivassero certe mode, ho un piatto che si chiama “Crudo-Batavia”, venite ad assaggiarlo.
- Qual è a tuo avviso il peggiore difetto dei ristoranti italiani?
- L’approssimazione. Che trionfa soprattutto nei locali medi.
Quei locali finti insomma, dove semmai non c’e neanche il titolare e, se c’è, quasi mai è lui stesso lo chef. Ci fossero le vere trattorie sarebbe meglio! Ma quelle vere però.
- La diffusione di notizie sull’enogastronomia ha contribuito ad elevare conoscenza ed interesse sulla materia presso il pubblico. Eppure siamo un popolo che beve spumante secco su panettoni e dolci. Alcuni consumatori mi sembrano giocatori in grado, talvolta, anche di qualche (raro) raffinato dribbling, ma che falliscono più di un elementare stop perché mancano loro i cosiddetti fondamentali.
In quale direzione, secondo te, dovrebbe meglio muoversi l’informazione stampata, radiotelevisiva, e web? Su quali elementi, insomma, ti piacerebbe (e consiglieresti ai redattori) di soffermarsi meglio e più estesamente?
- Cavoli, che domandina!
Trovo che, forse, andrebbe fatto un lavoro giornalistico teso a fare maggiormente apprezzare i valori dell’innovazione nella tradizione. Assai spesso leggiamo, o ascoltiamo, redattori troppo sbilanciati sull’invenzione o troppo arroccati nella tradizione.
- Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
- Sai, forse la cosa più bella di Star Trek era sapere che esisteva…
- Siamo quasi arrivati a Batavya-Alfa, pianeta abitato da alieni che quando atterrano sul pianeta Terra vanno sempre a mangiare da ‘l Birichin… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Nebbiolo Val dei Preti da te portata quassù… Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
- Bene Armando, ti saluto e sappi che t’aspetto per un bicchiere sul Pianeta Terra.
A bientôt!
- Vabbè, ti saluto anch’io com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!
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