L'ospite accanto a me è Paola De Sanctis
Ricciardone. Antropologa, è Docente presso l'Università
degli studi della Calabria. Ha scritto vari saggi, il primo nell'82:
"La Madonna e l'Aratro": uno studio sulla Barabbata, festa
che si tiene a Marta, paese vicino Bolsena, lo pubblicò Officina
Edizioni; successivamente, ha dedicato molta attenzione scientifica
al gioco e al suo ruolo nelle società, ed ecco nell'87 "Il
tipografo celeste" sul gioco del Lotto fra letteratura e demologia,
Edizioni Dedalo; "Antropologia e Gioco" per Liguori nel '94,
e poi, nel '96 Meltemi presenta "Nemici Immaginari", esercizi
di etnografia raffinati e divertenti con un gran finale sulla falsariga
degli Esercizi di Stile di Queneau
ah! dimenticavo, sempre Meltemi
ha pubblicato, curato dall'operosa Paola, nel '97 "Il Potere del
debole" una raccolta di saggi classici sul gioco. Mi fermo. Perché
sennò facciamo notte a dire dei suoi interventi su riviste, libri
collettivi, convegni. Chi vuole qualche altra indicazione clicchi su:
http://www.storia.unifi.it/_labstoria/it/8.htm
e http://www.unilibro.it/libro/e2106.htm
Che altro dirvi
è un'esperta giocatrice di bridge, ad esempio.
Per altre notizie su di lei, telefonatemi e, dietro compenso, farò
gossip.
- Benvenuta a bordo, Paola
- Ciao Armando scusa il ritardo ma avevo sbagliato astronave, ho perso
due giorni a ritrovarti
- Fingo di crederci, sono abituato alle tue bugie
voglio farti
assaggiare questo Dolcetto di Villa Jolanda
qua il bicchiere
ecco
fatto.
Senti, il Capitano Picard è bravissimo, a Roma, per lodarne la
guida, direbbero "è un bel manico", però noi
nello spazio stiamo, schizziamo "a palla", per prudenza, facciamo
un gioco, sperando che resti tale, trasmetti in poche battute alla Terra
il tuo ritratto, insomma come vorresti essere ricordata dagli umani
- Come un esempio di Traviata in parte redenta grazie al gioco.
Vedi, io da piccola volevo fare la cantante lirica. Sognavo che un regista
tracciasse per me un cerchio col gesso sul palcoscenico e dicesse: "La
Signora è qui". Ed io lì bella grassa inamovibile,
col camerino pieno di fiori che mi mettevo a ugolare arie da sogno.
Poi è arrivata l'Università ed ha corrotto la mia giovane
mente; l'Antropologia, per la quale presi come un innamoramento, mi
ha definitivamente Traviata.
- Traviata
dall'antropologia?
- Sì, l'antropologia contemporanea col suo fardello di sbroccamenti
relativistici e di incertezze wittgensteiniane. Un gioco al massacro,
una vera e propria esibizione narcisistica del NON ACCESSO privilegiato,
come diceva il buon vecchio Ernest Gellner, con dialoghi a rimpiattino
del tipo :"guarda che come non capisco io l'alterità, tu
neanche te lo sogni"; "No, se permetti il primato della confusione
mentale ce l'ho io e me lo sono guadagnato sul campo con un PhD in una
famosa università della California" ecc.. Poi ad un certo
punto mi sono detta: ma se è un problema di giochi linguistici,
di regole, o di assenze di regole nella comunicazione umana, tanto vale
studiare il gioco così andiamo direttamente dal padroncino metaforico
di tutti questi tormentoni tra i due millenni.
Così mi sono, in parte, redenta. Sento di studiare finalmente
qualcosa di serio, anche se un po' di tosse ce l'ho.
- Nella storia dell'umanità c'è stata un'evoluzione del
concetto di gioco?
- Esagerato!
- Sì, lo confesso: sono smodato
- Non avvilirti, restiamo coi piedi nel Cosmo. Dove siamo.
Einstein diceva: "Dio non gioca a dadi", e per questo, e anche
per la sua teoria della relatività, si è beccato l'appellativo
di "Ultimo Grande Determinista", ultimo grande newtoniano.
Da Ilya Prigogine per esempio, il quale non solo pensa che dio giochi
proprio a dadi ma si diverta anche come un matto alla faccia nostra.
Bene, queste due concezioni sono le polarità estreme di diversi
concetti di gioco: Da un lato un gioco regolato, padroneggiabile da
una definizione, dagli esiti indagabili e accertabili e in una qualche
misura deterministico e dall'altra un gioco aleatorio, stocastico (non
dico mai parolacce), non prevedibile ed entropico. E' una gamma ampia
di giochi che va dai giochi deterministici (come il filetto, intendo
il gioco) ai teoricamente deterministici (come gli scacchi) ai probabilistici,
fino ad arrivare ai giochi d'azzardo
- Insomma ci si trova di tutto
- Sì, in questa gamma puoi metaforicamente trovarci di tutto:
teorie della Fisica, giochi degli uomini, scuole filosofiche, paradigmi
e anti-paradigmi, società segrete, Massoneria, sistemi di parentela,
Lega Lombarda, Figli dei fiori, Fondamentalismi e quant'altro. Io ci
ho trovato molta antropologia. Certo, ti ho fatto una prospezione sincronica
dei concetti, ma se tu li vuoi riassestare diacronicamente, e stabilire
una "evoluzione" come dici tu, considera che il determinismo
(in Fisica come in Antropologia) era più in auge nei secoli scorsi
e fino alla prima metà del Novecento l'antropologo non aveva
alcuna intenzione di giocare a dadi. Le equazioni di instabilità
del Caos si addicono invece alla vena contemporanea.
- In molte locuzioni popolari: a che gioco giochiamo
non sta alle
regole del gioco
non facciamo il suo gioco
temo che faccia
il doppio gioco
ed altre ancora, mi pare che il gioco sia evocato
come possibile trappola, vi circola intorno quasi un senso d'inquietudine.
Il gioco provoca allarme? Contiene una carica eversiva?
- Quel titolo Il Potere del debole che tu hai citato prima,
è così voluto per evocare l'attributo più occulto,
insidioso e rivoluzionario del gioco, la sua apparente inoffensività
sociale.
Il mitico Bronislaw Malinowski (uno dei miei santini intoccabili, nonostante
gli attacchi di quei senzadio americani) diceva che le società
più sono arretrate dal punto di vista tecnologico e più
sono conservatrici. Il Buon Broni infatti si metteva nella testa del
Buon Selvaggio e si immaginava scenari di questo tipo: è vero
che con l'arco e le frecce uccido solo un cervo alla settimana, ma almeno
quello a casa me lo porto; se invece mi metto a pensare - tanto per
dire - all'arbalete bifocale a stantuffo, può darsi che dopo
mesi di sperimentazione due cervi a botta li catturo, però nel
frattempo nel villaggio mi sono morte di inedia le mogli, la prole,
la cugina parallela, le suocere e pure l'avuncolo. Da qui, pensava Broni,
il conservatorismo esteso ovunque, nell'arte, nella tecnologia, nella
società, nella religione ecc. Se innovi in campi seri sei un
sabotatore, se invece fai le cose per gioco e nel tempo libero (o per
noi nelle zone protette della ricerca pura), le tue azioni non sono
percepite come rischiose, e così filtra quasi tutto, nel
bene e nel male: dall'arbalete a stantuffo alla bomba atomica, passando
per le macchine volanti, il cinema, il dadaismo, la liberazione sessuale,
la clonazione e così via. "Avanguardia del progresso",
"fucina del nuovo", definiva il gioco Malinowski, e si era
nel 1931.
- In uno dei tuoi saggi hai analizzato il piacere di perdere. Sono interessato
per motivi personali.
Ti prego, parlamene!
- Tutta colpa di Freud e di freudiani come Edmund Bergler.
Sai, loro pensavano che il giocatore coatto, impenitente e recidivo,
fosse dominato da una volontà di perdere, per il piacere masochistico
di farsi del male, ma male davvero. Il caso clinico preferito è
Dostoevskij: i suoi biografi sostengono che solo dopo essersi umiliato
e sfibrato fino all'annientamento al tavolo di gioco riusciva a recuperare
la sua vena creativa.
Per molti scrittori austriaci della Jung Wien come Schnitzler o Zweig,
il gioco d'azzardo rappresenta una vera e propria epifania della pulsione
di morte. Sì, ma tutto questo riguarda tavoli di Chemin de fer
o di Roulette, e i protagonisti dei casi clinici o dei racconti di questi
scrittori si suicidano in livide albe viennesi, a Baden o a Montecarlo.
Devono ancora nascere i cantori delle perdizioni del quartiere Tor Tre
Teste al Gratta e Vinci.
Noi, Arma', possiamo stare tranquilli: Verrà la Morte, ma gli
occhi non avrà del Superenalotto.
- Meno male, sarebbe una carognata farci vincere proprio mentre ce ne
stiamo andando, se qualcuno è a decidere si decidesse prima!…Ma
tanti giocatori di Tor Tre Teste o della Bovisa, mo' li curano
- Sì, anche in Italia stanno nascendo dei tentativi di medicalizzazione
del gioco d'azzardo, soprattutto in relazione alla diffusione delle
macchinette mangiasoldi, che produrrebbero forme di dipendenza tali
e quali a quelle della droga. Boh! Avrà avuto ragione Balzac
a definire il Lotto l'oppio della miseria? Personalmente non condivido,
tuttavia dobbiamo rendere grazie a Balzac, altrimenti quel gran copione
di Carlo Marx (che conosceva e molto apprezzava l'autore de La Comédie
humaine) probabilmente non avrebbe saputo creare la sua lapidaria
frase "La religione è l'oppio dei popoli".
- Prima d'incontrarti ho svolto una preparazione specifica con un allenatore.
Allora senti, lo dico a beneficio degli avventori: la "Teoria dei
Giochi", dal suo creatore Von Neumann che l'ideò nel '28
fino a John Nash, Nobel nel '94, ha affascinato le menti di molti matematici.
Puoi dire in parole semplici…altrimenti tutti capiscono e io no…qual
è per te l'importanza di questo capitolo del pensiero contemporaneo?
- Il tuo allenatore ti ha informato sulle date ma non ti ha detto che
la Teoria dei Giochi non si può definire in poche righe…
- E' vero!…Domani lo licenzio quel tanghero
- Aspetta…si può dire che è una teoria matematica
per ottimizzare le decisioni soprattutto in campo economico. Ma si è
detto quasi niente. Ti faccio un esempio: io conosco malamente le regole
degli scacchi, ma non è solo questo che mi rende una pessima
giocatrice di scacchi. Il mio problema è che non so vedere nel
futuro della partita. Sono "cieca" nel senso che non so immaginare
che pochi scenari al seguito delle mosse mie e del mio avversario: non
vedo un numero sufficiente di ramificazioni del cosiddetto "albero
delle decisioni". Questo significa che alla terza mossa sono fatta
fuori da un giocatore bravo
- …e dunque?
- e dunque io ho trasformato, per mia ignoranza, un gioco ampiamente
indagabile e sfruttabile dal punto di vista strategico in un gioco ad
informazione pressoché nulla, come il gioco d'azzardo.
Ora von Neumann, che era tra l'altro un grande giocatore di poker, non
negava pregiudizialmente che dio giocasse a dadi. Tuttavia pensava pure
che di tanto in tanto giocasse a scacchi, a bridge, a filetto. Ora mentre
nei giochi massimamente entropici (ad informazione nulla dal punto di
vista strategico) l'unica ottimizzazione razionale dei comportamenti
risiede nella decisione di non giocare, negli altri tipi di giochi qualcosa
o molto si può fare: in campo economico, dove sembra prevalere
una caratterizzazione probabilistica; in campo socio-culturale (qualcuno
ci ha provato ma è stato sbertucciato); o -ahinoi - in campo
bellico, dove pure la Teoria dei Giochi ha trovato una certa applicazione.
Hai visto il film di Kubrik Il Dottor Stranamore? Bene era lui, von
Neumann, lo scienziato guerrafondaio.
- L'avvento dell'informatica che cosa ha determinato nello scenario
del pianeta Gioco?
- Apprensioni, apprensioni e ancora inutili apprensioni. Non so se l'hai
notato anche tu ma a me sembra che i videogames eccitino un approccio
moralistico. Vedi, è il gioco stesso (un virus mentale?) che
ha inventato il virtuale, e ha da sempre messo uomini e animali nella
condizione di navigare in mondi possibili al di fuori della realtà
ordinaria e senza bisogno di hardware di sorta; Il gioco crea la realtà
congiuntiva, quella istaurata dal "come-se" ("facciamo
finta che io ero…") che è comunque diversa realtà
indicativa del "come è" (mi sto facendo bella
con un pensiero di Victor Turner). Ora i giochi siliconici non sono
che un tardo epifenomeno di meccanismi di azione in mondi possibili,
certo forse un po' meno creativi di quelli del passato (ma d'altronde
non è che si creasse molto - chessò - nel gioco dell'oca).
E i rischi di esiti nel sociale non desiderati non sono maggiori né
minori di qualunque altro "viaggio" in realtà virtuali
(ti pare che per un bambino entrare nel mondo - pur del tutto orale
- della favola di Hänsel e Gretel sia meno a rischio di lesioni
mentali permanenti?)
- Un altro gioco dei nostri giorni, talvolta chiacchierato: il Gioco
di Ruolo.
- Se non sbaglio, dalle simulazioni di giochi di guerra fino all'appello
a forme favolistiche, ha vari contatti con letteratura, fumetto, fantascienza…In
un tuo saggio intitolato "L'effimero potente", dedicato a
vari rapporti fra antropologia e gioco, lo hai definito "misterioso
ed esoterico".
- Non essere misteriosa ed esoterica, e spiegami perché anche
qui si parla di possibili pericoli
- Il Gioco di Ruolo è un gioco del tutto virtuale, qui non è
presente l'informatica, la costruzione dei mondi e degli scenari possibili
è tutta orale, eppure qualche rischio di eccessiva adesione ai
characters ci può essere. Certo, se mi affeziono troppo al mio
personaggio, per esempio una principessa o un elfo o un cybermostro,
c'è caso che non voglia più smettere di impersonarlo,
soprattutto se a casa non mi piace la vita che faccio o che vedo fare.
Lo stesso può valere però per chi si annienta con dieci
ore di TV al giorno, con l'aggravante che lì ti vuoi identificare
con Ridge, con una valletta pettoruta, o, se ti dice bene e hai ambizioni
intellettuali, con Gigi Marzullo.
- Esiste, in questo secolo, un campo artistico…in cui maggiormente
vi leggi una più diffusa forza ludica?
- Le Ferrovie dello Stato, soprattutto nelle tratte per il Sud. Fanno
dei giochi magnifici con noi pendolari, giochi sempre diversi, creativi,
imprevedibili al massimo. Uno sballo!
- A tutti gli ospiti di questa vineria spaziale, chiedo sempre di fare
una riflessione sul mito di Star Trek…che cosa rappresenta secondo
te?
- Orecchie a punta?
- Giocando giocando siamo quasi arrivati a Ricciardonia, pianeta giocoso
abitato da alieni dediti al calcio balilla e agli scherzi da prete…se
devi scendere, fra un po' ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo
qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia di
Dolcetto Villa Jolanda.
Però torna a trovarmi, io qua sto…intesi Paola?
- Balilla…preti…non mi piace 'sta Ricciardonia, portami
a Paulonia.
- Paulonia non è sulla nostra rotta, mi dispiace scenderai a
Ricciardonia dove balilla e preti…ma che fai?! Aspetta! è
pericolos…Paolaaa!…è scesa!!
È persa, ragazzi
ce la siamo giocata!
Vabbè sappi che ti saluto lo stesso com'è d'obbligo sull'Enterprise:
lunga vita e prosperità!
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