L'ospite accanto a me è Omar Calabrese.
Semiologo tra i più noti, e non solo in Italia.
Laureato in storia della lingua, insegna teoria della comunicazione
presso l'Ateneo senese e semiotica in quello milanese. Umberto Eco ebbe
a dire di lui: "
la sua è un'innovativa produzione
di studi sul linguaggio delle comunicazioni di massa: dalla lettura
dei giornali, al telegiornale e alla tv
protagonista di alcune
delle più produttive ricerche sui mass media avvenute negli ultimi
decenni, ha operato anche un rinnovamento originale della semiotica
delle arti visive, dove ha aperto nuove prospettive disciplinari, affrontando
l'opera pittorica come testo".
Molti i suoi libri, sterminata la pubblicistica giornalistica e radiotelevisiva,
tanto dal dissuadermi da elencazioni, ma mi limito a segnalare i links
dove potete trovare bibliografia e alcuni fra i suoi tanti significativi
interventi. Ad esempio, sulla tv: http://www.fub.it;
su informazione e comunicazione: www.dada.it;
su vari temi, sul sito Rai: http://www.educational.rai.it.
Di un libro, delizioso, però, voglio dirne il titolo: "Il
mito di Vespa", non si tratta del conduttore tv, ma più
saggiamente la pubblicazione s'occupa del famoso scooter, l'editore
è Lupetti.
Come sanno i miei avventori, accanto alle indicazioni che meglio ritraggono
sul web gli ospiti di questa taverna spaziale, mi piace segnalare, quando
è possibile, anche qualche occasione meno nota che li vede protagonisti.
Per Omar Calabrese, ne sforno una che è una chicca: "Ekfrasis:
il cinema tradotto in poesia", una pubblicazione di Comix del '93,
versi che ricostruiscono in modo colto e birichino celebrate scene di
film famosi; qualche titolo per fare capire di che cosa si tratta: "Carrozzina
Potemkin", "Il postino scopa sempre due volte", "Mortorius",
e via ekfrasticheggiando.
Lo spunto per la conversazione che segue, è dato dall'uscita
presso Feltrinelli di "Breve storia della semiotica"; per
una scheda sul libro, cliccate su: http://www.feltrinelli.it.
- Benvenuto a bordo, Omar
- Non farmi venire il mal di spazio con le citazioni…oddio, gradite,
s'intende
- Merita una citazione anche questo vino che voglio farti assaggiare:
Barbera d'Asti Vigna Cua Longa di Alfiero Boffa
qua il bicchiere
ecco
fatto.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne
la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però
noi nello spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza
vuole che tu trasmetta sulla Terra il tuo ritratto
- Fiorentino, 52 anni, emigrato a Milano e Bologna (dove ho insegnato)
fin dal 1972. Vent'anni dopo sono rientrato in Toscana, ma ho preferito
Siena, che mi piaceva di più. Scelta di vita: abito in campagna,
voglio una diversa qualità di esistenza. Che altro dire? Mi piace
ballare, cantare, giocare a carte (bridge o tresette), giocare a scacchi,
giocare a ping pong e calcio balilla. Ciononostante, alcuni dicono che
sono una persona seria: sarà un'offesa o un complimento?
- "Breve storia della semiotica" ha per sottotitolo Dai
Presocratici a Hegel. Nel libro, infatti, ridisponi gli atti fondativi
della scienza dei segni rinvenendone spunti in epoche lontane della
filosofia. Ma da che cosa è caratterizzata, da Saussure e Peirce
in poi, la semiotica d'oggi?
- La semiotica è una disciplina antica, come dimostro in questo
libro, ma altri hanno già detto prima di me. Tuttavia, non è
una disciplina unica e compatta come si crede. Ci sono almeno tre o
quattro semiotiche. Una si occupa d'analisi dei testi, ed ha un'origine
linguistica e strutturalista, soprattutto francese. Una indaga invece
le questioni dell'interpretazione, le ragioni stesse del conoscere,
ed è di matrice più filosofica, e americana. Una studia
la formazione di grandi macrostrutture culturali: è vicina all'antropologia,
e deriva dalla scuola russa. Un'altra preferisce occuparsi dell'interazione
comunicativa, ed è più assimilabile alla psicologia, ed
è anch'essa anglosassone. Insomma: la semiotica ha subito un
processo comune a tutte le scienze, è divenuta un ambito complesso
di ricerche. Anche per la fisica e la matematica, però, oggi
non usiamo più il termine isolato, ma aggiungiamo "meccanica",
"termodinamica", "quantica"; oppure, "non euclidea",
e via dicendo.
- Il termine semiotica indica in medicina la scienza che valuta i sintomi
delle malattie.
Qual è a tuo avviso il malanno più grave dal quale è
oggi afflitta la comunicazione?
- Precisazione: quella medica è la semeiotica, con la stessa
etimologia, e forse fa parte anch'essa della semiotica
- Già, appunto
- Quanto ai malanni della comunicazione, distinguiamo. Ci sono quelli
che riguardano la comunicazione di massa, e su tutti porrei quello dell'eccesso
comunicativo (ma in verità non si tratta di comunicazione, bensì
di informazione: chi riceve non può a sua volta rispondere).
Comunque: troppa comunicazione annulla la comunicazione; la spazzatura
travolge la qualità; troppi significati producono insensatezza.
E poi ci sono i malanni della comunicazione interattiva: nella nostra
società le persone non hanno più contatto, o ce l'hanno
malsano. Magari, anche questi problemi derivano dagli eccessi dei media,
e dall'isolamento sociale al quale inducono.
- Ti sei più volte soffermato ad analizzare il postmoderno.
Gillo Dorfles ricorda che in architettura, prima ancora che nei lavori
di Lyotard, di Foucault, di Barthes, si sia parlato di moderno e postmoderno.
Perché quell'importante dibattito è partito da lì
e non da altri territori espressivi?
- Perché in realtà il termine "postmoderno"
veniva già usato negli anni Sessanta, appunto in architettura,
nella critica del cinema e in quella della letteratura. Erano gli artisti
a utilizzarlo, per lanciare dei veri e propri manifesti contro l'avanguardia
e rivendicare o il ritorno al passato o il divertimento della citazione.
Solo dopo, alla fine degli anni Settanta, Lyotard ha ripreso il termine
con tutt'altro significato. E peraltro spesso non è stato capito,
perché architetti, cineasti, scrittori, musicisti, fumettari
e quant'altro hanno banalmente ripreso il significato antico della parola.
Cioè: reazione contro le avanguardie, citazione, valore alla
superficie delle opere, eccetera.
- Multimedialità: un termine che ha avuto tanto successo da provocarne
un abuso. Ho perfino visto reclamizzata una cucina come "cucina
multimediale". Insomma, i suoi significati diventano troppi rendendone
generico il concetto. Una tua definizione di quel termine
- Viene in mente di invitare la gente a studiare meglio l'italiano.
Multimediale è semplicemente un prodotto comunicativo che usa
sincreticamente più canali per essere trasmesso
- L'arte elettronica, la vedi come una smaterializzazione del corpo
fisico delle arti così come le conoscevamo? Oppure una mutazione
genetica?
- La vedo come un cambio di tavolozza. Ogni epoca ha la sua. Prima è
fatta di colori, poi aumentano i colori, poi ci sono solo le sfumature,
poi i colori sono prodotti con materiali nuovi, poi i colori sono esauriti
e li si sostituisce con pezzi di realtà. Oggi, la tavolozza è
fatta di video, di linee e punti sullo schermo. Domani cambierà
ancora. Tutto qui: non esaltiamoci troppo proclamando per ogni innovazione
un cambio epocale.
- In quale delle aree espressive credi che ci siano oggi i lavori più
interessanti nella sperimentazione di nuovi linguaggi?
- Tutti e nessuno in particolare. Tanto più che forse è
finita la specializzazione. Peter Greenaway, per fare un nome, è
un ottimo regista, un eccellente disegnatore, un discreto pittore, e
se la cava bene con la letteratura...
- La Tv. Un altro dei campi che hai studiato in profondità. La
tv generalista, ha i giorni oppure i secoli contati?
- Forse i minuti. Nessuno sembra accorgersi che già adesso i
programmi più interessanti stanno su canali a pagamento, crittati,
oppure su servizi di pay-per-view. In chiaro, le tv più interessanti
sono quelle tematiche (Cnn, Mtv). Presto, la tv generalista sarà
come in America: un sottofondo sempre acceso, come il caminetto, ma
visto nel più assoluto disinteresse.
- Pierre Lévi, ha detto: "La televisione interattiva è
una contraddizione in termini, perché la tv non può essere
interattiva, altrimenti non è più televisione". Che
cosa pensi di quest'affermazione?
- Esatta. Interazione vuol dire comunicazione in senso proprio, a due
direzioni. La tv è per forza a una sola. Il resto è invenzione
- In un intervento pubblicato da Panorama nel '92, fosti il primo a
parlare delle esperienze americane di "hyperlocaltv" e "narrowcasting",
canali cioè dedicati solo a una città o a un villaggio,
o addirittura a un caseggiato. Recentemente, hai detto che la comunicazione
povera ha un futuro strepitoso. Quali elementi oggi t'inducono a pensarlo?
- Lo sostengo perché la comunicazione a grandi dimensioni è
certo spettacolare, ma non offre identità, non tocca l'interlocutore.
Quella povera, e locale, invece sì. Non a caso assistiamo ad
un calo delle vendite dei giornali nazionali, e una crescita di quelli
locali. A forme di interessante resistenza delle tv locali. Alla straordinaria
vitalità delle radio.
- I videogames, definiti da Elio Cadelo "macchine senza lieto
fine", sono da tempo al centro di dibattiti scientifici e linguistici.
Tu come vedi quel rapporto ludico con la macchina? E' un serio ludere?
Tanto per citare pretestuosamente il titolo di una tua pubblicazione
del '93 presso Flaccovio che non era dedicata ai videogiochi
- Giocare con le macchine è il solo modo sano per conviverci.
Per non farsi giocare da loro, per non prenderle sempre dannatamente
sul serio, e perfino per capire meglio come funzionano, e non farsi
sopraffare
- Circa il web, ha detto Derrick de Kerckhove che la connettività
è una delle grandi scoperte del mondo moderno, essa però
è sempre esistita tra gli uomini, ma prima non si era capaci
di servirsene.
Oltre alla connettività, quali valori attribuisci al web?
- Il fatto di riproporre il valore delle comunità, che oggi si
era perduto a favore dei gruppi. Definizione sociologica: gruppo=insieme
di individui con uguali interessi e diversi valori; comunità=insieme
di individui con interessi diversi e uguali valori. Ebbene, il web ha
la capacità di tornare a formare comunità, senza però
più vincoli geografici e spaziali.
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci,
chiedo una riflessione su Star Trek… che cosa rappresenta quel
videomito nel nostro immaginario?
- Vorrei saperlo da chi lo ritiene un videomito, perché io non
lo considero tale.
Blade Runner forse lo è, e non a caso dipende da un genio come
Philip K. Dick, e da un altro genio come Ridley Scott.
- Siamo quasi arrivati a Calabrèsya, pianeta di segni abitato
da alieni ekfrastici che vivono secondo le leggi del serio ludere…se
devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista,
anche perché è finita la bottiglia di Barbera d'Asti Vigna
Cua Longa di Alfiero Boffa…
- Grazie di tutto: adoro chi ha sempre la testa per aria!
- Ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga
vita e prosperità!
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