L'ospite accanto a me è Nanni Cagnone. Poeta, scrittore, docente di estetica.
"Ligure di ponente, di quelli che tramontano" disse di sé in un lontano intervento.
Negli anni ' 60 ha studiato filosofia e si è dedicato al jazz, al teatro sperimentale, al cinema indipendente e alle arti visive. E poiché del tempo gliene avanzava, ha diretto una collana di saggi per l'editore Lerici e ha contribuito alla conduzione di Marcatre , uno dei più vivaci punti d'osservazione sulle nuove forme di espressività e proposte critiche innovative di quel tempo.
Negli anni ' 70, ha diretto Design Italia , curato mostre e manifestazioni culturali, e lavorato a lungo in agenzie di pubblicità, come copywriter e direttore creativo.
Nella seconda parte degli anni ' 80 ha fondato e diretto la casa editrice Coliseum e Communication Arts & Methods Group .
Ora è consulente per l'immagine aziendale ed insegna estetica a Milano.
Tra i libri recenti: The Book of Giving Back e Enter Balthazar entrambi per l'Edgewise Press di New York http://www.edgewisepress.com , il primo nel 1988 e il secondo nel 2000; Il popolo delle cose stampato da Jaca Book nel 1998; e in quest'anno terrestre 2001.no, ve lo dico dopo. suspence! Suspence a luci rosse, leggete e capirete.
Ha pubblicato finora quattordici libri, tre dei quali a New York; parte della sua opera è stata tradotta in sei lingue. Ha scritto anche per il teatro.
Il suo sito web: http://www.nannicagnone.eu, molto elegante, visitatelo, merita.
Creatura mercuriale, maestro di spreco, intelligenza centrale, ne ammiro da anni la penna che inchiostra pensieri magmatici. Perciò mi sono collegato con lui in magmafax e l'ho invitato a salire quassù .
- Benvenuto a bordo, Nanni
- Grazie, Armando. Sai, ho appena visto due bicchieri
- Già, voglio farti assaggiare questo Collio Merlot '90 di Radikon
qua il bicchiere
ecco fatto!
Ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida,
a Roma direbbero "è un bel manico", però noi
nello spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza vuole
che tu, in poche battute, trasmetta sulla Terra il tuo ritratto
- Il ritratto non è mio, ma di Giovanna Sandri, che una volta
disse: "Nanni è un cristallo malinconico"
- Ricordo un tuo scritto, cristallino e per niente malinconico, in
cui sostenevi l'Enfasi non come eccesso di evidenza, ma comprensione
attraverso il taciuto. In questo inizio di millennio, ai miei avventori
su quali enfasi consigli di soffermarsi per meglio capire il nostro
tempo? O difendersene, se è il caso
- L'ibrido, il trash, il bar affollato da creature zoomorfe di "Guerre
stellari".
Pensare a quell'eclettismo involontario, a quella discrasia - o cattiva
mescolanza - che è la sconcertante architettura del tempo presente.
Pensarci, e non avere l'ambizione di riprodurla.
- Hai scritto quello che giudico uno strepitoso aforisma: "Il poeta
sente la poesia come il grande invalido sente l'arto fantasma".
Dopo vent'anni di lavoro, Hans Magnus Enzensberger ha presentato "Poesie-Automat",
un computer programmato per scrivere versi. Le grucce informatiche t'interessano?
Che ne pensi quell'esperienza?
- Le novità fanno sempre lo stesso effetto agli intontiti: li
eccitano.
Nelle campagne italiane, tale entusiastico effetto veniva annunciato
con le parole "fruscio di scopa nuova", un modo carino di
parafrasare l'isteria.
Quando Balestrini, negli anni '60, pubblicò dei testi poetici
che erano l'esito dell'elaborazione combinatoria di un piccolo repertorio,
fatta da un computer, io ero giovane e così ingenuo da pensare
che il vero titolo di quel libro non fosse "Come si agisce"
bensì "Lavorare stanca". D'altra parte, si trattava
di una vecchia novità: avevano già fatto qualcosa di simile
gli ingegneri di Bell Telephone (arte stocastica, dicevano). Quanto
a Enzensberger, beh se è rimasto senza benzina fa bene a chiamare
il soccorso informatico.
- Molti linguisti affermano che la Rai ha divulgato, unificandola, la
lingua italiana nei nostri stessi confini. La Rai, ansiosa, si presenta
al tuo esame, la promuovi oppure no?
- Fino ad un certo punto degli anni '60, il Terzo Programma radiofonico
ha fatto quel che doveva, ossia - più o meno provincialmente
- ci ha incoraggiati. In seguito, la Rai ha dedotto dall'idea generica
di democrazia uno scopo decisivo: l'accessibilità. L'opinione
- ingiusta - che siamo tutti uguali non porta più a una trattativa
tra i diversi, ma all'abbassamento degli uni e alla felice immobilità
degli altri, che vengono raggiunti dai presuntuosi nella propria merda.
E la patetica strategia imitativa della Rai nei confronti di Mediaset
(la sua posizione di follower) ha peggiorato le cose. Nelle scuole elementari
giapponesi, per non mettere a troppo dura prova l'infanzia, s'insegnano
non più di 800 ideogrammi. Da noi, la maggior parte dei laureati
- tra un anacoluto e l'altro - sa malamente usare un numero decisamente
inferiore di parole e va a letto troppo presto per imparare qualcosa,
alle tre o alle quattro del mattino, dagli unici film decenti del palinsesto.
- Il rimprovero - se ne hai più d'uno, qui lo spazio è
quello che è, ti chiedo di scegliere il più grave - che
rivolgi all'editoria italiana? E pensi che l'e-book possa affermarsi
nella nostra editoria?
- Dovendo scegliere tra due libri che probabilmente non si venderanno,
l'uno interessante l'altro insignificante, molti editori italiani preferiscono
pubblicare l'insignificante, che - in quanto tale - è ansiolitico.
D'altra parte, sono sempre pronti a scommettere su un libro scoraggiante
che però si è venduto bene a Minneapolis. Infine, non
sottovalutando l'influenza inibitoria dei gatekeepers, credo si possa
dire che gli editori hanno distrutto i cataloghi in nome del profitto
senza ottenere il profitto. La loro capacità di progettare sembra
esausta, e la loro competenza in fatto di marketing strategico è
per lo meno incerta. L'idea implicita è sempre la stessa: diamo
alla gente quello che vuole. Peccato che la gente non voglia niente
ma si limiti a pasticciare con quel che le dai. Quanto all'e-book, vorrei
far notare che in Italia non si è ancora affermato il libro convenzionale,
quello di Gutenberg (se non ci credete, fate un esercizio di metropolitana
comparata: Londra-Parigi-Milano).
- La proprietà intellettuale al tempo di Internet ha posto nuovi
problemi. Non mi riferisco a plagi o cose simili, ma a fenomeni che
teorizzano il sabotaggio del diritto d'autore o a chi parla di superamento
del diritto d'autore. Tu che ne pensi?
- Gli Antichi avevano della tradizione un'idea migliore della nostra
e - non avendo alcun interesse per l'originalità - non potevano
certo concepire il diritto d'autore. Al contrario, questa è l'epoca
del trade mark e del copyright. Anche se può sembrarci inevitabile,
e persino accettabile, che Rolex e Vuitton vengano ampiamente contraffatti,
troveremmo strano che si andasse oltre la tolleranza legittimando l'abuso.
Non è un caso che la proprietà intellettuale sia l'unica
forma di proprietà del cui diritto si è ben contenti di
dubitare.
- Due domande in una, lo ammetto: sono ingordo.
Ho ricordato che ti sei misurato, anzi smisurato, con la scrittura teatrale,
la cosa mi spinge a chiederti: teatro di avanguardia, sperimentazione,
alternativo, e poi con i fatali prefissi neo, post, trans
insomma,
che cosa vuol dire "teatro di ricerca" oggi? E in quale direzione
ti auguri (se qualcosa al proposito ti auguri) s'evolva quel teatro?
- Non vado quasi più a teatro: non ho il diritto di parlarne
al presente. Posso solo accennare (riferendomi al passato prossimo)
che le possibilità espansive offerte dall'interesse per gesto,
corpo e ritualità spesso sono state prese alla lettera - mi sembra
- e perciò sprecate, mentre la parola teatrale è indietreggiata
fino a liturgie parodistiche e balbettamenti idioti. Tuttavia, non si
può ignorare che le parole mancano: i testi non ci sono o è
come se non ci fossero, poiché - per (talora giusta) sfiducia
- si preferisce contaminarli. D'altra parte, le condizioni del teatro
è quasi come quella della poesia: disperatamente marginale. E'
naturale che ci si trovi ad annaspare. Secondo me, per sperare in qualcosa
di nuovo - a teatro - si dovrebbe inaugurare una mentalità arcaica.
- Teatro, letteratura, arti visive, musica, video
e altro ancora,
in quali di queste, oppure in altre aree, credi ci siano i lavori più
interessanti nella ricerca di nuove modalità espressive?
- Sono convinto che la cronologia ci abbia imbrogliati: ci troviamo
a vivere in un'epoca di transizione, tra il decesso dei vecchi modelli
e la disastrosa adolescenza dei nuovi. Siamo posterizzati, involgariti,
disillusi, rassegnati, ottusi ammiratori di tecnologie tutto sommato
rudimentali (cavi dappertutto, motori a scoppio ottocentesschi e niente
teletrasporto) e attardati coltivatori di vecchi sogni enciclopedici.
In verità, siamo attori del caos e servitori inconsapevoli dei
gangsters della globalizzazione. Tutte le arti si trovano ad apparire
su questo sfondo. Non è strano che siano retrive o ingenuamente
euforiche, che vivano di citazioni, contaminazioni o manie metalinguistiche,
e che i loro mondi possibili - non avendo ulteriorità - finiscano
con l'imitare il mondo reale.
- Ho promesso ai miei avventori che mi sarei soffermato sul tuo più
recente libro. Le promesse le mantengo, nel bene e nel meglio come in
questo caso. Il titolo è Pacific Time, lo ha pubblicato
ES nella Biblioteca dell'Eros, una stupenda collana, dove troviamo da
Georges Bataille a Henry Miller, da Cocteau a Robbe-Grillet, giusto
per citare qualche nome, insieme a grandi classici arabi, latini, greci,
indiani
Pacific Time. Compratelo, è scritto benissimo, e possiede
un ritmo di scrittura che da tempo non mi capitava di cogliere; insomma,
non fatevi dissuadere dal fatto che sia io a parlarne bene.
Nanni, quel libro è un romanzo ufficialmente erotico, definizione
non restrittiva ma certamente qui parziale, rischiare di passare per
scrittore porno è cosa che ti disturba?
- Quel libro appare, come hai ricordato, all'interno della "Biblioteca
dell'Eros" di ES, somigliando un po' a un commesso viaggiatore
del Wisconsin sulla cui cravatta sia visibile una donnina nuda. E infatti
qualcuno mi ha detto: "Ah, hai sfidato il nerere erotico".
Questa storia dei generi (giallo, rosa, western, noir, spy story, eccetera)
mi ha sempre innervosito. Io sono umano, bianco, maschio, adulto, probabilmente
eterosessuale; dunque anch'io appartengo a un genere. Quanto alla diffusa
speranza che mi sia sputtanato scrivendo un romanzo porno, devo dire
a mia difesa che non riesco a distinguere tra pornologia e antropologia;
d'altra parte, le ambizioni tassonomiche dei guardiani della soglia
mi deprimono. Separare per distinguere è il sintomo d'una vecchia
malattia - da cui gli idioti non guariscono mai - che disgustava già
i taoisti cinesi del secondo secolo dell'ultimo millennio. E poi come
fanno a sorprendersi, visto che molti anni fa ebbi a scrivere: "La
poesia è la salvezza erotica delle cose. Le conosce come non-finite
e ne prosegue il desiderio"?
- Proprio perché l'Enterprise naviga nello spazio, cerco di
fare anche domande che rimandino alla Terra, ma non proprio terra terra.
Pareri, suggerimenti, o anche insulti, che dall'Enterprise sono trasmessi
alle Istituzioni coinvolte nelle conversazioni
un tuo consiglio,
gratis, da girare al Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria di
Palazzo Chigi affinché meglio orienti le sue energie
un
intervento, una cosa che ti piacerebbe vedere realizzata
- Ho qualche dubbio circa l'utilità del Dipartimento di Palazzo
Chigi, la cui editoria - d'altra parte - mi sembra dispendiosa, agiografica
e superflua come quella degli istituti bancari. Mi piacerebbe che abolissero
il Dipartimento e ne ripartissero il budget tra i più dignitosi
dei piccoli editori. Comunque, un solo e inutile consiglio: mandare
in esilio i burocrati. E non sostituirli mai con i professori.
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci,
chiedo una riflessione su Star Trek
che cosa rappresenta secondo
te quel videomito?
- Un anelito, e un'umanistica nostalgia. Io e mia figlia Benedicta
siamo affezionati a "The Next Generation", e specialmente
all'asintonico personaggio di Data, che continua a dirci: dopo tutto,
avete diritto sia alla misantropia sia alla speranza.
- Siamo quasi arrivati a Kagnònya, pianeta sapiente abitato
da alieni sapientemente enfatici
se devi scendere, ti conviene
prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche perché
è quasi finita la bottiglia di Collio Merlot '90 di Radikon
Però torna a trovarmi, io qua sto
intesi eh?
- Caro Armando, quel che resta del mio vino è per la nostra
amicizia, e per un augurio generale. Come dice mia figlia, speriamo
di non dover ripetere le parole del capitano Kirk: "Ci riporti
indietro, dottor Spock. Non c'è vita su questo pianeta".
- Speriamo. Ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga
vita e prosperità!
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