L’ospite accanto a me è Daria Galateria. Meritatamente nota come autorevole studiosa di letteratura e cultura francese, allieva di Giovanni Macchia, è docente di Lingua e Letteratura francese nell'Università di Roma La Sapienza. Tra i suoi àmbiti di ricerca: la memorialistica, in particolare femminile, del Seicento e del Settecento; le fonti (letterarie, artistiche, filosofiche, storiche) della Recherche proustiana; è, infatti, curatrice dell’edizione di “Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto”, tomi I-IV, Mondadori, Milano 1983-'89, e 1998-'99.
Ha pubblicato “Andrè Breton” (Milano, 1977). Si è occupata di Buffon, Jean Giono, Paul Morand, Boris Vian. Per Sellerio ha curato numerosi volumi, tra cui Madame de Duras, “Il segreto” (1988); Charlotte Robespierre, “Memorie sui miei fratelli” (1989); Nicolas-Edmé Restif de la Bretonne, “Lettera a una scimmia” (1995); del 1989 è il suo “Parigi 1789. Le vecchie e le nuove abitudini”, del 1995 “Memorie” di Madame de Staal-Delaunay.
Per i suoi libri (imperdibili per i lettori dal palato fine) cliccate con fiducia QUI in questo mese che per i Terrestri è l’ottobre del 2009.
Saggista dalla scrittura lussuosa, lontana dal sussiego accademico, si concede anche del giornalismo corsivo e corsaro sull’Espresso dove da tempo conduce la rubrica “E’ una parola” dove scelta, appunto, una parola, vi svolge intorno un elettrico esercizio di colti e birichini rimandi che illuminano quel vocabolo attraverso varie epoche e plurali significati.
- Benvenuta a bordo, Daria…
- Bonjour!
- Antonella Ferrari e Miriam Mareschi, stellari patronnes della Piazzetta del Solea Farnese mi hanno consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo “Villa Tirrena”, Merlot in purezza prodotto da Paolo e Noemia d'Amico.
Qua il bicchiere…
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Daria… secondo Daria…
- Ho i vizi e le virtù degli schiavi (ho avuto una mamma importante): laboriosità, testardaggine, gentilezza (fino all’ipocrisia).
- Tre domande in una, lo ammetto: sono vorace.
Nel presentarti, ho fatto riferimento ad una delle tue specializzazioni: la memorialistica, in particolare femminile, del Seicento e del Settecento.
Da dove nasce quell’interesse? Perché proprio su quel periodo? Che cosa t’affascina in quelle pagine?
- Sono donne che si sono riempite la vita nonostante una situazione storica di sottomissione… ricordi la risposta precedente?...
“Tutto l’onore di una donna sta nel non comparire”, ammette madame de Caylus: però scrive le sue memorie. Tutte parlano delle “bagatelle”, lasciando agli uomini il compito di scrivere di guerra…
- Nella scheda introduttiva a questa conversazione citavo, ovviamente, il tuo lavoro letterario su Marcel Proust, tanto importante che – lo ricordo ai più distratti – nel 2001 fosti invitata alla Sorbona per tenere una lezione su “Sodoma e Gomorra”.
Quando e come avvenne il tuo primo incontro con l’opera di quello scrittore?
- Piuttosto avanti negli anni, forse ne avevo venti. Ero terrorizzata dalla violenza del testo; la notte sognavo Un amore di Swann spaventata dai dolori della gelosia che avrei affrontato al risveglio, leggendo.
- Quali i segni linguistici e stilistici più rilevanti che hai rintracciato nell’opera di Proust?
- Mi colpisce ancora la sua capacità di rovesciare i termini delle nostre percezioni. Durante la guerra, in piena Parigi, descrive un fenomeno della campagna. C’è l’oscuramento – sono i primi bombardamenti – e ha un po’ nevicato. Il Narratore nota che, sotto la luna, i platani del Boulevard Saint-Germain non hanno più quattro ombre leggere in croce (come succede da quando ci sono i lampioni elettrici), ma una sola ombra, di un nero compatto e dolce. E’ l’ombra degli alberi nella campagna della sua giovinezza. Ora non posso più guardare un albero di città senza pensare a quella sua osservazione.
- Proust e il cinema. Schlöndorff, Ruiz, Akerman, Carpi… credi che finora s’è avuta un’opera che ben rifletta il mondo dello scrittore? Se sì, da parte di chi?
- Il film di Ruiz funziona. Ruiz ha capito che, partendo dall’ultimo volume del romanzo e andando a ritroso, riusciva a inserire bene nel film il Tempo, che è il protagonista della Recherche. Il cinema, con l’evidenza delle sue immagini, è troppo legato al tempo presente.
- Nel tradurre un’opera letteraria di Proust per lo schermo, qual è la prima cosa che consiglieresti di fare e quale la prima che suggeriresti d’evitare?
- Harold Pinter aveva scritto una sceneggiatura bellissima, molto diversa dal romanzo, e molto proustiana. Forse si dovrebbe ricominciare da lì.
- Sono uno dei tanti ammiratori della tua scrittura e ho cari sui miei scaffali alcuni tuoi titoli.
Riferendomi al più recente (Mestieri di scrittori), che cosa ti ha spinto ad esplorare quel lato della vita di tanti autori?
- Penso che l’unico valore che la nostra civiltà non ha mai messo in discussione è il lavoro. Perfino la nostra Repubblica si fonda sul lavoro. Il pensionato, il disoccupato, il barbone sono dei paria. Allora ho pensato che gli scrittori con un secondo lavoro erano gli unici capaci di descriverlo con abilità, ironia e distacco.
- L’esperienza carceraria degli autori di cui parli in Scritti galeotti ti ha rivelato più scrittori bricconi o bricconi scrittori?
- Gli scrittori che sono stati in carcere sono tutti degli eroi e dei geni. In carcere vanno molti delinquenti, tantissimi sventurati e alcuni animi liberi.
- Ci avviamo alla conclusione di questa chiacchierata. Laurie Anderson canta "Language is a virus" citando William Burroughs che diceva "Il linguaggio è un virus venuto dallo Spazio".
Segue ora una domanda adatta in un viaggio spaziale come quello che stiamo facendo: sei d’accordo con quella definizione? E, se si, qual è oggi la principale insidia di quel virus?
- Il linguaggio è in un periodo di grazia, grazie a internet. Gli sms poi costituiscono la più possente scuola di scrittura di tutti i tempi – haiku compresi.
- Sono entusiasticamente d’accordo con te.
Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
- E’ una meravigliosa lezione di fuga, dolce perché legata all’infanzia.
- Siamo quasi arrivati a Galateria-One, pianeta di cellulosa, abitato da alieni monoteisti che adorano una sola dea chiamata DG che riceve suppliche solo se scritte con inchiostro simpatico… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Merlot ‘Villa Tirrena’ consigliata da Antonella e Miriam del ristorante “La Piazzetta del Sole” di Farnese… Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
- A bientot donc!
- Ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!
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