Gli ospiti accanto a me è sono Marco
Martinelli e Ermanna Montanari.
Nel 1983, insieme con Luigi Dadina e Marcella Nonni, hanno fondato il
“Teatro delle Albe”, una delle Compagnie più interessanti
dello scenario italiano, e non solo italiano. Dal 1991, il TdA ha dato
vita a Ravenna al “Teatro Stabile di Innovazione”.
S’avvale di una caratteristica unica: è un gruppo che da
esperienze puntate sulla ricerca linguistica attraverso un lavoro tra
rivisitazione dei classici e rappresentazioni di testi contemporanei,
è approdato alla creazione di uno stabile gruppo interetnico.
Nei loro spettacoli, rigorosi e popolari, furiosi e raffinati, ci
si trova, come ha scritto Oliviero di Pino, “…l'apologo
brechtiano e l'ambientazione alla Pinter, la commedia dell'arte (con
uno scatenato, squinternato e illuminante Arlecchino nero) e la divagazione
filosofica, la fiaba e l'aneddoto surreale, la commedia brillante e
la danza al ritmo dei tamburi, gli echi dei griot senegalesi e quelli
dei cantastorie padani, la battuta da cabaret e una gestualità
dall'immediata forza comunicativa”. Sottoscrivo. Ne ho
visto quest’anno a Roma due grandi, e diversi fra loro, spettacoli:
il “Baldus”, una riscrittura di Marco da Teofilo Folengo,
e “La voce di Alcina”, di Nevio Spadoni con musiche di Luigi
Ceccarelli. Nel primo un’energica, esuberante coralità
muscolare e ribelle, nel secondo un’emozionante vocalità
di Ermanna sospesa tra canto e recitazione; non a caso le è stato
conferito il Premio Ubu 2000 come “migliore attrice” e il
Premio Ristori “come momento artistico di maggiore rilievo”
al Mittelfest 2001. A proposito di premi, molti altri, in Italia e all’estero,
sono andati a questa Compagnia. Per saperne di più, anche su
loro teorie, teatrografia e progetti, cliccate sul sito www.teatrodellealbe.com
Ancora una cosa, durante il “Baldus” agli spettatori veniva
offerto vino, ovviamente una bottiglia non sfuggì a chi vi parla
e resistetti a lungo prima di cederla agli assatanati attori che la
reclamavano, devo però dire, in uno dei miei rari momenti d’onestà,
che lo spettacolo era magnifico, il vino discutibile.
- Benvenuti a bordo…
- Vuoi dirci che il vino della tana dei briganti non era buono? E il
tuo qui, com'è?
- A voi il giudizio….è un Gutturnio Doc Colli Piacentini
di Torre Fornello…qua il bicchiere…ecco fatto. Adesso ascoltami:
il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma
direbbero “è un bel manico”, però noi nello
spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che
voi trasmettiate sulla Terra, un messaggio: come vorreste, in un lontano
futuro, che fosse ricordato il Teatro delle Albe…
- Come una TAZ, una "Zona Temporaneamente Autonoma", una tribù
che con il teatro ha celebrato la Zoé, la vita indistruttibile.
- Ho letto tempo fa una vostra dichiarazione in cui affermavate che
il vostro è un teatro di tradizione e non di ricerca. Da che
cosa deriva questa puntualizzazione?
- Dal vedere che chi parla di Tradizione il più delle volte la
offende. Gli antenati che ci hanno preceduto, da Aristofane a Shakespeare
a Jarry, erano vivi e turbolenti, polemici e corsari, non quei noiosi
ritratti che spacciano nei teatri-musei. La Tradizione è come
"il regno dei cieli", e solo con la violenza ne entriamo in
possesso. Nel rispetto, non c'è vero amore.
- Da Diderot a Grotowsky, per citare i meno lontani, sono oltre due
secoli che fioriscono teorie e dibattiti sull’attore. Da chi ha
indicato i meccanismi di quell’arte a chi nega che sia possibile
individuarli scientificamente. Voi come la pensate?
- Gli attori sono ancora oggi, come insegnavano i greci, "oi tecnitai
Dionisou", i "tecnici di Dioniso". O si è questo,
oppure si è sbagliato mestiere. E' un paradosso: sacerdoti invasati,
in preda al Dio dell'estasi, del vino, della danza sfrenata, e nello
stesso tempo "tecnici" freddi, portatori di tecne e rigorosa
disciplina. Le grandi teorie ruotano tutte attorno a questo "segreto",
come si possa essere allo stesso tempo lucidi e fuori di sé.
Certo, la scena non è luogo per i ragionieri dell'anima, richiede
eccessi e palazzi di saggezza.
- Avete intitolato un vostro recente Laboratorio: “L’attore
malleabile”.
Che cosa avete voluto indicare con quell’aggettivo?
- Che niente è meno malleabile di un attore.
- Ritenete che l’Accademia d’Arte Drammatica e la Scuola
Nazionale di Cinema (ex CSC) sia consigliabile oppure no a chi vuole
fare l’attore?
- Accademia o non Accademia, non è lì il punto.
Come ti batte il cuore? E i tuoi organi, ti parlano? Sei deciso a rischiare
tutto? O ti basta fare l'attorucolo? Lo sai che il teatro oggi non è
per chi cerca successo e soldi, che stanno altrove?
- Il Tempo non esiste”, è una vostra proposta di questo
2002 al Teatro Alighieri di Ravenna. In cartellone, dall’ottantenne
Gianrico Tedeschi al settenne Paco, e poi Gene Gnocchi, Carlo Giuffrè,
Ascanio Celestini, Piera degli Esposti. E testi che vanno da Molière
a Scarpetta, da Shakespeare a Renata Molinari. Qual è il filo
che lega tante diverse esperienze?
- Appunto, l'inesistenza del Tempo, una delle truffe più grandi
perpetrate all'umanità. Il teatro è il luogo dell'eterno,
i sette anni di Paco, spiritello senegalese del nostro SOGNO, coincidono
con gli ottanta di Tedeschi. O i quattromila che dimostrava Carmelo
Bene.
I morti ci parlano come i vivi, meglio dei vivi.
- Quale futuro prevedete per il videoteatro? Ammesso che v’interessi
un suo futuro…
- Non ne siamo dei cultori. Ci interessa di più il cinema tout
court, al quale stiamo pensando. Stiamo pensando, infatti, a un film
Albe.
- Aldilà, o aldiqua, del teatro, in quale delle altre aree espressive
credete che ci siano oggi i lavori più interessanti nella sperimentazione
di nuovi linguaggi?
- Più che di aree, preferiamo segnalare delle teste pensanti:
siamo rimasti impressionati, negli ultimi tempi, da artisti come Gianluigi
Toccafondo, Matteo Garrone, GIPI, tra cinema e arti figurative.
- Arte e Mercato. Sono in molti, in Italia, a ritenerlo un rapporto
impossibile. E’ così anche per voi?
- L'Arte è Mercato! Di Dio e delle ombre!
E' il Mercato che spesso (quasi sempre) non è all'altezza dell'Arte,
e la spaccia come se fosse una confezione di carne in scatola.
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci,
infliggo una riflessione su Star Trek…che cosa rappresenta quel
videomito nel nostro immaginario?
- Ci dispiace, non l'abbiamo mai seguito.
Siamo in compenso amanti appassionati delle opere di Philip Kindred
Dick.
- Siamo quasi arrivati ad Albya, pianeta dionisiaco abitato da alieni
che hanno tanti colori di pelle uniti in un solo neocolore…se
dovete scendere, vi conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista,
anche perché è finita la bottiglia di Gutturnio Doc di
Torre Fornello….Però tornate a trovarmi, io qua sto…intesi
eh?
- D'accordo, ma la prossima volta che vieni a un nostro spettacolo,
lo giuriamo, troverai un vino che non ti deluderà.
- Vabbè, vi saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise:
lunga vita e prosperità!
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