L’ospite accanto a me è Riccardo Campa. Sociologo. E filosofo transumanista, come sentirete.
E’ professore associato di sociologia nell'Università di Cracovia. Insegna sociologia della scienza e della tecnologia, filosofia delle scienze sociali. E' l'autore di “Epistemological Dimensions of Robert Merton's Sociology” (Torun University Press, 2001) e “Il filosofo è nudo” (Marszalek, 2001). Oltre al transumanesimo e alle discipline insegnate, i suoi interessi riguardano l'elettronica, il futurismo, la futurologia, la fantascienza e la musica.
E' dottore di ricerca in filosofia delle scienze sociali, in filosofia, in scienze politiche, giornalista professionista.
Ed è tra i membri fondatori dell'Associazione Italiana Transumanisti http://www.transumanisti.it che dispone di un proprio webmagazine in Rete http://www.estropico.com/index.htm .
L'Associazione Italiana Transumanisti nasce nel 2004 come sezione della “World Transhumanist Association”. E’ questa un’organizzazione internazionale non profit fondata nel 1998 dal filosofo inglese Nick Bostrom che insegna presso l'Università di Oxford e da David Pearce. Ha sede nel Connecticut, ed è presente in 100 Paesi. Prima ancora, però, nel 1988, in California, il filosofo britannico Max More aveva fondato l’Extropy Institute http://www.extropy.org basato sulla filosofia dell' estropianesimo.
L’Associazione Transumanisti Italiani, si è formata con la confluenza di club, circoli, collettivi, e persone provenienti da diverse esperienze politiche e culturali, ma accomunati dalla valutazione positiva del progresso scientifico e tecnologico e, in special modo, delle innovazioni tese al potenziamento della specie umana in vista della creazione di una specie oltreumana.
Li accomuna il rifiuto del razzismo, del fanatismo religioso, della superstizione, dell'integralismo, del fondamentalismo, delle discriminazioni sessuali, del culto della tradizione, della tecnofobia, e di ogni atteggiamento antiscientifico comunque motivato.
Hanno subito pesanti attacchi da più parti, il più noto fra i recenti glielo ha portato Francis Fukuyama membro del Consiglio del Presidente Bush sulla Bioetica (…ahi!) e me ne occupai tempo fa in una mia nota in Cosmotaxi
L’Enterprise è un luogo quanto mai adatto per ospitare Riccardo Campa, l’ho invitato, quindi, a salire quassù per una chiacchierata sulle sue teorie.
- Benvenuto a bordo, Riccardo …
- Visto che siamo sull’Enterprise, esordiamo con un saluto intergalattico: noqneH! Non parlo correntemente il Klingon, ma i rudimenti della lingua li conosco. Tra l’altro, letteralmente, questo saluto significa: “Che cosa vuoi?”. Un’espressione rude come il popolo klingoniano, ma se non altro ha il pregio della brevità e della chiarezza. Dunque, un buon punto di partenza. Vedo che armeggi con delle bottiglie. Spero che, a questo punto, tu non mi voglia offrire del nektai. Sai meglio di me che questa bevanda Berani, così apprezzata dai Klingon, è letale per noi Umani. E anche per Romulani e Ferengi. Forse quando saremo Postumani potremo gustarla anche noi, ma per il momento preferisco qualcosa di più convenzionale.
- E, infatti, il patron del ‘Web and Wine’ di Volterra, Enrico Buselli, mi ha consigliato di assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo rosso Doc ‘La Regola’ segnalandomi in Spacefax che, cito le sue parole, puntualmente: “L’Azienda è il Podere La Regola, il luogo di produzione: Montescudaio (Pisa), Vitigni: 85% Cabernet Sauvignon - 15% Merlot, Anno di produzione: 2002”… qua il bicchiere.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore…insomma, chi è Riccardo secondo Riccardo…
- Se proprio devo sintetizzarmi in una formula, direi che sono innanzitutto un «nostalgico del futuro». Il che non significa che io non ami vivere il presente o che non abbia passione per la storia. Significa che il mio grande interesse per la futurologia, la fantascienza, la letteratura utopica, la tecnoscienza, mi ha portato a conoscere una moltitudine di mondi immaginari, società ipertecnologiche, luoghi fantastici localizzati nel futuro. Il risultato è che ora, nei confronti dei futurabilia, provo lo stesso sentimento che ci tocca il cuore quando rammentiamo luoghi, persone, situazioni che appartengono al nostro passato. Nostalgia. Non saprei come altro definirla. Quello che so per certo è che i mondi che ho esplorato, per quanto immaginari, sono possibili. E se all’apparenza posso apparire un inguaribile sognatore, in realtà, c’è in me una buona dose di pragmatismo. Si badi che, oggi, la fantascienza di cento anni orsono ci fa sorridere non perché era troppo audace, ma perché era troppo timida. La realtà ha superato di molto la fantasia. Ecco perché - e introduco una seconda autodefinizione - pur essendo io un «filosofo del divenire postumano», continuo a vedermi come una persona pragmatica, realista, concreta. In fin dei conti, il modo migliore di prevedere il futuro è costruirlo.
- Prima di addentrarci nel discorso sul transumanesimo, partiamo dall’oggi.
Molti studiosi sono divisi nel giudicare le prospettive del futuro di noi umani.
Al pessimismo, ad esempio, di Katherine Hayles (“Come siamo diventati post-umani”), o di Bill Joy, scienziato della Sun Microsystems, il quale sostiene che “il futuro non ha bisogno di noi uomini”, s’oppongono, per citarne alcuni, Chris Meyer e Stan Davis i quali nel libro “Bioeconomia” sostengono che la futura complessità non sarà incomprensibile e offrirà molti vantaggi; oppure Andy Clark, docente di scienze cognitive all’Università dell’Indiana, autore di “Natural-Born Cyborgs”: ‘… nel futuro continueremo a innamorarci, a desiderare di correre più veloci, di pensare più efficacemente… crescerà però l’abilità di creare strumenti che espandono la mente”.
Perché avrebbero torto i primi e ragione i secondi?
- Quando è passato di moda il neopositivismo, verso la fine degli anni sessanta, è emersa una schiera di sociologi e filosofi apocalittici, secondo i quali non avremmo superato indenni il millennio. Il cambio di paradigma ha investito anche la letteratura. La fantascienza ottimistica alla Asimov è stata soppiantata da una science fiction distopica e catastrofista. (Mi permetto di segnalare un ottimo libro, «La scienza della fantascienza» di Renato Giovannoli, 1991, che analizza proprio questi cambi di paradigma in letteratura). Ebbene, nessuna di quelle previsioni catastrofiche si è avverata. E’ vero che il futuro è imponderabile e non si devono sottovalutare i pericoli. Ma non credo che fermare il progresso tecnoscientifico sia la strategia giusta. I catastrofisti, nell’invocare un arresto della scienza, hanno torto per la semplice ragione che il proibizionismo ferma solo le persone oneste. La droga, per esempio, è vietata in quasi tutto il mondo. Qual è il risultato? Forse non c’è più nessuno che si droga? Il risultato è un mercato nero che arricchisce le mafie. Lo stesso potrebbe accadere con bioingegneria e nanotecnologia. Ma, mentre il tossicodipendente distrugge se stesso, il mutante si potenzia, evolve. Se evolvere diventerà un crimine, solo i criminali evolveranno.
- Sei un uomo esperto di comunicazione e leggendo i tuoi scritti ne ho ammirato l’efficace sintesi. Da qui discende un crudele esercizio, alla maniera dell’Oulipo, che ti propongo.
Immagina di scrivere un telegramma in cui, in tredici parole, tante quante sono le lettere del tuo nome, tu debba trasmettere la sostanza della teoria transumanista. Ti ascoltiamo…
- Non importa che tu sia uomo o macchina, quando ti svegli fai «upgrade»!
- Te la sei cavata benissimo.
Ora, però, basta con le crudeltà, hai maggiore spazio per rispondere alla prossima domanda.
E’ corretto affermare che il transumanesimo si pone in quella corrente di pensiero che partendo da Spinoza e, a grandi tappe, passando per Nietzsche arriva fino a Deleuze e Foucault?
- Il transumanesimo ha radici nell’umanesimo. Già Dante aveva introdotto il termine «trasumanare» (o «transumanare») proprio per indicare il processo che porta a «trascendere i limiti della natura umana». Che l’indiamento - il divinizzarsi, l’eternizzarsi dell’uomo - possa avvenire grazie alla tecnica è idea molto più recente, ma certamente per arrivare a questa prospettiva erano necessari proprio i due passaggi che tu hai indicato, Spinoza che fa cadere l’alterità di Dio rispetto all’uomo e alla materia e Nietzsche che arriva addirittura a proclamare la morte di Dio - inteso come essere personale - e l’avvento dell’oltreuomo. Per venire al presente, visto che citi autori «postmoderni», tengo a precisare che il transumanesimo è un tentativo di superare anche il postmodernismo. Certo, c’è sintonia con alcune di queste idee. Anch’io, come Deleuze, riconosco la positività del molteplice, del diverso, del divenire. E, come lui, interpreto la volontà di potenza di Nietzsche come critica a ogni forma di potere, piuttosto che come istinto di dominio e sopraffazione. Perciò, invito alla trasgressione e alla liberazione del desiderio. Ma del postmodernismo vanno superate le idiosincrasie antiscientifiche. Nella prospettiva transumanista le tecniche sono viste come strumenti di liberazione e non di alienazione.
- Sappiamo dell’utopia, altri di noi più fortunati sanno della distopia cioè l’utopia negativa e dell’entropia, ma negli scritti transumanisti ricorre spesso la dizione “estropia”.
Puoi, a beneficio di coloro fra miei avventori che non hanno fatto la scuola dell’obbligo, spiegarne il significato e perché mai è una parola chiave nei vostri discorsi?
- Lo spiega bene un racconto di Lyotard - per restare in tema di postmoderno - che narra gli avvenimenti antecedenti alla trasformazione del Sole in una nova. L’unica strada perseguibile dall’umanità per perpetuarsi sarà l’evoluzione postumana e l’esodo. Il racconto è malinconico e pessimista per via della perdita di identità, ma in realtà (questo sfugge a Lyotard) non c’è perdita di identità se ci si identifica con la vita intelligente, piuttosto che con il vago termine «umanità». La transizione al postumano si inquadra in quella che per noi è una lotta cosmica tra l’ordine e il disordine, la vita e la morte, la complessità e la semplicità, il cosciente e l’incosciente, l’evoluzione e il degrado, in breve, le forze estropiche ed entropiche dell’universo. L’evoluzione degli esseri biologici e delle macchine è un modo della materia per contrastare gli effetti del secondo principio della termodinamica. Noi siamo questo modo. Da questa consapevolezza deriva l’etica transumanista: è bene ciò che porta alla «coscientizzazione» dell’universo; è male ciò che favorisce l’entropia. Il luddismo, l’avversione alle nuove tecnologie, è «immorale» perché favorisce le forze oscure, entropiche dell’universo. La tecnofilia è «morale» perché la graduale presa di coscienza della materia si concretizza anche attraverso la creazione di supercomputer, il potenziamento dei cervelli biologici umani, l’ibridazione uomo-macchina.
- Il filosofo tedesco Marc Jongen afferma: «L’uomo è il suo proprio esperimento».
Insomma, dobbiamo smetterla di considerare l’uomo come soggetto personale che ci portiamo dietro da duemila anni?
- Il punto è proprio questo. L’uomo ha coltivato a lungo l’illusione della propria immutabilità e somiglianza con gli dei. Non so se gli dei esistano e, se sì, che sembianze abbiano, però so per certo che gli umani non sono immutabili. In realtà, le nostre interazioni con l’ambiente non sono unidirezionali. Ogni nuova modifica dell’ambiente finisce per tornare indietro come un boomerang e modificare anche la nostra natura. Le rivoluzioni del paleolitico e del neolitico si sono ripercosse sulla fisionomia degli esseri senzienti, portando alla comparsa dell’Homo sapiens sapiens. Ma anche questo essere è transizionale. I soggetti della storia (e a questo punto, storia cosmica e non solo terrestre), sono l’intelligenza e la sua negazione. Ma l’intelligenza non è proprietà del solo uomo. Sono intelligenti i delfini e le scimmie e, a modo loro, sono intelligenti i computer e i robot. Perciò io riformulerei la bella sentenza di Jongen in questo senso: «L’intelligenza è il suo proprio esperimento». Perché solo la vita intelligente può prendere in mano il proprio destino e l’uomo è solo una tappa di questo cammino. Rinunciare a guidare la nostra evoluzione, rinunciare a fare esperimenti, non significa conservare lo status quo, ma cambiare comunque in modo imprevedibile. Con il rischio che possa vincere l’entropia.
- Kevin Warwick studia l'integrazione Uomo-Macchina innestando chips nel proprio corpo e pensa a nuove tappe del Cyborg Project dall'Università di Reading; secondo molti scienziati in un tempo meno lontano di quanto s'immagini impareremo codici capaci di svelare nuovi segreti della natura, passeremo la barriera dell'infinitamente piccolo, si dilaterà la concezione di Spazio, saremo capaci di percepire nuovi stati e livelli di esistenza, la nostra coscienza-mente-identità sarà più vasta e ne saremo consapevoli…quale uomo uscirà da queste acquisizioni, quale sarà l'atteggiamento esistenziale che più lo differenzierà da noi?
- I transumanisti sono concordi nel ritenere assolutamente plausibile la profezia del divenire postumano e puro divertimento ogni tentativo di immaginare il postumano. Potrebbe essere un superuomo, ovvero un uomo potenziato. Ma il postumano potrebbe non avere più nulla di organico, di biologico. Se dovesse funzionare l’uploading - lo scaricamento delle coscienze nelle macchine - potremmo preferire una nuova carne sintetica e indistruttibile, ma ancora sensibile e forse più sensibile ai piaceri. O potremmo tutti volere semplicemente corpi biologici più belli e forti, ma ancora umani nelle sembianze. O potremmo non avere un corpo, trasformandoci in puro flusso di informazioni. O potremmo avere tutto questo insieme, e altro ancora. Per quanto riguarda la personalità il discorso si fa ancora più difficile. Se inizieremo a fonderci con le macchine, impiantando chip che potenziano di milioni di volte la nostra memoria, coscienza e intelligenza, come possiamo immaginare che cosa penseremo e come penseremo? Di una cosa sono però piuttosto convinto. Il mutamento andrà nella direzione della differenziazione più che dell’omologazione. Oggi gli uomini si somigliamo tutti spaventosamente. A me capita spesso di incontrare persone che sono una la fotocopia dell’altra: le stesse frasi, gli stessi atteggiamenti, gli stessi desideri. Le persone che si differenziano, che sanno sorprendere, sono quelle più colte e intelligenti, quelle che leggono e viaggiano, quelle che esplorano possibilità diverse del proprio essere, quelle che fanno esperimenti con se stesse. La stupidità è noiosa. Perciò la società sarà più varia e complessa.
- Per preparare la mia prossima domanda, la faccio precedere da una considerazione sul Tempo.
Duemila anni fa Lucrezio diceva "Tempus item per se non est", il tempo in sé non esiste.
Ci sono parole delle quali oggi l'abuso ne ha compromesso l'intelligibilità. Ad esempio: tempo virtuale…tempo reale, ci dai una tua illuminazione su questa differenza, in modo rapido e chiaro come sai fare tu?
- Sei troppo buono. Comunque, questa è la famosa domanda delle cento pistole. Se sapessimo che cos’è il tempo, se ne comprendessimo pienamente il concetto, tutte le domande della filosofia avrebbero ipso facto una risposta. Perché è il rapporto al tempo che segna la differenza tra l’essere e il divenire. Ma forse è anche fuorviante parlare di rapporto. In questi casi si fa più bella figura con un’ammissione di ignoranza, con un bel «so di non sapere». Tenterò comunque di abbozzare una risposta molto terrena. Due tempi segnano la nostra esistenza: uno è quello scandito dall’orologio quotidiano: dobbiamo mangiare, lavorare, socializzare, riposare. Lo chiamerò tempo biosociale. L’altro tempo è quello che segna, definisce la vita: nasciamo il giorno x e moriamo il giorno y. Non conosciamo il giorno y ma riusciamo più o meno a localizzarlo nel futuro. Lo chiamerò tempo esistenziale. È questo ad influenzare le nostre scelte importanti: matrimonio, casa, figli, lavoro. Alcuni biologi dicono che tra qualche anno, eliminando un paio di geni, potremo trasformare la vita da un segmento ad una semiretta. Il tempo esistenziale non influenzerebbe più le nostre scelte, perciò diverrebbe virtuale. Non dirò: devo finire questo libro prima che sia troppo tardi. Non sarà mai troppo tardi. Però il tempo biosociale continuerà a scandire il quotidiano. E diverrà forse più assillante, più reale, perché saltare qualche pasto, fare un errore, potrebbe mettere fine ad un’esistenza potenzialmente infinita. Il quotidiano diverrebbe drammatico. Solo se riuscissimo a superare il problema energetico potremmo virtualizzare anche il tempo biosociale. E così trasumanare.
- Dicevamo del Tempo. Già adesso i computer raddoppiano la loro capacità ogni 18 mesi.
Ian Pearson, responsabile del dipartimento di futurologia di British Telecom, afferma che nei prossimi quarantacinque anni la potenza dei computer sarà tale da poter immagazzinare ed elaborare tante informazioni da poter gestire quelle contenute solitamente in un cervello umano. Nel 2050 potrebbe essere possibile scaricare l'intero contenuto di un cervello in un computer ottenendo in tal modo una sorta di immortalità, grazie alla conservazione di tutti i ricordi, i pensieri e le sensazioni che vengono elaborate e memorizzate lungo l'arco di tutta una vita.
La ritieni una previsione realistica? Ottimistica? Pessimistica?
E, quale sia la tua risposta, in base a quali informazioni?
- Il processo tecnicamente si chiama «uploading». Molti transumanisti sono ottimisti in tal senso. Io, personalmente, sono né pessimista né ottimista. Non riesco a fare una proiezione, una stima temporale, perché il processo non dipende solo dalla potenza della macchina, ma anche dalla nostra comprensione della mente. E per la mente è difficile comprendere la mente, ovvero se stessa. Forse una mente superumana riuscirà a comprendere la mente umana e così rendere più facile l’uploading degli umani. Ma bisogna allora avanzare in altri campi e non solo nella AI. Voglio allora affrontare il problema dell’uploading non da un punto di vista futurologico, ma filosofico. L’uploading aprirebbe le porte ad un nuovo dilemma: in che senso la mente trasferita nel computer ha consistenza ontologica? Se i neuroni esistono in forma di atomi e molecole, e così i transistor e i circuiti integrati pronti a sostituirli, allora i ricordi, la personalità, la coscienza - se trasferibili - sarebbero modi di funzionare di neuroni e transistor. Potrebbe quindi essere possibile, in linea di principio, trasferire una mente contemporaneamente in due macchine diverse. Quale delle due copie saremmo noi, se la domanda ha ancora un senso? La risposta sarebbe: entrambe e nessuna. Ma, d’altro canto, l’alternativa è il nulla.
- Sono un fedele lettore del vostro webmagazine “Estropico”. Lì leggo spesso che “il transumanesimo non è legato ad alcun partito o programma politico”. Questa cosa mi piace.
Anche se, ti confesso, quando leggo il nome di qualche articolista, mi si raggela il sangue.
Non siete graditi, insomma, a destra né a sinistra.
E se è evidente che sarebbero per voi poco liete eventuali gite in Vaticano, a Teheran, a Kabul, poiché tengo alla tua salute, sconsiglio conferenze anche a Pechino, l’Avana, Pyongyang.
Eppure è evidente che da noi i maggiori assalti vi provengono da destra, da conservatori, baciapile, fascisti. Ricordo gli attacchi a voi rivolti dal già nominato Fukuyama, ma anche da “Panorama”, “Il Foglio”, “L’Avvenire”, da cardinali, da Marcello Veneziani, da Giuliano Ferrara…
Ma allora?...
- La questione politica è sempre all’ordine del giorno nel nostro movimento, perché siamo consci del fatto che il progresso tecnoscientifico dipende dalle leggi e dalle decisioni del Parlamento. Allo stesso tempo non riusciamo a schierarci perché, come tu dici, le nostre posizioni sono poco comprese. È vero che ora sono la destra e il Vaticano a darci addosso, ma non siamo simpatici nemmeno alla sinistra radicale ed ecologista. Cosa resta? Rispondo a titolo personale, proprio per rispettare l’apoliticità del movimento. Secondo me, restano le forze liberali e socialiste. In passato erano le due ideologie principali. Ed erano rivali. Ma la rinascita a destra del populismo clerico-fascista e all’estrema sinistra di atteggiamenti passatisti, comporta un avvicinamento necessitato di queste forze. La nascita della Rosa nel Pugno in Italia è, secondo me, un esperimento che sarà tentato anche all’estero. Servirebbe però una sintesi adeguata delle idee liberali e socialiste che, soprattutto in economia, sembrano opposte. Non vorrei apparire ambizioso, ma credo che il transumanesimo potrebbe in futuro essere l’elemento di sintesi. Si debbono privatizzare o nazionalizzare le ferrovie o l’elettricità? Dipende. Dobbiamo chiederci quale scelta massimizza, qui e ora, il progresso tecnico. Se ci sono imprenditori audaci e con mentalità futurista privatizziamo. Se ci sono parassiti senza slanci che vogliono vivere di rendita, nazionalizziamo. Lasciamo agli economisti le formule astratte a priori e vincoliamo le scelte ad un ideale più alto. Senza iniziativa pubblica non avremmo avuto i viaggi spaziali. Senza iniziativa privata non avremmo avuto i personal computer.
- Come sai dall’invito che ti ho rivolto, condivido larghe parti del vostro pensiero.
Eppure non ti nascondo le mie perplessità quando apprendo del vostro sostegno alla Alcor che si occupa di sospensione crionica, cioè ibernazione. Non nego che la cosa possa un giorno diventare realtà, ma oggi non mi pare esistano ancora certezze al proposito.
Ricordo qui che era una tecnica amata dal mio amato Andy Warhol
che se ne interessò dopo aver appreso che il corpo di Walt Disney era iberneticamente congelato e conservato fino al momento in cui la nanotecnologia di Eric Drexler non avesse avuto le cognizioni tecniche per la rianimazione.
Insomma, Riccardo, non è un po’ presto per sostenere quella pratica?
- Ecco che torniamo alla questione del tempo. Presto o tardi? Direi che dipende dalla prospettiva individuale. Mettiamoci nei panni di una persona che sta morendo adesso. Non crede nell’aldilà e, tra la putrefazione (che è certa) e la sospensione crionica (che è solo ipotetica), sceglie quest’ultima. Se anche la probabilità di resuscitarlo ora è bassa, è comunque superiore a zero. Essa non dipende tanto dal momento in cui inizia la sospensione, ma dagli sviluppi tecnici della società, da ciò che fanno là fuori le persone non sospese. Se anche «è presto» per avere le tecniche di rianimazione nanotecnologica, per il sospeso che cosa cambia? Essere resuscitato fra cinquanta, cinquecento, cinquemila anni, che differenza fa? Comunque si verrebbe resuscitati in un mondo nuovo. Senza le persone che conosciamo? Forse sì, forse no. Poiché verremmo resuscitati tutti insieme, Drexler si ritroverebbe con Walt Disney. Io ritroverei Giuseppe Vatinno, Gianni Lo Conti (per citare qualche compagno transumanista). E, in ogni caso, l’importante sarà essere ancora vivi. Ma forse tu vuoi dire che «è presto» perché la gente non è preparata all’idea e quindi potrebbe prenderci per matti. La gente non era preparata alla rotondità della terra, alla democrazia, all’emancipazione femminile… Poi si abitua.
- La clonazione umana è cosa troppo seria per lasciarla in mano ai Raeliani che mi pare facciano parte più del futuro del cabaret che non di quello delle scienze.
Sull’argomento sono intervenuti in tanti scandalizzandosi, ma mi piace citare le parole di uno scienziato vero: Umberto Veronesi. Poche righe, vale la pena di leggerle insieme.
"Clonazione e' un termine che i medici e i biologi usano abitualmente. Si clonano, infatti, virus, batteri e cellule. Ci vorranno una trentina, se non addirittura una cinquantina d'anni prima che la clonazione possa dirsi sicura Si tratta di un tema molto delicato ma non si può parlare, come qualcuno ha fatto, di un crimine contro l'umanità. Crimini di questo tipo per me sono Auschwitz, Hiroshima e lo sfruttamento del lavoro minorile.”
Fin qui Veronesi, su di un piano strettamente scientifico.
A te chiedo: che cosa rappresenta la clonazione sul piano filosofico dell’esistere?
- Clonare una persona significa generare un fratello gemello di quella persona. Quindi generare un’altra persona. Se io clonassi me stesso non genererei un figlio, ma un fratello. Dobbiamo quindi sgombrare il campo da ogni malinteso: un clone non sarebbe un alter ego, un altro io. Personalmente ritengo la clonazione umana una pratica inutile. A che scopo generare una persona identica ad un’altra? Chi parla di fabbrica d’organi dice fesserie, perché il fratello sarebbe una persona ed avrebbe tutti i diritti del suo creatore. Ma anche quelli che parlano di mostri dicono fesserie. Ma scusate, le gemelle Olsen sono mostri? Ce ne fossero di mostri così! La clonazione non produce nulla di nuovo di ciò che la natura già fa: i gemelli monocoriali o monozigoti. Ma, ripeto, non vedo la necessità della clonazione completa adesso. La clonazione terapeutica è un’altra cosa. Quella è utile per guarire malati. Certo se nascesse un individuo eccezionale (intelligente come Einstein, atletico come Carl Lewis, longevo come Matusalemme), si potrebbe pensare di clonarlo per preservarne il DNA. Porrei però due paletti etici. Primo, la tecnica deve essere sicura almeno quanto il concepimento tradizionale. Secondo, deve essere stato raggiunto lo stadio di libertà morfologica. In altre parole, dobbiamo prima riuscire a modificare il DNA di persone già viventi. Cosicché, se il nuovo individuo non sarà soddisfatto di se stesso, potrà modificarsi a piacimento.
- Ma, Riccardo, vale la pena essere eterni?
- Molti filosofi sono convinti che un essere, se non è eterno, non è un essere. Supponiamo che Dio esista e che abbia le caratteristiche dell’eternità, dell’onniscienza e dell’onnipotenza. Desidererebbe non essere? Chi pensa al non essere come ad una eventualità non negativa, vive certamente in una condizione che non lo soddisfa. La vita della maggior parte della gente è noiosa, ripetitiva, stressante, prevedibile, segnata da malattie fisiche e mentali. Perché dunque perpetuarla? A me, forse perché sono iperattivo, curioso, avventuroso, forse perché ho interessi, desideri, voglia di fare, la vita sembra assurdamente breve. Per fare tutte le cose che ora ho in mente di fare, avrei bisogno di almeno mille anni, non delle poche decine che mi promette questo corpo. Ad altri, già ottant’anni sembrano un’eternità. Ma, se così stanno le cose, queste persone sono già morte. Sono morte perché hanno accettato il fato: si sono ridotte a ingranaggi di un sistema che odiano. Il transumanesimo è libertario e quindi non obbliga nessuno a vivere più a lungo, anche perché costerà soldi e quindi chi sceglierà questa strada dovrà volerlo. Credo tuttavia che l’apertura di una nuova frontiera, quella della colonizzazione spaziale, trasmetterà a molti esseri senzienti uno scopo nuovo, entusiasmo, voglia di vivere.
- Sono tra coloro i quali credono che oggi l'avanguardia non appartenga più alle arti ma alla scienza…si pensi, ad esempio, alla fisica delle particelle.
Esiste anche un'arte transumanista che ha i suoi riferimenti nel futurismo, nel dadaismo, nel concettualismo, nella pop art, nell'animazione digitale e nel suono elettronico.
Un tuo vaticinio: quale sarà nel futuro il rapporto Arte-Scienza?
- Sono d’accordo con te sul fatto che la rigida barriera che abbiamo voluto erigere tra arte e scienza si sta incrinando ed è probabilmente destinata a cadere. In passato, penso ora al Rinascimento, tale barriera non c’era. L’artista era anche scienziato e viceversa. Certe rappresentazioni pittoriche erano giochi matematici e combinatori. Ma anche il biologo che rappresentava il corpo umano, non potendo disporre della fotografia, doveva essere artista eccelso. Parliamo naturalmente di arte mimetica. Oggi sul fronte della scienza, l’epistemologia neorazionalista afferma che le teorie scientifiche non sono fondate sull’induzione ma sul metodo ipotetico-deduttivo. Ciò significa che le teorie, prima di essere testate, devono essere inventate. Ergo, lo scienziato deve possedere anche doti di creatività artistica oltre che di rigore logico e onestà intellettuale. Sul fronte dell’arte, direi che l’entrata in scena di macchine intelligenti apre nuovi scenari. Non si tratta solo di quelli prospettati da Italo Calvino in «Cibernetica e fantasmi», dove l’arte sembra ridotta ad arte combinatoria. Io credo che le macchine dell’ultima generazione potranno stupirci, autoprogrammandosi e facendo cose per noi impensabili. L’arte prodotta da quelle macchine potrà influenzare l’artista umano. E viceversa.
- Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
- Star Trek rappresenta un geniale progetto politico-filosofico. So che, affermando questo, faccio storcere il naso ai critici letterari benpensanti, che spesso e volentieri snobbano la fantascienza. Tuttavia, essi dimenticano troppo spesso che l’arte popolare di oggi è spesso il capolavoro letterario di domani. Anche la Divina Commedia, scritta in volgare, era opera enciclopedica e si rivolgeva ad un pubblico ampio. Ma la regola, per i critici italiani è il passatismo: sempre accodarsi in ritardo, mai anticipare. Negli USA sono già attivati nelle università corsi sull’Etica di Star Trek. In Italia è impensabile, anche se l’insegnamento etico di Star Trek è certamente più avanzato di quello dei Promessi Sposi. Intanto, invita a pensare alla costruzione di un’etica universale, talmente universale da coinvolgere anche esseri non umani. Allo stesso tempo avverte su tutte le difficoltà di questa operazione. La «Prima Direttiva», indica che è sbagliato interferire con civiltà meno evolute. Eppure, tale direttiva se rispettata alla lettera sembra produrre storture morali. Ecco allora entrare in gioco la Direttiva Omega. In poche parole, si genera una situazione di ambivalenza, che è uno dei concetti più sofisticati della sociologia, elaborato tra l’altro dal mio maestro Robert K. Merton. Così, da un lato, Star Trek insegna un’etica spicciola ma comunque importante: invita per esempio a superare razzismo ed etnocentrismo: mostrando il primo bacio interraziale, accettando il Klingon come lingua franca, affidando il comando della nave prima ad un maschio bianco anglossassone, poi ad un maschio bianco francese, poi ad un uomo di colore, poi ad una donna. Dall’altro, invita ad interrogarsi sull’ambivalenza strutturale delle norme morali.
- Siamo quasi arrivati a Càmpya, pianeta futuribile di ogni Galassia… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di “La Regola” segnalata da Enrico Buselli patron dell’Enoteca Web & Wine di Volterra … Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
- Maj qa tlho', luq 'arlogh qaleghneS Qoylu'pu'? wa'maH? lojmIt yIpoSmoH! ghIj qet jaghmeyjaj tIqjaj yInlIj 'ej bIchepjaj!
Traduco: Bene! Grazie, lo farò. Sono onorato di vederti. Che ore sono? Le dieci? Apri la porta! Che i tuoi nemici possano fuggire dalla paura. Live long and prosper!
- Vabbè, ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!
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