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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L’ospite accanto a me è Ennio Peres. Giocologo. Tale è la definizione che s’è dato e preferisce.
E’ noto anche come il  'mathemagico' per i suoi giochi di magia spiegati matematicamente.
Dietro questi termini, troviamo un uomo dotto e cordialissimo che è stato professore di matematica e informatica, prima di iniziare a diffondere il piacere del gioco con lettere e cifre.
Ha collaborato con vari giornali e riviste, da ‘Paese Sera’ a ‘La Stampa’; su ‘Linus’ cura dal 1995 la rubrica “Scherzi da Peres”.
Come enigmista si dedica particolarmente agli anagrammi ed è autore di parole incrociate e di rebus; propone annualmente, anche tramite Internet, una sfida denominata "Il cruciverba più difficile del mondo".
Cura la collana di argomenti ludici, “Wiperes”, per Iacobelli. È uno dei principali autori dell’opera multimediale “Brain Trainer”, distribuita in edicola dal Corriere della Sera.
Per Salani, è uscito nel 2006, scritto in collaborazione con Susanna Serafini, L'elmo della mente.
Con le Edizioni Ponte alle Grazie ha pubblicato due corsi di sopravvivenza, il primo, nel 2004, con Stefano Masci e Luigi Pulone, dedicato alla Fisica; il secondo, con Riccardo Bersani, nel 1998, alla Matematica.

Per la stessa casa editrice, finito di stampare nell’anno che per i terrestri è il 2010, è andato in libreria: Un mondo di coincidenze con il ghiotto sottotitolo: “Curiosità, teorie e false credenze in merito ai capricci del Destino”.

Libro sapiente e divertente che naviga impavido nelle limacciose acque di miracoli, oroscopi, superstizioni, numerologia, profezie e altre occulterie di cui si cibano spesso gli umani con colpevole candore.

Irresistibile il finale affidato a foto, tratte da manifesti e giornali, che offrono al lettore esilaranti lapsus, incauti slogan elettorali, sciagurati accostamenti di parole e immagini nello stesso spazio pubblicitario tanto involontari quanto rivelatori. Non si tratta in quelle pagine soltanto di esemplificazioni delle coincidenze nel comico, perché sono affiancate da uno studio sugli ingranaggi del riso.

Il tutto è tenuto sul filo di un discorso che scorre dalla Storia alla Linguistica, un volume che, pur dilettando chi legge, è un testo di antropologia culturale.
Dovrebbe essere obbligatorio leggerlo per chi lavora nell’informazione scritta e audiovisiva (per evitare di cadere in casi d’involontaria comicità nel riferire fandonie celesti o sulfuree), e altrettanto risulterebbe utile la lettura a quanti lavorano nelle agenzie pubblicitarie e, specialmente, agli addetti alla propaganda dei partiti politici.

Benvenuto a bordo, Ennio…
Grazie per l’invito. Non so dove sia diretta questa astronave. Ma non fa niente. Non è importante arrivare, è importante viaggiare...
Antonella Ferrari e Miriam Mareschi, stellari patronnes del ristorante La Piazzetta del Sole a Farnese, mi hanno consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo rosso altoatesino ‘Lagrein Castel Turmhof’ 2006 prodotto dai Tiefenbrunner.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore…insomma, chi è Ennio secondo Ennio…
Ennio si è rivelato un cultore di giochi, fin dalla nascita. Infatti, ha pensato di venire alla luce a Milano, pur risultando residente a Roma, per poter, un domani, prendersi gioco dei secessionisti... All'età di circa due anni, ha cominciato a cimentarsi nei "gioghi di parole". Infatti, quando iniziava a parlare, non la smetteva più ed era un vero tormento (cioè, un "giogo"...) starlo a sentire. Superati i vent'anni, per avere la possibilità di parlare liberamente, ha deciso di fare il professore e, allo scopo, è riuscito a laurearsi in Matematica, grazie alla sua tendenza a "dare i numeri". Un giorno, è venuto a sapere che: "Verba volant, scripta manent" e così gli è balenata in mente l'idea di riversare sulla carta stampata la sua logorroica voglia di parlare. Siccome nessun editore lo prendeva sul serio, ha provato a farsi prendere "per gioco", iniziando così la sua carriera di giocologo
Com’è nato “Un mondo di coincidenze”?
Lo spunto iniziale mi è venuto constatando che l’idea di coincidenza, intesa come concomitanza di due eventi legati da una relazione, è alla base della maggior parte dei giochi di cui mi occupo (matematici, logici, linguistici, eccetera). Di conseguenza, attraverso il filo conduttore delle coincidenze, avevo la possibilità di affrontare tanti argomenti diversi tra loro, in maniera lineare. Poi, mi sono reso conto che un concetto del genere travalica gli stretti confini dell’applicazione ludica e assume un’importanza fondamentale nella nostra esistenza. In particolare, la vita del nostro organismo e quella dell’ambiente che ci circonda sono scandite da una densa e continua serie di simultaneità, di cui spesso non siamo consapevoli, perché non ci richiedono un intervento diretto.
Quale la principale motivazione che ti ha spinto a scriverlo?
La considerazione che, nella pratica quotidiana vi è una diffusa tendenza a considerare impossibili gli eventi che sono solo molto improbabili; per cui, si rimane particolarmente colpiti, quando qualcuno di questi si avvera. Un tale atteggiamento spinge spesso ad attribuire a fattori occulti il verificarsi di inaspettate coincidenze; in questo modo, nascono e prosperano false credenze popolari e infondate superstizioni. A mio avviso, per non lasciarsi sconvolgere troppo da certi avvenimenti apparentemente inspiegabili, è opportuno sviluppare la capacità di rilevare e prendere confidenza con le numerose coincidenze che si verificano in continuazione nella vita di tutti i giorni. A tale scopo, in questo libro, non solo fornisco diversi suggerimenti in merito, ma cerco anche di dimostrare come un’attività del genere possa costituire una feconda fonte di divertimento.
I tuoi precedenti libri hanno venduto oltre 40.000 copie. Ti sei fatto un’idea di chi sono i tuoi lettori? E quale tipo di nuovi lettori, in particolare, ti piacerebbe raggiungere?
Alcuni miei lettori li conosco personalmente, in quanto da anni seguono le mie rubriche, intervengono alle mie conferenze e partecipano alle competizioni da me proposte. Sono persone ricche di interessi culturali, che provano piacere nel tenere in esercizio la mente. La costante attenzione che mostrano nei miei confronti mi gratifica molto. Non posso nascondere, però, che mi piacerebbe riuscire a coinvolgere anche i lettori di un autore come Federico Moccia. In questo modo, potrei aspirare a vendere, non 40.000, ma 4 milioni di copie…
Nel tuo libro non ti occupi solo di maghi imbroglioni e credenze di occultisti. Dai spazio, infatti, anche ad argomenti che hanno prodotto dibattiti perfino seri. Ad esempio, la sincronicità.
La sincronicità  - a beneficio di chi non ricordi di che cosa indica – è un termine usato da Jung per descrivere una connessione fra eventi, psichici od oggettivi che avvengono in modo sincrono, cioè nello stesso tempo, e tra i quali non vi è una relazione di causa-effetto ma una evidente (a parere di quel psicoanalista) comunanza di significato tra realtà fisica e quella psichica. La sincronicità si riferisce alle cosiddette “coincidenze significative”, manifestazione dell’inconscio collettivo teorizzato da Jung.
Dove hai trovato la debolezza di questa teoria?
Il concetto di “sincronicità” è piuttosto vago e non permette di essere analizzato, mediante l’effettuazione di esperimenti e la verifica dei risultati. Finché non si riesce a superare un tale ostacolo, la teoria delle “coincidenze significative” (come ogni altro genere di congettura paranormale) è destinata a restare confinata nell’ambito delle pseudoscienze. D’altra parte, sono talmente numerose le coincidenze curiose che potenzialmente possono verificarsi, per fattori del tutto casuali, che la probabilità di osservarne qualcuna, ogni tanto, è estremamente alta. Non ha molto senso, quindi, fondare una disciplina esoterica su un fenomeno che può essere interpretato in maniera convincente, facendo ricorso a semplici considerazioni matematiche.
Il grande Gioco aldilà dei Giochi.
Einstein dice: "Dio non gioca a dadi", Ilya Prigogine sostiene il contrario.
Immagino da che parte stai, puoi dirlo tu e spiegarne sinteticamente il perché?
Chi nega l’esistenza di Dio ritiene che l’Universo si sia sviluppato grazie a un’infinita concatenazione di eventi casuali (come quelli generati dal gioco dei dadi); in particolare, ipotizza l’esistenza di innumerevoli altri universi, oltre al nostro, ciascuno con un diverso insieme di connotati fondamentali. Tra tutti questi, almeno uno (il nostro...) ha assunto delle caratteristiche tali da favorire la formazione di stelle e pianeti e, in seguito, la comparsa della vita. Invece, chi crede nella presenza di un Essere Superiore, è convinto che la perfezione dell’Universo sia stata indotta dalla Sua rigorosa volontà creatrice (non giocando a dadi…). A mio avviso, a queste due teorie, se ne potrebbe affiancare una terza: Dio esiste davvero, ma per riuscire a creare un Universo come il nostro, ha dovuto prima compiere infinite prove che, non sempre, hanno dato i risultati sperati...
In molte locuzioni popolari: a che gioco giochiamo…non sta alle regole del gioco…non facciamo il suo gioco…temo che faccia il doppio gioco… ed altre ancora, pare che il gioco sia evocato come possibile trappola, vi circola intorno quasi un senso d'inquietudine.
Il gioco provoca allarme? Quale la sua carica sovversiva?
È bene precisare che, nel linguaggio corrente, al vocabolo gioco vengono normalmente attribuiti vari significati, alcuni dei quali contrastanti tra loro. Con questo termine, però, bisognerebbe prevalentemente indicare: ‘qualsiasi attività liberamente scelta a cui si dedichino, singolarmente o in gruppo, bambini e adulti senza altri fini immediati che la ricreazione e lo svago, sviluppando ed esercitando nello stesso tempo capacità fisiche, manuali e intellettive’. Questa definizione, tratta dal “Vocabolario della lingua italiana” della Treccani, mette in risalto le valenze positive di un vero gioco (non allarmante…), indicando come sue caratteristiche peculiari la “libera scelta” e la “mancanza di obiettivi speculativi”.
Come ricorda Brunella Eruli in “Dal Futurismo alla Patafisica”: ‘Secondo Queneau il tragico greco che scrive i suoi versi obbedendo a regole che conosce perfettamente è più libero del poeta che scrive quello che gli passa per la testa e che è schiavo di regole che ignora’.
Nella tua pratica di giocologo, quale valore, e soprattutto quale attualità letteraria, dai all’Oulipo?
L’OuLiPo (Ouvroir de Littérature Potentielle) è nato circa cinquant’anni in Francia, con l’obiettivo di esplorare sistematicamente le potenzialità del linguaggio, ricercando nuove strutture costrittive, lessicali e grammaticali. Nel 1990, ha preso vita in Italia una sua filiazione, denominata OpLePo (Opificio di Letteratura Potenziale) che, nel tempo, ha realizzato una serie di pregevoli pubblicazioni, messe a punto da prestigiosi autori di varia estrazione culturale, tra i quali: Paolo Albani, Raffaele Aragona, Ermanno Cavazzoni, Piergiorgio Odifreddi, Edoardo Sanguineti e Aldo Spinelli. Oggettivamente, però, questo ammirevole fermento intellettuale ha avuto maggiore incidenza nel campo della linguistica giocosa, che in quello della letteratura vera e propria.
L’avvento del web che cosa ha determinato finora di nuovo nel pianeta Gioco?
Ha avuto un’incidenza rivoluzionaria, soprattutto nella circolazione delle notizie e nel reperimento delle informazioni, ma anche nella gestione delle competizioni pubbliche. Una quindicina di anni fa, la partecipazione alle gare che proponevo nelle mie rubriche, poteva fare affidamento solo al servizio della posta tradizionale. Di conseguenza, tenendo conto anche delle esigenze redazionali, non era possibile rendere noto l’esito di una gara, prima di diverse settimane. Adesso, tutto si può svolgere in tempi serratissimi, con maggiore soddisfazione dei concorrenti.
Ci avviamo alla conclusione di questa nostra chiacchierata nello Spazio.
Le tristi condizioni in cui si trova da anni il nostro paese, oltre ai tanti effetti noti, ha determinato anche un appannamento dell’homo ludens?
Il diffuso desiderio di risolvere i propri problemi economici con un colpo di fortuna, unito all’offerta sempre più massiccia di giochi d’azzardo, ha fatto sì che In Italia ci siano ormai più ricevitorie di gioco che uffici postali. Nel corso del 2009 gli italiani hanno speso complessivamente circa 52 miliardi di euro per partecipare ai vari giochi in denaro statali: in media 867 euro a persona (compresi i lattanti e gli ultra centenari…). In questo modo, però, non è nata una generazione di homines ludentes. Una scommessa in denaro, infatti, non costituisce un vero gioco (nell’accezione che ho citato prima), in quanto viene effettuata con finalità di arricchimento e non di puro divertimento. Inoltre, siccome l’abitudine ossessiva all’azzardo può generare una vera e propria dipendenza, una pratica del genere non viene più effettuata per libera scelta, ma per coercizione psicologica.
Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
Non ho seguito neanche un episodio di Star Trek, soprattutto perché ho sempre guardato poco la televisione. Però, ho letto il libro, La fisica di Star Trek, scritto nel 1995 da Lawrence Krauss. Sono rimasto molto sorpreso nell’apprendere che i creatori di quella fortunata serie televisiva hanno anticipato diversi principi fisici e tecnologici, coniando anche una terminologia piuttosto appropriata…
Siamo quasi arrivati a Peres-E, pianeta  abitato da alieni ludentes… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di ‘Lagrein Castel Turmhof’ consigliata da Antonella Ferrari e Miriam Mareschi della “Piazzetta del Sole a Farnese … Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
Beh, come dice il comandante Benjamin Lafayette Sisko: “Non importa quel che il futuro ci riserverà, non importa quanto lontano viaggeremo: una parte di noi, una parte molto importante di noi (cioè, tu… NdR), rimarrà per sempre qui”.
Ti ringrazio e ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

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commenti presenti

Ottima intervista. Conosco altri libri di Peres ma nonsapevo di questo. Grazie per averlo segnalato. valeria monti

inviato da valeria monti
 

Mi sono sempre chiesto perché non vediamo mai alla tivù Peres con una sua rubrica. Potrebbe essere uno dei pochissimi in grado di farla. Però consideraod i programmi che fanno (pubblica e private - la risposta c'è. Peres è troppo intelligente per loro. Nuvola Rossa

inviato da Nuvola Rossa
 

Condivido quanto è stato detto. L'interviasta è veramente molto buona, risposte scattanti e chiare. Su di un solo punto dissent, quando Peres a proposito dell'Oulipo afferma: "ha avuto maggiore incidenza nel campo della linguistica giocosa, che in quello della letteratura vera e propria". L'Oulipo è stato probabilmente il più radicale rinnovamento di linguaggio letterario dopo le avanguardie storiche. Il suo proposito (realizzato in tante opere) di non affidarsi all'ispirazione , ma a strutture matematiche per fare poesia e prosa ha anticipato perfino conquiste scientifiche delle neuroscienze. Del restio, basta ricordare solo due nomi per ritenere azzardata quella affermazione di Peres (ottimo in tutte le altre occasioni, ma non in questa): Perec e Queneau. Grazie dell'ospitalità. enrico maselli

inviato da enrico maselli
 

Sì Queneau e Perec. Senza contare Italo Calvino, scusate se è poco. E poi perché la letteratura giocosa cpnsiderarla come una letteratura di serie b. E allora come la mettiamo con Rabelais, Swift... Peccato, è l'unica macchia di un'intervista assai brillante. Giorgetta De Vincis

inviato da Giorgetta De Vincis
 

Grazie Peres per aver chiarito in due battute la differenza fra il gioco con scopo di divertimento e quello con finalità d'arricchimento. mario de biase

inviato da mario de biase
 

Mi sarebbe piaciuto che a Peres fosse rivolta una domanda. Non c'è e la faccio io: esiste un secolo, in Italia, in cui il Gioco ha conosciuto il suo massimo splendore? Grazie. Pedro.

inviato da Pedro
 

Una domanda a Peres. E' vero che è l'inglese fra le lingue occidentalii quella che più si presta ai giochi di parole? Max Carella

inviato da Max Carella
 

Come si evince da questa intervista, l'operazione di Peres oltre che linguistica è filosofica. rossella de majo

inviato da rossella de majo
 

 

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