L'ospite accanto a me è Massimo De Nardo.
Copywriter, insegnante di Linguaggi della Comunicazione, direttore della rivista
web Segnal'etica:
www.segnaletica.sinp.net
Il sito si occupa - et pour cause! - dei linguaggi della comunicazione, dei
problemi semiologici che l'investono, dei vari strumenti espressivi che usa.
Cliccate sul link che vi ho dato e, almeno stavolta, non m'invierete insulti.
Ma ringraziamenti. Perché lì - oltre alla trattazione teorica
di problemi del linguaggio - scoverete un repertorio d'argomenti che vanno
dalla fotografia alla pubblicità, alla letteratura, al cinema, al design,
ad altro ancora. Insomma, è difficile che non troviate temi che riguardino
uno, o più di uno, dei vostri interessi.
E se siete appassionati di letterature del viaggio e lì non ne trovate
notizia?
Niente panico.
Massimo, visto che del tempo gliene avanzava, ha messo in rete una rivista/libreria
con titoli di ieri e di oggi esclusivamente ispirati a quel tema. Il viaggio
per raggiungere gli scaffali online navigando sul web, ne vale la pena.
Il nome del sito è rigorosamente ljeskòviano: http://www.ilviaggiatoreincantato.sinp.net
- Benvenuto a bordo, Massimo
- Grazie, e bentrovati a te, al resto dell'equipaggio e agli ospiti della
vineria. Come funziona qui? Mi slaccio le cinture di sicurezza? Rispettate
i limiti di velocità? Parlate al conducente? Gettate oggetti dai finestrini?
Sai, sul pianeta Terra tutto è il contrario di tutto.
- Comportati come peggio credi. Adesso, voglio farti assaggiare questo Liburnio
'97 di Orlandi Cantucci Ponno…qua il bicchiere…ecco fatto. Ascoltami:
il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero
"è un bel manico", però noi nello spazio stiamo, schizziamo
"a manetta", prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra il tuo
ritratto…no, non quello fisico…quello interiore, và è
meglio…
- Mi etichetto come "idealista ottimista oscillante". Spiego. Per
poter essere idealisti ci vuole una bella spinta d'ottimismo. Serve per muoversi,
è un atto di volontà. Purtroppo, questa idealità tanto
cercata riceve spesso colpi in faccia e calci negli stinchi, quando va bene.
Ecco che allora l'idealista ottimista si trasforma e diventa il pessimista
della ragione e l'ottimista della volontà. E comincia l'oscillazione.
Per continuare ad illudermi, mi restringo in nicchia, costruisco i miei luoghi
del consumo intellettuale, morale, etico, solidale.
- Qual è il traguardo di comunicazione di Segnal'etica, birichino apostrofo
compreso?
- Sarei tentato di rispondere: non lo so. Provo a dirlo. Il traguardo ideale
sarebbe trasformare le parole in pietre (a volte lo sono) e poi, pietra su
pietra, costruirci case, ospedali, teatri, biblioteche, sale da ballo. Ma
con i giochi di parole - sebbene utili all'animo - non si va da nessuna parte.
Quando dico "costruire" intendo una idealità sociale, uno
stare bene gli uni con gli altri, uno scambiarsi le differenze. Il traguardo
reale, meno metaforico, Segnal'etica lo raggiunge ogni volta che qualcuno
sente la voglia di tornare una seconda volta. Non è poco. Sono azioni
normali. Tranquille. Forse Segnal'etica inciampa negli ossimori. Ad esempio:
un articolo sulla bruttezza (interiore e non) dei governanti è davvero
bello. Uhm, non è un ossimoro; è solo masochismo. Dovrò
riunire la redazione e discuterne meglio…
- A proposito, com'è strutturata Segnal'etica e come lavorate in redazione?
- Hai presente quei film con attore protagonista, soggetto, sceneggiatura,
regia, produzione e distribuzione tutto riassunto in un solo nome? Segnal'etica
è un po' così. Con Sandra (la parte cosciente di Segnal'etica)
che legge, rilegge, corregge e scrive, con l'aiuto di amici in carne ed ossa
e virtuali (scambi di articoli), di corrispondenze solidaristiche. Poiché
Segnal'etica ha una struttura molto tradizionale (rubriche fisse, più
interventi a caldo) è facile procedere. Cerchiamo argomenti che in
qualche modo mostrino coerenza con la linea di condotta: segnali più
etica! Roba pesante. Da trattare con disinvolta leggerezza. Vorrei scrivere
un articolo sulle nuvole, nella rubrica del design, e poi affrontare l'argomento
sull'aria fetida e sulle piogge acide. Se qualcuno ha voglia di scriverlo
al posto mio, lo scriva e ce lo mandi.
- Ritieni possibile in un prossimo futuro un interesse pubblicitario delle
imprese per i siti web di contenuto culturale? Hai consigli al proposito?
- Come ben sai, i gelati al polo nord non si vendono, ma solo perché
c'è poca clientela.
Le aziende investono ancora poco nei siti web cosiddetti culturali perché
aspettano i grandi numeri, migliaia di visite giornaliere. Non sono anticipatrici.
Non investono nel futuro, però vogliono assicurarsi un futuro di profitto.
E questo è un ragionamento strano. Le aziende investono in borsa, e
quindi sanno di rischiare, ma non investono nel rischio della cultura. Si
parla tanto di clienti/nicchia, ma si preferisce l'affollamento del centro
commerciale… Un consiglio da dare? Signore aziende della cultura, investite
nella cultura dei piccoli numeri; in alcuni casi sarà come aver comprato
un Monet (che vale miliardi) al tempo giusto e non alle aste miliardarie.
- A tuo avviso, qual è, o quale dovrebbe essere, la differenza tra
l'informazione offerta da una rivista web rispetto a quella pensosa degli
inserti culturali dei quotidiani o di quella trafelata della Tv?
- Dici pensosa e trafelata. Vedo in questa tua espressione una forte critica
ai mezzi più tradizionali (stampa e tv) e l'idea che il web possa essere
brillante e col fiato giusto. Potenzialmente il web può essere così,
anche per come è fatto "fisicamente", modificabile in ogni
momento, non legato a formati standard. Agli inizi del web, ci siamo illusi
di poter fare chissà che cosa con un computer, un modem e un provider.
Se hai dei contenuti vai avanti. Con questo, voglio dire che le differenze
tra i mezzi espressivi sono da considerare, ma contano i soliti vecchi contenuti.
Un inserto culturale di carta - se ha buoni contenuti conditi con grafica
accattivante - è fruibile come una bella pagina web, e viceversa. Tant'è
che l'influenza è reciproca, quando c'è intelligenza e curiosità.
- Il web sta trasformando la lingua?
- Direi di no. All'inizio si era tentata una specie di grammatica del corto,
parole abbreviate, ma poi è tornata - e meno male - la scrittura completa.
Il web è uno strumento di comunicazione come un altro; certo, la lettura
dallo schermo impone qualche regola di comportamento, che si risolve in una
equilibrata scansione dei paragrafi, e non nell'uso di un linguaggio settoriale.
Anche le e-mail, ho notato, sono tornate più "postali", più
scritte. Si scrive a volte di fretta, con errori di battitura e anche con
strafalcioni, ma qui non sto osservando un linguaggio web. Quando è
comparso "Flash", per animare i siti, a molti è sembrata
una svolta. Non mi pare sia stato così. Le connessioni sono lente,
il mio computer non è la televisione, e certi effetti speciali annoiano.
Sobrietà…anche se parliamo da una vineria
- Nel novembre 2002 hai dato vita a Calibro Zeroquindici, www.calibrozeroquindici.sinp.net, una casa editrice web che presenta testi
con tanto di copertina e retrocopertina. Qual è il significato del
nome dell'editrice e quali i suoi traguardi espressivi?"
- Il nome dato alle cose è più significativo del nome di persona,
che non possiamo sceglierci e che in genere è il nome di un altro,
santo o parente che sia. Calibro contiene la parola libro, e questa è
già una traccia d'identità. Calibro come valore, dote, qualità,
non certo come proiettile. Calibro Zeroquindici è pacifico e pacifista.
Zeroquindici dovrebbe indicare l'età dei lettori/ascoltatori (a parte
lo zero, gli anni vanno da 5 a 15). Definirsi casa editrice è impegnativo,
e anche surreale, ma il web rende possibile ciò che, con carta e inchiostri,
sarebbe un'impresa pazzesca, in tutti i sensi. In Calibro Zeroquindici ci
sono mini saggi, micro storie, brevissimi racconti. Tutto in pdf, vedibile
con Acrobat Reader. Calibro Zeroquindici è indirizzato a genitori e
insegnanti. Chi vuole, scarica e stampa. Non essendoci vincoli di formati
tipografici, Calibro Zeroquindici trasforma in libro anche una sola pagina
scritta, con copertina e il resto. Al di là della confezione, libro
vero o libro-non libro, resta la possibillità di una comunicazione,
con storie e pensieri da raccontare.
- Circa il web, ha detto Derrick de Kerckhove che la connettività è
una delle grandi scoperte del mondo moderno, aggiungendo che essa però
è sempre esistita tra gli uomini, ma prima non si era capaci di servirsene.
Oltre alla connettività, quali valori attribuisci al web?
- Il web ha valore soprattutto nello scambio di informazioni che producono
contenuti.
E' ovvio, però non sempre è così. Siamo informati su
quanto accade, ma nella sintesi di un titolo del telegiornale o di un giornale
sfogliato via. Manca la "contemplazione" di ciò che accade
nel mondo (da sotto casa alla Nuova Zelandia), la sua "analisi",
la sua "verifica", la sua "connessione" con altri fatti.
Non è neanche cronaca, che comunque ha bisogno di narrazione. Sappiamo
ma non conosciamo. Sono come le risposte dei quiz. Mancano i perché.
Con il web si corre il rischio della superficialità (per molti motivi,
e non escludo il costo del telefono), perché la pratica dello zapping,
nel web, è davvero alta. Connettersi non basta se non si avvia una
comunicazione, durevole e reciproca.
- L'arte elettronica, la vedi come una smaterializzazione del corpo fisico
delle arti così come le conoscevamo? Oppure una mutazione genetica?
- L'arte elettronica deve essere arte applicata. In questo, deve accostarsi
alla "messa in mostra" dell'arte che utilizza tele, colori, marmo,
bronzo e pellicola. Per arte applicata intendo quindi la possibilità
di guardare (usufruire e fruire) un'opera al cinema, in una mostra, davanti
ad un video. Permettimi una sintesi non troppo nobile: l'arte è concetto,
tutto il resto è strumento che serve per mostrarlo questo concetto.
I primi fotografi si posero quesiti non diversi - credo - da chi oggi si esprime
con il computer, perché facevano riferimento alla pittura. L'elettronica
è una tecnica, al pari della tempera.
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, infliggo
una riflessione su Star Trek… che cosa rappresenta quel videomito nel
nostro immaginario?
- Mi trovi impreparato. Vedi, io sono stato (e sono) un passeggero virtuale
di quella celebre astronave guidata dal computer Hal 9000, in viaggio verso
Giove. Già, "2001: Odisea nello spazio".
In ogni caso, sia Star Trek sia 2001 sono letteratura in forma di cinema.
Penso che "il viaggio" nell'universo, o anche on the road,
sia qualcosa in più di una metafora, dal momento che non solo appartiene
ad un bisogno concettuale della vita, ma condiziona "materialmente"
la vita stessa.
Sarà la pressurizzazione che mi fa sragionare così?
- Siamo quasi arrivati a Denàrdya, pianeta web abitato da alieni voraci
che si cibano di frames e perfino di segnali etici…se devi scendere,
ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche perché
è finita la bottiglia di Liburnio '97 di Orlandi Cantucci Ponno….Però
torna a trovarmi, io qua sto…intesi eh?
- Dire che è stato un piacere, sarebbe come darsi del lei: troppo formale.
Prometto, verrò a trovarti. Tu promettimi che una volta scenderai su
Denàrdya; visto mai che insieme non si riesca ad illuminare "la
zona buia" di questo pianeta web, in parte inesplorato. A presto.
E grazie del passaggio.
- Vabbè, ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga
vita e prosperità!
È possibile l'utilizzazione
di queste conversazioni citando
il sito dal quale sono tratte e menzionando il nome dell'intervenuto.
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