L’ospite accanto a me è Giuseppe Granieri. E’ uno dei maggiori esperti italiani di comunicazione e culture digitali. Scrive di tecnologia e società da molti anni. Attualmente collabora con diverse testate, tra cui “L’espresso”. È docente di Laboratorio Web 2.0 all’Università di Urbino “Carlo Bo”. Ha curato, tra l’altro, il manuale di scrittura “Istruzioni per un racconto”(Potenza 2000) e la raccolta di narrazioni brevi “Racconti rubati”(Potenza 2001).
L’occasione di quest’incontro che si svolge in quello che il calendario degli umani chiama giugno 2009, è data dalla sua più recente, pubblicazione: “Umanità accresciuta. Come la tecnologia ci sta cambiando”, editore Laterza, 166 pagine, 12:00 euro.
Per la stessa casa ha pubblicato La società digitale nel 2006 e Blog generation nel 2007.
“Umanità accresciuta”, ricchissimo di temi sui percorsi e i destini che le nuove tecnologie ci prospettano, ha il non piccolo merito di esprimersi in modo scorrevole, la scrittura, infatti, non si trincera dietro espressioni criptiche destinate solo agli addetti ai lavori ma è adatta anche a chi, se possiede curiosità intellettuale, vuole avvicinarsi al mondo delle Reti.
Granieri conduce in Rete Bookcafè.
Il suo avatar su Second Life è un cyborg che si chiama Junikiro Jun.
- Benvenuto a bordo, Giuseppe…
- Eccomi, cerco il mio posto…
- Nicola Batavia, chef e patron del ristorante 'L Birichin di Torino mi ha consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo Brachetto secco "Rosefiur" doc 2006 prodotto da Ermanno Costa… qua il bicchiere.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore…insomma, chi è Giuseppe secondo Giuseppe…
- Ho compiuto 40 anni a novembre, ma continuo a pensarmi come un ragazzino alla scoperta delle cose. Se non altro l’età anagrafica serve a essere in regola quando guido la moto
- Umanità accresciuta. Immagino che, vista la grande quantità di temi che possiede, siano state parecchie le motivazioni per scrivere quel volume.
Qui ti chiedo qual è stata la principale.
- E’ una spinta semplice, ed è in genere la stessa che mi fa tenere un blog o che mi ha portato agli altri libri. Per lavoro mi occupo di innovazione e sono sempre costretto a confrontarmi con chi il digitale non lo frequenta o lo fraintende. Da un lato mi affascina la sfida della divulgazione, dall’altro la scommessa di costruire un discorso organico sul cambiamento, che serva poi ad aprire discussioni e ad essere emendato e migliorato dai lettori.
- Voglio porti due domande che riguardano una scelta di dizione da te praticata nel libro perché mi pare che vadano oltre un’opzione lessicale e possano perciò bene illuminare sul tuo pensiero.
La prima: affermi – come già il titolo chiarisce – che preferisci l’espressione ‘umanità accresciuta’ a quella più diffusa di post-umano o trans-umano. Perché?
- Perché, alla fine, abbiamo aggiunto possibilità e non praticato una rottura netta col passato. Io, l’«umanità accresciuta» la intendo in un senso semplice: aumenta lo spazio sociale e culturale in cui possiamo agire, essere, emozionarci e vivere anche senza corpo. Ma questi spazi immateriali non diminuiscono quelli tradizionali, né li mortificano. Semplicemente si aggiungono.
- La seconda scelta in quanto a denominazioni.
Per il metaverso scrivi che preferisci l’aggettivo ‘metaforico’ a quello più usato di ‘virtuale’.
Qual è la ragione di questa definizione da te praticata?
- «Virtuale» è un autogol della divulgazione. Se diciamo che un mondo è virtuale (quindi lo dotiamo di un tipo di realtà «inferiore» nel senso comune) abbiamo una serie di effetti a cascata. Pensiamo alla responsabilità: se mi comporto male in un mondo che definiamo virtuale, potrei pensare che non è importante. Invece il concetto di «metaforico» spiega bene (e in modo intuitivo) che se costruisco un contesto in un ambiente immateriale, quel contesto determina i riferimenti e le azioni che vi si possono svolgere. unAcademy, in Second Life, non è un’università ma vi si tengono lezioni e conferenze. La metafora dell’università che unAcadmy utilizza consente a chi partecipa di far riferimento ad un tipo di contesto conosciuto e – quindi – di sapere come comportarsi.
Tuttavia, lo preciso sempre, il concetto di «mondo metaforico» funziona bene per ambienti come Second Life (o gli altri mille mondi simili) ma non si adatta ugualmente bene per la bidimensinalità del web. Abbiamo, in generale, un grande problema di lessico condiviso per raccontare i termini del cambiamento. Ma forse è ancora troppo presto.
- Quale la principale modificazione percettiva che presenta il nostro corpo oggi nel flusso delle comunicazioni tecnologiche?
- Il corpo, al momento, resta lontano da modifiche. In futuro, grazie alle spinte che arrivano da più ambiti scientifici, probabilmente sarà «rivisto» e migliorato (probabilmente nel nome della medicina e delle terapie). Oggi ha degli accessori importanti, i devices elettronici, che gli consentono di «entrare» in ambiti culturali e di frequentare spazi sociali cui altrimenti non potrebbe accedere. In quegli «ambiti» sempre più persone creano valore, capitale sociale, sistemi relazionali. L’accesso ad essi, quindi, diventa una parte importante della nostra vita. Così come l’elaborazione di quelli che io chiamo «modelli di orientamento» per imparare a comportarci in universi sensoriali mediati dalla tecnologia, ma non per questo meno reali.
- A quale nuovo profilo va incontro la nostra identità?
- Io credo che ciò che per noi oggi è scoperta, per gli adulti di domani sarà normalità. Ci consideriamo umani oggi, sebbene l’idea di uomo – culturalmente – anche solo negli anni cinquanta era diversa. All’epoca non eravamo capaci di pensarci in termini di diritti umani e di parità tra i sessi. Agli uomini del futuro sembreranno assai futili le nostre riflessioni su cui stiamo cambiando. E faticheranno a capirle.
- Il nuovo impulso dato dalle tecnologie ha prodotto un’evoluzione, non solo stilistica, nelle arti visive, nella musica, nel cinema, nel fumetto, nel teatro, nel video. Soltanto la letteratura mi appare in ritardo, e la stessa scrittura collettiva in Rete ripercorre modelli già sperimentati su pagina stampata… insomma perché non è ancora nata una vera ‘scrittura mutante’ (o n’esistono rari esemplari) anche se qualcuno, un po’ impropriamente, così definisce operazioni web che però possono essere condotte anche tipograficamente?
- Non so quanto sia vero. Oggi per me scrivere un libro e non poter mettere dei link implica in maniera forte l’idea di lavorare su un medium diverso. Probabilmente l’innovazione nella scrittura (e nel modo in cui pensiamo il testo) è solo più difficile da descrivere.
- “Molte persone sono sgomente di fronte al nuovo, a me sgomenta il vecchio”. Così John Cage.
Da dove nasce la tecnofobia?
- L’innovazione porta sempre con sé la sua nemesi, che è la «resistenza all’innovazione». Spesso si parte da valori, che magari non siamo pronti a modificare o ad aggiornare. Molti studi hanno tracciato un profilo delle persone più propense ad accettare il cambiamento, e sono quelle meno etnocentriche, più colte, più aperte nei confronti della scoperta. Ma quando il cambiamento tocca qualcosa che per noi è vitale siamo sempre resistenti.
- Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
- Potrà sembrare un paradosso ma, per me, più che Star Trek ha potuto Borges. A me più che la tecnologia affascina la possibilità di pensare il mondo in modo diverso.
- Accelerando accelerando siamo quasi arrivati a Granieri-G, pianeta abitato da alieni accresciuti… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Brachetto secco "Rosefiur” consigliata da Nicola Batavia patron e chef del ristorante ‘L Birichin di Torino… Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
- Prosit
- Vabbè, ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!
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