L'ospite accanto a me è Sandro Ossola.
Scrittore e traduttore.
Nato a Milano nei primi anni '50, lì lavora e perciò là
gli ho spedito l'invito a salire quassù.
Ha pubblicato i romanzi: Più bianco del bianco (Mondadori,
1989), Niente da festeggiare (Il Minotauro, 1998), Senso di
Giustizia (Edizioni EL, 1999), il romanzo breve Per esempio (G
La rivista del giallo, aprile-giugno 1998 ed i racconti Ricambi
(in "Crimine - Milano giallo nera", Stampa Alternativa, 1995),
Eldorado (in "Luoghi non comuni", Comedit 2000, 1998),
Tornando a casa (in "Città violenta", Addictions
Edizioni, Milano) e Las Caleñas son como las flores nell'antologia
"L'uomo nel cerchio", uscita nel dicembre 2000 su "M
- Rivista del Mistero", trimestrale pubblicato da Addictions cui
collabora con una rubrica su cibo, sesso e viaggi, rubrica che francamente
gli invidio e cercherò di portargli via.
Alterna l'attività di scrittore con quella di traduttore:
Gli uccelli di Bangkok di Manuel Vázquez Montalbán
(Feltrinelli), Il conservatore di Nadine Gordimer (La Tartaruga),
Rabbia a Harlem, Ladri bianchi e soldi neri e Cieco
con la pistola di Chester Himes, da lui stesso proposti all'editore
Marcos y Marcos, casa editrice valorosa, ma bisognevole di soccorsi.
Nel 1998 due sue traduzioni, L'occhio di Cibele di Daniel Chavarría
e Senza perdere la tenerezza di Paco Ignacio Taibo II, hanno
vinto rispettivamente il Premio Flaiano e il Premio Bancarella.
Siete sazi? Può bastare?...No eh? Lo so. Vi ho abituati male.
Vabbè, ecco alcuni fra i siti web nei quali è ricordata
la figura e l'opera del Nostro:
http://www.geocities.com/Paris/Musee/8187/ossola.htm
dove troverete foto delle copertine di alcuni suoi libri e anche
dell'Autore (ma se preferirete cliccare sul sito di Sabrina Ferilli,
il primo a non offendersi è Sandro perché vi capirà:
è uomo di mondo) e ancora: http://www.fabula.it/01/cv/autori.html.
- Benvenuto a bordo, Sandro ...
- Ciao Armando. E' bello sapere che la cultura del bere bene viaggia
anche nello spazio. Spero solo che il vino non risenta troppo del trasporto.
- Non temere, qui in teletrasporto sono specialisti. Voglio farti assaggiare
questo Rosso di Franciacorta "Frati Priori" di Uberti
qua
il bicchiere
ecco fatto! Adesso ascoltami: il Capitano Picard è
bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero "è un
bel manico", però noi nello spazio stiamo, schizziamo "a
manetta", prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra il tuo ritratto
- Per un ritratto fisico rimando all'indirizzo web che hai segnalato
prima. Per il resto non è facile riassumermi. So di scrittori
che non hanno avuto altro obiettivo fin dalla più tenera età.
Io invece sono arrivato alla scrittura dopo i trent'anni e dopo aver
tentato molti altri mestieri. Del resto la maturità classica
non dà alcun know how, specifico: anche se io continuo a consigliare
il liceo classico - compatibilmente con le possibilità economiche
di una famiglia. Non credo che potrei tradurre da tre lingue se non
avessi avuto un buon insegnante di latino e greco. Dal punto di vista
personale posso dire che sono un single (temo impenitente, ormai) ma
ho una figlia di quindici anni con cui credo di avere un buon rapporto.
Credo, perché con i figli non si sa mai.
E poi sono un cinefilo (adoro i noir degli anni 40 e 50, americani ma
anche francesi), sono piuttosto bravo a cucinare e non credo che potrei
vivere senza musica.
- Del tuo primo libro, Più bianco del bianco, che cosa
mi dici
oggi è introvabile, e se ne parla ancora
- Mah, in realtà è ormai introvabile (io stesso ne possiedo
solo due copie) perché la Mondadori dopo tre anni dall'uscita
ha mandato al macero tutte le rese. Cosa normale: con tutti i libri
che pubblica il magazzino delle copie invendute ormai sarebbe immenso,
tipo quello in cui finisce l'Arca Perduta nel primo Indiana Jones.
Se ne parla ancora, tra gli addetti ai lavori, perché è
uscito nel 1989, e molti lo considerano l'apripista della "nouvelle
vague" (si parva licet) del giallo italiano. Le vendite non sono
state esaltanti (circa 3000 copie) dato che la Mondadori non ha fatto
il minimo sforzo per promuoverlo. In compenso è stato opzionato
per il cinema ben quattro volte. Poi non se n'è fatto nulla,
come avviene nel 98% dei casi. Per fortuna: lessi la sceneggiatura che
aveva commissionato Cristaldi ed era demenziale. Se fosse uscito un
film con lo stesso titolo avrei passato il resto della vita a prenderne
le distanze...
- Che cos'è secondo te che distingue il traguardo espressivo
della letteratura dalle altre forme di comunicazione artistica, oggi?
- Sempre meno, temo. Non in termini di estetica, ovviamente, ma rispondere
sul piano filosofico sarebbe molto lungo, e forse anche noioso per i
più. Però in termini di industria culturale devo rilevare
che l'editoria - quella delle major, ma non solo - tende a riprodurre
meccanismi già presenti da tempo nelle case discografiche. Meccanismi
che conosco bene e che vent'anni fa speravo di veder migliorare. Ma
tant'è : "il morto afferra il vivo". Di qui una caduta
verticale della qualità, una dittatura del "vendibile"
che, per di più, non poggia neppure su una reale conoscenza del
mercato. Gli italiani leggono poco ? Allora bisogna fare dei libri più
brevi, correre dietro alle mode, ai modelli statunitensi, al caso letterario
del momento. Si gioca solo sul sicuro, anche se poi si rivela perdente.
Nessuno rischia su autori nuovi, forse perché i vecchi editor
disposti a rischiare, magari a sbagliare, ma "credendoci",
sono stati soppiantati da giovani squaletti che sostengono di sapere
tutto di marketing ma non distinguono Proust da Liala. La ragione mi
dice di essere pessimista. Personalmente sono troppo vecchio per coltivare
ambizioni di notorietà : tiro avanti per la mia strada e vedremo...
- Qual è secondo te la funzione della critica letteraria oggi?
- In Italia, dopo De Sanctis, Croce e Gramsci, non c'è più
stata una critica letteraria che andasse al di là delle sponsorizzatissime
recensioni (con lodevoli eccezioni, che però non fanno "scuola").
Il fatto è che non ha uno spazio per manifestarsi : chi la pubblicherebbe,
al di fuori dell'editoria universitaria ? Eppure ce ne sarebbe bisogno
: è stato detto anche in un convegno sul giallo italiano che
si è tenuto a Lione ai primi di marzo. Non è veritiero
lo stilema dello scrittore che odia/teme il critico: semmai il recensore,
ignorante e asservito alle lobby accademiche. I critici ci servono,
se non altro per spiegarci perché abbiamo scritto quello che
abbiamo scritto...
- Scuole di scrittura creativa. Impegnativa dizione. Tu che ne pensi?
- Oi, oi, oi... Qui mi faccio dei nemici. Però non detengo la
Verità Assoluta, quindi mi sento libero di esporre il mio parere.
Sono convinto che tutte le nozioni tecniche per poter scrivere si acquisiscono
frequentando la scuola media e media-superiore. Il resto è "cultura",
cioè bagaglio di letture. E naturalmente talento. O ce l'hai
o non ce l'hai. Puoi averne un po', tanto da scrivere romanzi senza
vergognarti, o un po' di più. Oppure puoi essere un genio. Ma
se uno proprio non ce l'ha, non capisco che cosa gli si possa insegnare.
Magari scrivere non è il suo mestiere. Non c'è niente
di male. In fondo questo paese ha più bisogno di buoni lettori
che di mediocri scrittori. Per la traduzione il discorso è diverso.
Fermo restando che il buon traduttore è prima di tutto uno che
sa scrivere in italiano, il lavoro di traduzione implica qualche nozione
tecnica in più, principalmente sul piano concettuale. Per esempio
si deve sfatare i mito secondo cui il traduttore perfetto sarebbe un
perfetto bilingue. Di solito i bilingui sono degli éracinés:
non padroneggiano nessuno dei due idiomi, fanno confusione e producono
traduzioni magari "corrette" ma illeggibili
-
già, qual è il segreto di una buona traduzione...?
- L'esperienza - anche quella di lettore - mi ha insegnato che la traduzione
richiede senz'altro la conoscenza di uno specifico tecnico. Ma una buona
traduzione richiede soprattutto sensibilità, capacità
di lettura dei dizionari (!), capacità di comprendere la "logica
intrinseca" della lingua di partenza - più che la sua conoscenza
teorico/grammaticale - e di trasferirla nella lingua di arrivo, rispettando
l'intenzione dell'autore e la ritmica del suo fraseggio. Non so se questa
sia "arte" : so che il lavoro del traduttore è bellissimo
e creativo. Peccato che sia malpagato - quando è pagato - e clamorosamente
misconosciuto. Per di più recentemente tutte le traduzioni devono
essere consegnate "prima di subito" : malpagato, misconosciuto
e stressante...
- Il giallo, il noir: quali differenze si celano dietro quelle segnalazioni
cromatiche?
- Sorpresa! Nessuna. In Italia si chiamano "gialli" romanzi
che nel mondo anglosassone vengono categorizzati in vari modi : mystery,
thriller, police story, detective story, legal thriller, medical thriller...
Il nome origina banalmente dal colore giallo della copertina che ha
caratterizzato il Giallo Mondadori fin dalle origini, alla fine degli
anni Venti. Anche il termine noir ha un'origine editoriale : la mitica
Série Noire dell'editore francese Gallimard. Attualmente - se
proprio vogliamo sottilizzare - c'è chi definisce "giallo"
un romanzo d'indagine, la cui trama si basa sulla ricerca del colpevole
di un fatto delittuoso. Mentre si dice "noir" un romanzo che
narra di fatti delittuosi, anche in assenza di una indagine, con una
trama che non si basa necessariamente sulla ricerca del colpevole. Secondo
me sono questioni di lana caprina. Uno scrittore vuole raccontare delle
storie, cose che capitano agli esseri umani. E gli esseri umani muoiono
sempre, prima o poi. Se muoiono perché qualcuno li ammazza, forse
avevano qualcosa da nascondere, e la storia si fa più interessante.
Tutto qui. Potrei dire molto di più, ma... guardo l'orologio
-
so del tuo appuntamento nello Spazio, ma aspetta e dimmi: perché
da noi non c'è una letteratura di fantascienza? Il mercato editoriale
del settore, infatti, è florido ma si dice costretto a usare
traduzioni per mancanza di testi italiani decenti...per favore, niente
risposte patriottiche!...
- Risposte patriottiche? Cito sempre un francese insospettabile, Clemenceau:
il patriottismo è l'ultimo paravento dei mascalzoni
Non saprei dire perché la fantascienza italiana è asfittica.
Ma lo è? Qualche anno fa si diceva lo stesso del "giallo",
semplicemente perché nessuno voleva pubblicare i gialli italiani,
nonostante Scerbanenco. Certo, è più facile che germoglino
storie di SF negli Stati Uniti, che per anni hanno detenuto - e detengono
- la tecnologia che consente di viaggiare nello spazio, di arrivare
alla Luna, di cancellare una civiltà o di filmarti mentre sei
nel cesso di casa tua...E infatti nemmeno negli altri paesi europei
la SF prospera. Però recentemente qualcosa si muove: potrei citare
Carlo Formenti, Stefano Massaron, Alessandra C., Franco Ricciardiello
e altri. Giusto in questi giorni ho avuto per le mani il romanzo di
una giovane milanese che si potrebbe inserire nel filone cyber... Il
problema è sempre lo stesso: le major stanno ancora digerendo
con fatica il noir italiano: la SF è troppo...
- Come ho ricordato in apertura, su "M - Rivista del Mistero",
collabori con una rubrica fissa su cibo, sesso e viaggi. Ti so esperto
gourmet, sei il tipo giusto per una domanda che mi sta a cuore: la ristorazione
italiana. Dimmene il suo maggiore pregio ed il suo peggiore difetto...
- Non credo che si possa parlare di "ristorazione italiana"
: semmai di singoli ristoratori. I quali - presi collettivamente - negli
ultimi vent'anni sono stati capaci di un bel salto in avanti. La qualità
media è certamente salita (con l'eccezione delle località
turistiche che "fanno il pieno" a prescindere), con un positivo
effetto di emulazione, filiazione ed educazione del pubblico. Certo,
mangiare bene in Italia (ma soprattutto nelle grandi aree metropolitane)
costa più che in Francia o in Spagna, ma non credo che la colpa
sia da attribuire all'avidità dei ristoratori... Cucino piuttosto
bene e varie volte mi hanno chiesto perché non aprivo un ristorante.
Ci ho pensato seriamente, ho fatto due conti e mi sono spaventato...
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci,
chiedo una riflessione su Star Trek...che cosa rappresenta quel videomito
nel nostro immaginario?
- Devo confessare di non essere un fan di Star Trek. Certo, il capitano
Kirk, il Dr. McCoy, il Dr. Spock e Scotty
beam me up
sono
entrati nel mio immaginario, con i loro pigiamini sintetici e gli effetti
speciali da oratorio. E anche la Nuova Generazione, se non altro per
la figura carismatica del Cap. Picard (grande e sottovalutato Patrick
Stuart), ha un fascino che spesso mi ha fatto andare a letto troppo
tardi... Ma il mio serial di formazione è Hill Street Blues:
autentica rivoluzione nell'estetica del telefilm. E la mia cinefilia
non può restare insensibile alle tecniche di ripresa (e alla
dura critica del sistema sanitario statunitense, presto anche italiano)
di ER. Ecco, parlando di fiction televisiva, il mio immaginario fantascientifico
è più vicino a X-Files che a Star Trek. E' terribile,
lo so, pero es la puta verdad...
- Siamo quasi arrivati a Ossolya, pianeta di un bianco abbacinante
abitato da alieni illuminati da un grande senso di giustizia tanto da
giustiziare tutti i giorni parecchi loro simili
se devi scendere,
ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche
perché è finita la bottiglia di Rosso di Franciacorta
"Frati Priori" di Uberti
Però torna a trovarmi,
io qua sto
intesi eh?
- Contaci. Se riesco a farla passare alla dogana, ti porto una bottiglia
di un cabernet sauvignon da schiodare che fa un mio amico piemontese
sul terzo pianeta di Altair VI. Buona permanenza.
- Grazie, ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga
vita e prosperità!
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