L’ospite accanto a me è Franco Iseppi. Presidente del Touring Club Italiano.
Lo è dal luglio 2010. Entrato a far parte del Consiglio Direttivo del TCI nel 2007, dal 2008 ha ricoperto la carica di Vice Presidente. Dal 2000 è, inoltre, Socio Fondatore e Coordinatore Scientifico della Fondazione Italiana del Buon Ricordo, emanazione del TCI.
Iseppi è nato a Milano, risiede a Roma e insegna Teorie e Tecniche di comunicazione dei media nella Facoltà di Ingegneria del Cinema e dei Media del Politecnico di Torino. Dei suoi 70 anni, 30 li ha passati viaggiando, prevalentemente per motivi di lavoro.
E’ stato, infatti, produttore, curatore e ideatore di numerosi programmi televisivi, alla Rai ha ricoperto incarichi dirigenziali di vertice: responsabile dei programmi prodotti a Milano dal 1978 al 1993, Direttore dei Palinsesti TV dal 1993 al 1996, Direttore Generale dal 1996 al 1998.
Dal 1998 al 2003 lo troviamo Presidente della Sipra.
E’ consulente e dirigente di Associazioni, Istituzioni e società operanti nel campo della convergenza tra televisione, telecomunicazioni e internet.
Osservatore ed esperto di apparati di comunicazioni di massa, ha scritto e collabora a riviste specializzate nazionali e internazionali; ha pubblicato saggi e ricerche sul sistema televisivo e dei media italiani e sui consumi culturali.
Nel concludere questa scheda di presentazione, mi va di ricordare che, finora, in tutta la storia dell’azienda pubblica radiotelevisiva (dall’Uri - Unione Radiofonica Italiana del 1924 – all’Eiar del 1928 alla Rai del 1944), fino ad oggi (per i terrestri è l’ottobre 2010), è stato il solo Direttore Generale proveniente dall’area della produzione programmi: dagli sceneggiati fino ai programmi giornalistici; ad esempio, ricordo ai più distratti la sua lunga collaborazione con Enzo Biagi durata fino al losco editto bulgaro che estromise Biagi dal palinsesto.
- Benvenuto a bordo, Franco…
- Bentrovato Armando
- Il giovane e valoroso chef Gabriele Muro del ristorante Giuliana 59, mi ha consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo Barolo “Bricco S. Ambrogio” prodotto dagli Eredi Lodali… cin cin!
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Franco… secondo Franco…
- Sono un Gemello. Non so se questo conta nella vita, ma forse un po’ conta. Per dirti… il mio numero più forte non è l’1 o il 3, ma il 2. Nella vita professionale, spesso, ho preferito collaboratori che avessero due lavori pensando che se ne avevano due era possibile che li facessero bene entrambi. Naturalmente, non pretendo né ritengo che questo sia l’unico criterio di scelta, ma intendo dire che non riesco a vedere la realtà con una faccia sola; equiparo, ad esempio, i beni materiali a quelli immateriali. L’ambivalenza, insomma, è sempre stata una componente della mia vita tenendo a bada l’ambiguità dalla quale, spero, d’essere stato lontano.
- Una volta Presidente del Touring Club, qual è la prima cosa che hai deciso era da farsi?
- Ho avuto la fortuna d’essere stato designato sulla base di un progetto. Perciò devo realizzare un lavoro che è stato istruito, elaborato, deciso, in modo molto condiviso da tutto il Consiglio del Touring. Mi trovo, quindi, a tradurre in pratica una progettualità alla quale io stesso ho partecipato a ideare, in altra veste, precedentemente al mio attuale incarico. Ricordando che il Touring dovrà essere sempre cosciente delle sue origini (ha 116 anni di storia) che risiedono nel liberalismo sociale della borghesia illuminata dell’inizio del secolo scorso la cui principale opzione politica era l’unità del Paese. Tutto questo premesso, mi adopererò affinché il Touring sia un’associazione di viaggiatori (soci o non che siano del Touring) perché il viaggio oggi non si fa per i monumenti o per l’enogastronomia o per il made in Italy, ma lo si fa attraversando tutto questo insieme, e noi vogliamo porre i nostri servizi a disposizione di questa comunità che fa del viaggio stesso il suo modo di porsi di fronte agli altri. Abbiamo poi l’ambizione di creare un nuovo rapporto col territorio, quindi, di rompere una “Milanocentricità” per trovare nelle differenziazioni territoriali una ragione complessiva delle nostre microaggregazioni, in modo che il Touring venga legittimato dalla identità comunitaria e non dall’Associazione.
Ultima cosa, ma non per importanza, rilevando che il marchio Touring sul piano internazionale ha una credibilità, un’affidabilità elevatissima, vorremmo che diventasse un’autorità morale del turismo: non vogliamo, insomma, essere dei certificatori del turismo. In altre parole, il criterio con il quale valuteremo le offerte e i servizi avranno riferimenti non ispirati solo a standard quantitativi, ma alla qualità dell’ospitalità, ai modelli delle relazioni, all’accettazione dei diversi, al rispetto della pluralità delle culture.
- Perché viaggiare è il modo più importante per conoscere?
- Il viaggio è lo strumento più completo (permette all’uomo di usare contemporaneamente i cinque sensi di cui è dotato) per accostarsi al paesaggio.
I territori sono una specie di palinsesto, come quelle antiche pergamene che venivano raschiate per sovrapporvi nuovi testi. Se lo osserviamo attentamente, il paesaggio italiano ci rivela, come testo più recente, le tracce delle scritture che lo hanno preceduto. Si tratta di tracce sociali, culturali, economiche, infrastrutturali che permettono immediatamente di conoscere la storia, i problemi, le tensioni, le evoluzioni, le utopie proposte e le promesse non mantenute degli uomini.
- Non è un mistero che la situazione italiana non aiuta la ricettività turistica.
Quale ritieni sia il suo peggiore difetto?
- Il peggiore difetto italiano è che noi non abbiamo un concetto di accoglienza. L’accoglienza è diversa dall’ospitalità. L’ospitalità, ad esempio, in alcune zone del nostro paese è espresso in modo talmente elevato e sublime che ha pochi paragoni nel mondo.
Ma tutto questo con l’accoglienza nulla c’entra. Perché l’accoglienza è quell’insieme di servizi, di strutture, d’interventi, che mette il visitatore a proprio agio e gli permette di partecipare al territorio in modo sociale, culturale, perfino politico. Soltanto da questi confronti può nascere una migliore conoscenza da parte del viaggiatore del territorio visitato e nascere anche una positiva contaminazione con ciò che ha visto, da qui si può ottenere una benefica crescita della comprensione delle differenze e della tolleranza.
Al turismo italiano, per concludere, trovo che manchi una politica del ricevere. E questa carenza mi pare che accomuni quasi tutto lo Stivale.
- Con l’irrompere dei nuovi media sulla scena della comunicazione, che cosa è principalmente cambiato nell’idea del viaggiare?
- Il concetto di viaggio mi pare cambiato dalle nuove tecnologie, e dalle loro convergenze, perché, lo sappiamo, hanno inciso sul concetto di spazio e di tempo. Ma questo ha permesso di costruire anche viaggi immaginari superiori a quelli reali…
- sarà così il viaggiatore del futuro?
- … il turista del futuro è anche uno che se ne sta a casa sua. Intendiamoci questo è avvenuto anche in passato, ma in modo sociologicamente diverso, era un fatto elitario, riservato a pochi… si pensi ad alcuni scrittori… oggi, e più ancora domani, sarà, invece, un fatto acquisito. Ma aldilà del viaggio intorno alla propria stanza, superando qualche estremizzazione, possiamo immaginare una sempre più marcata diversità fra il turista e il viaggiatore. Il primo con caratteristiche sempre più targhettizzate, massificate, e il secondo sempre più selezionatore dei propri itinerari.
Le tecnologie agiranno in modo diverse sui due gruppi. Nel primo caso a usarle saranno,
più di oggi Agenzie, Centri, eccetera. Nel secondo, il singolo tecnologicamente attrezzato avrà maggiori possibilità di ideazioni e scelte autonome e personalizzate.
- Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… con te che presiedi il Touring mi pare ben acconcia una domanda su quel viaggio che, terrestre non è, ma del viaggio fa la sua essenza proiettandosi nel cosmo… come sai, Roddenberry ideò il suo progetto avvalendosi non solo di scienziati ma anche di scrittori, e non soltanto di fantascienza, tanto che ST risulta ricca di rimandi letterari sotterranei, e talvolta non troppo sotterranei… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
- La forza principale di Star Trek sta nell’avere cambiato radicalmente le categorie di riferimento, oltre che di relazione, fra Spazio e Tempo rispetto a come tradizionalmente vengono vissute da noi bipedi umani. Cioè come indicatori comportamentali ai quali sono legati storia, tradizioni, e anche singole identità.
Di tutti questi elementi la frontiera, più frontiera delle frontiere, mi pare non sia quella dello Spazio ma quella del Tempo. Perché è quella che permette di mettere meglio in moto un processo di metabolizzazione permanente. Permette che l’individuale sia anche universale, che il privato sia anche pubblico, che il singolo sia anche collettivo. Tutto questo è molto più facile, più possibile, se intendiamo il Tempo come una filiera infinita nella quale gli estremi operano questo tipo di autometabolizzazione.
- Siamo quasi arrivati a Iseppi-F, pianeta abitato da cyborg che trascorrono le loro vacanze solo in uno dei villaggi turistici del Touring Club italiano… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Amarone della Valpolicella di Lorenzo Begali consigliata da Gabriele Muro chef del ristorante Giuliana 59… Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
- Sì. A presto rivederci su quest’astronave.
- Vabbè, ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!
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