L’ospite accanto a me è Mirella Serri.
E’ docente di letteratura e giornalismo presso l’Università La Sapienza di Roma.
Ha dedicato numerosi saggi ai maggiori scrittori contemporanei.
Tra i titoli: “Carlo Dossi e il racconto”; “Storie di spie. Saggi sul Novecento in letteratura”; ha partecipato ai volumi collettivi: “Il Novecento delle italiane”; Amorosi assassini”.
Ha curato il “Doppio diario. 1936-1943” di Giaime Pintor. Altri volumi: “Il breve viaggio. Giaime Pintor nella Weimar nazista” (premio Capalbio e premio Salvatore Valitutti) e “I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte. 1938-1948”, (premio letterario internazionale Isola d’Elba-Raffaello Brignetti, premio Alessandro Tassoni, premio Vladimir Nabokov, premio Ninfa Galatea-Lido dei Ciclopi).
Numerose le sue realizzazioni di trasmissioni culturali radiofoniche e televisive.
Collabora a L’espresso, La Stampa, Ttl, Corriere della Sera-Magazine.
- Benvenuta a bordo, Mirella…
- Ciao Armando…
- Nicola Batavia, chef e patron del ristorante 'l Birichin di Torino mi ha consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo Barolo docg 2000 "Piè Franco", Cappellano; in spacefax mi ha inviato una nota che leggo: “E’ il mio vino preferito! Un vino che non segue mode, non segue stili, segue solo il buon bevitore”.
Fin qui Nicola Batavia… qua il bicchiere.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore…insomma, chi è Mirella secondo Mirella …
- Un’appassionata di libri, ricerche, investigazioni. Se non avessi imboccata la strada universitaria e non avessi convogliato tutte le mie energie a fare la scrittrice di libri, articoli, saggi avrei fatto la poliziotta, l’investigatrice. Mi coinvolgono le storie intrigate, i nodi da sciogliere, le scartoffie, il silenzio e gli ambienti vecchi e polverosi delle biblioteche. Mi irritano le ipocrisie, le falsità ideologiche, i raggiri. Ho grande fiducia nelle persone, mi piace ascoltare le storie, le vicende di tutti i tipi. Ed eventualmente riraccontarle. Il dibattito politico è un’altro dei miei interessi. E un modo di stare calata nel presente.
- Voglio iniziare questa nostra conversazione riferendomi a due tuoi recenti libri, già segnalati in apertura, che proprio con l’elemento politico hanno a che fare. Comincio da I profeti disarmati di cui, in questo febbraio che per i terrestri è dell’anno 2009, s’annuncia la prossima seconda edizione. Come scrissi recensendolo tempo fa, è un volume che sarà d’obbligo anche in futuro tenere presente per chi studierà la storia italiana dopo la caduta del fascismo. Che cosa ti ha principalmente motivato a scrivere questo libro?
- Avevo cominciato a ricostruire il dibattito culturale alla fine della seconda guerra mondiale partendo da “Risorgimento Liberale”. Consultando questa e altre testate però mi sono trovata di fronte a ben altro: a quella che il grande antifascista Gaetano Salvemini chiamava “guerra guerreggiata”, una lotta assolutamente dimenticata e cruenta nella casa comune dell’antifascismo tra le forze politiche uscite vincitrici dalla guerra. Fu un duello che si svolse tra il 1945 e il 1948 mettendo, tra l’altro, a confronto, in particolare, due sinistre ex alleate contro il nazifascismo: quella rappresentata dal piccolo giornale diretto da Pannunzio e voce dei liberali di sinistra che sfidò, per poi soccombere, il gigante Golia, l’apparato comunista, i suoi organi di stampa e i suoi alleati socialisti.
- Questo storico scontro, quali conseguenze prime ebbe in campo culturale? Nell’editoria, nella letteratura…
- Alla fine del 1947, dopo uno scontro durissimo, l’interpretazione comunista finì per considerare inventato ad arte tutto quello che non rientrava nel suo quadro di riferimento. Soffiava sul fuoco dell’attacco alla memoria della Resistenza per sollecitare la mobilitazione continua e la ‘guerra permanente’ antifascista gestita dal Pci.
In questo bruciante risveglio alla democrazia degli anni Quaranta si delineò la storia successiva: si rinunciò alla condivisione della cultura antifascista, si tracciò la vocazione alla divisione profonda nella vita politica italiana e in quella artistica e intellettuale. Grandi antifascisti come Salvemini o Ernesto Rossi verranno bollati come antifascisti inaffidabili, non ‘di qualità’ in quanto dotati del coraggio di denunciare la ‘guerra guerreggiata’ che aveva opposto antifascisti comunisti ad altri antifascisti liberali, democristiani, monarchici, repubblicani. Gli ‘uomini di qualità’, come si autodefinivano i comunisti, avevano vinto con le armi la loro battaglia per l’egemonia
- Un altro tuo lavoro recente lo si trova nel libro collettaneo Amorosi assassini prodotto dal gruppo Controparola che attraverso testimonianze e saggi documenta la violenza sulle donne.
Si ha la netta sensazione che i casi di maltrattamento fino a quelli più gravi di omicidio, siano aumentati in questi ultimi anni.
E’ così? Oppure è una percezione dovuta al moltiplicarsi dei mezzi d’informazione?
- Sicuramente è in atto un' escalation dovuta ai nuovi ruoli sociali che la donna si è conquistata. Ma c'è anche una sensibilità più diffusa verso questo tipo di tematiche.
Nella documentazione resa dal libro "Amorosi assassini" emerge solo la punta di un iceberg. Noi abbiamo censito i casi del 2006, circa 300. Centododici sono state le donne uccise da partner, mariti, fidanzati, amanti, comunque vittime di un 'amore criminale'. Il ministero degli Interni ha censito 4.500 denunce per violenze e abusi sporte da donne. Il 91, 6 % degli stupri non viene denunciato - secondo una ricerca Istat dello stesso anno - mentre la percentuale dei casi non denunciati arriva al 96 % se si tratta di aggressioni non sessuali. A questo si possono aggiungere le molestie sessuali nei luogo di lavoro, lo stalking, ovvero la persecuzione ossessiva e così via. Insomma il numero delle donne vittima di violenza ammonta a 1 milione e 500 mila. Una cifra altissima
- Passiamo ora a temi letterari che frequenti da anni.
Che cos’è secondo te che distingue – o dovrebbe distinguere – la letteratura dalle altre forme di comunicazione artistica? Oggi che gli strumenti espressivi si sono moltiplicati, in un’epoca che il cyberpensatore De Kerckhove ha definito “l'era delle psico-tecnologie”?
- “Nulla è pericoloso quanto l'essere troppo moderni. Si rischia di diventare improvvisamente fuori moda”, parole di Oscar Wilde in uno dei suoi aforismi. Le tecnologie sono molto moderne e all’improvviso sono fuori moda e spariscono. La letteratura non è mai troppo moderna e raramente fuori moda. De Kerckhove ha promosso una nuova forma di espressione artistica, che unisce le arti, l'ingegneria e le nuove tecnologie di telecomunicazione è un consulente dei media e delle iniziative culturali, indirizzato alla comprensione di come le tecnologie influenzano e influenzeranno la società. Ma la letteratura è il contrario, è riflessione, introspezione, rapporto con se stessi. Una forma di concentrazione laica ma che è molto vicina alla riflessione religiosa. Leggendo un libro non puoi fare a meno di rapportarlo a te stesso, di proiettarti, di sovrapporre esperienza a esperienza, di guardare a una tua laica divinità
- Esistono o non esistono ancora spazi per una critica letteraria, affrancata dalle ipoteche ideologiche che hanno contraddistinto le tendenze egemoniche della critica novecentesca? Se sì, quali?
- Sì esistono, affidati alle singole sensibilità dei critici. Il confronto delle opinioni è quanto di meglio ci si possa aspettare a proposito di un libro. Il peggio è che passi inosservato. Oggi la critica è affidata alle classifiche. Un sistema assolutamente perverso, ma non era certo meglio quello di anni passati. Allora, libri di infima qualità letteraria venivano spacciati per grandi capolavori da critici troppo compiacenti. Non è vero che le ideologie sono completamente cadute, al contrario. C’è in generale un gran conformismo, una tendenza all’ipocrisia, ad acclamare un libro o un film solo perché ossequioso di temi e tendenze alla moda. Ma incapace di rivelare nuovi punti di vista e prospettive. Ecco, per esempio, molta della narrativa italiana si muove su terreni molto battuti. Un esempio invece di cosa vorrei? “The Milionnaire” di Danny Boyle, tanto per citare un prodotto recente, è un film che mostra un mondo inedito
- E’ nella letteratura oppure in altre aree… arti visive, musica, teatro, video, net-art… che credi ci siano i lavori più interessanti nella ricerca di nuove modalità espressive?
- Penso che all’avanguardia siano musica e video. La letteratura segue un suo iter costante. E’ straordinario vedere che il cinema, dato per morto, e soppiantato dalla tivù, ha conosciuto un revival negli ultimi dieci anni. Mai si è discusso, ci si è accaniti e si parlato di pellicole, come ai nostri giorni. Adesso sta sparendo il diritto di autore per musica e film. Questo pone un problema da risolvere da qui a dieci anni. Per il momento il grande schermo, ma anche la letteratura, al livello internazionale, gode di buona salute. Speriamo che la crisi non tarpi le ali anche agli studios.
- Hai un rimprovero - se ne hai più d’uno, qui lo spazio è quello che è, ti chiedo di scegliere il più grave - da rivolgere all’editoria italiana?
- La nostra editoria ha sempre tradotto molto. Però tutto sommato ha un tratto molto conservatore: si lascia influenzare dai successi d’oltralpe e coltiva un po’ meno i talenti di casa nostra. Voglio dire attivarsi presso gli autori, non abbandonarli, affidarli nelle mani di funzionari editoriali in grado di aiutarli a capire i loro stessi testi, a renderli o più accessibili o più complicati. Comunque non ci lamentiamo troppo, la filosofia della lagna è quanto di più detestabile oggi vi sia in circolazione
- Best seller. Giuliano Vigini dice che In Italia i successi di vendita nascono per caso.
Mario Spagnol è del parere che il best seller oggi va programmato.
Il sociologo Mario Peresson afferma che “Gli autori italiani vogliono vendere milioni di copie ma anche entrare nella storia della letteratura; le due cose, assai spesso, non sono compatibili”.
Un tuo parere sul libro di successo… è possibile prefabbricarlo? Oppure no?
- Se fosse possibile avere una ricetta per avere fama, quattrini, notorietà... chi oggi non la userebbe? Nessuno attualmente teme di sporcarsi le mani in modo così nobile come con un bestseller. Il libro di successo comunque si può programmare. Lo può fare la casa editrice invadendo le vetrine, mettendo pile dello stesso libro in bella mostra nelle librerie, mandando gli autori nei salottini tivù... E’ una pianificazione dell’oggetto ma non del contenuto e dell’impostazione... Come mai oggi vanno tanto i libri su Gesù e dintorni? A posteriori è facile dire che il tema della religiosità ha preso piede... ma a priori? Difficile scommetterci. Mi arrivano libri che affrontano temi molto di attualità e finiscono nel dimenticatoio immediatamente, libri a cui non daresti un soldo dal punto di vista del pubblico interesse e invece.... La programmazione dei contenuti di un romanzo in direzione del successo di qualità è molto più ardua. Ma anche la ricerca del successo e basta è un‘ardua scalata
- Il bestseller, quindi, non è programmabile?
- Il best seller non è programmabile. Ci vuole intuito. Mario Spagnol parlava di programmabilità perché lui stesso di intuito ne aveva da vendere. E lo vendeva, giustamente. Voleva comunque dire che su un libro che vuole rendere di gran successo l’editore se ne deve occupare, lo deve seguire, sponsorizzare, eccetera. Come si fa a sapere chi ha questa dote magica e rabdomantica dell’intuizione di come vendere molte copie? E poi come essere al corrente del momento in cui una determinata intuizione funziona? “Il nome della rosa” di Umberto Eco è stato uno sconvolgente successo planetario. La stessa formula ripetuta nel tempo non ha dato esattamente gli stessi risultati. Eppure Eco continua ad essere uno degli intellettuali più geniali del nostro tempo
- Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
- Nella serie tivù ci fu il il primo bacio interrazziale della storia della televisione, del quale furono protagonisti la bombastica Uhura, l'ufficiale alle comunicazioni, e il fantastico capitan Kirk. E’ il massimo
- Siamo quasi arrivati a Sèrrya-M, pianeta abitato da alieni che sono tutti profeti volutamente disarmati… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Barolo docg 2000 "Piè Franco" consigliata da Nicola Batavia patron e chef del ristorante ‘L Birichin di Torino… Però torna a trovarmi, io qua sto…
- Certamente. Spero presto
- Vabbè, ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!
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