L’ospite accanto a me è Fabrizio Plessi.
Videoartista. Autore di installazioni, films, videotapes e performances, sue
opere si trovano nei più importanti Musei d’Arte contemporanea
del pianeta Terra. Dal 1990 insegna Umanizzazione delle Tecnologie
alla Kunsthochschule fur Medien di Colonia e dal ’94 è titolare
della cattedra di Scenografie Elettroniche presso la stessa istituzione.
Maestro della videoinstallazione, ha attraversato più media: cinema,
teatro, tv, con un segno stilistico riconoscibilissimo perché unico.
La più recente volta che ho ammirato sue opere è stata a Roma,
nel settembre di questo 2002, alla Scuderie del Quirinale dove si è
tenuta un’antologica che ha visto in quelle sale scorrere acque elettroniche
ed ardere fuochi tecnologici in una lussuosa e inquietante suite per l’occhio.
Per la biografia, la sterminata bibliografia, e foto delle sue opere, v’invito
a cliccare www.plessi.it
Fabrizio dovrebbe trovarsi a suo agio in questa vineria spaziale, non solo
perché gli ambienti informatici gli sono familiari, ma anche perché
autore di un’installazione – Mysterium Wein – nella
quale su quaranta monitor scorrevano ben mille litri di vino rosso.
- Benvenuto a bordo, Fabrizio …
- Ciao Armando
- Voglio farti assaggiare questo bianco frizzante Chardonnay Doc Colli Piacentini
di Torre Fornello…qua il bicchiere…ecco fatto.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida,
a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello
spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta
sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti,
il tuo ritratto… interiore…insomma, chi è Fabrizio secondo
Fabrizio…
- Io sono un archeologo, sono uno che usa ancora il video. Mentre c’è
stato un decollo così vertiginoso delle tecnologie, io sono fedele
a quelle degli anni ’70, cioè la televisione, l’oggetto
televisivo, quella brutta scatola nera che è la tv. Quando facevo le
prime installazioni video, la televisione era ancora in b/n, ecco perché
mi definisco un barbaro delle tecnologie, un cavernicolo dell’elettronica.
- L’acqua prima e il fuoco poi sono elementi sui quali s’innesta
la tua operazione artistica.
Che cosa ti affascina di queste sostanze, perché le hai scelte?
- Vivendo a Venezia, io, emiliano quale sono, mi sono sentito inondato da
quest’acqua. Un’acqua non consolatoria, non naturalistica, non
didascalica: un’acqua virtuale che non bagna. E poiché mi piacciono
gli opposti, mi ha affascinato il fuoco, un fuoco che non brucia. Sono come
un alchimista che cerca di far convivere elementi apparentemente opposti e
contrari.
- In alcuni testi parli del tuo interesse per il “cangiante elettronico”.
Puoi dire ai miei avventori che cosa significano per te quei due termini?
- Uso materiali molto poveri – carbone, ferro, marmo, paglia –
che derivano da un concetto dell’arte povera, tutti questi materiali
sono sordi e opachi. Cerco allora d’innestare, all’interno di
questi materiali, elementi luminosi e in movimento, questo lavoro lo chiamo
“cangiante elettronico”, come tu hai ricordato. Per cui la mia
poetica nasce proprio da questa convivenza impossibile.
- Esprimersi oggi su tela e colori, lavorare con quei materiali, ha ancora
un senso?
- Credo nella libertà d’espressione. Non è importante,
secondo me, usare la matita o il computer, l’importante è quello
che si vuol dire con la matita e con il computer. Il mezzo è solo un
mezzo. E’ un’idiozia quello che dice Mc Luhan, il mezzo non è
un messaggio, il mezzo è mezzo e il messaggio un messaggio. Infine,
chiunque può usare le tecnologie se dietro ha un supporto culturale.
- Paul Virilio attacca l’arte moderna accusandola di trascurare il corpo
rappresentato con tela e colori per imporre, complici i Musei, come vincente
l’immagine spettacolare della videoinstallazione fatta di foto, fasci
laser, alta definizione, eccetera. Tu che ne pensi di quella critica?
- Rispondo che ogni epoca ha i suoi mezzi espressivi. Io uso il mezzo elettronico
perché mi è più congeniale, uso le nuove tecnologie per
non dimenticare la nostra coscienza storica e, soprattutto, la cosa più
importante: la nostra Memoria. Purtroppo oggi viviamo in un’epoca senza
Memoria. Una volta che il nostro cervello si sarà aperto a idee più
grandi, stai pur certo che non tornerà nel suo formato originale.
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, infliggo
una riflessione su Star Trek…che cosa rappresenta quel videomito nel
nostro immaginario?
- Da navigatore solitario quale sono, evito con prudenza l’iceberg della
tua domanda
- Vabbè, ora siamo quasi arrivati a Plessya, pianeta abitato da alieni
che usano fare il bagno in acque virtuali e riscaldarsi davanti a falò
elettronici…se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo
qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di
Chardonnay Doc di Torre Fornello…
- Ti saluto e torno sulla mia piccola barchina da navigatore solitario.
- Ed io ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise:
lunga vita e prosperità!
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