Gli ospiti accanto a me sono Carmelo Romeo
e Luciano Trina. Artisti visivi e organizzatori
culturali.
Per notizie biografiche sul primo http://arteideologia.interfree.it/romeoper.htm e sul secondo
http://arteideologia.interfree.it/trinaper.htm
Nel 1978 fondarono la rivista di “estetica operativa” Aut.Trib.17139 (la misteriosa sigla è il riferimento al numero d’autorizzazione
alla pubblicazione concessa dal Tribunale) che promosse mostre, convegni,
dibattiti, principalmente diretti a verificare i rapporti fra arte e
ideologia. Di, e su, quell’attività ne presentarono un
creativo compendio anche in una performance prodotta da Pinotto Fava
nello spazio Audiobox di Radio Rai.
Entrambi provengono da studi di architettura, ed entrambi da tempo vanno
sostenendo più che una necessità, una storica inevitabilità
del rapporto Arte-Ideologia al quale prima accennavo. Non sorprende,
quindi, che orientino adesso il proprio lavoro su interventi di arte
urbana, e così oggi, all’interno dell’associazione Equilibri Precari
http://equilibriprecari.interfree.it si sono fatti promotori di
una iniziativa dal titolo “Avvisi alle Popolazioni” che
a tale obiettivo punta. E non solo in modo teorico, ma anche in maniera
realizzativa. C’è da augurarsi che le istituzioni alle
quali proporranno i loro progetti, abbiano un buon udito per ascoltarne
le voci.
- Benvenuti a bordo…
- CR & LT
- Salute a te; e che la Diva Bottiglia ti sia propizia…
- Credo che lo sia a voi e a me perché ho a tiro questa prodotta
da Enrico Sgorbati: Vigna Pratobianco di Torre Fornello…qua il
bicchiere…ecco fatto. Adesso ascoltatemi: il Capitano Picard è
bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un
bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a
manetta”, prudenza vuole che trasmettiate sulla Terra, come sempre
chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il vostro ritratto…
interiore…insomma, cominciando da te, chi è Carmelo secondo
Carmelo…
- CR – Interiore?...Che cosa trasporta
il mio cargo?...Dopo quanto accaduto sul Pianeta
Proibito, non scendo più a controllare il carico della
mia stiva. Forse ho voluto fare il pittore per rimanere in superficie;
anche se poi la semplice superficie risulta una cosa talmente complessa
per quanto elementare. Ora che ci penso non ho mai realizzato un autoritratto.
Mi viene da dire che sono uno che non chiude mai le porte. Credo dipenda
da una caparbietà d’origine calabrese, se ancora mantengo
in vita i vecchi paragrafi di una autobiografia partita dal 1971 come
Erostrato, e poi Frazione Clandestina dell’Ufficio per la Immaginazione
Preventiva, AutTrib 17139 o Archivio Forniture (critiche). Non è
tutta ben ordinata – come si conviene e converrebbe – ma
se a qualcuno interessasse metterci il naso, potrebbe provare a vedere
i documenti nel sito di Arte e Ideologia; e lì ci trova anche
Luciano e altri antichi amici. Se ho detto di “provare”,
è perché non sono neppure sicuro che funzioni proprio
bene e tutto vi sia ben chiaro. Allora, alla fine si può dire
che sono un approssimativo? Pensatelo pure; in fondo il calcolo infinitesimale,
col suo approssimarsi allo zero, mi ha sempre affascinato.
- E Luciano secondo Luciano?
- LT - Se Michelangelo ha detto che viveva
di ciò di cui morivano gli altri, io posso dire di morire di
ciò di cui vivono gli altri. Chi non mi ha incontrato una sola
volta non sa cosa sia un’operazione d’alta chirurgia; cosa
sia una vita plurima. Io sono i molti. Come in uno specchio ammiro una
gran folla. Passo dalle parole alle idee. Cambio idea senza pronunciare
parola. I miei pensieri non mi pesano. Entrano nella mia vita come in
una stanza, con la finestra aperta. Come la mano in un guanto, come
il piede in una scarpa. I miei pensieri, liberi da rimpianti, senza
compromessi, sono pronti ad ogni nuova impresa, al servizio di una prefigurazione
di conquiste reali.
Vado senza voler andare da nessuna parte, vado per una strada libera
dove mi conduce la mia libera mente. Non c’è una strada
nuova che non possa liberarmi. La libertà la incontri nei luoghi
delle partenze e degli arrivi. Io sto in una sala d’attesa. Non
partirò senza di voi tutti. Vagabondi, siete le stelle del mio
firmamento. Spedisco ora una cartolina al mio più lontano futuro
indirizzo: “Sconosciuto, sei il benvenuto”.
Ecco! Un artista senza opere. Per consumatori distratti non c’è
nulla da vedere. D'altronde l’arte esige uno spettatore esigente.
La compiutezza di alcuni miei lavori è solo finzione, il più
delle volte è dovuta all’occasione. Solo “per esempio”
ho scelto qualcosa; occasionalmente, suggerimenti, esempi in risposta
a domande. Ho lasciato ad altri l’utilizzo; a certi piccoli uomini
senza pensieri nei quali la grande ambizione ne ingigantisce soltanto
l’infamia. Io lavoro alla cancellazione, alla scomparsa e non
all’affermazione dell’io. Spesso ho firmato lavori come
“anonimo” per restituire a tutti il sottratto. L’arte
in questo è colpevole, e lo sa.
- Ora che i miei avventori vi conoscono meglio, parlatemi di “Equilibri
Precari”. Che cosa si propone quest’Associazione culturale
nata a Roma? Quali i suoi traguardi espressivi?
- CR – Senza dubbio ne deve parlare
Luciano. Da diversi anni Equilibri Precari, con i costi dell’impresa,
è soprattutto colpa sua.
LT - È un’associazione nata
per promuovere l’arte contemporanea. Ha iniziato la sua attività
nel gennaio del ’98, ed ha gestito in proprio uno spazio espositivo,
Da allora ha presentato il lavoro di artisti di svariata provenienza.
Uno spazio aperto ad una pluralità di esperienze. Questa sua
disponibilità prescinde nondimeno da ogni logica che si riveli
esterna ad un autentico pensiero dell’arte. Perché “precari”?
Quando si conosce l’equilibrio non ci si appassiona a nulla. Siamo
dei professionisti nell’autodidassi della passione.
- ”Equilibri Precari” invita a partecipare ad una manifestazione
(con immagini, scritture, proposte, documenti, ecc.), inviando i materiali
nella casella e-mail dell’Associazione: equilibriprecari@interfree.it.
Titolo dell’operazione: Avvisi alle popolazioni.
Di che cosa si tratta?
- LT – Ho saputo che qualcuno ha
avuto dei problemi a connettersi con il sito di Equilibri Precari. Lo
spazio intergalattico fa degli scherzi bizzarri. Riprovateci con insistenza,
diligentemente, vi connetterete
con un castello di carte
un catalogo dei possibili
un elenco di ipotesi
un dizionario di necessità
ai nodi del destino
ad eventi conoscitivi
a sventure ed estasi
a simulazioni rituali
agli incurabili del reciproco.
Fate attenzione allo sfondo: i molti sono gli unici.
CR – È chiaro che “Avvisi”
non vuole certo essere una iniziativa virtuale. Piuttosto ricadere pesantemente
sulla Terra, ossia nelle Metropoli, ovvero nella vita quotidiana degli
abitanti…delle metropoli e della Terra. Forse l’arte stessa
non è altro che una collezione di Avvisi
alle Popolazioni…..Magari si tratta di avvisi mancati…Allora
uno ci riprova. Comunque credo che proporre un intervento di arte urbana
con questo titolo, nelle attuali contingenze del pianeta, sia più
che sufficiente a segnarne la direzione programmatica e le intenzioni,
taciute ma sottintese. Per questo, assieme agli Stalker, lavoreremo
anche ad un progetto per il quartiere romano Corviale….
LT - ….anche se le città
reali sono il fallimento, non il compimento delle nostre speranze. Questa
realtà, per quanto sia spietata non distrugge l’immaginazione,
anzi, ne rigenera la provenienza. Queste città chiuse dalla paura,
labirinti della ripetizione, narcisi riflessi esterni di sé stessi,
alienate e infeconde, ci ricordano che viviamo sotto il cielo stellato
delle nostre idee. Sono per l’affermazione di un eclettismo, di
un nomadismo tendenzioso, fondato sulla consapevolezza che il percorso
inizia dove finisce il mestiere dell’artista.
La poesia è pratica di dispersione. Per me, in questo, l’arte
mia non è finita. Io sono la causa, non il segno.
All’improvviso, nel silenzio
decido per un momento
di non dire nulla.
Camminando e parlando
adesso
può essere che io e te
in qualche posto
Chiacchiereremo.
Siamo parenti? Non importa.
Non siamo in un cimitero.
Siamo in un paesaggio
dove ci è passata la voglia
di dire scemenze.
Prosit!
- Arte e Ideologia. Due termini che rapportati fra loro hanno oggi un
momento di scarsa frequentazione. In che cosa trovate un’attualità
di quel binomio?
- CR – In realtà siamo stati
sempre incerti tra i termini “ideologia” e “politica”;
poi, siccome si è iniziato a parlare con sempre maggiore insistenza
di crisi o crollo delle ideologie - per non dire della rinuncia a storici
programmi politici - allora si è provata compassione per il termine.
Quando non si riconoscono più le ideologie è perché
ne domina una sola: quella che esprime lo spirito stesso dei rapporti
immediati, materiali, storici, economici. In altre occasioni ho avuto
modo di sostenere che tuttora l’arte è condannata all’ideologia
e non può sottrarsi l’ideologia più di quanto all’artista
è consentito sottrarsi all’aria – ogni volta che
uno tira un respiro certo non s’interroga su questa gassosa composizione
che lo tiene in vita. Anche le istanze puramente formalistiche, come
alcune di quelle poste dalle avanguardie storiche, sono state tutte
avanzate prematuramente. Da tempo sono convinto che finché esiste
la società di classi – come vedi faccio collezione di inattualità
- l'arte è condannata alla politica, la forma all'ideologia,
il significante al significato. Per il momento concedersi anche il "vizio"
linguistico non può significare in alcun modo cancellare o ignorare
il dato politico, ma saperlo, silenzioso, sotto il pelo del segno, del
gesto. Adesso che nessuno sembra frequentare questo tipo di inattuali
problematiche, la presa dell’ordine stabilizzato e globalizzante
risulta ancora… più grande e più
bella di pria…
- Arte e Mercato. Secondo parecchi sono termini inconciliabili. Anche
per voi?
- CR – Per niente. È’
una annosa polemica che ho affrontato fin dai primi anni 70, e per quanto
mi riguarda, risolta, almeno a livello teorico. Comunque ritengo che
fin quando esiste la merce la questione rimane attuale e ricca di interesse.
Non è accidentale se la questione del rapporto tra arte e mercato
si presenta come conflittuale solo all’apparire del mercato delle
merci; ma le ragioni di una tale conflittualità vanno ricercate
e sono quelle proprie alla natura stessa della merce e del mercato nel
loro periodo capitalistico. Dato il dominante modo capitalistico di
produrre, i prodotti dell’arte divenute merci, non possono certo
considerarsi inconciliabili “a priori” con il loro proprio
mercato…Anzi, del tutto conseguentemente, nel mercato essi trovano
infine la loro ultima rifinitura. E` però innegabile che tra
arte (produzione immateriale) e capitale si rilevano delle conflittualità;
ma non dobbiamo confonderle e ridurle agli inconvenienti personali.
Se sul cammino dell’arte c’è una pietra d’inciampo,
lo scandalon non è il mercato
ma la merce e il determinato modo di produrla nell’epoca moderna,
ossia il modo capitalistico. Rischio di essere pedante, e anche confuso…È
colpa del boccale di Vigna Pratobianco che ci hai offerto?...Spesso,
quando l’artista o l’intellettuale parlano male del mercato
è solo perché ne sono stati delusi. Il senso di inappagamento
diviene un complesso di colpa come per una missione ignominiosamente
fallita, di cui non si è stati all’altezza. Non c’è
situazione più patetica e meschina di un innamorato non corrisposto:
perennemente in palpitante attesa, allo squillo del telefono, sarà
sempre pronto ad accorrere.
LT – Il labirinto è la via
giusta, per chi arriverà alla meta, in ogni caso sempre troppo
presto se questa meta è il mercato. È di li che s’entra;
si entra e si esce; s’entra e non s’esce. Noi, abbiamo ritenuto
superfluo estrarre i chiodi ed aprire le porte e le finestre.
- Esprimersi oggi su tela e colori, lavorare con quei materiali, ha
ancora un senso?
- CR – Non credo proprio alla corbelleria
del “chiodo scaccia chiodo”, specialmente nel campo dei
linguaggi e dei media. Ogni forma espressiva, dalla più primitiva
alla più recente – inclusa quella elettronica e forse le
altre che verranno – si sono mantenute nella loro singolarità,
magari anche sommandosi, senza mai sparire completamente. Possiamo riconoscerle
una ad una sugli scaffali delle possibilità e delle risorse.
La pittura rimane uno dei modi dell’arte figurativa; un artista
figurativo magari non l’adotta, ma non può dichiararsi
per principio contro la pittura - se non per necessità polemica.
Il senso della pittura credo che oggi sia ancora molto forte. Un semplice
sbaffo sulla riproduzione fotografica della Gioconda racchiude tante
più informazioni di quanto ne possa offrire un microcips…Solo
che la pittura rischia di diventare farsesca quando, ad iniziare dalla
transavanguardia, si rimette a rivisitare le scene madri della sua propria
storia.
LT – Io credo che pitturare ha un
senso come lo hanno tutti gli altri vizi.
- L’arte elettronica, la vedete come una smaterializzazione del
corpo fisico delle arti così come le conoscevamo? Oppure una
mutazione genetica?
- CR – Smaterializzazione, dici?
Forse è proprio il contrario, se per vedere il più piccolo
file di immagine o scrittura, devi occupare
la casa con un metro cubo di ferraglia meccanica e vetro e fili di rame.
C’è più lavoro morto in un computer di quanto ce
ne può essere in un foglio di carta extrastrong…E al contrario
un semplice foglio di carta può raccogliere più informazioni
e dati di quanti ne puoi mettere in una intera batteria di dischi rigidi.
Se un granello di sabbia ti inceppa la tastiera, sei nei guai. La materia
si riprende sempre il primato, e la rivincita. L’arte ancora mi
sembra la stessa pappa di sempre che adesso viaggia a velocità
interstellare, in accelerazione; ma poi tu puoi vederla solo al momento
della frenata. Partendo dai propri materiali, la pittura ha esplorato
le proprie possibilità fino a raggiungere il limite della sua
propria smaterializzazione - nella superficie grigia di un Lo Savio,
ad esempio….L’arte elettronica, che invece parte dalla smaterializzazione,
come potrebbe muoversi senza avere come meta la materia?
- Vedete un rapporto, e, se sì, quale, fra le avanguardie storiche
e le nuove ricerche espressive dei nostri giorni, computer compreso?
- CR - Le avanguardie storiche, possiamo
dire così, sono nate da e in un periodo storico rivoluzionario,
o almeno di grandi sconvolgimenti che hanno fatto vacillare tutti i
convincimenti precedenti. Si sono giovate di tutta quell’energia
critica che, se prendeva la forma di specifiche problematiche artistiche,
offriva, anche praticamente, modelli e modi risolutivi non solo ideologici…Tutto
sembrava in marcia…Oggi sembra di assistere ai bivacchi di un
diligente manipolo di zelanti con i compiti già fatti a casa
che si agitano sul materasso mondiale in cerca di un angolo in cui stare
comodi….
LT - …quelle avanguardie davano
un significato all’arte nell’intraprendere, al di fuori
di ogni successo. Una impresa il cui esito non riguardava l’abilità.
Dove si ritrovano questi caratteri, lì c’è un rapporto
di quelle avanguardie con le ricerche attuali….e spesso questo
è riscontrabile negli artisti web.
- Entrambi avete fatto studi di architettura. E’ l’occasione
per una domanda ad hoc. Gillo Dorfles ricorda che proprio in architettura,
prima ancora che nei lavori di Lyotard, di Foucault, di Barthes, si
sia parlato di moderno e postmoderno.
Perché quell’importante dibattito è partito da lì
e non da altri territori espressivi?
- CR – Forse questo anticipo è
avvenuto perché l’intero ciclo dell’architettura
moderna ha iniziato a subire un evidente declino già nel corso
dei primi anni settanta, quando gli architetti dovettero registrare
il fallimento di ogni tentativo di risolvere e governare gli squilibri
del territorio. Liquidata anche l’illusione di poter costruire
modelli decisionali di lunga durata, il sistema dei valori si fece flessibile,
strumentale, adattabile a bersagli sempre più ravvicinati. Un
avvicinamento che dileguava ogni contraddizione e contrapposizione tra
razionalizzazione della produzione e della progettazione e soggettivismo
formale, tra ideologia della pianificazione e poetica del manufatto.
Così, in mancanza di nuove ed originali ideologie progettuali
e poetiche, si apriva una fase ulteriore della medesima architettura
moderna; stavolta, reattivamente, aperta alle citazioni stilistiche
e disposta alle più disparate esigenze congiunturali…Allora,
giustamente, post-moderna; dunque, trattandosi di architettura, il cambio
di marcia ebbe una notevole evidenza. Che successivamente il termine
sia stato utilizzato più estensivamente, perché riconosciuto
efficace a propagandare l’idea di un superamento definitivo di
un’epoca che, pericolosamente, lasciava irrisolte tutte le contraddizioni
sociali ed economiche scaturite nel corso del secolo, è altra
faccenda. Più interessante chiederci come si sono potute costituire
quelle illusioni dell’architettura moderna. Io ritengo siano imputabili
al fatto che si era creduto di poter fare un’architettura per
una società nuova senza chiedersi se ciò sia possibile
prima di una compiuta rivoluzione sociale. Ancora un caso di istanze
avanzate prematuramente?
- Ha detto il noto cyberpensatore Derrick de Kerckhove che la connettività
è una delle grandi scoperte del mondo moderno, aggiungendo che
essa però è sempre esistita tra gli uomini, ma prima non
si era capaci di servirsene. Oltre alla connettività, nel campo
dell’arte, quali valori attribuite al web?
- CR – Per quello che ne so, la
connettività sta favorendo e sollecitando proprio i rapporti
tra arte e politica, e ideologia…Appunto l’incontro tra
tutti quei termini di cui si dubitava l’attualità…Se
vuoi l’interconnettività devi creare una dinamica comunicativa
che superi il prodotto per richiedere l’altro a completamento
e integrazione. Operare con il web rende necessario superare il merito
per proporre il metodo; allora mette al centro non la cosa ma il processo,
il procedimento, le azioni pratiche, esterne alla rete.
LT – Per fare il minimo di passo
avanti occorre il massimo di utopia. Abbiamo nostalgia del futuro. Immaginatevi
un viaggio all’inverso, normali fino all’estremo. Perduta
ogni attrattiva reciproca potremmo ritrovarci nell’abisso. Il
web cancella ogni frontiera definitiva in una corrente circolatoria,
in una toponimia fittizia. Da un luogo reale ad uno spazio abitato dal
possibile. Dall’altra e da questa parte. Il qui e il là
contemporaneamente. L’ubiquo.
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci,
infliggo una riflessione su Star Trek…che cosa rappresenta quel
videomito nel nostro immaginario?
- CR - Star Trek, dici? Confessa piuttosto
che stiamo viaggiando dentro un motore di ricerca con il capitano Jean-Luc
Pantagruelle, e che tu non sei altro che Panurge in cerca dell’oracolo
della Divina Bottiglia.
- Vabbè, sia come sia, mo’ siamo quasi arrivati a RomTrin,
pianeta che nello Spazio si regge solidamente su equilibri precari,
abitato da alieni che inviano impegnativi avvisi alle altre popolazioni
della Galassia…se dovete scendere, vi conviene prenotare la fermata.
Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita
la bottiglia di Vigna Pratobianco di Torre Fornello…
- CR & LT
- Noi paghiamo la prossima volta. Ciao.
- Vi saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise:
lunga vita e prosperità!
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