L'ospite accanto a me è Istvàn Zimmermann . Artista visivo. Ma meglio sarebbe definirlo "poliartista" giacché non specializza in senso unico il proprio lavoro ma lo estende, evolvendolo e dissolvendolo in varie direttrici, anche in aree tradizionalmente non classificate come artistiche. Di fatto, però, il campo prevalentemente da lui praticato spazia tra l'installazione, la scenografia, il video. Lo testimonia anche il recente premio ricevuto alla quindicesima edizione di Videoland nella sezione Giovani Videomakers.
E' nato a Budapest scegliendo per venire al mondo una data di svolta epocale: il '68. Aspetto da fiorettista magiaro (con qualche lieve difficoltà della bilancia nel dirsi d'accordo su questa definizione), ha studiato sette anni disegno animato e pixelaction presso lo Studio Film Pannonia che non so se si trova a Buda o a Pest; ha lavorato all'Istituto d'Anatomia e Patologia dell'Università di medicina della capitale ungherese; ha ottenuto il primo premio al Concorso Nazionale del Ministero dell'Educazione magiaro per l'Università di Design industriale, e ancora un primo premio al Concorso Nazionale "Maestri d'Oreficeria"di Budapest.
Insegna anatomia analitica per artisti allo Studio Pasolini AZ di Cesena dove vive dal 1995; è stato direttore tecnico e di produzione della compagnia teatrale Societas Raffaello Sanzio, www.raffaellosanzio.org ; sperimenta nuove sostanze sintetiche, ricerca (e trova) nuove applicazioni di materiali e automatismi sia per proprie operazioni e sia per altri artisti: Romeo Castellucci, Loris Cecchini, Luigi Serafini , la Societas Raffaello Sanzio, e tanti altri.
E' fondatore della società Plastikart www.plastikart.net dove lavora insieme con un'artista, Giovanna Amoroso - della quale troverete notizia al link che vi ho appena dato - e al fratello di lei, Giuseppe, mago di sculture semoventi, incantesimi di rèsina, e altri prodigi che popolano lo Studio attraversato da automi epilettici, mani malandrine, teste rotanti d'alieni.
Tracce del percorso di Istvan le troviamo anche alla Biennale del 2001, del 2003 (e anche nel 2002, nella sezione teatro) e, per tenerci alle più recenti cose di quest'anno terrestre 2003, alla Stazione Mater Dei della Metropolitana di Napoli; all' Italian Factory; all' Hebber Theater di Berlino; al Pitti Uomo di Firenze; all'Odeon-Théâtre de Paris; al norvegese Bergen International Festival e. no, ci rinuncio perché l'elencazione dei fatti e misfatti di costui è troppo lunga e finisce che qua facciamo notte.
- Benvenuto a bordo, Istvan.
- Ciao, ma qui fuori è sempre notte!
- Forse se fai scorrere le tendine nere dell'oblò t'accorgerai che non è proprio così.
- Grazie, che sbadato!
- Voglio farti assaggiare questa Bonarda Riserva Colli Piacentini Doc, vendemmia 2000 di Torre Fornello. qua il bicchiere. ecco fatto.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però noi nello spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto. interiore.insomma, chi è Istvan secondo Istvan.
- È un invito davvero inrifiutabile… ed i bicchieri di Ajka del 1932, pensavo che non esistessero più, davvero simpatico da parte tua! Ed un vino bello, tondo…allora…Istvàn è un metro e settanta, d'un orizzonte tondo, vendemmia 1968 colli d'aquila, nell'unico corpo di un confine che va sempre più stretto o forse stretto nei corpi altrui. Infatti, il 9 ottobre del ‘68 (anno di vendemmia molto scarsa, di un gelido inaspettato), mia madre fu ricoverata presso l'ospedale militare di Buda (non perché fosse militare, ma perché era il luogo sanitario più vicino) nella dodicesima circoscrizione, edificio coperto da una neve bagnata, della capitale della Repubblica Popolare di allora, nel grembo dei Karpazi, con la speranza di farmi nascere il giorno dopo del termine prescritto dagli “addetti” (forse solo per accoppiare i due numeri 10, del giorno e del mese) allora molto fieri della loro conoscenza indiscutibile, non ammettendo nessun tipo di volontà del benvenuto neonato. Nel bel mezzo di quella notte fra il 9 e il 10, durante quella bufera di neve d'autunno, forse per il freddo o forse anche per la noia di dover stare sempre nella stessa posizione, mi sono girato e mi sono presentato con i piedi in avanti con la testa verso… forse verso l'Enterprise ancora in fabbricazione, o meglio da noi più conosciuto come “Base lunare Alfa” già allora operativa. Il fatto sta che il giorno dopo, gli sconcertati “illustri addetti” mi hanno fatto nascere in via “Cesaris” ed in via Alkotàs (Creazione) numero civico 51, nella dodicesima circoscrizione, con tutto il mio dispetto alle ore 7 del mattino (presto, troppo presto!) e a 2 gradi sotto zero (freddo, troppo freddo!). La prima cosa che vidi, dalla finestra del mio albergo verderba piastrellato, fu la stazione ferroviaria del Sud, che poi in seguito (dopo 21 anni) mi portò verso il calore del sole mediterraneo, ed anche fra i tuoi ospiti. Infatti è da allora che la neve non la vedo quasi più, e non vedo nessuna stazione vicino a me che mi riporti verso il nord.
- Bene, ora sappiamo quasi tutto del tuo venire al mondo. Ma dopo che cosa è successo… chi è diventato Istvàn secondo Istvàn?
- Domanda che mi mette in grande difficoltà. Sulla carta d'identità c'è scritto libero professionista; in alcuni cataloghi: artista; nell'ambiente teatrale: scenografo; per altri; designer; per altri ancora: stakanovista. Ma mi è capitato anche la nomina di pazzo, matto, girovago, unno, svevo, barbaro, o più semplicemente “l'ungherese”. Il mio benzinaio di fiducia mi chiama dottore.
Quale preferisco?... In ungherese c'è una definizione simpatica: "szabad ùszò", letteralmente "libero nuotatore", ma sta ad indicare uno che lavora molto, però non si sa su che cosa, o meglio non è definibile la sua attività con una parola usuale; ma "szabad ùszò" ha anche un altro significato che indica qualcuno che in realtà non fa… niente.
Una delle definizioni che mi onorerebbero di più sarebbe boscaiolo, lo era uno dei miei nonni, ed era una gran bella persona.
Si potrebbe procedere anche per esclusione; per esempio: scrittore no, perché non sono certamente un Dante vista anche la mia ortografia in italiano. Servirebbe una parola che definisse qualcuno che tenta di risolvere le problematiche, le più disparate, spesso lontane dall'arte, potrebbe trattarsi, ad esempio, come togliere con un semplice sistema (in un termos) il sale dall'acqua marina per renderla potabile anche ai clandestini che si bloccano in mare. Non trovando una definizione continuo a fare sculture, scenografie, video, robotica, installazioni e altre cose strane.
- Paul Virilio attacca l'arte moderna accusandola di trascurare il corpo rappresentato con tela e colori per imporre, complici i Musei, come vincente l'immagine spettacolare della videoinstallazione fatta di foto, fasci laser, alta definizione, eccetera. Tu che ne pensi di quella critica?
- Il corpo è la più vasta e sconfinata galassia, potrebbe tentare il capitano Jean-Luc Picard per progettare nuovi viaggi e attraversamenti. Ha anche la fortuna che non è uno “spazio” esclusivo, per pochi privilegiati come noi sul bordo di quest'astronave, ma appartiene a tutti. Per molti secoli (millenni forse) l'artista guardava incuriosito l'interno di un defunto per poi poter rappresentare com'era un corpo da vivo. Finalmente, da mezzo secolo (dopo aver guardato il cadavere fin troppo), quell'artista si inventa nuovi corpi, sostituzioni, meglio ancora ricreazioni. Questi “nuovi corpi”, chiamiamoli “ujbody”, assumono poi funzione ed aspetto diversi, sono realmente vivi. I concetti con cui sono stati realizzati i quadri del ‘400 sono rimasti simili ai concetti dei creatori degli “ujbody” di oggi, l'unica differenza è data da chi li guarda, gli spettatori. Per vari motivi, diversi fra loro, non tengono conto della ricchezza che può offrire la tecnologia di oggi, o meglio se ne rendono conto, (gli è già naturale) quando usano il cellulare, Internet o un passmaker, ma in relazione con un'opera d'arte no. Sembra che per loro l'arte deve essere l'unica testimonianza del nostro passato, da visitare ogni tanto con commossa nostalgia, richiedendone la sua riproposta. Sia ben chiaro che non sono per niente contrario a nessun tipo di raffigurazione su tela ad olio o a tempera. Ma quando parliamo delle arti deve esistere solo la qualità, anche se molto rara, sia fra i quadri dipinti sia fra le installazioni tecnologiche.
E' molto difficile, dunque, parlarne generalizzando.
Certo è che nei musei ci dovrebbero essere presenti tutti, indipendentemente dagli indirizzi dei vari movimenti.
Gli spettatori sono identificabili facilmente in due tipi di osservatori; "omopossex" il possessivo e "omoriflex" il curioso.
L' omopossex vuole identificarsi, riconoscersi nell'opera. Il religioso gode davanti ai tratti della fede, il nobile si specchia nel passato, il ricco nell'opulenza; cercano conferme alla loro potenza, ricchezza, posizione sociale.
Poi esiste l' omoriflex il curioso, appartiene a una minoranza: osserva l'opera come un bambino quando cerca di togliere la carta da un suo pacco da regalo, ansioso di sapere cosa nasconde l'interno, e più difficile e faticoso da scartare è, più crescerà l'entusiasmo nel vedere il suo nuovo giocattolo del momento.
- Dai primi happenings degli anni '60 fino al flash mob dei nostri giorni, il corpo e le azioni sono usati come strumenti dell'arte. Qual è l'elemento più rilevante che noti nel cambiamento fra quelle lontane esperienze e queste d'oggi?
- “L'ujbody” come lo abbiamo definito prima, è in continua mutazione, grazie ai cambiamenti tecnosociali. La preoccupazione principale di oggi è (forse) togliere l'uomo dal corpo, creando un prototipo: uomo globale “omosglobus”. Mi hanno sempre fatto pensare le fotografie di Gerhard Riebicke, ma senza quel sorriso provinciale e movimento balbettante verso la lente, che ancora rappresentava solo il fotografo in persona come un clown, o un gigante monocolo di un circo arrivato da un paese lontano. I nostri “omosglobus” sono statici, impersonali, con movimenti rigidi da passerella, con i volti pietrificati spesso truccati o verniciati, lucidati come le macchine di serie, possibilmente nudi con i genitali ben disponibili. Non ci siamo accorti che senza un intervento specifico d'una bioscienza abbiamo già creato, con le tecnologie mediatiche, “l'androide”, “l'omusvuotus”, metà uomo metà vuoto. Se un tuo amico alieno pensasse di farci una visita dopo mille anni d'assenza, penserebbe che l'uomo è estinto sulla terra.
- Il web quale influenza ha - e, soprattutto, potrà avere - sulle arti visive?
- Farà diventare tutti artisti!
- Se però lo diventerà anche Previti, sappi che io non voglio più allora essere considerato un artista…
Le autostrade telematiche, i networks tv, internet, e altre tecnologie, sostituiranno in futuro lo spazio delle gallerie?
- In parte sicuramente sì, e vista la mia precedente risposta saremmo anche sovraffollati d'opere d'arte! Dovranno procedere a periodiche disinfestazioni, ci sarà un nuovo mestiere il "disartettatore" e ottenerne una prestazione sarà un'operazione molto costosa (vista la quantità delle opere allora presenti), esisteranno soprattutto in rete dove sarà possibile la "disartfestazione" solo con un tasto.
Poi ci saranno gli artisti virtuali: tu per 15 Euro di adesso potrai comprare la predisposizione di un opera d'arte, in seguito tu stesso la potrai creare con lo stile di un milione e mezzo di artisti differenti, oppure con 90 periodi e stili artistici diversi, includendo le possibilità future.
- In quale delle aree espressive… arti visive, teatro, musica, fumetti, letteratura, net art… noti oggi i lavori più interessanti nella sperimentazione di nuovi linguaggi?
- Mi sopravvaluti se pensi che possa tenere sott'occhio tutti.
In ogni settore ci sono dei solitari che si distinguono con la loro capacità inventiva.
Non faccio particolare tifo per nessuno di loro, parlando, ad esempio, delle arti visive.Quest'anno mi sono particolarmente piaciuti gli artisti israeliani alla Biennale, e il genio Michael Rovner. Da molti anni sono più attratto dagli artisti non occidentali.
- Per esempio?
- Per esempio videoartisti dei paesi arabi, in maggior parte donne, o di altri del territorio della ex Jugoslavia, dei paesi dell'ex unione sovietica. Tutto il medio oriente propone delle cose interessantissime. Penso che in questo momento le cose veramente importanti succedono proprio li, senza soldi, e mercanti affamati. L'arte visiva europea, quella dell'est più benestante, e l'americana, la giapponese, e pure anche cinese quella ricca, l'australiana… l'arte occidentale in genere, non propone altro che il suo stanco benessere, e seghe mentali… come spendere i soldi per fare una cosa unica, ed essere inseriti in una mostra con i più noti artisti di oggi. Ci sono veramente solo poche eccezioni e proporrei ad un tuo ospite psicologo d'estendere lo studio “Burn-out” anche alla comunità degli artisti contemporanei.
- Il teatro: un altro campo dove lavori. In un tempo come il presente in cui in scena sono assai spesso protagoniste le tecnologie, quale ruolo ritieni che abbia il teatro di parola?
- In realtà oltre l'avventura con Romeo Castellucci, e qualche isolato esperimento qua e là, non mi occupo molto di teatro. Ma quello che sono riuscito a capire è che la parola, nonostante l'invasione tecnologica, rimane all'interno delle opere sceniche.
Spesso però trasformata in linguaggi diversi come sono i suoni, o lingue inventate, o lingue trasformate in una parlata basata su giochi fonematici. Infatti ciò rientra perfettamente nell'idea di culture senza confini, lingue senza differenze, e così adesso un russo capisce perfettamente le espressioni extraverbali di un attore inglese, norvegese o italiano.
- Alla "Societas Raffaello Sanzio" sei legato da tempo con una fertile collaborazione.
Qual è la caratteristica che più t'interessa di quel gruppo?
- La rappresentazione di un mondo che ci appartiene tutti fin dall'infanzia (ma va spesso perso), a quel mondo mi sono subito sentito molto vicino, ma non lo avrei mai creato io. Una passione simile a quella che mi attirava negli studi anatomici e patologici, pur senza avere lo scopo di diventare un anatomista, un patologo, o qualcosa di simile. Molti di noi hanno delle affinità verso un specifico argomento che però non farebbe mai parte completamente della propria vita. Quello poi che mi ha attirato soprattutto è la persona di Romeo Castellucci, il suo modo di crearsi il presente esterno, ed anche quell'interno. Conoscendo lui possiamo aspettare di tutto dal suo lavoro o forse meglio non aspettarci più niente, dopo un certo punto non ci deve sorprendere, perché ci cambia la nostra visione sulle cose. Forse servirebbe proprio questo per trovarsi di fronte ad un'opera senza aspettative ed emozioni pre-concettuali, e darsi ad un osservazione puramente momentanea, come quando un neonato incomincia percepire il mondo circostante: nonostante che lo veda la prima volta, ha l'assoluta “indifferenza” verso quella realtà e la domina così come gli si presenta, senza voler dir nulla.
- Non può mancare una domanda su Plastikart. Quali sono oggi i vostri orizzonti di ricerca tecnica ed estetica?
- Ricerche estetiche non ne ho mai avute (o almeno lo spero).
Se la "struttura" di un'opera funziona, automaticamente assume un aspetto "esteticamente" valido, lo raggiunge senza faticare più di tanto. E poi, prima di tutto dovremmo trovare il significato della parola "estetica", io non ci sono ancora riuscito.
Il nostro scopo è da sempre ideare, e realizzare, i movimenti dei nostri automatismi (e i loro rivestimenti esterni) sempre più naturali, perfetti, e sempre più nascosti, più silenziosi, ed autonomi, in grado cioè di funzionare in scena senza la nostra assistenza dopo la consegna.
- Chiavi in mano, insomma…
- …sì, proprio così… e anche realizzare i lavori in maniera sempre più economica, considerando la crisi economica esistente. L'esigenza più spesso richiesta al nostro lavoro è di non avere segni cosiddetti artigianali, tutto deve sembrare industriale, “vero” come se il prototipo fosse uscito da una fabbrica di megaproduzioni, con la perfezione di una tecnologia avanzata.
Spero un giorno di poter costruire un uomo o meglio un non-uomo che, però, sarà così perfetto nei suoi movimenti e nel suo aspetto che noi risulteremo tutti falsi.
- E oltre l'automazione?
- Oltre l'automazione cerchiamo di trovare nuove applicazioni, nuovi materiali che possono avere un senso, un significato importante nell'impianto espressivo, e nell'impatto complessivo, dell'opera dove vanno a proporsi.
- Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa … che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s'intende…
- Non ti voglio deludere, (spero che mi perdonerai) ma nella "cultura" ungherese non c'è nessuna traccia di Star Trek, semplicemente perché il Partito Kàdàr non ha ritenuto quella serie idonea alla coscienza politico-sociale del popolo magiaro, oppure perché costava troppo, insomma preferivano spendere meno e comprare la "Stazione lunare Alfa".
La prima volta che vidi una puntata di ST fu dopo il mio trentesimo compleanno e, devo dirti la verità, non mi colpì particolarmente, ma adesso che mi trovo proprio qui nella tua compagnia. sai che ti dico? Forse cambierei un po' di arredamento ed architettura, un tocco qui, uno là.
- Ora siamo quasi arrivati a Zimmermànya, pianeta di gesso e chips abitato da alieni che si cibano di frames e vivono in flashback…se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia di Bonarda Riserva Colli Piacentini Doc, vendemmia 2000 di Torre Fornello… Però torna a trovarmi, io qua sto…intesi eh?
- Adesso però, non me ne vado più!
Facciamo una pausa sigaretta? Fumi anche tu, vero?
- Sì. M'arrivano col teletrasporto vagonate di Marlboro.
- …a proposito di teletrasporto, sappi che sei invitato da me a Cesena, a Plastikart, dove con il tuo permesso ti riprodurremo con lo stile “ujbody”. L'opera la esporremo in anteprima alla Biennale della Galassia Adolgisus anno 2004. E ne pubblicheremo notizia sul sito aiaiai.galassiaadolgisus-biennalebaccus.stellevinati#13-gustati/goduti/riv o luti
- Ne sono onorato.
Dopo la sigaretta ti saluterò com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga vita e prosperità!
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