L’ospite accanto a me è Gabriella Belli. Direttrice del Mart di Trento e Rovereto.
Nata a Trento nel 1952, è laureata in storia dell’arte a Bologna, e specializzata in critica d’arte contemporanea all’Università di Parma.
Nel 1981 è chiamata ad affiancare la direzione scientifica del Castello del Buonconsiglio e nell’82, in qualità di storico dell’ arte contemporanea, le viene affidato il compito d’attivare a Palazzo delle Albere il primo nucleo del museo d’arte moderna e contemporanea della Provincia Autonoma di Trento.
Dal 1982 al 1987 cura oltre 50 mostre, molte delle quali finalizzate alla valorizzazione di personalità poco note nell’arte italiana come Tullio Garbari, Luigi Bonazza, Umberto Moggioli. Nel 1987, la mostra, da lei curata, dedicata a Giovanni Segantini segna l’avvio dell’attività del Mart, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.
Nominata Direttore del nuovo Museo nel 1989, realizza numerosissime attività espositive, distinguendosi nel fare conoscere l’arte italiana all’estero, infatti, sue mostre hanno avuto accoglienza e successo in prestigiose sedi museali internazionali (Parigi, Londra, Tokyo-Osaka, Miami, Chicago, Pechino, Parigi, San Pietroburgo).
Nel dicembre 2002 sotto la sua direzione è stata inaugurata la nuova sede del Mart a Rovereto, progettata dall’architetto ticinese Mario Botta.
Commissario della Biennale di Venezia per l’edizione del Centenario del 1995 e nel 2003, sempre nell’ambito della Biennale, è stata membro della Giuria Internazionale per il premio al migliore Padiglione.
Dal 2002 al 2005 ha svolto attività didattica nell’ambito del Corso di Laurea Beni Culturali dell’Università di Trento, facoltà di Lettere e Filosofia, dove ha tenuto il corso di Storia dell’ Arte Contemporanea. Dal 2002 è Presidente dell’Associazione Nazionale dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani (AMACI). Nel 2003 riceve il Premio Internazionale Civiltà Veneta della Fondazione Masi-Verona per l’attività culturale svolta. Dal 2006 è membro della Commissione Nazionale per la promozione della Cultura italiana all’estero.
Per lavoro visito parecchi centri espositivi e credo di non sbagliare nel ritenere il Mart, oggi, in Italia, uno dei migliori. Alla continuità di valori espressivi aggiunge anche assiduità di date, ottima accoglienza, un’attrezzata biblioteca con centro internet gratuito per i frequentatori, un buon sito web, un ottimo Ufficio Stampa.
Spunto per quest’incontro è la mostra sul design italiano in corso al Mart, in quest’anno che i terrestri chiamano 2007, ma di questo parleremo fra breve.
- Benvenuta a bordo, Gabriella…
- Grazie, fammi entrare: Un po’scomodo, ma interessante, spaziale quasi come il Mart, che nella mia fantasia ho sempre immaginato come una grande astronave atterrata per caso a Rovereto.
- Sabrina Iasillo, luminosa sommellier dell’EnotecaBistrot Uve e Forme mi ha consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo Chianti dell’Azienda Agricola Podere Le Boncie di Giovanna Morgante. Chianti Classico Le Trame 2003 Castelnuovo Berardenga, Siena. Ecco come presenta questo vino nello Spacefax che mi ha inviato: “Giovanna ha tramato per avere una manciata di ettari per lei e per il suo pupillo: il Sangiovese; e poi con forza e tenerezza ha tradotto in vino l’indomabile vitigno. Non costretto alla convivenza con altre uve, risponde con un profondo e rasserenante sapore di Toscana”.
Fin qui Sabrina Iasillo… qua il bicchiere.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore…insomma, chi è Gabriella secondo Gabriella…
- Appartengo alla specie in via d’estinzione di coloro che ancora credono che la vita non sia semplicemente un destino, ma piuttosto un progetto, anche complesso, che deve essere attuato con amore e cura, attraverso la messa in campo di tutte le proprie energie, la propria volontà e soprattutto la fede tenace nei propri convincimenti.
Appartengo a quella minoranza che crede di dover far corrispondere agli ideali, comportamenti adeguati per far sì che i molti sogni diventino progetti concreti, che crede, forse con presunzione, di poter segnare un punto a vantaggio dell’esistenziale, più che del materiale. In definitiva sono una vera e propria Martiana, che ha fatto di una reale alterità, quella di vivere per esempio alla periferia dei grandi percorsi culturali, una concreta opportunità, per me stessa in primo luogo, per il mio lavoro in secondo.
- Ora che i miei avventori ti conoscono meglio, esponi in sintesi qual è, oggi, il progetto espressivo che muove il Mart…
- Essere dentro il “farsi” dell’arte contemporanea, che è come dire essere dentro la vita del pensiero e dello spirito, è da sempre l’obbiettivo del Mart. Vivere il tempo presente, certamente preservando la memoria del passato, ma guardando al futuro con la curiosità della più incondizionata passione, nella convinzione che arte e cultura sono gli unici strumenti che potranno determinare reali cambiamenti nel tessuto più intimo della nostra società. Dunque, agire al di là e al di sopra d’ogni condizionamento e d’ogni pregiudizio: così immaginiamo debba essere il nostro lavoro…nei secoli dei secoli.
- La prima cosa da fare nel dirigere oggi un Museo d’Arte contemporanea in Italia, e la prima cosa da non fare…
- Sì al capire e valorizzare i valori identitari del luogo/territorio in cui si opera e trasformarli in progetti compiuti a valenza universale, sì al riconoscersi in una rete internazionale di rapporti, sui quali misurare l’efficacia della propria specifica azione culturale, sì ad osare, mettere in campo idee nuove e a rischiare sulla propria pelle per amore della verità dell’arte.
No al cambiare rotta per inseguire la moda o facili omologazioni con musei che operano in contesti diversi, no allo sconfessare la fede nel valore morale dell’arte, no al privilegiare la quantità alla qualità, no all’annullarsi nei panni del manager, credendo che l’arte-prodotto faccia necessariamente il bene dell’arte-cultura.
- Si parla spesso di privatizzazione anche rispetto a Musei d’Arte contemporanea.
Come la pensi al proposito?
- Una società che ha davvero “a cuore” il futuro del proprio patrimonio artistico e culturale, sia esso costituito da beni materiali che dal pensiero immateriale della creatività letteraria, poetica, dunque culturale in senso lato, non dovrebbe rinunciare a mio parere all’onere del suo “mantenimento”, previa la perdita di quel valore di libertà, che mi pare indissolubilmente legato al significato stesso di cultura.
Oggi si parla molto di privatizzazione dei musei, ma il pensiero che soggiace a quest’ipotesi non è sempre chiaro e condivisibile: in una società sempre più condizionata dai valori materiali, in una società che deprezza i valore umanistici a tutto vantaggio di quelli meramente economici, l’intervento del privato, capace di applicare leggi dell’economia aziendale alla gestione dei contenuti dell’arte mi preoccupa molto.
Penso che sono tempi difficili se il “pubblico” pensa di abdicare ad un dovere primario di responsabilità morale nei confronti della crescita civile della sua comunità, dunque di abdicare alla salvaguardia di quei valori di libertà, tolleranza, oggi possiamo anche dire multietnicità, che sono indispensabili per lo sviluppo di un pensiero libero.
- Vorrei che tu mi parlassi della mostra che s’è da poco aperta al Mart sul design italiano, intitolata “Modo italiano”, che chiuderà il 3 giugno 2007
Quale la particolarità che la distingue da mostre simili allestite altrove in passato?
- “Modo Italiano” presenta una ricchissima carrellata (saranno oltre 350 le opere esposte) nella storia del design italiano, dall’inizio del Secolo XX ad oggi. Sgomberiamo subito il dubbio: la mostra non è una delle tante mostre sul Made in Italy, ma, invece, una originalissima proposta di rilettura inedita del miglior design italiano messo a confronto con le arti visive, pittura e scultura in particolare. La proposta, frutto di un progetto di ricerca curato da Giampiero Bosoni e Guy Cogeval, e co-prodotto dal Mart con il Montreal Museum of Fine Arts e l’Ontario Museum of Toronto, offrirà un panorama per nulla scontato della storia del gusto e della creatività italiana nel campo della ricerca delle nuove forme, siano esse destinate a creare un oggetto d’uso quotidiano, dalla sedia al mobile, dal vaso alla caffettiera, dal lampadario al frigorifero, siano esse protagoniste della ricerca artistica d’avanguardia tout court, dai divisionisti ai futuristi, dal novecento all’astrazione, dall’informale al realismo, dall’arte povera alla transavanguardia, per giugere fino ai giorni nostri. Il percorso della mostra ci permetterà dunque di capire e ricordare come abbiamo vissuto negli ultimi 100 anni, quali oggetti hanno abbellito o reso più semplici la nostra vita ma anche quanto lo “stile” di un’epoca sia stato e tutt’ora è influenzato dalla ricerca artistica, soprattutto dalle forme d’arte più coraggiose e più sperimentali.
- "Da quando i generali non muoiono più a cavallo, non vedo perché i pittori dovrebbero morire davanti al cavalletto" disse Duchamp. Esprimersi oggi su tela e colori, lavorare con quei materiali, ha ancora un senso?
- Assolutamente sì, la pittura con tutte le varianti possibili ed immaginabili, non cederà il passo all’immateriale dell’etere e del web: persistono, oggi come ieri, ottime ragioni per cui essa ha tuttora una straordinaria capacità di rappresentazione del senso e del significato dell’esistenziale nel mondo. Non è certo indice di debolezza della pittura, il fatto che pochi giorni fa, un quadro dell’inglese Peter Doig, un vero pittore di poco più di 45 anni, che utilizza tela e pennello, è stato acquistato all’asta di Londra per la cifra iperbolica di 5 milioni di sterline!
- Dai primi happenings degli anni ’60 fino alla performance detta ‘flash mob’ dei nostri giorni, il corpo e le azioni sono usati come strumenti dell’arte. Qual è l’elemento più rilevante che noti nel cambiamento fra quelle esperienze e queste di oggi?
- Oggi a mio avviso manca quel grado di sofferenza e angoscia, che ha segnato nei decenni passati l’uso del corpo come fatto artistico, ma anche politico e ideologico. La spettacolarizzazione del flashmob è un fenomeno in linea con i nostri tempi e non porta con sé quella ferina volontà di “farsi del male” che fu espressione di un disagio epocale, generazionale ben più profondo e violento di quell’odierno: in verità ciò che è cambiato, da ieri ad oggi, è il valore dell’esperienza-vita, in passato portata ad apici di criticità sofferente, fortemente interiorizzata, ora pericolosamente succube dell’estasi del flusso continuo delle immagini mediatiche, che hanno sostituto l’esperienza reale della vita con la sua rappresentazione.
- Baudrillard definisce “estasi da Polaroid” quella voglia tutta nostra contemporanea di possedere l’esperienza e la sua oggettivazione. A tuo parere, questo desiderio che assilla (o anche delizia) l’uomo d’oggi è, oppure non è, all’origine del nuovo consumo delle immagini?
- Credo che in tutta la storia del collezionismo, esperienza e sua oggettivazione, siano sempre state contestuali alla sindrome del possedere, che è appunto la malattia che assilla colui che vive d’arte. Certamente in passato tutto questo era un sogno irraggiungibile, la cui rinuncia chiedeva un profondo atto d’umiltà. Oggi, che nulla nega questo piacere, ne facciamo spesso un uso smodato, azzerando crudelmente il valore dell’esperienza nella pratica morbosa della sua oggettivazione, che ci allontana sempre più dalla vita.
- Vedi – e, se sì, in che cosa lo identifichi - un rapporto fra le avanguardie storiche e le nuove ricerche espressive dei nostri giorni, computer compreso?
- Penso che tutti i grandi sperimentatori del passato, a partire dai nostri futuristi, avrebbero utilizzato con grande gioia i nuovi strumenti tecnologici, capaci di superare quelle barriere di comunicazione ma anche di rappresentazione del senso, che hanno in qualche modo condizionato la ricerca dell’avanguardia storica, ponendo dei limiti all’epoca invalicabili. Pensate quale meravigliosa interpretazione della teoria boccioniana del dinamismo plastico si sarebbe potuta realizzare utilizzando il computer!
- Le autostrade telematiche, i networks tv, internet, e altre tecnologie, sostituiranno in futuro lo spazio delle gallerie?
- A mio parere non saranno le autostrade telematiche e quant’altro a decretare la fine del ruolo della galleria, quanto piuttosto la riduzione tragica del valore culturale dell’arte in mero valore economico, cosa di cui è segno manifesto, già dall’inizio degli anni Novanta, l’entrata in scena con spettacoli pirotecnici delle case d’asta internazionali, che cannibalizzano il mercato, ormai trasformato in un business di proporzioni universali, senza offrire quella fondamentale consulenza culturale, che le gallerie da sempre hanno dato ai loro collezionisti, facendo naturalmente del business, ma nello stesso tempo creando conoscenza e cultura attorno all’arte.
Dunque se l’arte e il collezionismo continueranno ad essere primariamente un valore culturale e permarrà nei collezionisti il desiderio di conoscere, approfondire e dare senso alle proprie pulsioni intellettuali ed emozionali attraverso l’arte, la galleria continuerà ad avere una precisa funzione, anche in presenza di attori concorrenti ad alta capacità tecnologica. Diversamente essa sparirà dal sistema o interpreterà un ruolo del tutto residuale, soverchiata dalla forza dell’organizzazione economica “globale” di altri soggetti e anche dalla forza di penetrazione a tutto campo della comunicazione telematica.
- Il web quale influenza ha - e, soprattutto, potrà avere - sulle arti visive?
- E’ una tecnica, uno strumento innovativo straordinariamente efficace per comunicare col mondo, per essere in ascolto del mondo, con un’azione transitiva, ovvero interattiva d’indubbio valore culturale. Mi piace perché proprio grazie al web si profila un futuro possibile per l’arte, che supera la materialità delle opere, oggi oggetto troppo spesso di una pericolosa mercificazione.
- Hai in futuro intenzioni d’allestire mostre dedicate esclusivamente alla Net-Art?
- Sicuramente. Proprio nella mostra in programma per l’inverno 2007-08, che esplorerà la relazione tra arte e scrittura dalle avanguardie storiche ad oggi, inseriremo una sezione ampiamente dedicata alla Net-Art.
- Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
- “ Non ho l’età, non ho l’età per amarti…”
- Siamo quasi arrivati a Bèllya, pianeta visivo e visionario abitato da alieni che comunicano telematicamente fra loro solo attraverso forme e colori… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Chianti “Le Trame” consigliata da Sabrina Iasillo dell’Enoteca “Uve e Forme” di Roma… Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
- Certamente… sempre che i “Martiani” riescano a sopravvivere…
- Li ritengo immortali. Ora ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!
È possibile l'utilizzazione
di queste conversazioni citando
il sito dal quale sono tratte e menzionando il nome dell'intervenuta.
Vi preghiamo di non richiedere alla redazione recapiti telefonici, mail o postali dei nostri ospiti che non dispongano di un sito web; non possiamo trasmetterli in ottemperanza alla vigente legge sulla privacy. |
|