L'ospite accanto a me è Renato Nicolini.
Assessore alla Cultura a Roma tra la fine degli anni '70 e gli inizi
degli '80, rivoluzionò il modo d'intendere la politica culturale
degli enti pubblici. Imitato da più parti, ancora oggi. Talvolta
in modo maldestro, oggi più di ieri. E' stato Assessore all'Identità
a Napoli, dove facendola complicata chiamano così l'assessorato
alla cultura, correndo il rischio di trovarsi l'anticamera popolata
da smemorati di Collegno e qualche smarrito Mattia Pascal.
Renato è anche docente di Composizione Architettonica presso
l'Università di Reggio Calabria, ma aldilà di questi ruoli
istituzionali, la sua presenza si caratterizza come scrittore, poeta,
performer.
Fittissima la sua presenza sul web, mi limito, sennò facciamo
notte, a segnalarvi il sito http://www.palaexpo.com,
troverete molte schede di presentazioni delle mostre, dove è
possibile rintracciare il suo pensiero anche aldilà di quelle
occasioni di scrittura.
Per sapere di titoli di suoi libri www.unilibro.it
Per altre notizie non dovete fare altro che metterne il nome sui motori
di ricerca e questi lavoreranno per voi.
- Benvenuto a bordo, Renato
- Ciao Armando
- Voglio farti assaggiare questo Sassella '98 dei Conti Sertoli Salis
qua il bicchiere
ecco fatto.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne
la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però
noi nello spazio stiamo, schizziamo "a palla", la cosa che
sto per dirti io l'ho già fatta minuti fa, anche tu, in poche
battute, trasmetti sulla Terra il tuo ritratto
- Sono nato il 1° marzo 1942, in tempo di guerra. La mia prima infanzia
ha coinciso con il 25 luglio, l'8 settembre, i bombardamenti sul quartiere
San Lorenzo e a Frascati, Roma città aperta. Per molto tempo,
quando si spegneva la luce o sentivo un rumore forte, ho gridato "Bombe!
Bombe!!". Il mio primo ricordo è la cantina di casa usata
come rifugio dove tutte le famiglie scendevano all'allarme. Proprio
di fronte a via delle Milizie, c'era una caserma tedesca; e poiché
avevo più di una volta gettato oggetti dal balcone, mia madre
temeva che qualcosa finisse sull'elmetto di qualche soldato. Poi osservavo
preoccupato la dispensa dove i miei conservavano la farina, chiedendomi
"E quando finirà?
"
Potrei proseguire come nel Tristam Shandy
dalla nascita
mi si sono incise le caratteristiche del mio carattere: la paura, la
curiosità, una fame atavica, la fame di chi quando cadeva il
pane lo raccoglieva e lo baciava
- Ora partiamo da uno dei territori, non sono pochi, ai quali appartieni:
l'architettura.
Sotto la dizione di postmoderno vedo insieme troppe cose; ad esempio,
architetti, pur in sintonia fra loro, approdano a sponde espressive,
non solo per stile personale, molto diverse.
E' tentabile una più precisata scansione di quella tendenza?
- Da qualche tempo preferisco l'e-e di Roberto Venturi all'o-o
del movimento moderno.
Penso però che il postmoderno sia stato più il frutto
di un equivoco a più voci che non una tendenza. Allo stesso modo,
penso che il decostruzionismo, oggi in voga, sia più un'invenzione
intelligente di Philip Johnson che ha riunito per una mostra personalità
in realtà molto diverse fra loro.
- Le tue preferenze?
- Ti dirò
descrivendo una possibile genealogia promiscua
del mio gusto: Adolf Loos, Mel'nikov, Mies van der Rohe, Luis Barragan,
Louis Kahn, Tadao Ando, Aldo Rossi
in Italia, a Terragni credo
si debbano aggiungere Vaccaro, De Renzi, Libera, Moretti.
Ma qualche volta penso sia difficile sfuggire a questa contraddizione:
architettura e città si richiamano reciprocamente, e la città
tende oggi a perdere la propria localizzazione, il proprio rapporto
con la natura, con il luogo, con la storia. La città del senso
comune è composta di parti che possono essere assemblati come
i pezzi del Lego, non hanno relazioni se non con se stesse: la periferia
di casette unifamiliari a schiera, il mall, il multiplex
- Mi dicono che passare dall'architettura alla multimedialità
non è senso vietato. Ci proviamo? Tanto anche se lo fosse, quassù
chi ci vuoi che ci veda
multimedialità è un termine
che ha avuto tanto successo da provocare un abuso. Una tua definizione
di quel termine
- Stiamo fermi all'etimo. Multimediale è un discorso comunicato
con diversi media.
Anche se viviamo nell'epoca dell'informatica, che fa impallidire la
vecchia regina telematica, e che strutturerà, non diversamente
dall'invenzione della stampa, in modo ancora diverso il nostro modo
di pensare
- Confidami una cosa sottovoce: l'arte elettronica, la vedi come una
smaterializzazione del corpo fisico delle arti così come le conoscevamo?
Oppure una mutazione genetica?
- Non una mutazione genetica. Per tranquillizzarmi penso che l'elettronica
è conforme al modo nuovo in cui dobbiamo vedere il corpo. Il
Rinascimento lo vedeva armonico e pieno, noi lo vediamo caotico e vuoto
- Occhio di lince, dimmi in quale delle aree espressive vedi oggi i
lavori più interessanti nella sperimentazione di nuovi linguaggi?
- Ahimè, non so navigare in Rete. Dico questo perché
è proprio lì che si svolgono le cose più interessanti.
Altrove vedo piuttosto esempi di manierismo o di dissoluzione, salvo
naturalmente la cultura trash, off, marginale. Ma quella è una
mia fissazione, non un giudizio critico
- Lo ammetto, sono indiscreto, voglio sapere se condividi oppure no
la posizione di Popper contro la tv?
- Per niente, e non solo in questo non condivido ciò che pensa
Popper, che mi sembra l'uomo che uccise Liberty Valance, quello che
pensa di essere stato il killer del marxismo, che invece è crepato
per altre ragioni
- Sei il fondatore di una delle più celebrate rassegne cinematografiche,
quella di Massenzio, che tra le prime ha dato spazi di visibilità
anche a coloro che allora si chiamavano filmakers.
Vengono oggi girati molti cosiddetti "corti", si sono affacciati
anche in programmazione nelle sale.
Come giudichi il momento attuale di quella produzione?
- Meglio, molto meglio i corti dei lunghi, per quel che riguarda il
cinema italiano.
Se la visione del cinema si svincola dallo spettacolo nelle sale, è
ovvio che nascano nuovi formati del film. Oggi questa produzione comincia
a trovare il suo mercato, anche anfibio, tra televisioni e musei d'arte
contemporanea, festival e abbinamenti a film.
E' molto interessante
- Oltre ad averne favorito le produzioni, anche come autore e performer,
ti sei interessato al teatro di sperimentazione praticandolo, pure alla
radio; lo dico per i tuoi fans ai quali mancasse questo dato.
Insomma, teatro di sperimentazione, e poi con i fatali prefissi neo,
post, trans
insomma, che cosa vuol dire "teatro di ricerca"
oggi? Continua a piacerti come un tempo?
- Al Palazzo delle Esposizioni, abbiamo replicato La storia della
Beata Loretta Barbuta, dove ho recitato nel ruolo del Re pagano
Fulvafronte. Sono stato molto soddisfatto del costume che ci ha prestato
il Teatro dell'Opera, del testo e della regìa di Marilù
Prati. Recitavo girando gli occhi come Aldo Fabrizi in "Francesco
giullare di Dio" e prima ancora Petrolini. Ma tutto lo spettacolo
ha voluto essere un omaggio ad una grande figura dimenticata: Donato
Sannini. Sempre con Marilù, ho fatto "Patria e Mito",
un testo che unisce i miti greci e la fievole memoria del nostro Risorgimento,
attraverso due poesie di un mio avo immaginario, Angelo di Nicolino,
il "picciotto di Marsala che si attaccò immediatamente al
mantello rosso di Garibaldi", e che "fu chiamato il poeta
contadino", le poesie erano: L'Ulivo pianta prodigiosa e
Ode anacreontica alla pizza Margherita.
Insomma mi piace mettermi in gioco.
Invece a teatro mi diverto sempre meno. "India" mi era piaciuta,
così come "I dieci comandamenti" di Martone, ma tutto
è finito. Vuol dire che vedremo in scena Pedullà, nella
parte dell'Idolo di sé stesso.
Ho anche perso fiducia in una legge di riforma, dopo quel che è
successo con la legge Veltroni, che per strada è diventata un
pachiderma. L'unica cosa che potrebbe farmi piacere, dal punto di vista
istituzionale, sarebbe la decisione (improbabile) del Ministero d'istituire
il Teatro di Ricerca di Leo De Berardinis. Ne farei volentieri il Presidente.
- Il Palazzo delle Esposizioni, diventato Azienda Speciale del Comune
di Roma dall'estate 1998, con la tua Presidenza e la valida direzione
di Emanuele Bevilacqua, ha ottenuto molti consensi.
Ti ritieni soddisfatto dei risultati raggiunti?
- No, non sono soddisfatto. Anche se penso che abbiamo fatto il massimo
possibile.
Occorrerebbe che il Comune di Roma aggiornasse il piano in base al quale
il Palazzo è stato costituito in Azienda. Occorrerebbero dei
partner privati i quali sapessero valorizzare il Palazzo - sfruttandone,
ad esempio, la posizione centrale in città - come luogo di eventi.
E poi sarebbe necessaria una strategia dell'Italia per valorizzare la
propria creatività. Oggi ci sono troppe strutture, solo a Roma:
Palazzo delle Esposizioni, Quadriennale, Galleria Nazionale, Galleria
Comunale, il Centro per le Arti di via Guido Reni, Scuderie del Quirinale,
Mattatoio
vado avanti?
- No, ti prego, per me basta così
-
è con questo pacchetto di mischia che vogliamo confrontarci
con il Guggenheim, con la Tate Gallery, con il Centre Pompidou, eccetera?
- Proprio perché l'Enterprise naviga nello spazio, cerco di
fare anche domande che rimandino alla Terra, ma non proprio terra terra.
Pareri, suggerimenti, o anche insulti, che dall'Enterprise sono trasmessi
ai dirigenti delle Istituzioni, come quelle, ad esempio, qui coinvolte
nella nostra conversazione
che cosa consigli loro di fare?
- Cosa si potrebbe fare? Non dico di unificare, ma di coordinare le
diverse istituzioni, da sette farle divenire due o tre. E poi imparare
da Los Angeles: il temporary contemporary non era nello stesso
luogo dove si costruiva il Museo d'Arte Contemporanea. Perché
fare le mostre a via Guido Reni? Se ci sono mostre, si ritarda il cantiere.
Meglio usare un altro luogo, magari tre, il Palazzo, il Mattatoio, le
Scuderie, che sono luoghi pensati apposta per le mostre, le performances,
eccetera
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci,
chiedo una riflessione su Star Trek
che cosa rappresenta secondo
te quel videomito?
- Ho conosciuto Leonard Nimoy che è venuto ad ascoltarmi a Los
Angeles dove nel 1987 ho tenuto un symposium sul tema "Los Angeles
after dark: dream or reality".
Dopo che avevo spiegato che poteva essere soltanto un incubo, è
venuto a stringermi la mano, sempre che abbia capito la mia lingua,
un inglese molto soggettivo
- Siamo quasi arrivati a Nicolynya, pianeta fantasioso abitato da alieni
icastici, se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo
qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia di
Sassella '98 dei Conti Sertoli Salis. Però torna a trovarmi,
io qua sto
intesi eh?
- La prossima volta,di bottiglie preparane due!
- Vabbè, ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga
vita e prosperità!
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