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Un bar notturno dove gli avventori si conoscono tutti fra loro. Più per nome che per cognome.
Da un vecchissimo juke-box in fondo alla sala,
provengono le note della canzone che vi aggrada.
In Primo Piano, Adolgiso parla con i suoi amici di sempre, sfaccendati o peggio.

 

Calci folli

 

… d’accordo ve lo avevo promesso. Secondo altri, minacciato.
Vi leggerò la seconda parte di quella mia composizione trasmessa da RadioRai anni fa.
Coloro che non c’erano l’altra volta, possono ascoltare la registrazione di quella serata QUI.

Giusto per quelli che non c’erano, ripeto adesso quanto dissi l’altra sera.
A volte ho detto che mai mi sono macchiato della colpa di scrivere poesie, in parte è vero e in parte no. Perché talvolta è capitato che abbia composto versi. Naturalmente perché ne avrei ricavato quattrini. A Radiorai, per esempio, in occasione di non ricordo quale inizio di campionato di calcio, fu trasmesso in più puntate un mio poemetto intitolato “Il campionato che viene tra poco passerà”. La Siae paga bene i versi trasmessi dalle radiotelevisioni e ben lo sapevo proponendo quella cosa lì proprio in versi e non in prosa.
Quella composizione fu recitata da Dario Penne e s’avvalse di musiche originali di Guido Zaccagnini…

 

 

Squillò il telefono: il Presidente portò il ricevitore alla sua orecchia storta
e con la grassoccia mano libera, al telecronista che assentiva,  indicò la porta.
Svegliatomi, m’accorsi che il mio telefono squillava
e uscii  così da quell’incubo dall’oscura lava
come s’esce dalle derive magnetiche del sogno
e  dici: sto morendo salendo, o scendendo m’infogno?
Quel sogno, però,  più d’un dubbio m’aveva insinuato:
e, se le cose stessero come aveva detto il Presidente?
Allora tutto  quello che si vede e tutto quello che si sente
sarebbero finzioni, carme presunto,
storia universale dell’infamia,
cronache immaginarie della sorte,
antologia personale di un modello per la morte ?1
Non sono contro la nuova tecnologia, via!, mi capite:
ma ne temo chi vuol rubare cose alle nostre vite.
Essere è percepire,
ma non guasta anche... un po' capire.
Le perplessità mie le espressi ad alta voce
e sentii l’Eco che da lontano mi rispose:
“Con la realtà virtuale
i simulacri si sostituiscono direttamente alla realtà
e più questa s’invera come tale,
tanto più assistiamo alla scomparsa del reale.
La fuga dal mondo non è solo un accidente individuale
ma un vero e proprio accidente culturale.
Ma non preoccuparti adesso più di tanto:
giorno verrà in cui qualcuno riapre gli occhi: li fissa su una pianta
o guarda dritto col cannocchiale nel volto della Luna
forse stando sulla punta dei piedi sull’alto di una duna”.2
Ma mi sconsolai ancor di più a sentire tutto  ciò
perché,  chi mi dice  - pensai -  che io quel giorno ci sarò ?
C’è chi oggi s’oppone a questo bel macello,
ma io manco di lui mi fido, mica lo trovo bello:
blatera, ironizza, arringa, s’incazza, fa l’artista...
a me ricorda Bacamarte l’alienista
- la storia la raccontò Machado3
scrittore mulatto brasilero con le lenti a pince-nez
che amava Luciano, Swift, Montaigne e Flaubert -
L’alienista Bacamarte, antipsichiatra precursore,
di quella scienza ne sparava i razzi
e nel manicomio di Itaguaì
non c’erano soltanto i pazzi,
perché vi rinchiuse i bizzarri un po' così,
poi  vi recinse i normali di mente
e alla fine vi recluse se stesso. Giustamente.
Ma dove navighiamo fra un certo dire e un incerto fare?
visto che in mezzo oceani nisba, e simulato è il mare?
Ma è tempo di calcio e di calcio occorre parlare.

 

Grazie, grazie, troppo buoni. Basta applausi…. Ma che ora s’è fatta?... ‘azzo!… s’è fatto tardi… domattina ho una sveglia terribile, devo alzarmi per mezzogiorno… ‘Notte… buonanotte a tutti.

 

1 Da “Finzioni” a “Un modello per la morte”, titoli d’opere di J.L. Borges

2 Brano tratto da una “Bustina” di Umberto Eco

3 Machado de Assis, autore di “L’alienista” di cui Bacamarte è lo psichiatra protagonista

 


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