Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ho rivisto il giardino, il giardinetto
contiguo, le palme del viale,
la cancellata rozza dalla quale
mi protese la mano ed il confetto...
Sempre ch'io viva rivedrò l'incanto
di quel suo volto tra le sbarre quadre!
La nuca mi serrò con mani ladre;
ed io stupivo di vedermi accanto
al viso, quella bocca tanto, tanto
diversa dalla bocca di mia Madre!
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
"Una cocotte!..."
"Che vuol dire, mammina?"
"Vuol dire una cattiva signorina:
non bisogna parlare alla vicina!"
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender no la può chi no la prova;
Una cocotte…
"Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
Sei qui pei bagni? Ed affittate là?"
"Si... vedi la mia Mamma e il mio Papà?"
Subito mi lasciò, con negli sguardi
un vano sogno (ricordai più tardi)
un vano sogno di maternità...
E par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: <Sospira!>.
Oimè! Da che non giova il tuo belletto
e il cosmetico già fa mala prova
l'ultimo amante disertò l'alcova...
Uno, sol uno: il piccolo folletto
che donasti d'un bacio e d'un confetto,
dopo vent'anni, oggi, ti ritrova
in sogno, e t'ama, in sogno, e dice: T'amo! |