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Un bar notturno dove gli avventori si conoscono tutti fra loro. Più per nome che per cognome.
Da un vecchissimo juke-box in fondo alla sala,
provengono le note della canzone che vi aggrada.
In Primo Piano, Adolgiso parla con i suoi amici di sempre, sfaccendati o peggio.

 

Una vita per lo Zar

Scommettiamo un Campari che non conoscete tutta la storia di un singolare incontro storico con lo Zar Nicola II?
La raccontai anni fa a Radio Rai dove scrivevo un programma che aveva la finalità d’illuminare aspetti meno noti di grandi episodi. Pezzi brevi, due o tre minuti, recitati da un attore su musiche di Guido Zaccagnini.
Come?... recitare adesso quella storia?... non se ne parla proprio… visto che ora è?... m’offrite una birra alta?... se è così non posso rifiutare. Allora ascoltate.

 

ll 31 ottobre 1895, ad Alsof, negli Urali, era previsto l’arrivo dello Zar Nicola II, salito al trono l’anno prima, alla morte del padre Alessadro III.
In città si allestivano grandi festeggiamenti, in molte case fervevano preparativi per recarsi ad accogliere il Sovrano, e anche la famiglia Ermakov si predisponeva alla festa.
Il giovanissimo Pjotr Ermakov, era molto eccitato all’idea di vedere da vicino lo Zar, anche per effetto dei tanti racconti ascoltati del padre che era stato ufficiale nell’esercito di Alessandro III.
Nella sua mente, l’immagine di quella grande autorità che governava il paese, assumeva caratteristiche fiabesche: fantasticava sugli abiti, il portamento, le armi, la guardia d’onore dello Zar.
Ispirandosi ad una stampa popolare, fece anche un riuscito ritratto di Nicola II, e quell’effigie fu motivo d’orgoglio in famiglia.
All’ultimo momento, però, per sopravvenuti impegni di governo, la visita fu annullata e ci fu molta delusione tra i cittadini, per il ragazzo, poi, l’amarezza fu tale da indurlo alle lacrime.
Per molto tempo, quell’occasione perduta venne ricordata da Pjotr con grande rammarico.
Parecchi anni dopo, il giovane Pjotr, si trovò di passaggio a Mosca, era la prima volta che lì si recava, e apprese che ci sarebbe stata una parata militare alla quale avrebbe partecipato lo Zar. Dentro di sé provò quasi la stessa emozione d’un tempo, decise d’assistere a quella sfilata, ma poco pratico della città, sbagliò più volte strada e quando giunse nel luogo giusto era troppo tardi.
“E’proprio destino”  - si disse -  “che io non debba vedere da vicino lo Zar!”.  Ma... si sbagliava.
Egli, non solo riuscì a vederlo, ma anche ad incontrarlo, e a poca distanza da Alsof, la sua città.
Toccò a lui, infatti, ormai adulto, e militante del partito bolscevico, il 16 luglio del 1918, su ordine del commissario politico Jurovskij, sparare con una Mauser su Nicola II uccidendolo, e poi finire anche tutti gli altri della famiglia dei Romanov prigionieri ad Ekaterineburg, negli Urali.
Con pochi fidati, Pjotr Ermakov, stese su tre fasci di legna i cadaveri, li innaffiò con benzina ed acido solforico,  poi vi lanciò sopra una torcia accesa.
Di quei corpi ne fissò soprattutto uno: quello dello zar, fin quando di lui rimase solo cenere: era la notte fra il 17 e il 18 luglio 1918; un quarto di secolo dopo il primo mancato incontro, Ermakov, aveva finalmente incontrato lo Zar  (che, volentieri, avrebbe evitato quel rendez-vous).
Pjotr, bevve un sorso dalla sua bottiglia di vodka e si allontanò pare dicendo: “Lo Zar...però!...me lo aspettavo diverso!”.

 

Grazie, grazie, troppo buoni. Basta applausi…. Ma che ora s’è fatta?... ‘azzo!… s’è fatto tardi… domattina ho una sveglia terribile, devo alzarmi per mezzogiorno… ‘Notte… buonanotte a tutti.

 

 


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