Un bar notturno dove gli avventori si conoscono tutti fra loro. Più per nome che per cognome.
Da un vecchissimo juke-box in fondo alla sala,
provengono le note della canzone che vi aggrada.
In Primo Piano, Adolgiso parla con i suoi amici di sempre, sfaccendati o peggio.
Scommettiamo un Campari che non sapete che cosa accadde negli ultimi anni a Luigi Russolo?... il sollevatore di pesi?!... ma che dite!... Russolo, il musicista… no eh?... nessuno?... in questo bar si legge solo il Corriere dello Sport!
Ne raccontai anni fa a Radio Rai, dove scrivevo un programma con la finalità d’illuminare aspetti meno noti di certi episodi della storia e della cronaca. Pezzi brevi, 2’ o 3’00”, recitati da Giancarlo Cortesi su musiche di Guido Zaccagnini.
Come?... recitare io adesso quella storia?... non se ne parla proprio… visto che ora è?... mi offrite una birra alta?... se è così, non posso rifiutare. Allora ascoltate
Il 4 febbraio 1947, moriva Luigi Russolo, uno dei primi a conferire al rumore dignità musicale.
Agitato e tumultuoso, come s’addiceva ad ogni buon futurista, praticò esperienze che, non a caso, interessarono Varèse e Hoenegger, mentre Pierre Schaeffer ne riconobbe la paternità in alcuni tentativi fondamentali per la musica concreta, pur ridimensionandone gli esiti.
Russolo, nel 1913, così scriveva all’amico Balilla Pratella: “...noi abbiamo amato e gustato le armonie dei grandi maestri del passato, ora ne siamo sazi e godiamo di più nel combinare rumori di tram, motori a scoppio, filande, tipografie, saracinesche, aerei, ferrovie sotterranee ...”
Apostolo dell’inquinamento acustico, si pose all’opera e costruì particolari marchingegni chiamati intonarumori. Dopo prove che non resero lieti i vicini, perché il volume dei suoni non aveva niente da invidiare ad una odierna banda rock di heavy metal, debuttò con i suoi congegni nell’aprile del 1914 al Teatro dal Verme di Milano, esibendosi in un concerto dove il frastuono era affidato a strumenti chiamati: stropicciatore, sibilatore, ronzatore, scoppiatore, ululatore, latratore e così via strepitando, ma il baccano degli inferociti spettatori pare superò i decibel degli Intonarumori.
Russolo andò poi all’estero - i maligni dissero che non aveva altra scelta per salvare la vita - e, coraggiosamente, sfidò nuove platee, assordandole a Londra, Berlino, Vienna, Mosca e Dublino.
Tornato sano e salvo in patria, nel 1931, brevettò il russolophon e poi...e poi che ne è di Russolo ?
Già, perché qualcosa di inedito accadde nella sua vita, avvenne una sorta di conversione, addirittura, forse, un pentimento, per il tanto rumore - intonato o no - prodotto fino allora.
Di colpo, eccolo, infatti, abbandonare per sempre la musica, tornare all’arte silente della pittura, dedicarsi all’altrettanto silenzioso yoga, applicarsi allo studio taciturno delle scienze occulte, praticando tutto ciò, in Spagna, in una località periferica di Tarragona, ben lontana dal chiasso del porto e delle industrie di quell’operosa città.
Ma, evidentemente, quel silenzio non gli sembrava ancora sufficiente, e si trasferì nella pace di Cerro di Laveno, calmo paese nei pressi del quieto Lago Maggiore dove, a 62 anni, scomparve.
Voci non confermate storicamente, affermano che poco prima di morire, sussurrasse: “Il resto è silenzio”.
Grazie, grazie, troppo buoni. Basta applausi…. Ma che ora s’è fatta?... ‘azzo!… s’è fatto tardi… domattina ho una sveglia terribile, devo alzarmi per mezzogiorno… ‘Notte… buonanotte a tutti.
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