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Un bar notturno dove gli avventori si conoscono tutti fra loro. Più per nome che per cognome.
Da un vecchissimo juke-box in fondo alla sala,
provengono le note della canzone che vi aggrada.
In Primo Piano, Adolgiso parla con i suoi amici di sempre, sfaccendati o peggio.

 

acronimi folli

Il  2  luglio 1981, un signore che chiameremo XY perché potrebbe non gradire sentire citato il proprio nome in questo racconto (è vivente, e capo di un ufficio stampa), affrontò gli esami per diventare giornalista professionista. Anticipiamo subito che gli andò male.
Così anche altri tentativi, e mai raggiunse la meta, però continuò a collaborare da giornalista pubblicista con alcuni quotidiani.
Ma torniamo a quella sua prima infelice prova. Per affrontare lo scritto  – sentendosi poco preparato – s’era provvisto della ben nota “cartucciera”,dove erano occultati articoli su vari argomenti.  
Allorché fu detto che bisognava misurarsi sulla composizione del titolo in un articolo, esultò perché ben ricordava di possedere quanto gli occorreva. Si trattava di un pezzo in cui venivano satireggiate certe modalità di titolazione dei giornali. Lo scritto apparteneva all’arguto Paolo Monelli, ma il nostro XY non lo sapeva, perché strappando maldestramente quelle pagine da una rivista letteraria, ne aveva estirpato il nome dell’autore.
L’esaminando, dopo un banale preambolo di sua scrittura, così continuò copiando pari pari.
“L’endecasillabo, il grande verso dei poemi in ottave e dei versi sciolti, della Commedia e dell’Infinito; lo si ritrova perfetto, sia pur vergato da somari, in molti titoli dei nostri giornali.
Tolgo dalle cronache delle calamità naturali: Turchia: la neve dopo il terremoto. Date alle fiamme le città distrutte. Furiosi incendi sulla Costa Azzurra. Sempre più infetto il mare dei romani.
Può avvenire che la stessa notizia stimoli in due gazzette diverse il redattore titoliere. E così abbiamo avuto: Nuove pesanti condanne ad Atene (l’endecasillabo con l’accento sulla quarta, settima e decima rende bene l’incubo e l’angoscia); questa informazione altrove, aveva un titolo decasillabo (ed anche questo verso conviene allo stile triste e luttuoso) e così: Quattro dure condanne ad Atene.
I vizi ed il sesso: Ma quel chilo di coca a chi serviva? - L’asparago è davvero afrodisiaco?
Spesso avviene che all’empito lirico di chi titola, un solo verso non basta e trabocca in un secondo e, a volte, in un terzo, formando poemetti che hanno efficacia e colori da cantastorie: Sogna la moglie uccisa da un gorilla / si ridesta e la trova strangolata. /// Misteriosa morte d’una vedova / in casa di uno scapolo in Abruzzo /// Uccide la cognata a coltellate / e riduce il fratello in fin di vita.
Nelle tragedie, come già detto, giustamente, s’afferma il decasillabo: Rinvenuta sgozzata nel letto / con accanto l’amante ferito /// Aggredisce la moglie nel sonno / e sconvolto si getta in un pozzo /// Dopo aver strangolato la moglie / contadino si toglie la vita.
Frequenti pure due settenari da cui risulta un alessandrino: Sfiducia per il Sindaco / non salutò il Questore /// Tremenda la vecchietta / picchiò lo scippatore
Seguivano, poi, altri esempi.
La commissione esaminatrice, era presieduta proprio da Paolo Monelli che, ovviamente, riconobbe il suo scritto e mostrò il plagio agli altri commissari.
Un anonimo (e perfido) distico raggiunse, giorni dopo l’esame, a casa XY:
“Bocciato all’esame un pubblicista  /  che mai diverrà un professionista.

Grazie, grazie, troppo buoni. Basta applausi…. Ma che ora s’è fatta?... ‘azzo!… s’è fatto tardi… domattina ho una sveglia terribile, devo alzarmi per mezzogiorno.  ‘Notte… buonanotte a tutti.

 


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