Un bar notturno dove gli avventori si conoscono tutti fra loro. Più per nome che per cognome.
Da un vecchissimo juke-box in fondo alla sala,
provengono le note della canzone che vi aggrada.
In Primo Piano, Adolgiso parla con i suoi amici di sempre, sfaccendati o peggio.
Scommetto un Campari che non sapete quale fu l’ultimo viaggio di Timothy Leary… Lo raccontai anni fa a Radio Rai, dove scrivevo un programma con la finalità d’illuminare aspetti meno noti di certi episodi della storia e della cronaca. Pezzi brevi, 2’00” o 3’00”, recitati da Giancarlo Cortesi su musiche di Guido Zaccagnini.
Come?... recitare io adesso quella storia?... non se ne parla proprio… visto che ora è?... mi offrite una birra alta?... se è così, non posso rifiutare. Allora ascoltate.
Il 28 novembre 1971, a Basilea, il professore di Harvard Timothy Leary - sbrigativamente definito dalle cronache giornalistiche come il profeta dell’LSD - tenne una delle sue rare conferenze, fra i presenti c’era anche l’autore di fantascienza Gene Roddenderry, più noto come padre di Star Trek. Si trovava da quelle parti per motivi di lavoro, non si lasciò sfuggire l’occasione di conoscere da vicino Leary.
Roddenderry era affascinato dalla filosofia di Timothy, il quale sosteneva che molti hanno una visione passiva, statica del mondo, imposta loro dalle catene delle associazioni condizionate, finendo col convincersi, falsamente, che ciò che guardavano fosse la sola realtà.
Al termine della conferenza i due s’intrattennero conversando, anche Leary espresse stima per il lavoro di Gene, poi, si salutarono e mai più s’incontrarono... anzi no, s’incontreranno ancora, ma in un luogo e in un modo in cui nessuno dei due allora avrebbe mai immaginato.
A farli ritrovare ci pensò la società “Celestis”di Houston, una ditta che usando nuove tecnologie missilistiche a basso costo, inviava (e ancora lo fa) nello spazio le ceneri di coloro che in tal modo vogliono fare un viaggio nell’aldilà: girando intorno al pianeta natale.
Fu così che Leary e Roddonderry, dopo quel loro unico incontro in vita, si ritrovarono il 21 aprile 1997, rinchiusi in astucci cilindrici con grammi delle loro ceneri nella navicella d’una impresa spaziale di pompe funebri.
Non erano soli. Con loro viaggiavano in ceneri: Benson Hanlin, l’ingegnere della Boeing che inventò il primo aereo supersonico americano; Gherard O’ Neill, ideatore di stazioni orbitanti; Krafft Ehrich, uno dei “ragazzi di von Braun” che lasciò i laboratori di Hitler per lavorare alla NASA; Frank Bauerman, studioso di propellenti per razzi; Conrad Jhonson, un astronauta che non aveva partecipato (in vita) ad alcuna missione, ed altri sedici fra specialisti o amanti dello spazio.
Gruppo professionalmente abbastanza omogeneo, anche Leary era un navigatore: degli spazi della coscienza.
Unica eccezione fra loro, un bambino giapponese di quattro anni. Ma qualcuno aveva pagato il biglietto e lui aveva il diritto di salire a bordo.
Costo cumulativo dei tickets: 200 milioni di lire circa.
L’unico, però, a scegliere, da vivo, di rinchiudersi in quel contenitore siderale, era stato proprio Timothy Leary, agli altri avevano pensato i parenti; come per Roddonderry, la cui vedova affermò che aveva voluto così celebrare il marito inventore del motto: “Spazio: ultima frontiera”.
Mentre questa trasmissione va in onda, sulle nostre teste più non navigano quelle ceneri.
La navicella, come previsto, onde non lasciare pericolosi detriti nello spazio, si autodistrusse incendiandosi.
Perché si muore una volta sola. Ma si può essere cremati due volte.
Tanto, il prezzo da pagare è sempre lo stesso.
Grazie, grazie, troppo buoni. Basta applausi…. Ma che ora s’è fatta?... ‘azzo!… s’è fatto tardi… domattina ho una sveglia terribile, devo alzarmi per mezzogiorno. ‘Notte… buonanotte a tutti.
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