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Un bar notturno dove gli avventori si conoscono tutti fra loro. Più per nome che per cognome.
Da un vecchissimo juke-box in fondo alla sala,
provengono le note della canzone che vi aggrada.
In Primo Piano, Adolgiso parla con i suoi amici di sempre, sfaccendati o peggio.

 

Enigmografia carceraria

Scommettiamo un Campari che non conoscete la storia dei messaggi fra il Principe di Condè e il Maresciallo di Francia Jacques d’Albon?... mi piace vincere facile?... può darsi.
La raccontai anni fa a Radio Rai, dove scrivevo un programma con la finalità d’illuminare aspetti meno noti di certi episodi della storia e della cronaca. Pezzi brevi, 2’ o 3’00”, recitati da Giancarlo Cortesi su musiche di Guido Zaccagnini.
Come?... recitare io adesso quella storia?... non se ne parla proprio… visto che ora è?... mi offrite una birra alta?... se è così, non posso rifiutare. Allora ascoltate.

 

Il  17  marzo 1560, il Principe di Condé e i capi Ugonotti, per sottrarre Francesco II all’influenza cattolica dei Guisa, pensarono di attaccare il Castello di Amboise, dove la Corte s’era rifugiata.
Scoperti, 1500 armati vennero presi e impiccati. 
Condé, catturato giorni dopo, negò la sua partecipazione alla congiura.
Jacques d’Albon, Maresciallo di Francia, grande amico di Condé, gli fece pervenire in cella uno sprezzante biglietto nel quale, ritirandogli l’amicizia d’un tempo, esprimeva tutto il suo sdegno per l’operato degli Ugonotti. 
La breve lettera, vergata su di uno stretto cartiglio che costringeva a frequenti accapo, così diceva:
“Credetemi Principe, gli scellerati,
- voi così li chiamate -
che vi hanno accusato 
spero abbiano denaro, gloria, e non certo
meritano la morte che vi si prepara.
Con la vostra abituale sfrontatezza, 
negate e negate  
la vostra partecipazione
che avete preso parte ai criminosi progetti,
ma la vostra innocenza è
impossibile, infatti, a provarsi.
Che il Signore vi perdoni nell’aldilà.
Addio”.  
Per fortuna, il censore del carcere, non era un enigmografo, infatti, quello scritto di d’Albon, letto una riga sì ed una no, trasmetteva ben altro messaggio, e cioè:
“Credetemi Principe, gli scellerati
che vi hanno accusato
meritano la morte che vi si prepara.
Negate e negate
che avete preso parte ai criminosi progetti,
impossibile, infatti, a provarsi.
Addio”.
Condé, allora, con più forza continuò  a negare d’essere un congiurato, ma fu lo stesso condannato a morte, lo salvò l’improvvisa fine di Francesco II e l’atteggiamento conciliante di Caterina de’ Medici.
Costei, però, saputo del reale contenuto del biglietto inviato da d’Albon lo fece arrestare.
E questi, un giorno, in carcere, ricevette  una missiva firmata dal plenipotenziario  che così diceva:
“Maresciallo, ora Voi languite in una cella,
come meritate per il Vostro biglietto traditore;
la nostra Regina Caterina ha deciso
che la Vostra colpa vada punita e non
di perdonarVi e lasciarVi libero”.
Ma quelle righe, lette alternativamente, affermavano:
“Maresciallo, ora Voi languite in una cella;
la nostra regina Caterina ha deciso
di perdonarvi e lasciarVi libero”.
Fu così che d’Albon, da quello scherzoso scritto, apprese della sua prossima libertà.
Libertà che durò poco. Pochi giorni dopo, fu accoltellato da due sicari di Caterina.
Purtroppo per lui, i colpi di pugnale, anche se vibrati alternativamente dai due assassini, non cambiarono il senso del messaggio.


Grazie, grazie, troppo buoni. Basta applausi…. Ma che ora s’è fatta?... ‘azzo!… s’è fatto tardi… domattina ho una sveglia
terribile, devo alzarmi per mezzogiorno… ‘Notte… buonanotte a tutti.

 

 


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Per riprodurli, due congiunte condizioni: citare l'autore e la sigla del sito.

 

 

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