Un bar notturno dove gli avventori si conoscono tutti fra loro. Più per nome che per cognome.
Da un vecchissimo juke-box in fondo alla sala,
provengono le note della canzone che vi aggrada.
In Primo Piano, Adolgiso parla con i suoi amici di sempre, sfaccendati o peggio.
Scommetto un Campari che non sapete chi sia Nicolaj Leskov… come?... tennista lituano?!... leggete solo il Corriere dello Sport?... e pure lì poco di tennis.
No, citavo quel nome… uno scrittore russo… perché l’Agenzia Blue Travel mi ha invitato a scrivere sul loro bollettino un breve pezzo su mie impressioni di viaggio in qualche luogo dove sono andato.
Leggervi quel pezzo?... non se ne parla proprio… non vedete che ora s’è fatta fra un bicchiere e l’altro?... mi offrite una birra alta?... allora non posso che cedere.
Lavorando nello spettacolo e nei reportage, come dolorosamente sa bene l’Enpals, giro parecchio, ma non sono un viaggiatore perché a questi piace l’attraversamento del territorio che lo conduce alla meta, se pure ne ha una (i migliori fra loro non ne hanno, oppure la sbagliano come capitò a Colombo), invece io quando vado in qualche luogo, vorrei tanto che fosse possibile il teletrasporto come a quelli di Star Trek. Un lampo e via. Poi, però lì giunto, adoro indugiare a lungo anche in posti che con lo scopo dell’andata non c’entrano, ad esempio le vinerie (ma questo gli eroi di Roddenberry non lo fanno).
Come riempire allora la pagina per Blue Travel?...
Trovato!... scrivo di un viaggio che mi ricorda un libro.
Scelgo “Il viaggiatore incantato”, non solo in omaggio ai temi turistici del Bollettino Blue Travel, ma anche perché quando la lessi tanti anni fa – ho suppergiù la stessa età di quel volume nato nel 1873 – m’impressionò, e ancora mi commuove, il crudele destino dei compagni di viaggio d’Ivan Sever’jani? Fljagin che, vestito da novizio, è il protagonista di quelle pagine.
Fattosi monaco per sciogliere un voto di sua madre (…ma tu guarda che tocca sentire!), su quel battello che naviga sul lago Ladoga, si lascia andare, con “manierata voce di basso”, a terribili profezie: una prossima paurosa guerra, epidemie, ed altri guai, invitando in modi spicci i suoi ascoltatori a pregare per gli uomini.
Chissà quanti di quei poveretti sbuffando, nascostamente, si toccavano le palle!...
Ancora oggi tanti severi Fljagin viaggiano su treni, navi e aerei terrorizzando loquaci i loro occasionali e malcapitati vicini di posto. Sarà capitato anche a voi d’averne incontrati.
Attaccano discorso prendendola alla larga, ma poi, ora accennando distrattamente ad una situazione metereologica, ora alludendo superficialmente ad una circostanza finanziaria, s’addentrano nel discorso insinuando man mano tra le loro parole, in un crescendo giudiziosamente condotto, aggettivi e avverbi ispirati ad allarmi approdando infine sulla tenebrosa riva cui da cupi nocchieri fin dal principio sapevano di raggiungere.
Ed ecco che qualche iniziale esitazione scompare per dare luogo a convincimenti che ci vengono posti in modo non più interrogativo, ma esclamativo. La voce s’irrobustisce, i gesti diventano lenti tracciando solenni nell’aria enigmatici segnali, le sopracciglia s’uniscono severe… Fliagjn!!... Uscito dalla cellulosa, travestito in abiti dei nostri giorni, ecco che ci scruta ammonendo, ci parla minacciando. Presto spunta la soluzione offerta ai catastrofici scenari prospettati: una fede religiosa (di solito, monoteista), o un’ideologia politica (quasi sempre totalitaria riverniciata di fresco).
Ecco, anche per questo non amo i trasferimenti, s’incontrano (ed io ne ho incontrati, ahimé) occasionali compagni di viaggio che sono tanti Fljagin che si moltiplicano su navi, treni, aerei come tanti agenti Smith nel film “Matrix”.
Grazie, grazie, troppo buoni. Basta applausi…. Ma che ora s’è fatta?... ‘azzo!… s’è fatto tardi… domattina ho una sveglia terribile, devo alzarmi per mezzogiorno… ‘Notte… buonanotte a tutti
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