L'ospite accanto a me è Antonella Stefania
Martini. Scrittrice e sceneggiatrice.
Antonella si è misurata prevalentemente con il "giallo" attraverso
una scrittura che fa irrompere sulla pagina echi e ritmi del fumetto e del
videoclip.
Uno dei suoi racconti, "Il sogno di Andrew", scritto con F.P. Bellisà,
segnalato al Concorso Nazionale di Fantascienza di San Marino, è inserito
in un'antologia dal titolo "Le Ali dell'Impero", edita dalla casa
editrice Il Cerchio - Iniziative Editoriali
Collabora con la rivista "Storie"
http://www.storie.it, con il Magazine elettronico Picwick http://www.pickwick.it
e la trovate anche sul sito di Stampa
Alternativa dove c'è pure un suo piccolo scoop: la scoperta d'un
plagio letterario.
Tra le sue più recenti pubblicazioni di cui ho notizia c'è il
racconto "L'odore della morte" che si trova nell'antologia "L'uomo
nel cerchio", supplemento a "M Rivista del Mistero" presentata
nell'ambito della X edizione del Noir al Festival di Courmayeur dove è
stato reso omaggio al grande Carlo Jacono, storico illustratore dell'editoria
"gialla" italiana www.mondonoir.it/jacono.
La Rai l'ha selezionata per un corso di sceneggiatori molto esclusivo, ma
di questo parleremo dopo fra un bicchiere e l'altro.
Se ne volete sapere di più, cliccate sulla sua home page: http://www.alosi.it/scrittori/martini
- Benvenuta a bordo, Antonella
- Grazie Armando, sono salita quassù volentieri
so già
che sei uno che sa scegliere il vino buono.
- Voglio farti assaggiare questo Barbera d'Alba Parduné di Enrico
Serafino
qua il bicchiere.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida,
a Roma direbbero "è un bel manico", però noi nello
spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza vuole che tu trasmetta
sulla Terra il tuo ritratto
- Aspetta, prima devo assaggiare il vino
uhm
buono! Ecco, dunque,
dicevamo? Ah sì l'autoritratto, ci provo.
Sono un'appassionata di buone letture: dalla classica a quella di genere,
con una spiccata preferenza per quest'ultima. Mi piace molto anche andare
al cinema e godermi una storia purché sia scritta in modo intelligente,
impreziosita da personaggi interessanti che mi svelino un pizzico di vita
diversa dalla mia, o anche una delle tante verità nascoste disperse
in giro per il mondo.
Poi nel corso del tempo ho scoperto che mi piaceva anche raccontare delle
storie e così ho cominciato a scrivere.
- Che cos'è secondo te che distingue il traguardo espressivo della
narrativa gialla dalle altre forme letterarie, oggi?
- La narrazione gialla ha una struttura forte; racconta una storia collocandola
in uno spicchio, che fa anche da specchio, della nostra società. Uno
specchio del quale noi tutti abbiamo un po' paura, che abbiamo anche voglia
di esplorare anche se da lontano.
Alcune storie di genere parlano della transizione dalla vita alla morte, raccontano
i nostri timori, svelando il "lato oscuro" annidato in ognuno di
noi.
I binomi: vita/morte e bene/male accattivano il lettore, lo afferrano alla
gola fino a quando non è riuscito a coglierne il senso, fino a che
non ha colto la verità di chi ha mosso i fili e perché.
Un buon giallo deve dare queste e molte altre cose svolgendo anche una funzione
catartica. Quando eravamo bambini, con le favole, volevamo vedere come combatteva,
si salvava e diventava più saggio il nostro eroe (eroina) di turno,
ma avevamo bisogno di capire che cosa faceva il cattivo, magari scoprendo
che qualche volta aveva fatto cose che avevamo sognato segretamente anche
noi, poi subentrava il distacco: lui è il cattivo, non io, io sono
buono e voglio essere come il mio eroe (eroina). Sai ho una bambina e certe
letture stuzzicano
- Esiste una particolarità che distingue i giallisti italiani da quelli
di altri paesi oppure no?
- Sicuramente la discrepanza più netta è quella tra gli europei
e gli statunitensi, questi ultimi sfornano romanzi a getto continuo. Una cosa
insostenibile. Ma si dessero una calmata! Lasciassero spazio anche a noi italiani.
E che diamine!
Scherzi a parte, le particolarità si devono alle diversità culturali,
religiose, politiche e giudiziarie. La differenza si sta assottigliando, ma
noi abbiamo ancora le nostre sacche di resistenza, vedi i romanzi di Camilleri,
Lucarelli, De Cataldo, Cappi, Pinketts, Fois, Carlotto, Montanari e così
via, o ai nomi stranieri, ma in ogni modo europei.
Gli statunitensi scrivono con un occhio già puntato in direzione del
cinema; sono pressati da esigenze editoriali industriali di vastissima portata.
Sono delle macine organizzate che devono far vendere milioni di copie in tutto
il mondo. Prendi la giallista Patricia Cornwell, per scrivere i suoi romanzi
si avvale di un'équipe di parecchie persone. A me non risulta che in
Italia funzioni così. Non per la letteratura, per la televisione semmai.
E poi molti personaggi usati dagli autori americani finiscono per assomigliarsi
fra loro, negano i cliché ma poi tendono ad usarli. Vuoi un esempio?
Be' sembrerà incredibile, ma leggendone diversi ho riscontrato che
negli ultimi tempi la tendenza è quella di utilizzare donne detective
omosessuali, tutte toste e burbere. Se questo non è un cliché...
Noi siamo ancora a livello artigianale.
Uno dei miei autori di noir preferiti del momento, scomparso di recente, è
Jean-Claude Izzo. Mi sono piaciute molto le sue storie: sprigionano molta
energia, sono state scritte con passione.
- E' nella letteratura oppure in altre aree che trovi oggi i lavori più
interessanti nella ricerca di nuove modalità espressive?
- La letteratura offre più libertà, lo scrittore oltre a tessere
trame e delineare personaggi, dirige, monta e smonta, taglia, stravolge, riscrive,
e quasi sempre a suo piacimento.
Anche il cinema lascia spazio alla creatività, ma il meccanismo è
più complesso e prima che un film venga realizzato la storia viene
maneggiata da un sacco di gente
Per svariati motivi che non sto ad elencare da diversi anni frequento poco
il teatro e me ne dispiace, ma lo ricordo come uno dei settori dove si trovano
molte innovazioni, anche originali, anche se di nicchia.
- N'è passato di tempo dalle paciose inchieste in b/n di Lay-Sheridan,
ora da noi abbiamo eccellenti trasmissioni sui gialli di cronaca, ma - Piovra
a parte, che non so se può definirsi un giallo - fiction assai fiacche,
intendo quelle scritte apposta per la tv e non riduzioni di libri com'e il
caso di Camilleri. Perciò a farla da padroni sono prodotti americani,
tedeschi e francesi. Mancano gli autori? Quelli bravi su carta non sanno scrivere
per la tv? I funzionari
pardon! i producers nostrani peccano di pigrizia?
- Bisognerebbe dare spazio e fiducia agli autori giovani e di talento.
La recente Piovra 10, ad esempio, nonostante sia stata ben scritta, aveva
ancora il sapore degli anni ottanta. La gente esige cose nuove e infatti qualche
volta premia le fiction sui casi di cronaca o i personaggi/eroi realmente
esistiti; oppure prodotti brillanti capaci di inchiodare la famiglia italiana
al completo. La guerra all'audience produce cose buone, ma sfortunatamente
anche cose scopiazzate - da prodotti già collaudati, quindi sicuri
- così i produttori nostrani rischiano poco. Però, vorrei dire
ancora una cosa, prendi i dati Auditel del 2000, una delle fiction più
viste in assoluto è stata quella dedicata a Padre Pio? Be' questo fatto
dovrebbe far riflettere un po' tutti.
- Come ho già detto in apertura, hai partecipato ad un corso per sceneggiatori,
riservato alle giovani promesse, allestito quest'anno dalla Rai. Che cosa
mi dici di quell'esperienza? Credi che produrrà concrete possibilità
di lavoro?
- Da cinque anni la Rai organizza questi corsi, e un corso analogo esiste
anche in Mediaset.
Durante il corso con il contributo di diversi insegnanti (sceneggiatori e
registi), anche molto validi, ho imparato a riconoscere e gestire meglio ciò
che già sapevo a livello istintivo nell'ambito della narrativa. La
drammaturgia, cinematografica e televisiva, ha in comune con la letteratura,
soprattutto quella di genere, l'impalcatura di una storia, ma poi rendere
i personaggi credibili a livello di immagini e azioni è ben altra cosa,
come lo è tenere viva una storia dal principio alla fine. Nella scrittura
romanzesca si crea una complicità più intensa, più completa
e intima con il lettore, attraverso l'esplorazione dei pensieri dei personaggi
eccetera.
Ma torniamo al "corso Script/Rai", sì confesso mi è
piaciuto, e molto.
Altro discorso sono le prospettive di lavoro.
Chi è agli esordi, continuando ad affinare il mestiere, deve accettare
la gavetta, fare il dialoghista dei serial televisivi e così via, ma
soprattutto deve imparare a gestirsi bene nell'ambito delle varie relazioni.
Qui la nota è dolente.
- E' noto che i giovani autori trovano molte difficoltà a pubblicare
sulla carta stampata.
Tu pubblichi molto sul web. Ritieni che possa essere una soluzione oppure
è soltanto un ripiego dovuto alla necessità?
- Per gli esordienti senza santi in paradiso e che vogliono ritagliarsi un
loro spazio, il Web offre tante opportunità. Se è vero che uno
scrittore scrive per sé, bisogna che riconosca che lo fa anche per
gli altri, insomma per farsi leggere.
Internet offre soprattutto l'opportunità di farsi conoscere.
Certo è che viaggiando su così tante autostrade telematiche
si trova tutto e il contrario di tutto, stazioni con cibi succulenti, dolci,
salati ma a volte persino avariati. Però dài, guarda noi, in
fondo tu ed io siamo qui a chiacchierare pubblicamente
è carino,
no?
- Arte e Mercato. Secondo molti sono termini inconciliabili. Il tuo pensiero?
- "La cugina Bette" di Balzac e "Umiliati e offesi" di
Dostoevskij, tanto per citare due classici, sono stati concepiti e pubblicati
come romanzi d'appendice da dare in pasto al grande pubblico dell'epoca. I
best seller ottocenteschi, insomma.
Se parliamo di cinema allora citiamo un esempio nostrano recente: "La
vita è bella" di Cerami e Benigni, non ti sembra un buon connubio
tra arte e mercato?
Vogliamo parlare di arti pittoriche classiche? Le nostre chiese sono zeppe
di splendide opere pur commissionate per svolgere la loro funzione primaria,
ammonire il popolo, incutergli timore di fronte la forza di Dio e ricordargli
sempre e ovunque che viveva sotto il potere della chiesa cattolica apostolica
romana
Questo vino ha un gusto così
uhm, sarebbe un peccato
non finirlo
- Vedo che ti stai avvicinando al portello d'uscita, so già del tuo
appuntamento nello Spazio, ma hai ancora un po' di tempo. Tu hai scritto anche
di fantascienza, dimmi perché da noi non c'è una letteratura
di SF? Il mercato editoriale del settore è florido, ma si dice costretto
a usare traduzioni per mancanza di testi italiani
per favore, niente
risposte patriottiche!
- Gli autori non mancano, alcuni sono anche illuminati e quindi scrivono
per le grandi case editrici. Altri meno illuminati scappano prima all'estero,
diventano famosi, poi tornano in Italia e pubblicano anche qui. Scherzo. In
realtà questi ultimi pubblicano con editori minori.
Vorrei cogliere l'occasione per dire che delle voci aliene mi hanno raccontato
che alcuni autori stranieri di narrativa di "genere" sono italiani
che firmano con nomi stranieri. In passato era la regola, oggi, anche se ci
sono ancora episodi analoghi, le cose sono cambiate. In fondo basta andare
in libreria e verificare con i propri occhi, il mercato comincia ad essere
più vivace. Forse il genere che in Italia fa più fatica a decollare
è l'horror italiano.
Torniamo alla fantascienza. Io sono giovane, ma alcuni amici più grandini
di me mi hanno raccontano che tanti anni fa quel tipo di letteratura non era
ben visto, perché non si accettava il mito dell'eroe puro - il prescelto,
pronto a salvare l'umanità - di cui una certa fetta di fantascienza
era intrisa; sai, accadeva per motivi ideologici
alla fine però
la leggevano quasi tutti. Ma, a proposito di eroi, e di mitologia greca, pochi
mesi fa Vincenzo Cerami, ospite in un programma di Piero Angela, ha ricordato
al pubblico (non ricordo le parole esatte) che se Omero fosse vivo, noi scrittori
moderni saremmo stati nei guai seri.
Brecht ha detto: "Triste è quel popolo che ha bisogno di eroi."
Noi li abbiamo, e poi li distruggiamo pure.
Armando
questo vino è troppo forte per me.
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, chiedo
una riflessione su Star Trek
che cosa rappresenta secondo te quel videomito
- Da piccola, credo di averne visti tutti gli episodi, ho fatto anche il
bis.
Pensa che nella mia prima vacanza/lavoro sono stata a Londra, ben 17 anni
fa, e appena giunta lì, mi precipitai al cinema per vedere una delle
prime trasposizioni cinematografiche di Star Trek. Capii la metà di
quello che dicevano, me lo feci bastare.
- Siamo quasi arrivati a Martynìa, pianeta del Mistero abitato da alieni
che sono contemporaneamente vittime e detectives delle loro stesse storie
se
devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista,
anche perché è finita la bottiglia di prenotare la fermata.
Stoppiamo qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia
di Barbera d'Alba Parduné di Enrico Serafino
- Mi stavo divertendo un sacco a rispondere alle tue domande. Però
il viaggio è finito, il vino pure
Armando, ma
io barcollo
sarà
perché siamo nello spazio, vero?
Ma che fai, apri il portellone?
ma
io non voglio scendere
aspetta
addio
alla prossima
smac!
- Chissà perché è scesa così di corsa
boh
ti
saluto Antonella, com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga
vita e prosperità!
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