L’ospite accanto a me è Giuseppe
Varaldo. Scrittore. L’ho invitato quassù traendo
spunto dalla recente uscita presso Zanichelli www.zanichelli.it di Oplepiana:
Dizionario di Letteratura potenziale, sapiente raccolta di testi
dallo stampo oulipiano curata da Lello
Aragona il quale non ne è soltanto il curatore perché il
volume contiene anche sue godibilissime composizioni; il titolo della
pubblicazione deriva da Oplepo, cliccate su www.oplepo.it e
ne saprete di più.
Varaldo, è presente in questa antologia che vede anche i nomi
di Elena Addòmine, Paolo Albani,
Alessandra Berardi, Giulio Bizzarri, Ruggero Campagnoli, Ermanno
Cavazzoni, Luca Chiti, Brunella Eruli,
Piero Falchetta, Sal Kierkia, Marco Maiocchi, Edoardo Sanguineti, Maria
Sebregondi, Màrius Serra, Aldo Spinelli, Giorgio Weiss…ho
dimenticato qualcuno?...spero di no.
Di Giuseppe Varaldo ricordo un suo piccolo gioiello che ho caro su
un mio scaffale: “All’alba Shahrazad andrà ammazzata”,
edizioni Vallardi 1993. Si tratta di 209 pagine strepitose contenenti
sonetti monovocalici che fanno un originale ritratto di 40 grandi opere
della letteratura mondiale. Queste e numerose altre acrobazie di scrittura
in un libro su altri libri, e personaggi, che s’avvalse di una
divertita prefazione di Umberto Eco e di un’illuminante post-fazione
di Stefano Bartezzaghi.
Per dirvene un’altra di Giuseppe, ha il record in italiano in
fatto di palindromo. Il palindromo, lo dico a beneficio dei più distratti, è una
parola o frase che può essere letta da sinistra a destra e viceversa...faccio
un esempio corto corto: ARA. Bene, lui ha composto un palindromo di
4.587 lettere, intitolato “11 luglio 1982”, dedicato alla
vittoria della nostra nazionale di calcio avvenuta in quella data a
Madrid; in Oplepiana, se ne trova un assaggio.
Scrittore che del linguaggio ne studia la pelle (mai definizione fu
più acconcia, perché GV è un dermatologo), e dai
segni che lì rinviene ne trae epifanie per l’intero organismo
lessicale, rilevandone segreti e tic, congegni occulti e arcane ingegnerie.
- Benvenuto a bordo, Giuseppe…
- Ciao Armando, e grazie per l'invito. Però ti prego, chiamami
Beppe, come tutti: ché se no mi sento a disagio. Beppe,
fra l'altro, è anche il mio pseudonimo in ambito enigmistico:
poco fantasioso, lo ammetto...
- Vabbè. Intesi. Ora voglio farti assaggiare questo bianco Ortrugo
Doc Colli Piacentini prodotto da Enrico Sgorbati…qua il bicchiere…ecco
fatto.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne
la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi
nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole
che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione
con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore…insomma,
chi è Giuseppe secondo Giuseppe…
- Anche se talvolta posso apparire, a chi mi conosce poco, serio nel
senso di serioso, penso invece di essere serio solo in quanto persona
corretta: nella vita, nel lavoro, nel gioco non baro mai. Tra i miei
maggiori difetti cito invece l'indolenza e il fatto di essere molto
disordinato: ma non così in campo ludolinguistico, dove al contrario
mi ritengo preciso e scrupoloso e dove, nel comporre un testo, posso
stare alzato nottate intere. In campo artistico-letterario amo soprattutto
la dissacrazione, purché intelligente e non fine a se stessa.
Per questo motivo annovero tra i miei miti alcuni grandi dissacratori:
Rabelais e Joyce in Letteratura, Buñuel nel Cinema, Bosch e
Bruegel il Vecchio nella Pittura, Šostakovic nella Musica. Dal
punto di vista sociale e politico mi sento un laico progressista e,
nel contingente, agli antipodi del berlusconismo. E detesto la retorica,
la volgarità, la piccineria, la mancanza di elasticità.
- Un esercizio che impongo spesso ai miei ospiti. In quindici parole – tante
quante sono le lettere che compongono il tuo nome – definisci
il tuo lavoro letterario…
- Crearmi un recinto di regole entro cui scorrazzare liberamente. Con
divertimento, ironia e gusto dissacratorio.
- Che cosa ti ha spinto a fare della ludolinguistica l’oggetto
preferito della tua scrittura?
- Proprio perché non baro mai, vorrei dirti innanzi tutto, senza
falsa modestia, che non mi ritengo affatto uno scrittore: se mai un
abile artigiano lessicale o un manipolatore della parola. Essendo comunque
anche un enigmista, cioè un creatore di indovinelli e crittografie,
il passaggio dall'enigmistica alla ludolinguistica è stato per
me abbastanza naturale. Dell'una e dell'altra mi attira soprattutto – così amo
chiamarla – la "sublime inutilità". E della
Ludolinguistica anche quel senso di sfida còlta che è implicito
nella contrainte.
- Che cos'è secondo te che dovrebbe distinguere il traguardo
espressivo della letteratura dalle altre forme di comunicazione artistica,
oggi?
- Questa è una domanda difficilissima, e non esiste per essa
una risposta esaustiva. Premesso ciò, la letteratura si basa
sulla scrittura, cioè su una forma di comunicazione verbale:
pertanto, siccome anche il nostro pensiero si articola attraverso le
parole, la letteratura, a differenza per esempio delle arti figurative
o della musica, consegna al nostro intelletto, a volte anche alla nostra
emotività, concetti già preformati. E tuttavia, a mio
avviso, essa diventa arte, e non più soltanto comunicazione,
se e quando riesce a esprimere qualcosa che vada al di là delle
parole: credo nel non detto, nel sottinteso, nella complicità allusiva
fra scrittore e lettore. Ritengo inoltre che le parole stesse e la
loro associazione abbiano, per lo meno nel linguaggio poetico, un valore
intrinseco e una potenza evocativa che ne trascendono il mero significato.
Ricordo in proposito quel famoso racconto di Landolfi in cui un poeta,
un certo Ernesto, ri-scrive l'Infinito semplicemente lasciandosi
condurre e sedurre dalla forza attrattiva delle singole parole, estratte
a caso da un'urna. Sarebbe d'altronde altra cosa un verso come Sempre
quest'ermo colle mi fu caro o Caro sempre mi fu quest'ermo
colle o Quest'ermo colle sempre mi fu caro.
- E' nella letteratura oppure in altre aree (arti visive, cinema, musica,
teatro, fumetti, web-art, video, eccetera) che credi ci siano oggi
le novità espressive più interessanti?
- La Letteratura si lascia alle spalle un secolo, il Novecento, estremamente
fecondo, denso com'è stato di capolavori assoluti, ma anche
di ricerca, di fermenti, di sperimentazioni, di nuove modalità espressive:
sarà molto difficile tanto il ripetersi quanto il rinnovarsi
ulteriormente. Il teatro invece, che personalmente amo molto (soprattutto
quello povero di mezzi e ricco di idee e di inventiva), ha risorse
espressive praticamente illimitate e in gran parte ancora inesplorate,
E certo ha ancora tantissimo da dire, a livello sia creativo che registico.
- Qual è l’importanza che dai all’Oulipo nello scenario
letterario?
- Molta, e per vari motivi. Intanto, sempre in tema di dissacrazione
intelligente, ci ha regalato romanzi assolutamente originali, ma nondimeno
di indiscusso valore letterario: cito per tutti i più volte
citati La vita istruzioni per l'uso di Perec, I fiori
blu di Queneau e Se una notte d'inverno un viaggiatore di
Calvino. Ma più in generale ha significato un nuovo modo, da
parte dello scrittore, di porsi di fronte alla propria opera: per arginare
il caos del mondo, per non farsi travolgere dal fluire disordinato – tipico
della nostra epoca – della vita e della storia, darsi a priori
alcune regole certe. Illuminante a questo proposito quanto Perec confessa,
in una sua celebre annotazione, a se stesso e ai propri lettori: lo
scrivere liberamente, cioè senza contraintes, gli incuterebbe
terrore...
- Dicci dell'elemento che permette agli oulipiens d'intrecciare, felicemente,
letteratura e matematica…
- Penso si tratti di una specifica forma mentis, grazie alla
quale la fantasia e la propensione al narrare proprie del letterato
riescono a conciliarsi con l'esattezza e il rigore propri del matematico.
Ideare una contrainte e costruire, in base ad essa, un testo
letterario è in fondo un'operazione non dissimile da quella
del matematico che, a partire dalla definizione di punto, retta e piano,
elabora una sua geometria coerente. A titolo personale ti dirò che
ho sempre avuto una particolare predilezione per la matematica: ma
non a caso scelsi a suo tempo, e risceglierei oggi, il Liceo Classico
- …e visto che siamo in argomento, una domanda che molto m'interessa:
come credi che si svilupperà il rapporto arte-scienza?
- La mia risposta ti deluderà. Credo infatti che arte e scienza
siano e debbano continuare a essere due mondi separati e autonomi.
Ciò non toglie che la scienza possa fornire all'arte nuove tecnologie
e nuovi strumenti per svilupparsi: basti pensare alla musica elettronica
e ad alcuni effetti, non necessariamente speciali, del cinema.
O anche, in campo letterario (vedi Oulipo-Oplepo e dintorni), alla
già citata importanza della matematica. E tuttavia il livello
artistico di un romanzo come La vita istruzioni per l'uso non
deriva dall'esattezza delle sue contraintes, ma da qualcos'altro – stile,
espressività, purezza di linguaggio, coinvolgimento emotivo – che
in certo senso le supera.
- Prima di lasciarci, costringo tutti gli ospiti di questa taverna
spaziale a fare una riflessione su Star Trek (non necessariamente elogiativa)…che
cosa rappresenta quel videomito nel nostro immaginario?
- Anche questa mia risposta ti deluderà. In tanti anni non ho
mai visto, di Star Trek, se non poche inquadrature tra uno zapping e
l'altro...In ambito fantascientifico, del resto, l'unico vero mito
rimane per me il magnifico e insuperato 2001: Odissea nello spazio.
- Siamo quasi arrivati a Varàldya, pianeta oplepiano abitato
da alieni che comunicano fra loro attraverso anagrammi e scrivono sui
muri mitografemi…se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata.
Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita
la bottiglia di Ortrugo Doc Colli Piacentini prodotto da Enrico Sgorbati…Però torna
a trovarmi, io qua sto…intesi eh?
- Ho giusto voglia di scendere a terra, per sgranchirmi le gambe e
anagrammare e mitografare un po'. Ancora grazie per il passaggio e
per la squisita ospitalità. A presto.
- Vabbè, ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga
vita e prosperità!
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