L'ospite accanto a me è Paolo Albani.
Scrittore. Definizione corretta perché Paolo scrive, pubblica,
ed è stimato dai suoi tanti lettori. Eppure, quando si usa quel
sostantivo bisognerebbe corredarlo d'indicazioni che, aldilà
del giudizio
grande, grandissimo, eccellente, o i loro contrari
se si vuole parlare male della penna citata
fossero più
precise. Vedi alla voce Albani Paolo, e t'accorgerai che quel
nome sfugge a molte definizioni ponendosi nell'Olimpo riservato ai catalogatori
di mondi. Traccia, infatti, inventari del remoto, regesti del rimosso,
enumerazioni dell'improbabile, rilevazioni del possibile, archivi dell'insolito,
elenchi di deliri. La sua opera è una certosinesca epitome, ora
del celeste ora del sulfureo, di lemmi e teorie, personaggi ed opere,
che appaiono come di fantasia quando sono reali in carne e lettera,
ed esistenti allorché non lo sono.
Albani scrittore, certo. Ma di quel tipo particolare che darei via intere
biblioteche purché fossero conservati i suoi titoli. Come, ad
esempio, "Aga, Magéra, Difúra: dizionario delle lingue
immaginarie" scritto con Berlinghiero Buonarroti, 1994; "Forse
Queneau: enciclopedia delle scienze anomale" con Paolo Della Bella,
1999, entrambi editi da Zanichelli. Vertiginosi cataloghi, se non li
avete ancora in casa, comprateli, è un'esaltante avventura di
scoperte, rinvenimenti ed epifanie. Farete una lettura pressoché
unica. Di lui, c'è anche dell'altro, lo saprete cliccando sul
sito: http://space.tin.it/giochi/palbani,
sito di recente efficacemente rinnovato e che c'informa su vecchie e
nuove produzioni di questo scrittore originalissimo.
- Benvenuto a bordo, Paolo
- Ciao Armando. Eccomi qua.
- Voglio farti assaggiare questo Cabernet '96 di Ceretto
qua il
bicchiere
ecco fatto.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne
la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però
noi nello spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza
vuole che tu trasmetta sulla Terra il tuo ritratto
- Non sono un pittore (nemmeno della domenica), comunque ti dirò
che mi occupo di Linguistica fantastica, disciplina che insegno alla
Facoltà di Scienze Inutili di Barcellona, sono semi-semiologo
e mi piacciono le bizzarrie letterarie, la sperimentazione divertente
e la ricerca verbo-visiva o se vuoi, per dirla con Rauol Hausmann, la
"poettura" e la "pittosia".
- Circa la Facoltà di Scienze inutili so che pagano bene e poiché
ho bisogno di fare un po' di n€uro, e là è vacante
la Cattedra d'Araldica e genealogia non nobiliari, tienimi presente
e
adesso vorrei una tua definizione del termine Catalogo. Dimmi
anche come nasce il tuo interesse per quella forma.
- Sfogliati con un'ottica particolare i cataloghi, e non solo quelli
dei libri, sono delle wunderkammer in potenza. Di loro si potrebbe dire
quello che Manganelli dice delle enciclopedie, ovvero che sono oggetti
fascinosi, seducenti, innamorativi. Il mio amore per questo genere letterario
nasce dall'amore per la letteratura tout court.
- Che cos'è secondo te che dovrebbe distinguere il traguardo
espressivo della letteratura dalle altre forme di comunicazione artistica,
oggi?
- Secondo me l'arte, in generale, sul piano letterario che su quello
visivo, ha da essere un gesto irriverente, provocatorio, arbitrario,
ambiguo, vizioso, innaturale, mostruoso, disubbidiente, beffardo. Altrimenti...
-
a proposito, stai lavorando ad un catalogo di libri inesistenti.
Esistono libri che non esistono?
- Non solo esistono libri inesistenti, ma esistono veri e propri cataloghi
di libri inesistenti, come quello della Biblioteca dell'Abbazia di San
Vittore scritto da Rabelais. Qualche anno fa Paolo Vita-Finzi, raffinato
parodista, in un'Antologia apocrifa, fece la parodia di un libro
di Dino Buzzati in cui si citavano i poemetti di Enzo Placco-Banzai
intitolati Ceneri di Mondrian. Come vedi, qui siamo in presenza
di un libro inesistente (di Buzzati) che parla di un altro libro inesistente
(di Placco-Banzai), insomma di un meta-libro inesistente, un libro inesistente
alla seconda potenza. Che vuoi di più!
- Si scrivono romanzi su romanzi, talvolta buoni, talaltra meno buoni,
spesso inutili; insomma, credo che tanti bei talenti potrebbero applicare
meglio il loro ingegno in letteratura.
- Moriremo romanzati? Quante speranze abbiamo di evitare una morte
così atroce?
- Sai, è stato più volte osservato che il dramma, o forse
semplicemente il disagio, dello scrittore contemporaneo è legato
al fatto di scrivere dopo Joyce, Céline, Gadda e compagnia bella.
Insomma, voglio dire, oggi la sfida a trovare una propria cifra stilistica
è ardua, perché non può prescindere da quelle "scomode"
presenze (o forse sì?), ma allo stesso tempo affascinante, no?
- Friedrich Schiller nelle sue "Lettere sull'educazione estetica
dell'uomo" poneva l'istinto del gioco come fondamento dell'attività
artistica. Sono trascorsi due secoli da quella lontana lezione.
Ne rinvieni tracce nel comportamento degli artisti dei nostri giorni?
- Devo confessarti che non vedo in giro una grande "propensione
al gioco". Tanto da far parlare di un filone, di un'area omogenea
di riferimento. Certo, esistono singole individualità, alcuni
scrittori o artisti che prendono sul serio il gioco e fanno attraversare
la loro ricerca da sussulti divertenti. Devo aggiungere che il gioco
(linguistico in particolare) è uno strumento pericoloso, perché
una volta che si normalizzi, che si compiaccia di sé, che si
adagi sul déjà vu, sul ripetitivo, perde di efficacia,
non morde più. Al riguardo trovo divertente scoprire il gioco
là dove meno te lo aspetti, per esempio nel verso "a spruzzi
e sprazzi" di Montale, perché no?
- Letteratura e gioco. Benvenuta occasione per parlare dell'Oulipo,
movimento di cui sei grande conoscitore. Qual è, ancora adesso,
la sua peculiare importanza?
- Beh, in estrema sintesi, direi quella di vitalizzare l'elemento ri-creativo,
fantastico, oltre che ludico e beffardo, nella ricerca letteraria. Non
dimentichiamo che, nell'ambito dell'esperienza oulipiana, la "contrainte"
("costrizione") è vissuta come uno strumento creativo,
una "source de liberté" che amplifica le possibilità
di arrivare a soluzioni originali, bizzarre, inattese, imprevedibili:
l'essere "costretti" a seguire certe regole induce uno sforzo
di fantasia, stimola l'invenzione di percorsi labirintici, di circumnavigazioni
acrobatiche del linguaggio.
- A questo proposito, voglio ricordare quanto scrive Brunella
Eruli che nel suo "Dal Futurismo alla Patafisica", Pacini
Editore, riflettendo brillantemente su Queneau, così dice circa
l'"ispirazione": "
il tragico greco che scrive
i suoi versi obbedendo a regole che conosce perfettamente è più
libero del poeta il quale scrive quello che gli passa per la testa ed
è schiavo di regole che ignora".
Non credi che esista troppa "ispirazione" in giro? Che si
tenti troppa creazione senza ricreazione?
- Più che troppa ispirazione, vedo troppa "aspirazione",
una voglia malsana a diventare "personaggi", a violentare
il buon senso, a parlarsi addosso. Un autore parla solo con i suoi testi.
Fra cento anni, o giù di lì, sono sicuro che nessuno si
ricorderà di un certo Sgarbi (sic!), mentre si parlerà
ancora del pensiero di Umberto Eco. Verso alcuni autori mi viene voglia
di applicare la formula di Scheiwiller: "Non l'ho letto, e non
mi piace".
- Tèchne, è una tua rivista letteraria che definisci
"animata dallo spirito dello sberleffo e della fumisteria
"
è un bel telegramma, ma puoi dirmi qualcosa di più?
- È una piccola (anche nel senso del formato) rivista che si
occupa di bizzarrie letterarie e non, che ha posto al centro del proprio
interesse quella letteratura - per dirla con Borges - cosiddetta "minore",
non nel senso gerarchico del termine, ovvero che sta sotto ad un'ipotetica
letteratura "alta", ma nel senso che occupa una posizione
"laterale" attraversando le strade impervie del comico, del
nonsenso, del bizzarro, del gioco. La rivista ha una periodicità
irregolare (un numero all'anno, quando ho del buon materiale) e pubblica
solo testi creativi e inediti, almeno per il lettore italiano (niente
saggistica seria, recensioni, dibattiti sul rapporto fra...o
sulla funzione di..., od altre amenità simili). Incline
alla brevità privilegia, fra le altre cose e senza pregiudizi,
l'aforisma, il racconto breve, la poesia alla maniera degli "haiku",
l'intervento visivo pungente ed ironico.
- Arte e Scienza, come ne vedi il futuro?
- Proficuo, come del resto mi sembra sia stato negli ultimi anni. Ormai
anche gli scienziati sono diventati dei narratori di eventi complessi,
incerti, imprevedibili, casuali, irrepetibili. Il rapporto fra il "meraviglioso
scientifico" e quello letterario è sempre più stretto
e stimolante.
- Derrick de Kerckhove, cyber pensatore: "La connettività
è una delle grandi scoperte del mondo scientifico moderno. E'
sempre esistita tra gli uomini, ma prima non si era capaci di servirsene".
Credi sia questa la cosa più importante del web, oppure altro?
- La rete è un pozzo senza fine. È bello navigarci se
hai qualcosa da ricercare, consapevole che puoi trovarci di tutto, spazzatura
e cibi prelibati. Ho qualche dubbio sulla "mistica dell'interattività".
In realtà, la rete ha dei percorsi obbligati, predefiniti, che
il navigatore non ha contribuito a formare: è un po' come aggirarsi
fra i corridoi di un supermercato, non sei tu che hai scelto la merce
da mettere sugli scaffali e il modo come presentarla. Anche qui, è
possibile un uso ri-creativo e irriverente della rete, penso agli interventi
dei web-artisti.
- Siamo in viaggio nello Spazio e, avendoti con me in volo, ne approfitto
per una domanda a tema.
Ti sei anche occupato di lingue aliene dedicandovi un'estesa voce di
"Aga Magéra Difúra".
C'è una particolarità, un principio, che possa essere
visto come minimo comune denominatore di quei tanti ceppi linguistici
usati nella letteratura di fantascienza?
- Parlo da profano, cioè da non esperto del settore. Il ruolo
portante che una lingua aliena assume nel processo di creazione di un
universo fantastico è quello di produrre, come dice Renato Giovannoli,
un "effetto di realtà", fondato sul fallace sillogismo:
"Hanno persino una lingua, allora esistono davvero". Al di
là di questo dato, le lingue aliene si presentano molto diverse
tra loro e diventa arduo individuarne un minimo comune denominatore:
l'intraducibilità? l'esattezza? la capacità di accedere
a una forma di coscienza (molto simile all'inconscio) superumana?
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci,
chiedo una riflessione su Star Trek
che cosa rappresenta quel
videomito nel nostro immaginario?
- Non so, forse, a giudicare dai buffi orecchi a punta, il desiderio
inconscio di abituarsi all'ascolto degli altri? Qui lo dico e qui lo
nego.
- Siamo quasi arrivati ad Albànya, pianeta di teche abitato da
alieni specialisti nel classificare ombre e lampi
se devi scendere,
ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche
perché è finita la bottiglia di Cabernet '96 di Ceretto.
Però torna a trovarmi, io qua sto
intesi eh?
- Ben volentieri, ciao.
- Ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga
vita e prosperità!
È possibile l'utilizzazione
di queste conversazioni citando
il sito dal quale sono tratte e menzionando il nome dell'intervenuto.
Vi preghiamo di non richiedere alla redazione recapiti telefonici, mail o postali dei nostri ospiti che non dispongano di un sito web; non possiamo trasmetterli in ottemperanza alla vigente legge sulla privacy. |
|