L'ospite accanto a me è Giovanni Fontana.
Poeta e performer. Dizione che qui uso per brevità, perché
la sua presenza artistica usa e, soprattutto, incrocia vari linguaggi
situandosi nell'area del multicodice. Ha scritto di lui Francesco
Muzzioli: "
operatore attento all'uso del macchinario
d'incisione (per la distorsione e la sovrapposizione delle "parti"),
trova la sua chiave all'incrocio tra il taglio minimo dell'intervento
sulla sillabazione (la parola ridotta a pezzi) e il respiro testuale
della misura lunga
la fuoriuscita della poesia dal proprio splendido
isolamento vira, per quest'autore, in direzione del teatro". Ha
pubblicato libri e dischi in tale numero da renderne dissuasiva l'elencazione.
Numerose le mostre e le performances che ha tenuto in Italia e all'estero.
Per rintracciarne notizie sul web, cliccate su: www.cirps.it;
e anche: www.bollettario.it
oppure http://www.cgil.it/autorieartisti;
per un suo lavoro sonoro: http://tapin.multimania.com
Giovanni, come dicevo in apertura, ha lavorato usando una pluralità
di segni, accanto alla poesia verbovisiva troviamo, infatti, i suoi
sound poems. E fra scrittura lineare e suono, nel 2000, presso
l'ottimo editore Piero Manni, è uscito Chorus che reca
il sottotitolo "romanzo per voci a battuta libera": 250 pagine,
suddivise in 70 capitoli (o meglio, games, così come li ha chiamati),
accompagnate da un CD che contiene trenta minuti di performances sonore.
Di Chorus, ha scritto il critico Marcello Carlino: "
è
alla maniera di Beckett che Fontana gestisce il suo romanzo per voci,
volto dialetticamente alla scrittura di navigazione online. La "formattazione"
del testo sul linguaggio e sulla sintassi di internet è spinta
fino alle soglie di un raggelamento nichilistico
".
La sua più recente fatica di scrittura è “La voce in movimento”, sottotitolo: <vocalità, scritture e strutture intermediali nella sperimentazione poetico-sonora>.
566 documentatissime pagine fitte di date e nomi. Il volume può essere ordinato a: “Edizioni Rouge et Noir”, Via Licinio Refice, 307 - 03100 Frosinone. Il telefono dell’editore: 0775 – 294 719.
Mi pare possa bastare, no?
- Benvenuto a bordo, Giovanni
- Grazie Armando. Scusami, ma ho un po' di nausea. Non so se è
mal di astronave o se è l'immagine della terra lì sotto
che mi dà il voltastomaco.
- Propendo per la seconda ipotesi.
Ora voglio farti assaggiare questo Barbera Roncaglie '97 della Cantina
Terre del Barolo…qua il bicchiere…ecco fatto.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo; per lodarne
la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però
noi nello spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza
vuole che tu trasmetta sulla Terra il tuo ritratto… no, non quello
fisico, quello risparmiacelo… quello interiore
- Il profumo di questo vino mi ha rimesso in sesto. Eccellente. E poi,
ora che siamo schizzati via "a manetta" dall'atmosfera terrestre
mi sento già di buon umore. Guarda! La Terra è diventata
un punto. Credi che sia proprio necessario trasmettere il mio ritratto?
Cosa se ne fanno laggiù? I poeti sono fuori mercato. Specialmente
quelli che giocano con i fonemi. "Tri tri tri / fru fru fru / uhi
uhi uhi / ihu ihu ihu". Il tuo vino mi produce strani effetti!
Sonore flatulenze. "Cosa sono queste indecenze?". "Licenze,
licenze / licenze poetiche" avrebbe detto quel buontempone di Palazzeschi.
- Definisci il tuo lavoro poetico. In non più di quindici parole,
15: tante quante sono le lettere che compongono il tuo nome. Attento,
che le conto
- Generalmente
Incauto.
Ovviamente
Vano.
Artificiosamente
Nomade.
Notoriamente
Ingiustificato.
- Faccio
Oralmente
Naufragare
Testi.
Architettando
Nervose
Assonanze.
Eccoti qua un acrostico. Tanto per non sbagliare il conto. Massima economia.
- Non pochi sostengono che oggi l'avanguardia non appartenga più
alle arti ma alla scienza…si pensi, ad esempio, alla fisica delle
particelle...è un giudizio che ti trova d'accordo, oppure no?
- Arte e scienza procedono di pari passo. E talvolta si scambiano i
ruoli. L'opposizione tra le due discipline, luogo comune in taluni ambienti
idealistici, è stata banalizzata dalla verifica dei fatti. In
tutto il Novecento i percorsi sperimentali artistici e scientifici si
sono profondamente intrecciati. Ilya Prigogine, Nobel per la chimica
nel '77, parlava del sapere scientifico come ascolto poetico della natura
e come processo aperto di produzione e d'invenzione.
- Vedi continuità fra le avanguardie storiche e le ricerche dei
nostri giorni, computer compreso?
- Credo proprio di sì. E forse la continuità è
sottolineata proprio dallo stretto rapporto con le scienze e le tecnologie
che le arti hanno avuto nel secolo breve…rapporto che oggi le
proietta verso dimensioni del tutto nuove. Ma c'è continuità
anche nel rapporto fondamentale con i media. Non dimentichiamo come
le avanguardie storiche abbiano cavalcato i sistemi di comunicazione
del loro tempo.
- Dopo vent'anni di lavoro, Hans Magnus Enzensberger ha presentato "Poesie-Automat",
un computer programmato per scrivere versi. Come giudichi quell'esperienza?
- Non conosco il risultato dell'operazione. Si tratta tuttavia di un'esperienza
già ampiamente praticata. Basti ricordare Balestrini.
I risvolti possono essere senza dubbio interessanti D'altra parte il
computer, al di là degli effetti di programmazioni ad hoc, ha
cambiato radicalmente il modo di scrivere. Se non altro per la grande
mobilità del testo, per la visione globale che se ne ha durante
il processo di composizione. Il testo non si sviluppa più linearmente,
ma per blocchi di matrici. Non si montano più linee su linee,
ma tratti polidimensionali in espansione che permettono operazioni di
dislocazione e di montaggio in tempo reale.
Sul piano creativo, poi, il computer realizza ed esalta oggi le anticipazioni
di chi, in passato, ha voluto indagare tecniche compositive collegate
in qualche modo alle discipline geometriche e matematiche. Basti pensare
a Porfirio Ottaziano, a Giovanni Caramuel o a Ludovico Leporeo, fino
a "Cent mille milliards de poèmes" di Quéneau
e ai giochi dell'Oulipo o, in ambito sonoro, ai poemi permutazionali
di Brion Gysin.
- In quale delle aree espressive credi che ci siano oggi i lavori più
interessanti nella sperimentazione di nuovi linguaggi?
- Mi hanno sempre interessato le contaminazioni, le confluenze di più
discipline artistiche, le intersezioni linguistiche in un ambito a più
dimensioni che non fosse luogo della mera sommatoria degli elementi:
corpo, voce, gesto, rumori, suoni, luci, colori, architetture…in
collaborazione interlinguistica, come si suol dire. Tuttavia ritengo
che il futuro sarà interessato dal continuo ispessimento della
fonosfera…
- ....se è collegato, sarà felice di sentire queste tue
parole l'amico Gabriele Frasca…
- …sai, Il suono è particolarmente fluido, ha la capacità
di attraversare con estrema facilità tempo e spazio; ti può
seguire sempre e dovunque. E in quell'universo sonoro svolgerà
un ruolo sempre più importante la voce. Siamo già da tempo
entrati nell'era della nuova oralità. Per questo è necessario
riorganizzare il progetto poetico. Credo ancora nelle risorse della
poesia, specialmente nella sua capacità di rendersi leggera sulle
ali della vocalità. L'interazione tra vocalità e scrittura,
quando l'una sappia attraversare l'altra e viceversa, offre al poeta
interessanti aree d'intervento. E qui l'elettronica ha un ruolo fondamentale.
La scrittura non produrrà più testi ma pre-testi,
in quanto progetti, pre-testi in quanto luoghi da trasfigurare
acusticamente, pre-testi in quanto territori d'azione da ri-perimetrare,
oltre la pagina, in termini di spazio e di tempo.
- In Italia, e non solo in Italia, gli editori arretrano pallidi di
fronte all'idea di pubblicare poesia. Ritieni che il web possa essere
una soluzione del problema?
- In parte sì. Oggi pubblicare un libro di poesia è un'impresa
ardua. Per chi, come me, lavorando su più fronti, ha bisogno
di utilizzare supporti differenti, è ancora più difficile.
Produrre un CD, produrre un videoclip, sia pure in tiratura limitata,
è costosissimo. Ho un'infinità di opere inedite, specialmente
visive e sonore. Il web con il suo labirinto di percorsi, può
arrivare ovunque. Ma nel mio caso non risolve pienamente il problema.
Il mio lavoro poetico ha bisogno anche di spazi fisici; richiede un
rapporto diretto con il pubblico; ricerca un contatto materiale, tattile.
- Hai pubblicato testi teatrali…ricordo a beneficio dei miei avventori
Tutuomini, Sturtizia, Ticoshow-Tacoshow…hai
titoli, in tutti i sensi, per rispondere alla domanda che segue: teatro
d'avanguardia, sperimentazione, alternativo, e poi con i fatali prefissi
neo, post, trans…insomma, che cosa vuol dire "teatro di ricerca"
oggi? E quali gruppi t'interessano di più?
- Il teatro, per tutto il Novecento, ma specialmente a partire dagli
anni '60, è stato il luogo privilegiato per la realizzazione
di sinergie artistiche ed ha rappresentato un riferimento importante
nella sperimentazione; per la musica e le arti visive si è anche
arrivati a parlare di "teatralizzazione delle arti". Ma in
questo momento mi sembra più vivo ed interessante il terreno
non specificamente teatrale. Mi riferisco allo spazio della performance,
che perseguendo l'idea della contaminazione offre campi d'azione molto
articolati, con esiti più agili e certamente molto più
incisivi, oltretutto, credo, più consoni ad una prospettiva di
attraversamento delle forme espressive, anche nella direzione del rapporto
con l'elettronica. La forte tensione anti-istituzionale, la coscienza
sensuale della libertà d'azione, il nomadismo, la pratica dell'inter-medium
(secondo l'accezione di Dick Higgins), e, nello stesso tempo, il diverso
rapporto con il pubblico e la pressoché totale indipendenza dal
mercato costituiscono le giuste coordinate di un territorio adatto alla
trasfigurazione dei materiali e al rinnovamento dei linguaggi.
- Sei laureato in Architettura, dirigi il periodico Territori
che d'architettura s'occupa, via, è troppo, non puoi farla franca,
ad una domanda su questo tema non sfuggi.
Gillo Dorfles ricorda che proprio in architettura, prima ancora che
nei lavori di Lyotard, di Foucault, di Barthes, si sia parlato di moderno
e postmoderno.
Perché quell'importante dibattito è partito da lì
e non da altri territori espressivi?
- In architettura il "moderno" affonda le sue radici addirittura
nella fine del Settecento; attraversa l'Ottocento, approda al Novecento
segnando memorabilmente gli anni '20. La "tradizione moderna"
continua ad impegnare proficuamente il dibattito culturale ancora per
alcuni decenni e vede i sostenitori del razionalismo schierarsi contro
quelli dell'architettura organica. La disputa è magistralmente
delineata da Bruno Zevi all'inizio degli anni '50 nella sua "Storia
dell'architettura moderna". Ma negli anni '60 si registrano forti
segni di stanchezza. Si assiste ad un serrato scontro tra gli epigoni
di Le Corbusier e quelli di Wright, che si risolve inesorabilmente nella
rigidezza della contrapposizione di formule, a cui farà seguito
una crisi pesante, oggi tangibile nel degrado delle periferie urbane.
E' questo il momento in cui una schiera di architetti, comprensibilmente
insofferenti, si fa avanti proponendo un'avanguardia "post-moderna".
Ma la strada per il rinnovamento del repertorio linguistico è
indicata al di sopra di ogni differenza critica: tutto è integrabile.
Tant'è che viene praticata la piena libertà di ripescare
modelli, stilemi ed elementi compositivi nel patrimonio storico. La
simmetria, la centralità, gli ordini classici, timpani, cornici
e capitelli, tutto viene rimescolato con un furore citazionista che
deglutisce perfino moschee arabe, case vittoriane e archetipi mediterranei;
ma i risultati, talora godibili e ironici, cedono più spesso
alla superficialità, all'enfasi, alla retorica. Ungers disse:
"Il voyerismo del Post-Modern ha trasformato l'architettura in
ammasso di rottami, in sciocco decorativismo ed in insulso deposito
di scarti". Ma fortunatamente la realtà dei fatti ha superato
rapidamente, almeno in architettura, la dicotomia moderno/post-moderno.
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci,
chiedo una riflessione su Star Trek
che cosa rappresenta quel videomito
nel nostro immaginario?
- Mi accorgo che le orecchie mi stanno diventando rosse. Ebbene, lo
confesso: possiedo l'intera serie delle videocassette di Star Trek.
Da una parte la nostalgia per l'infantile speranza degli ignoti mondi
possibili, dall'altra il rifugio dell'illusione di potersi liberare
dalle pressioni della realtà
la difesa dell'ingenua utopia
di sciogliere i lacci dello spazio e del tempo
il sogno dell'ultima
spiaggia
Spazio, ultima frontiera! La frontiera dove si annidano
le chimere. Fanno delle incursioni rapide sulla Terra; prima strappavano
via pulsioni e desideri; adesso hanno preso a praticare altri sport;
sembra che si divertano a risucchiare il ben dell'intelletto dalla testa
dei politici!
- Già, e spesso hanno trovato assai poco da ciucciare
Vedo
che siamo quasi arrivati a Fontànya, pianeta sinestetico abitato
da alieni che parlano tutti in chorus e a chi non li capisce mozzano
le orecchie
se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata.
Stoppiamo qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia
di Barbera Roncaglie '97 Cantina terre del Barolo
Però torna
a trovarmi, io qua sto
intesi eh?
- OK. Tornerò presto. Giusto il tempo di approfittare del chorus
degli alieni per sonorizzare i miei lavori in corso. Mi dicono che la
gente di Fontànya ha voce ostica, ma a buon mercato. Penso di
mettere su un gruppo e tentare una tournée per finanziare i miei
prossimi progetti di poesia. Grazie del passaggio e complimenti per
il tuo vino.
- A presto, ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga
vita e prosperità!
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