L’ospite accanto a me è Domenico Starnone. Scrittore, nato a Napoli nel 1943.
Ha fatto a lungo l'insegnante ed è stato redattore delle pagine culturali de “il Manifesto”, quotidiano cui collabora tuttora. È autore di romanzi e racconti sulla vita scolastica, da cui sono stati tratti i film “La scuola” di Daniele Luchetti e “Auguri professore” di Riccardo Milani.
In questo che per i terrestri è il gennaio 2010, è sugli schermi “L’uomo nero” di cui Starnone è soggettista e sceneggiatore con Carla Cavalluzzi e il regista Sergio Rubini.
I suoi libri, pubblicati da Feltrinelli, sono: “Ex cattedra” (1985, 1989, poi ampliato in “Ex cattedra e altre storie di scuola” nel 2006), “Il salto con le aste” (1989), “Segni d'oro” (1990), “Fuori registro” (1991), “Eccesso di zelo” (1993), “Denti” (1994), da cui Gabriele Salvatores ha tratto il film omonimo, “Solo se interrogato. Appunti sulla maleducazione di un insegnante volenteroso” (1995), “La retta via. Otto storie di obiettivi mancati” (1996), Via Gemito (2000, Premio Strega e Premio Napoli 2001), “Labilità” (2005, premio Castiglioncello), “Prima esecuzione” (2007). Il testo teatrale “Sottobanco” è stampato dalle Edizioni e/o, 1992.
Il suo più recente lavoro che dà lo spunto a quest’incontro, è il romanzo “Spavento” pubblicato da Einaudi.
Per una scheda sul libro e leggere un suo estratto: QUI
“Spavento” si giova di un’articolata struttura narrativa che dà origine ad un inquieto gioco di specchi tra lo scrittore e un suo personaggio aprendo una lancinante riflessione sul tempo che passa, sulla morte che incombe.
Libro difficile da scrivere tanto che Starnone in una delle pagine s’interroga con eleganza: “Sai di quanti nosocomi su montagne incantate e in pianure disamorate si è già scritto? Sai quanti bilanci sofferti mentre la vita se ne va sono stati già redatti? Che sciocchezza mettersi a raccontare della vecchiaia, della malattia, della paura di morire”.
Per fortuna dei lettori, Starnone ha superato quelle perplessità e così abbiamo la possibilità di leggere un libro di lussuosa qualità capace di esprimere un sentimento della vita senza sentimentalismi.
- Benvenuto a bordo, Domenico…
- Grazie. Posso sistemarmi il più lontano possibile da quella bottiglia? Sono astemio per necessità, non per vocazione.
- Vuol dire che berrò anche per te. Antonella Ferrari e Miriam Mareschi, sfavillanti patronnes del ristorante ‘La Piazzetta del Sole’ a Farnese, mi hanno consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo “Villa Tirrena”, Merlot in purezza prodotto da Paolo e Noemia d'Amico.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore…insomma, chi è Domenico secondo Domenico …
- Un uomo tranquillo sempre in ansia.
- Immagina di rivolgerti ad una platea di non addetti ai lavori e, in sintesi, illustrare il senso di questa tua opera. Che cosa diresti?
- E’ un promemoria per chi, abbagliato dalla buona salute, tende a dimenticare di avere un corpo deperibile.
- Quale ruolo attribuisci a “Spavento” nella tua produzione? In altre parole, quale la principale differenza con gli altri tuoi titoli?
- ‘Spavento’ si concentra su un tema già presente nelle altre mie storie, ma mai centrale: il bisogno di sentirsi vivo, specialmente quando le energie si assottigliano e il nostro organismo invecchia e si ammala.
- “Spavento” è un viaggio nel decadimento fisico dell’uomo, nel suo confrontarsi con la fine. Diceva Friedrich Hebbel:“Alla gioventù si rimprovera spesso di credere sempre che il mondo cominci solo con essa. Ma la vecchiaia crede, ancor più spesso, che il mondo smetta d’esistere con essa”.
Cos'è peggio?
- La gioventù ha modo e tempo per imparare che non è vero, mentre la vecchiaia non ha né l’uno né l’altro per ricredersi. In questo senso la seconda condizione è peggiore della prima. Entrambe le credenze tuttavia sono importanti. La prima aiuta a tuffarsi nella vita con superba imprudenza, la seconda aiuta ad abbandonarla con una dose sopportabile di rimpianto. Naturalmente le cose andrebbero molto meglio se vecchi e giovani si passassero il testimone sapendo che la pista è sempre la stessa e che solo se provvedono a una costante manutenzione e a giuste e fantasiose migliorie la corsa viene bene. Ma non va così e ogni giovane si sente per un po’ il figlio di Dio, ogni vecchio crede che gli tocchi aiutare l’angelo dell’Apocalisse a spezzare i sigilli.
- Qual è la cosa che più ti piacerebbe sentire da un critico a proposito di “Spavento” e quale la cosa che ti dispiacerebbe di più?
- a) Devo rileggerlo; b) Guarda cosa mi tocca leggere.
- Le domande che seguono tendono a tracciare il tuo pensiero a proposito di alcune questioni che con la letteratura hanno a che fare. Ad esempio, l'Associazione “La bella lingua”, ha redatto tempo fa un manifesto in difesa della lingua italiana sottoscritto da molti autori e operatori culturali.
Da chi e da che cosa, secondo te, va difesa oggi la lingua italiana?
- Dal senso comune. Dai paraocchi. Dall’assenza di fantasia. Dalla convinzione che la parola non abbia niente a che fare con la cosa. Dalla convinzione che la parola combaci perfettamente con la cosa. Dal bello stile. Dalla finta oralità televisiva. Da chi viola regole senza conoscerle. Da chi non usa vocabolari. Dai difensori della lingua italiana con la matita rossoblù.
- Ai nostri giorni, si sono moltiplicate le veicolazioni espressive; ad esempio, dal video alla net art, dalle performances sensoriali alla scrittura ipertestuale. Che cosa secondo te dovrebbe soprattutto distinguere la letteratura dalle altre forme di comunicazione artistica, oggi?
- Cercare di dare un senso con le parole a ciò che è rimasto fuori dall’ultima riduzione in parole del reale.
- Alla luce della tua esperienza editoriale, ti rivolgo la domanda che segue a proposito di best seller. Giuliano Vigini dice che in Italia i successi di vendita nascono per caso. Mario Spagnol è del parere che il best seller oggi va programmato. Il sociologo Mario Peresson afferma che “gli autori italiani vogliono vendere milioni di copie ma anche entrare nella storia della letteratura; le due cose, assai spesso, non sono compatibili”.
Un tuo parere sul libro di successo… è possibile pianificarlo? Oppure no?
- No, un libro di grande successo non si pianifica. Lo si confeziona, gli si mette il fiocco, gli si costruisce intorno un alone, questo sì. Però non credo nemmeno alla casualità. Il più brutto dei libri di grande successo deve avere la capacità di smuovere qualcosa in un pubblico vasto, qualcosa che sfugge agli editori e agli stessi autori. Quel qualcosa può essere banale, elementare, rozzo, ma di certo prima di quel libro non era visibile e dopo quel libro si inabissa di nuovo, come se si fosse concentrato solo in quel testo.
Diverso è il discorso sui generi. Un libro di genere ben confezionato oggi è votato a un successo di medio calibro presso un pubblico altrettanto medio, che è stato educato soprattutto dalla televisione e dalla divulgazione televisiva massiccia di lingua e regole e attese narrative. E’ un tipo di libro che non discende più da altri libri, ma dalla ‘narratività’ cinematograficotelevisiva. Va detto inoltre che, ahimè, è un po’ un luogo comune consolatorio che la grande letteratura non vende. Certo, spesso i capolavori non vendono (per esempio ‘Moby Dick’ del povero Melville), ma altrettanto spesso hanno un buon successo da subito.
- Come dicevo in apertura, hai praticato a lungo l’insegnamento e sei autore di romanzi e racconti sulla vita scolastica. La letteratura per ragazzi – da Tolstoi a Stevenson fino ai nostri Calvino, Malerba, ed altri ancora, – è giustamente ritenuta una delle pratiche di scrittura fra le più difficili.
Qual è, a tuo avviso, la principale difficoltà, ai nostri giorni, nel praticare quel genere?
- E’ difficile inventare una lingua adeguata alle pratiche linguistiche dei ragazzi d’oggi. E’ difficile inventare storie che si inseriscano nella sintassi narrativa a cui sono stati educati dalla tv e dai videogiochi, e intanto aggiungano un di più che li compensi della fatica di leggere.
- Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
- Mi dispiace, ma quando arrivò Star Trek mi occupavo d’altro e vedevo pochissima tv. Oggi vorrei recuperare, ma il tempo è quello che è. Il risultato è che in fatto di Star Trek non ho parole, nemmeno per dire una scemenza.
- Siamo quasi arrivati a Starnone-D , pianeta abitato da alieni che pur vivendo in un lontano futuro provano spavento di fronte all’idea della loro fine come la proviamo noi oggi… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista… anche perché ho finito la bottiglia di Merlot “Villa Tirrena” consigliata da Antonella Ferrari e Miriam Mareschi della “Piazzetta del sole” a Farnese. Però torna a trovarmi, io qua sto.
- Devo scendere per forza? Non puoi lasciarmi da un’altra parte?
- D’accordo, stai qui con me. Intanto ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!
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