L'ospite accanto a me è Vincenzo Sarcinelli.
Scrittore. E collaboratore di varie riviste fra le quali l'eccellente
"Bollettino '900" del Dipartimento d'Italianistica dell'Università
di Bologna http://www.unibo.it/boll900.
Poco più che trentenne, nato ad Andria, vive nel Friuli
come
mai?
boh
amo immaginare che sia stato espulso dalla città
nativa e condannato ad espiare le sue colpe in terre infestate da leghisti,
terre che non meritano quella fauna perché hanno grande bellezza
dei paesaggi, importanti tradizioni culturali e, ultima cosa ma non
per importanza, storici meriti enologici. Vabbè, ne hanno viste
tante e passerà anche questa.
Vincenzo si produce sulla misura più difficile da scrivere, quella
breve, il racconto.
Ho letto sue pagine e m'è piaciuta la scrittura scattante che
agisce come matite d'un fumetto, esercitandola su personaggi che vivono
esperienze eccessive sia se percorrono viali noir del surreale, sia
se attraversano grigie periferie friulane, immersi come sono in piccole
e grandi catastrofi; direi che sembra scritto per loro quel motto di
Samuel Beckett: "Quando uno è nella merda fino al collo,
non gli resta che mettersi a cantare".
Assai promettente, quindi, il suo debutto con La Società del
Gas che si avvale d'un motto-manifesto magrittiano: "L'importante
è il mistero, non la sua soluzione", sono d'accordo con
Magritte e Sarcinelli. Questa raccolta di dieci racconti è edita
dalla casa fiorentina Clinamen.
Altre informazioni le trovate sul web cliccando su: www.alice.it.
Per una bibliografia completa che canta le gesta del Nostro, puntate
il timone qui.
- Benvenuto a bordo, Vincenzo
- Ehm
non ho timbrato il biglietto
-
non ti preoccupare
oggi si celebra la Giornata della Libera
Clonazione e si viaggia gratis. Voglio farti assaggiare questo Prosecco
Superiore di Cartizze Vinitalia
qua il bicchiere...
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne
la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però
noi nello spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza
vuole che tu trasmetta sulla Terra - come sempre chiedo iniziando la
conversazione con i miei ospiti - il tuo ritratto
interiore, risparmiaci
quello fisico
insomma, chi è Vincenzo secondo Vincenzo
- Come Bernardo Soares, sto affacciato "ad una finestra che da
sull'inizio delle stelle" e guardo il mondo passare. Mi c'intrometto
il meno possibile, quanto basta per andare al lavoro e fare la spesa.
Passo il tempo a inventare storie, cioè deviazioni dalla realtà,
cercando di produrre immagini nella mente di chi legge. Questo è
il mio modo di intervenire nel mondo. Quando, ad un esame, ne parlai
col mio professore di Legislazione bancaria, lui mi disse: "Allora,
Sarcinelli, lasci qui il libretto e vada a fare l'artista. Da qualche
altra parte."
- In poche parole traccia per i miei avventori il tuo profilo letterario
- Scrivo racconti imputabili di sequestro di persona: se ne cominciate
uno appena vi coricate, non riuscirete a spegnere la luce prima di averlo
finito.
- Che cos'è secondo te che distingue, o dovrebbe distinguere,
il traguardo espressivo della letteratura dalle altre forme di comunicazione
artistica, oggi?
- Sei allo zoo
- Non cominciamo con l'offendere!
-
no, fammi continuare
Sei allo zoo.
Prima vedi la pantera, rapida, lucida, le bastano pochi minuti per uccidere
la vittima; è la musica: pensa a quanto è immediato l'effetto
di una partita per violino di Bach, o di Oh Susie di J. L. Hooker.
Subito dopo c'è il leone, feroce anche lui, ma si muove più
lentamente, va osservato più a lungo; ogni minuto in più
aggiunge qualcosa alla comprensione; è l'arte figurativa: ti
serve del tempo per capire il perché stai cercando di guardare
negli occhi la donna del Nu Rouge di Modigliani, o cosa stia succedendo
in un paesaggio di Tanguy.
Poi c'è l'orango; è il cinema: il messaggio si articola,
sei allo specchio, non è chiaro se tu stai osservando lui o se
è lui che sta raccontando te. Penso a Film Bianco di Kieslowsky,
o a In the Mood for Love di Wong Kar Wai.
In fondo al giardino, c'è il koala: è immobile, ma ha
un grande progetto in mente; è la letteratura: va piano, ma la
sua grande forza è che non tralascerà i dettagli. Qui
gli esempi si sprecherebbero, cito solo Le Moralità Leggendarie
di Laforgue.
Ecco, questa è la differenza: la letteratura è l'arte
del dettaglio.
- Qual è a tuo avviso la principale differenza fra testo scritto
ed ipertesto?
- Se esci da un testo scritto, hai messo gli occhi nella fantasia; se
esci da un ipertesto, probabilmente sei ancora nell'ipertesto. È
un tentativo quasi riuscito di simulare l'infinito.
- Il web trasformerà o ha già trasformato la lingua? In
quale direzione?
- Il web toglierà i capitelli alle colonne, smonterà le
cornici dalle tele, raschierà l'intonaco dalle pareti. Rispetto
alle altre forme di trasmissione del messaggio, richiede una lingua
in cui i significati si trasmettano con il minor numero di significanti
possibile. È un'immensa biblioteca di Babele (Borges premoniva?)
in cui i volumi sono forse più sottili, ma ce n'è un'infinità.
La lingua ne risente, ma una sorta di conoscenza prêt a porter
sarà più disponibile per tutti.
- Adesso devi dirmi, che tu lo voglia o no, se è nella letteratura
oppure in altre aree che credi ci siano i lavori più interessanti
nella ricerca di nuove modalità espressive?
- Ogni arte è la conseguenza della riuscita nella ricerca di
una nuova modalità espressiva. Il problema sta nel valore del
contenuto; non trovo parole migliori di quelle che usa Kandinskij nello
Spirituale nell'Arte: "L'artista deve avere qualcosa da dire, perché
il suo compito non è quello di dominare la forma, ma di adattare
la forma al contenuto".
- Hai scritto e messo in scena di recente uno spettacolo multimediale
"4 al quadrato" - chi vuole può trovarne notizia cliccando
su http://digilander.iol.it/espressioneest/sezioni/teatro/44.htm
- e allora dimmi: teatro d'avanguardia, sperimentazione, alternativo,
e poi con i fatali prefissi neo, post, trans
insomma, che cosa
vuol dire "teatro di ricerca" oggi?
- Mi verrebbe voglia di dire che è stato già inventato
tutto; forse l'unica cosa che ci è rimasta è la verità.
Ricordo un passo di un racconto di Flaiano, Melampus: vi si narra di
un teatro di N.Y., nel quale lo spettacolo era fatto dal pubblico in
sala che, una persona per volta, saliva sul palco e improvvisava. Alla
fine non era mai un'improvvisazione, perché ognuno tirava fuori
mostri che gli dormivano in corpo da anni; cose che non avrebbe detto
al vicino di scrivania, ma ad un teatro intero sì, perché
accade che essere personaggio è più facile che essere
persona, ma allo stesso tempo che la verità è meno faticosa
della finzione.
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci,
infliggo una riflessione su Star Trek
che cosa rappresenta quel
videomito nel nostro immaginario?
- C'è una cosa di S.T. che non posso dimenticare: la sicurezza
e la responsabilità con cui i membri dell'equipaggio facevano
qualsiasi cosa; perfino il loro tono di voce era esattamente a metà
fra il buon padre di famiglia e il buon esploratore spaziale. Il risultato
è che mi sentivo più al sicuro sulla navicella che sulla
terra. C'era solo una cosa che non sopportavo: le luci degli strumenti;
era troppo evidente che si accendevano a caso, ma lo so, erano altri
tempi
- Siamo quasi arrivati a Sarcinellya, pianeta abitato da alieni che
lavorano tutti alla Società del Gas, combustibile lassù
non più usato da circa 2000 anni
se devi scendere, ti conviene
prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'incontro, anche perché
è finita la bottiglia del Prosecco Superiore di Cartizze Vinitalia
.
Però torna a trovarmi, io qua sto
intesi eh?
- Grazie del passaggio e, come dice la canzone, ci rivedremo in un de
Chirico.
- Vabbè, ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise:
lunga vita e prosperità!
È possibile l'utilizzazione
di queste conversazioni citando
il sito dal quale sono tratte e menzionando il nome dell'intervenuto.
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